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25 marzo 518
Giovedì 30 Dicembre 2021

Non guardare in basso



«Non guardare in basso».

Annuisco. Fossi matta! E poi, non credo che ci riuscirei neanche se lo volessi: tutta la mia concentrazione è impegnata a sopprimere il dolore al braccio e a ignorare le artigliate del gelido vento del Nord, che da settimane ci circonda come un branco di lupi.

Mentre June mi ripete i dettagli del piano non posso fare a meno di osservare, di sentire la stretta delle corde che mi cingono a questo stregone sconosciuto, schiena contro schiena, mentre vengono serrate sempre di più. Cosa succederà se non dovessero reggere? Domanda stupida. La risposta si trova 300 metri più in basso, analoga a quella che un destino eroico ma impietoso ha voluto fornire al tenente Ramsey, a sir Brian Sturm, e chissà a quanti altri prima di loro. E' forse un pensiero blasfemo, questo? No: Padre Jamel ci ha spiegato che è normale avere paura, e di certo l'esperienza con sir Bloch ce lo ha confermato tante volte.

Tante volte al giorno, negli ultimi tempi.

«Non guardare in basso: io te l'ho detto, eh?»

Annuisco nuovamente, poi mi rendo conto che per come siamo messi lo streg... sir Dust non può vedermi: provo a parlare, ma il freddo e la paura non mi hanno lasciato neanche un filo di voce.

«Puoi farcela».

Mi sento stupida.

«Puoi farcela, May».

June mi guarda seria, cercando di infondermi coraggio con la sua voce calma. Mi sono offerta di andare al posto suo, costringendo entrambe ad accettare questa insolita inversione dei ruoli: io quella che va, lei quella che resta.

No, non mi sono offerta: l'ho imposto, a lei e a sir Bloch. L'ho fatto perché era la cosa più logica, al di là di qualsiasi considerazione formale. Non siamo forse tutti uguali, quando indossiamo la Cappa? E poi con questo braccio sarei stata un peso ancora più grande, forse insostenibile per la nostra spedizione: persino sir Bloch non è in grado di scendere giù da un crepaccio portandomi sulle spalle. Li avrei costretti a tornare indietro: non potevo permetterlo.

Eppure, non vedo alcuna preoccupazione nei suoi occhi: lei ci crede davvero, che io possa farcela. Voglio crederci anch'io. Il primo passo da fare è proprio qui, pochi metri di fronte a me.

Nel vuoto.

«Bene, allora noi andiamo: buona discesa!»

Un istante dopo, i miei piedi artigliano l'aria. Il buio della notte e il non vedere nulla si spogliano immediatamente di ogni carattere salvifico e ghermiscono impietosi i nervi dei miei sensi ottenebrati. Le corde si serrano all'inverosimile attorno alle spalle e alla vita, togliendomi il respiro e torcendomi il braccio che reagisce scalciando vividi lampi di dolore puro, pristino, assoluto. Non mi resta che stringere i denti e pregare, mentre sir Dust si sforza di nuotare trascinando il peso di entrambi attraverso il nulla.

[...]

«Sei sveglia?»

la voce di sir Dust sembra arrivare da molto lontano, complice il torpore e le strane correnti in cui siamo immersi da tempo immemorabile.

«Siamo... siamo vicini?» chiedo speranzosa: ormai dovremmo esserci.

«Si procede: diciamo che tra poco saremo a metà».

Oh, Dèi! Più che volare, sembra che stiamo precipitando all'infinito. Ma posso farcela. Devo solo stringere i denti ancora un pò.

[...]

L'atterraggio non è stato semplice: lo streg... sir Dust ha cercato di fare del suo meglio, ma il mio braccio non ha voluto saperne di collaborare.

«Stai bene?»

Non posso mentire, quindi non dico nulla: posso solo restare qui, raggomitolata a terra in mezzo alle corde che ancora mi stringono mentre i soldati che ci hanno visto arrivare ci circondano, spianando una varietà di armi minacciose contro di noi.

«E voi chi cazzo siete, di grazia? Vi dò venti secondi per convincermi a non riempirvi di frecce e buttarvi di sotto».

«Tranquilli», dice sir Dust. «Veniamo in pace: lei è una Paladina, io sono un... beh, un noto alleato della Signoria».

«Hai sprecato dieci secondi», gli risponde quello che sembra essere il capo dei soldati. «Continua così e tra poco scopriremo se sai volare anche da morto».

Mentre cerco di recuperare il fiato per poter dire qualcosa, un altro soldato mi si avvicina. Scruta le corde, il braccio, le vesti.

«Forse dice il vero», esclama all'indirizzo del comandante, quindi si china a guardarmi il viso. Non appena mi riconosce si toglie l'elmo, quindi la riconosco anch'io. La tensione si scioglie in un sospiro di sollievo: siamo salvi.

«Dave, corri a chiamare Lach: è ferita. Mark, vieni ad aiutarmi: la portiamo noi».

Siamo salvi, penso. Ma il dolore non accenna a passare e sento gli occhi che mi si chiudono. Non è il momento di perdere i sensi, ma il mio corpo non è d'accordo. Sento le braccia dei miei soccorritori che mi tirano su delicatamente, mentre le loro voci si fanno sempre più lontane, man mano che mi perdo nuovamente nell'oscurità.

«Che cazzo fai, Luna? Li conosci? Chi cazzo sono?»

«Lui, non ne ho idea. Ma lei è Lady May Van Laren... e credimi, l'ultima cosa che puoi augurarti è che muoia per colpa nostra».

[...]

Un drago che volteggia intorno a una torre, librandosi su fiamme color zaffiro. La torre ha il nome di una dama bellissima: tutti avrebbero voluto sposarla, ma lei decise di non donarsi a nessuno. Una Paladina... no, non andò così. Il Drago vacilla, colpito da qualcosa, quindi precipita: le fiamme o i soldati, nessuna scelta è esente da conseguenze. L'impatto è violento, le urla agghiaccianti.

Apro gli occhi di scatto, cercando di agguantare gli ultimi frammenti del sogno prima che sfuggano via per sempre. Il braccio resta fermo, immobile, di fianco a me.

«Fate attenzione, Milady: siete ferita».

Scuoto la testa. Non so dove mi trovo ma l'ansia mi assale: quanto tempo ho dormito? E' già troppo tardi? Osservo con orrore le due persone che vegliano al mio capezzale: una è Lady Luna, l'altro non credo di averlo mai visto prima.

«Devo... devo avvertire i miei compagni: vi prego...»

«State tranquilla», mi risponde Lady Luna. «Ci penso io». E comincia a chiedermi cosa mi serve, senza farmi domande su altro. Quando le ho spiegato tutto, mi chiede se me la sento di alzarmi. Non posso mentire, ma posso stare zitta. E alzarmi.

«Lach, resta con lei e assicurati che sia in grado di muoversi: io vado a dire al Comandante che saliamo sulla Torre».

«Scommetto che la prenderà benissimo», commenta il soldato chiamato Lach. Poi si gira verso di me: sembra simpatico. «Allora, principessa... te la senti di dirmi dove ti fa male?»

Sorrido. «Non sono una principessa! E tu, invece? Sei un caporale o un soldato scelto?»

Lach scuote la testa: «Soldato semplice. Ma so curare le ferite, per questo sono qui: ti prometto che ce la metterò tutta per non farti male... non più del necessario, almeno. D'accordo?».

«Va bene».

[...]

Le successive ore trascorrono in modo frenetico: non appena il Comandante Arthur Gramm ha modo di verificare la mia identità, il suo atteggiamento sospetto nei confronti miei e di sir Dust lascia il posto a una passiva accettazione delle mie volontà. Detesto farlo, ma la situazione è tale da costringermi a sconfessare ogni dichiarazione d'intenti che possa ostacolare quello che devo fare. Del resto è per questo che sono voluta andare io, no? Ed è per questo che sir Bloch si è arreso all'idea di mandare me.

Con mia grande sorpresa sir Dust mi confida che per il momento preferisce farsi da parte, lasciando a me l'onere (ma anche l'onore) di condurre i negoziati con il comando della Sacra: a quanto pare non ama mettersi in mostra, o forse non gli piace molto avere a che fare con i soldati.

In ogni caso, grazie all'intercessione di Lady Luna riesco a ottenere la collaborazione degli altri caporali, cosa che mi consente di comunicare a June e agli altri tutte le informazioni di cui hanno bisogno.

In breve:

- La Sacra è affidata a due plotoni di Angvard, comandati dai caporali Alan Fabre e Gerald Ritter, e a uno di Dossler, guidato dal Caporale Scelto Luna Regent: in tutto, gli effettivi sono meno di 20.

- Il comandante in capo è il Caporale Scelto Arthur Gramm, succeduto al Sergente Maggiore Karl Heines, nominato da Lady Yara e deceduto alcuni giorni fa.

- Nessuna notizia sull'esito della guerra o sulle sorti di Lady Yara Raleigh.

- I soldati di Angvard si chiedono perché Lady Yara non sia tornata a dare notizie alla guida del Wyrm, che dovrebbe poter percorrere la distanza tra Ghaan e la Sacra in tempo ragionevole.

- Oltre agli effettivi, la Sacra ospita anche alcuni prigionieri: uno di loro, un certo Joad Kempf, è riuscito a evadere dalla cella in cui era stato rinchiuso e adesso vaga per la Sacra, sfruttando evidentemente delle conoscenze pregresse sull'edificio.

- Il fuggiasco ha ucciso tre effettivi, tra cui il Sergente Maggiore Karl Heines: il comando è quindi formalmente passato al suo vice, il caporale scelto Arthur Gramm, benché il suo grado sia pari a quello di Lady Luna.

- L'ingresso della Sacra è bloccato da qualche settimana dal clan Nordro degli Jotnar, guidato dal temibile Ymir Braccia d'Orso: la sua presenza, oltre a bloccare l'uscita, impedisce l'arrivo di ogni messaggio proveniente dall'esterno.

Le informazioni che riesco a trasmettere consentono ai miei compagni di approntare un piano d'azione, che richiede un ulteriore lavoro da parte mia: dovrò convincere il comandante ad autorizzare una sorta di "finta sortita" all'indirizzo dei Nordri, così da distrarli quel tanto che basta per consentire al gruppo di attraversare la spianata alle loro spalle senza farsi notare.

Non sarà facile: il comandante finora ha finito con l'assecondarmi, ma a giudicare da come si comporta con Lady Luna sospetto che non abbia alcuna intenzione di farsi dire cosa fare da una come me. Probabilmente mi considera una nobile viziata che, forte dei suoi titoli, si diverte a giocare alla guerra spiegando ai soldati veterani cosa devono fare... E il fatto che sia stata costretta a tirare fuori il mio lignaggio pochi istanti dopo essere atterrata sulla sua torre più alta insieme a uno stregone non mi consente certo di dargli torto.

Mi aspetta una lunga serata.

[...]

Pyros sia lodato! Fino all'ultimo ho temuto che sir Gramm e sir Ritter non mi avrebbero dato ascolto, ma alla fine Lady Luna e sir Fabre sono riusciti a vincere le sue ritrosìe: è stata proprio la decisione di Lady Luna di mettersi alla guida della spedizione al comando dei suoi uomini a convincerlo - o per meglio dire a costringerlo, visto che l'alternativa sarebbe stata lasciarla sola e fare rischiare la vita all'ultimo plotone di Dossler.

Spero che, quando diventerò grande come lei, riuscirò anch'io ad avere un pò del coraggio e della tenacia di Lady Luna: la sua calma e la capacità di prendere sempre la decisione giusta mi ricordano June. Ed è proprio con lei che devo mettermi in contatto adesso, visto che sono praticamente l'unica che, per ovvi motivi, non può partecipare alla sortita. Con me sono rimasti solo Stephanie e Duncan, due soldati di Angvard che hanno il compito di portarmi nuovamente sulla torre e assicurarsi che non rimanga da sola, vista la presenza inquietante dell'ospite indesiderato.

La Sacra è davvero imponente, ma le ombre della notte, la neve e il fatto che sia quasi deserta la rendono a tratti spettrale. Ho sentito delle storie, a Dossler, su questo luogo: storie di uomini che sono riusciti a sopravvivere per decenni all'interno di queste mura, isolati dal resto del Continente, sfidando la rigidità delle intemperie, gli attacchi degli eserciti nemici e persino la presenza di mostri ancestrali.

«Come si chiama questa torre?» Chiedo a Stephanie, che mi precede lungo la prima rampa di scale.

«Non mi ricordo», risponde lei... «Aspetta, ce l'ho sulla punta della lingua: mi pare... mi pare...»

«Torre della Speranza», risponde il soldato dietro di me con uno strano tono di voce. «Quella che sta per abbandonarti».

«Come dite?» Chiedo mentre mi giro verso il suono della voce del soldato che mi hanno detto chiamarsi Duncan. Ma non c'è nulla, lì: soltanto oscurità.

Poi un calcio fortissimo mi colpisce proprio lì, sul braccio, provocandomi una fitta lancinante di dolore e precipitandomi al suolo.

Joad Kempf - Immagine

«Aithan Sèth, Kaairhàn», sibila Duncan sguainando la spada. No, non è una spada... e non è neppure Duncan.

«Tutto ok?» domanda Stephanie poco sopra di noi, ignara di ciò che sta per compiersi: mezza rampa di scale è tutto ciò che ci separa, eppure non farà mai in tempo. Non potrò avvertire June e gli altri della situazione al passaggio segreto, di quello che sono riuscita a ottenere.

I miei giorni finiscono qui, al piano terreno della Torre della Speranza. Sir Bloch, è stato un onore servire Pyros sotto il vostro comando. Alla fine avevate ragione voi: era una mossa troppo rischiosa. Ma c'è qualcosa che non sia troppo rischioso per una come me?

Addio June: solo gli Dèi sanno quanto non vorrei darti questo dispiacere, mi auguro che tu riesca a comprendere che non hai alcuna colpa di questo sfortunato epilogo.

Mamma, papà... avrei voluto rendervi più fieri di me. Padre Jamel saprà come consolarvi: vi dirà che, se non altro, sono morta all'interno di una Sacra della Luce.

Ma allora perché intorno a me non vedo altro che tenebre?

May Van Laren - Immagine
scritto da May Van Laren , 21:16 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
4 febbraio 518
Martedì 23 Novembre 2021

La Vecchia Guardia



I venti del Nord si presentano col Samhain, ma è tra Gennaio e Febbraio che fanno i danni veri. Il fiato del Samaelen: così lo chiamavano ad Angvard fino a non molto tempo fa, prima che la Guerra delle Lande e le piaghe che ne sono derivate mettessero definitivamente sotto terra quel poco che restava della mia generazione.

«Sai per caso quanto manca, Jim?»

La sfrontatezza di quelle parole mi rammenta in un baleno che no, sfortunatamente non tutta la vecchia guardia è stata richiamata in servizio presso gli Dei: c'è anche chi, ad oggi, continua a dimostrarsi indegno persino di crepare.

«Non ne ho idea», mormoro scuotendo la testa. «Arriveremo quando arriveremo. E ti ho detto cento volte di non chiamarmi così». Accelero il passo, con l'obiettivo di liberarmi di quella presenza sgradevole. Tentativo velleitario, a quanto pare: dopo pochi istanti sento nuovamente il peso della sua mano tozza gravare sulla spalla della mia armatura, come ad aggiungere fastidio al fastidio.

«Eddai, non fare il burbero: ne abbiamo passate tante, insieme. Pensavo che ci avessimo entrambi messo una pietra sopra...»

«Quando sarai morto, forse». Gli tolgo la mano con un gesto secco. «O quando lo sarò io. Aspettiamo che arrivino quelle, di pietre».

Cork alza gli occhi al cielo. «Te la leghi troppo al dito, Jim. 'Ste guerre del cazzo non meritano l'impegno e la passione che ci metti te».

«Sono tramontati i giorni in cui potevi parlare di merito, Cork: li hai fatti tramontare tu, a forza di ripetere queste fanfaronate da sfaticato travestito da irredentista. Dì piuttosto che non ti va di fare il tuo dovere, ché fai miglior figura. Anzi, non dire niente: risparmia il fiato, così forse non stramazzi nella neve come il somaro recalcitrante che sei diventato».

Cork sospira. «Ho capito, ho capito: ce l'hai ancora con me. Non me la sento di biasimarti, in fondo. Né posso pretendere che tu comprenda i miei motivi. Speravo solo che potessi almeno apprezzare il fatto che sto qua, a marciare in mezzo alla neve, proprio come te... ».

«Lo sai benissimo perché ti trovi qui.»

«Si: perché voglio contribuire alla battaglia di Lady...»

«No», esclamo voltandomi di scatto verso di lui. «Sei qui perché l'alternativa era la forca. E non t'azzare a nominare chi ha avuto la benevolenza di concedertela, questa scappatoia: non voglio sentirti pronunciare il suo nome.»

«D'accordo», dice, alzando le mani, «d'accordo. Non sono degno neanche di pronunciare il suo nome: posso almeno pensare che, FORSE, disperdere le forze in questo modo, per giunta nel mese più freddo dell'anno e contro avversari equipaggiati molto meglio di noi, non si sta rivelando quell'idea geniale che magari poteva sembrare sulla carta?».

«Tienila bene a mente questa tua opinione, Cork» gli rispondo, volgendogli le spalle e rimettendomi in marcia: «è il motivo per cui io sono al comando di questa spedizione, mentre tu sei quello che tra poco monterà le tende».


Rak-Jim - Immagine 2


Come se poi l'avessi chiesto, di essere al comando di questa spedizione. Intendiamoci, Lady Yara ha sempre ragione e se lei vuole che io metta radici sul Valico di Mulligan per guardarle le spalle mentre lei va a rischiare la vita a Ghaan non chiedo di meglio, anche se questo significa non poter essere al suo fianco quando perforerà il cuore del Signore di Ghaan e di Aghvan l'(ancora per poco) invitto con la lancia sacra che ho forgiato per lei... Una privazione che mi lacera il cuore, e che pur tuttavia riesco a farmi violenza al punto di sopportare.

Ma condannarmi a trascinarmi dietro Corcazzo no, questo è un tiro mancino che proprio non meritavo.

Non molto dopo il costruttivo scambio di opinioni con il neo-reintegrato sergente Cork raggiungiamo finalmente la cima del costone che conduce al Valico di Mulligan, la cui vista ci offre uno spettacolo da mozzare il fiato. L'Angelo di Pietra si staglia solenne verso il cielo, con il sole al tramonto che lo avvolge di un mantello di fiamme possenti e rigogliose: alle sue spalle, fiera nelle sue antiche vestigia di pietra nera, si erge la Sacra dei Difensori. Non sono molte le meraviglie in grado di suscitarmi simili emozioni, specie da quando il destino ha deciso di condurmi qui: ma questa vista, questo scorcio glorioso al centro di una landa fredda e desolata, non può lasciare indifferente neppure il cuore ormai invecchiato di un esule di Ammerung. Mi chiedo cosa penserebbe Mastro Greb Kun di fronte a quest'opera di ingegno così magnificamente incastonata nella roccia.


Angelo di Pietra - Immagine


Una volta Minar il Bianco mi raccontò che uno dei Runi apocrifi del Khal-Valàn attribuisce la costruzione della Sacra a Vainar, figlio di Ilmarinen: secondo la leggenda, il fabbro leggendario progettò e fece costruire quel maniero per condurre gli esperimenti che lo portarono a costruire la Sposa d'Argento e d'Oro, il simulacro con le sembianze della sua defunta moglie Maaren più volte menzionato nel canone: un tentativo di creare la vita oltrepassando i limiti imposti dalla natura e violandone dunque i dettami, espondendosi in tal modo alla collera divina. I figli di Krynn hanno un nome proibito per riferirsi a questo tipo di costrutti: una parola che nessuno dei miei fratelli pronuncia a cuor leggero, in quanto è da secoli considerata tabù. Un termine bandito dall'uso comune che designa un organismo privo di vita e dunque di significato, tragico risultato di ricerche compiute in preda all'orgoglio, alla vanità e alla bramosìa, ma anche all'amore più folle, cieco e disperato. E non posso fare a meno di chiedermi se non sia stata anche la perversione malsana di questo sentimento a guidare i primi passi compiuti dai nostri abietti avversari nei recessi dei laboratori di Ghaan. Mentre questi pensieri mi attraversano la mente continuo a osservare quel manto argenteo di neve illuminato dai raggi dorati del sole che si staglia innanzi ai miei occhi e mi domando se l'Angelo di Pietra, in fondo, altro non sia che...

«Accidenti, che spettacolo!»

La voce del soldato scelto Dresden, vibrante di sincera emozione nonché decisamente meno fastidiosa di quella di Corcazzo, mi restituisce bruscamente alla realtà. E mi fa pensare che in fondo, perché no, questo "spettacolo" merita di essere valorizzato.

«E' il vostro giorno fortunato, pelandroni!» esclamo rivolgendomi alla truppa: «vi concederò una breve pausa prima di raggiungere la cima: chissà che la maestosità di questo panorama non riesca a rendervi dei soldati decenti!».

I ragazzi annuiscono e rompono le file: non siamo in marcia da molto, ma il terreno e il freddo li hanno già resi esausti. C'è chi cerca un sasso dove sedersi tra la neve che ci circonda a perdita d'occhio e chi ne approfitta per pisciare o mangiare; altri ancora mi raggiungono sul ciglio del costone per ammirare l'Angelo e la Sacra. Tra questi c'è Dresden, accompagnato da Julia, la ragazza con cui si è fidanzato qualche mese fa. Ricordo ancora il giorno in cui me lo disse e il mio brusco commento di disapprovazione: i rapporti tra soldati di uno stesso esercito portano solo problemi, specie se vengono a trovarsi addirittura nello stesso squadrone. Eppure, questi due non hanno mai fatto nulla che potesse mettere in imbarazzo me o l'esercito... Anche perché ho fatto sempre in modo di tenerli separati. Tuttavia, in questa missione mi hanno chiesto di farsi assegnare alla stessa unità, e io... beh, ho deciso di accontentarli. Ebbene si, lo ammetto: per una volta ho deciso di fare uno strappo alle mie stesse regole. L'ho fatto perché ho ben presente le difficoltà di ciò che stiamo facendo e le scarse probabilità di tornare a casa che ha ciascuno di questi ragazzi... ciascuno di noi. Quell'impenitente farabutto di Corcazzo non ha tutti i torti: se non ci uccideranno i Nordri, i Risvegliati, gli Innalzati o i soldati di Ghaan, è probabile che lo farà il freddo. Ma questi ragazzi sono entrati nell'esercito di Angvard nel momento più difficile, e quando hanno capito cosa li aspettava non si sono tirati indietro. A quanto ho capito, se tutto andrà bene, Julia e Dresden contano di sposarsi in primavera: saranno gli Dèi a stabilire se avranno la possibilità di vivere mano nella mano, ma fino ad allora non sarò io a negar loro quella di andarsene insieme. E questo non vale soltanto per loro, ma per tutti i soldati di Angvard che ho addestrato e che hanno scelto di...

«Tiè, guarda là: che je poi dì a 'sto montarozzo, Jim?»

A lui, niente: a te, invece, che consumi la mia aria, penso nervosamente. Eppure, tocca ammettere che persino un pusillanime come Corcazzo, sia pure con l'ascia del boia alla gola, alla fine ha deciso di mettersi al servizio di Lady Yara. Conoscendolo, poteva sicuramente riuscire a farsi dare un'assegnazione meno rischiosa: magari dai suoi amici alla Rocca di Horen, dove pure - bisogna dargliene atto - non è mai scappato. "Non sono miei amici", mi ha detto dopo la cattura, l'unica volta in cui ne abbiamo parlato.


Stephen Cork - Immagine 2


«Perché non sei andato a Horen?» gli chiedo a un certo punto. Non so perché lo faccio, visto che in fondo non me ne frega niente. Ma le parole mi escono così, quasi da sole.

«Te l'ho già detto, Jim: quelli non sono amici miei». Stavolta il tono della sua voce è diverso: come se, in qualche strano modo, il soldato di un tempo fosse riuscito a farsi strada in quella pavida carcassa strafottente per vedere questo tramonto con i suoi occhi. «Mi sono rifiutato di arrestarli perché non mi sembrava giusto... e anche perché non mi fidavo del giudizio dei marmocchi di Tankenborst. Ma mi sbagliavo, Jim: ho visto la luce negli occhi di quella ragazza... quella che non vuoi che chiamo per nome. E credo che hai ragione, sai? Non sono degno di farlo: non ancora. Ma lo sarò, al termine di questa guerra. La chiamerò per nome, a lei e a suo fratello, e saranno la mia Lady e il mio Dominus».

Lo lascio parlare. Non so se e quanto sia sincero, e a dirla tutta neanche mi interessa: i bei discorsi valgono poco finché non godono del supporto di azioni e imprese non dico epiche o gloriose, ma quantomeno adeguate. Tornare a imbracciare lo scudo di Angvard non basta di certo... ma è il primo passo. Questo, se non altro, glielo posso concedere.

Ma non una spanna di più. «Avanti, pelandroni!» esclamo riprendendo il passo: «vediamo di mettere i piedi su quel valico prima che faccia buio: non voglio rischiare di arrivare dopo quei montati di Greyhaven».

Mi chiedo come stiano andando le cose agli altri: tra una manciata ore dovrebbero arrivare ad Antjel e dare inizio alle mosse finali di questa lunga partita. Mi auguro che vada tutto bene.


Valico di Mulligan - Immagine


Il campo è pronto per ospitarci in questa prima notte di veglia sul Valico: se non altro Corcazzo sa ancora come si monta una tenda. La notte su queste cime è fredda il doppio del giorno... o calda la metà, come preferiscono dire a Skogen.

Ogni volta che penso a Skogen mi torna in mente la grottesca parabola di Zodd, il maniscalco che si riciclò soldato, si fece amico del Dominus, ne disonorò la sorella e infine riuscì ad atteggiarsi a gran signore, il tutto senza mai combattere una sola battaglia; o al suo degno compare Vanjar Plank, che iniziò all'ombra della fama e delle glorie del fratello e finì per raccattarne i titoli e il prestigio. Questi uomini e il pragmatismo amorfo che contraddistingue ogni loro azione sono il disonore dell'Altopiano del Tuono: non c'è da stupirsi che ci troviamo su schieramenti opposti. Ed è per colpa loro che siamo qui: Lady Yara teme un attacco alle spalle sferrato da Norsyd e da Ghaan, ma questa eventualità può verificarsi solo con la complicità di Skogen e di Horen. Su Skogen ci avrei potuto scommettere la barba, ma da Horen non mi sarei mai aspettato. Per colpa loro abbiamo dovuto impiegare tre squadroni a proteggere le nostre retrovie: Dossler alla Locanda del Puma, noi al Valico di Mulligan e Greyhaven a far la spola tra qui e l'Angelo di Pietra.

... A proposito, ma dove cazzo sono finiti? A quest'ora dovrebbero essere già arrivati da un pezzo, invece non ce n'è traccia.

Un corno risuona in lontananza, come in risposta alla mia preoccupazione. Poi un altro. E un altro ancora.

«Questa non è Greyhaven», mormora Corcazzo guardandomi negli occhi.

Scuoto la testa. No: questi sono Nordri.

«Tutti in piedi!», esclamo a gran voce, mentre cerco di raggiungere un punto sufficientemente alto per capire cosa ci sta per piombare addosso: «vediamo di regalare una notte indimenticabile a questi scappati di casa».

«Dovremmo essere il doppio di quanti siamo, Jim», mi dice Corcazzo mentre si stringe i lacci dell'armatura. «Dove accidenti sta lo squadrone Vachter, Water, o come cazzo si chiama?»

«Non ne ho idea», rispondo scuotendo la testa. «Spero solo che non li abbiano beccati a valle... altrimenti c'è il rischio che stiano molto peggio di noi». Cork annuisce, serio. Sappiamo entrambi cosa stiamo pensando, e lo sanno anche i nostri ragazzi: quell'esaltato con il martello è ancora in giro e finora chi ha avuto la sfortuna di affrontarlo in campo aperto non ne è uscito bene. Il problema di questi combattenti che brandiscono armi leggendarie non è dato solo da ciò che impugnano, ma anche dall'impatto di quelle diavolerie sul morale delle truppe avversarie. Del resto è una scommessa su cui abbiamo puntato parecchio anche noi, altrimenti non avremmo messo Yrakavin nelle mani di Lady Yara...

«...e un Wyrm sotto alle sue sacre terga». La chiosa di Cork mi fa sobbalzare: per la barba di Vainar, stavo forse parlando ad alta voce? Beh, giunti a questo punto importa poco: se tra i Nordri che stanno arrivando c'è il Signor Martello, c'è un concreto rischio che Corcazzo non dovrà mai pagare per l'oltraggiosa uscita che ha appena...

BBBOOOOOMMMM!

Una scossa di terremoto scuote il Valico, costringendo gran parte di noi a terra. Non facciamo neanche in tempo a mettere la faccia fuori dalla neve che ne arriva un'altra; poi un'altra, quindi un'altra, e poi un'altra ancora. Restare in piedi è praticamente impossibile a meno di non avere un baricentro particolarmente ottimizzato, e io su questo me la cavo piuttosto bene. Lo sapevo, porcaccia Shasda: vedi un pò se non si tratta di quel martello di merda!

«Avanti pigroni, finitela di rotolarvi a terra e alzatevi in piedi: se vogliamo vedere quello che succederà tra poco dobbiamo accendere qualche luc...»

Ma nessuno dei miei ragazzi mi sta ascoltando: l'attenzione di tutti è rapita dalla sagoma gigantesca che di punto in bianco si staglia tra noi e la luna.


Colosso di Mulligan - Immagine


«Cosa cazz...» Comincia a dire Julia. Ma è l'ultima cosa che dice: una mano mostruosa fuoriesce dall'ombra gigante che ci sovrasta e la schiaccia sulla neve come se fosse un insetto. Un istante dopo non c'è più, al suo posto non resta che una macchia nera dalla forma indistinta.

«Scappate!» Esclamo con tutto il fiato che ho in gola. E' un Risvegliato, ne sono certo: uno di quelli grossi. Titanus, Gigantibus, o come diavolo li chiamano giù a Uryen. A dire il vero non so neanche se esiste: o meglio, so per certo che esiste, visto che ce l'ho davanti. Esiste e continua a sbracciare: la sua seconda mossa colpisce in pieno Ethan e spacca lo sperone di roccia sottostante, facendo precipitare nell'abisso il suo corpo devastato insieme a quelli di Damian, Thomas e Victoria.

«Figlio di puttana!» Grido nella sua direzione. Come possiamo affrontare una bestia del genere in queste condizioni? Non riusciamo neppure a vederlo: lui, invece, sembra perfettamente in grado di capire dove siamo. Le sue braccia colpiscono ancora una volta il terreno, precipitandomi nuovamente nella neve. Annaspo impotente in quel mare d'argento, le orecchie piende delle urla dei miei ragazzi mentre vengono dilaniati da quegli arti mostruosi.

«Sta salendo, Jim». Sento la voce di Corcazzo a qualche metro da me: «sta venendo dove siamo noi». Sta urlando con tutto il fiato che ha in gola, ma il frastuono che ci circonda è tale che riesco a udirlo a malapena. E' come se la montagna si stesse spaccando tutto intorno a noi.

«Dobbiamo andarcene da qui», urlo a mia volta. Devo ripeterglielo due volte per farmi sentire. Quindi mi rialzo, cercando di capire qual è il punto migliore dove mettermi ad aspettarlo. Il pendio dove ci troviamo è in discesa: ora che è salito, può solo scendere verso di noi.

Poi arrivano, tutte insieme: piccole, grandi, enormi. Una grandinata di pietre che non ci lascia scampo. Urlo di sollevare gli scudi, poi sento un dolore lancinante alla gamba. Al diavolo il dolore, non ho tempo né voglia di rendermi conto: tutto quello che voglio è portare via i miei ragazzi, salvarne il più possibile, ad ogni costo. Mi guardo intorno per capire se Corcazzo è ancora vivo, ed è in quel momento che lo vedo.

Dresden. Riverso al suolo, nel punto dove fino a qualche istante fa esisteva ancora Julia, il collo trafitto da una scheggia di roccia lunga più di me. Non riesco neppure a capire se è morto nell'assurdo tentativo di proteggere quella macchia informe dalla tempesta di detriti di prima o se, più semplicemente, è stato colpito mentre cercava di mettersi in salvo. Il risultato, ahimé, non cambia.


Sangue sulla Neve - Immagine 2


«E' morto, Jim».

Annuisco. «Porta via i ragazzi», dico a Cork: «dirigetevi a valle».

«A valle? In bocca ai Nordri?»

«Si. Coi Nordri possiamo giocarcela, con questo affare no. E poi magari persino le loro zucche vuote potrebbero capire che non è esattamente la nottata migliore per suonarcele. Andate, presto!»

«E tu cosa vorresti fare, invece?»

«Proverò a ritardarlo. Ora vai, presto!»

Corcazzo annuisce e corre via, sbracciandosi e urlando per attirare l'attenzione. Purtroppo per lui ci riesce fin troppo bene: fa circa dieci passi, poi una mano gigantesca lo raggiunge, lo schiaccia in terra, quindi lo afferra e lo solleva.

E' una scena che riesco a vedere a malapena, fiocamente illuminata dalla luce della luna e dalle poche torce che qualcuno dev'essere riuscito ad accendere nonostante questo casino: eppure non riesco a distogliere gli occhi. Il mio sguardo segue impotente il lento e inesorabile percorso di quell'arto mostruoso, il corpo di Corcazzo avvinto in una stretta mortale malgrado i furiosi tentativi di dimenarsi, fino all'antro di ingresso di quella specie di cranio deforme. Poco dopo cominciano i rumori. E' uno spettacolo orribile, ma se non altro mi consente di capire come diamine è fatta questa immonda creatura. E di illudermi che forse, dopo tutto, ho una possibilità.

Osservo per l'ultima volta quello che resta del nostro accampamento. Stralci di frasi pronunciate soltanto poche ore fa tornano a risuonarmi nella testa, come a prendersi gioco di me e della devastazione che mi circonda. Aspettiamo che arrivino quelle, di pietre. Scuoto la testa. Mantieniti concentrato, vecchia carcassa di un Nano: ti resta ancora un lavoro da fare.

«Ascoltatemi bene! Chiunque riesca a salvarsi sappia fin d'ora che ha il dovere di raggiungere la Sacra e raccontare tutto questo a Lady Yara! E adesso correte verso l'Angelo di Pietra con tutto il fiato che avete in corpo: mi avete sentito, pelandroni? E' un ordine!» Urlo più forte che posso, nella speranza di attirare su di me le attenzioni della bestia. Fortunatamente è proprio quello che succede. Ma un Nano è un brutto cliente per un gigante: o almeno questo è ciò che spero, mentre mi accingo a passargli sotto le gambe, ignorando il frastuono pazzesco che accompagna ogni suo movimento e fingendo di non vedere i pugni che sferra a pochi centimetri dal mio corpo.



Non è facile come pensavi, eh? Non lo è neanche per me: ormai le torce sono distanti e la luna è coperta dalla mole del mio avversario, quindi non vedo nulla. Ma quando siamo arrivati c'era ancora un barlume di luce, e ricordo piuttosto bene com'era fatta la parete di roccia che, secondo Corcazzo, ci avrebbe protetto dal vento. Povero diavolo, penso mentre mi arrampico, ricordando i tanti momenti trascorsi insieme. La bestia impiega qualche istante per capire dove sono e mi concede un pò di tempo, ma non abbastanza: la sua mano gigantesca è sul punto di ghermirmi quando, improvvisamente, uno squarcio di luna illumina la parete di roccia, rivelandomi una nicchia entro cui potermi rifugiare. Ed è lì che, rintanato come un topo, resisto ai suoi tentativi di farmi fare la fine di Corcazzo. Bravo, continua a perdere tempo con me: fino a quando non desiste, nuovamente attratto dalle più facili prede che si stanno riversando a valle. E nel farlo, finalmente, mi dà le spalle. Grosso errore, come conto di potergli insegnare tra poco: non appena riuscirò ad arrampicarmi fino a un punto della parete di roccia sufficientemente alto per fare quello che c'è da fare.

La gamba mi fa un male cane, ma non è certo questo il momento di lamentarsi. Il mostro fa un passo, poi un altro: ancora uno e sarà fuori portata, quindi devo saltare ora. Solo adesso, un istante prima di librarmi nel vuoto, mi rendo conto della tragica inutilità dell'azione che mi accingo a compiere. Persino la nuca, punto debole per eccellenza di ogni predatore, è interamente ricoperta da spessi strati di pietra.

Ma se Yog-Shoggoth pensa che l'amara consapevolezza della vacuità del gesto impedirà alla mia ascia di piantarsi tra le scapole di questa immonda creatura nella gloria sempiterna di Dytros, ebbene, tra pochi istanti avrò ben modo di dimostrargli quanto si sbaglia.

E' così, dunque: non vedrò Lady Yara brandire Yrakavin, non vedrò la fine di questa guerra. Ma non ho alcun rimpianto, perché il ruolo che mi è stato assegnato è esattamente questo: e se anche solo uno dei miei ragazzi riuscirà a salvare la pelle, allora ne sarà valsa la pena.

Per Lady Yara.

Per Ilmatar, Ilmarinen e Vainar.

Per Julia e Dresden.

Per il Sergente Cork.

Per Ammerung.

Per Angvard.

Rak-Jim - Immagine


From the misty dreams of nighttime
I sought the clarity of my days
From the shades of longing
Looked for the familiar glow

The death of my wife's slayer
Brought no comfort to me
No shape from loneliness
For a dream

A queen of gold I made
A silver bride I built
From the Northern summer night
From the winter moon

Responded not my girl
No beating heart I felt
I brought no sighs to the silver lips
No warmth from the cold

Within my heart a flame of desires
Provoked the power of my will
Forced into a silver shape
A golden queen for me

I made our bed under the stars
Covers a plenty, bear skin hides
Stroked the arc of golden curves
Kissed the lips of silver

Queen of gold, I made
A silver bride, I built
From the Northern summer night
From the winter moon

Responded not my girl
No beating heart I felt
I brought no sighs to the silver lips
No warmth to the cold

(Queen of gold) No heart
(Silver bride) I built her
(Queen of gold) No heart
(Silver bride) No warmth
(Queen of gold) I made her
(Silver bride) I built her
(Queen of gold) No heart
(Silver bride) No warmth
scritto da Rak-Jim , 14:14 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
13 marzo 518
Giovedì 9 Settembre 2021

Another one bites the...



... E anche questa è andata.

Era davvero un sacco di tempo che non mi prendevo così tanti rischi: lo scontro con gli Einherjar mi aveva provato parecchio, ma questo bestione spettrale rischiava davvero di farci fuori tutti. Per fortuna i pazzi scatenati con cui mi accompagno hanno desistito dai loro iniziali intenti suicidi e hanno deciso di darmi retta. Si credono esperti di questi luoghi perché sono miracolosamente ancora vivi, ma mi duole constatare che, a distanza di oltre due anni dal loro arrivo, non hanno ancora capito un accidenti.

Il loro difetto principale è senza ombra di dubbio la mancanza di umiltà: la sorte li benedice concedendo loro di vincere uno scontro o due ed ecco che cominciano a credersi invincibili.

"Ma si, dai, apriamo questa porta e prendiamo a calci nel culo quel risvegliato"!

E poco importa se non è un risvegliato ma un innalzato, o un araldo degradato, o chissà cos'altro. Considerare i rischi? Tempo sprecato. Ascoltare i consigli chi ne sa qualcosa di più? Neanche a parlarne. Recuperare le forze? Giammai.

Ci hanno messo più di 2 ore per convincersi ad aspettare il recupero dei miei poteri, nonostante fosse evidente fin dall'inizio che senza di me non sarebbero riusciti neppure ad aprire la porta d'ingresso. A dirla tutta, a momenti non riuscivano ad aprirla neanche dopo, è bastato qualche sasso dietro ai cardini per inceppare il meccanismo a molla con cui sono soliti gettarsi a viso, o per meglio dire a culo aperto verso il nemico.

Eppure, nonostante questo atteggiamento che persino Dagor non esiterebbe a definire eccessivamente temerario, alla fine in qualche modo è andata. Abbiamo eliminato l'incarnazione terrena di una bestia ancestrale a cui il fato aveva donato uno Yoki paragonabile a quello della troia suprema, e ce l'abbiamo fatta con le nostre sole forze... Più o meno.

Era da tempo che non partecipavo attivamente a un'impresa del genere. Devo ammettere che, volendo sorvolare per un istante sui rischi inverosimili che abbiamo corso e sul rapporto costi/benefici a dir poco irragionevole, è una gran bella sensazione: anche se non lo saprà nessuno, io e questi "cacacazzoni random" abbiamo scritto una piccola pagina di storia.

In tutta onestà, questo esito insperato renderebbe persino lecita una considerazione ulteriore: se persino un gruppo male assortito come questo è riuscito a compiere una simile impresa significa che anche la troia suprema può essere sconfitta.

Ma non è questo il momento di perdersi in pensieri così ambiziosi sulla scia di un ottimismo che, confido, sarà rapido a scemare: concentriamoci piuttosto sulle informazioni contenute nel diario che abbiamo appena finito di leggere. Visto che i cacazzoni si stanno scervellando per venirne a capo, forse potrebbero apprezzare un piccolo riassunto cronologico degli eventi. Mi permetterò giusto di prendermi qualche piccola libertà sulle date e sui (pochi) eventi che i dati al momento in nostro possesso ci consentono soltanto di ipotizzare.

Nave Nordra nel mare in tempesta

Tutto ha inizio nel 508, quando una nave di esploratori proveniente da Norsyd ha la (s)fortuna di imbattersi in alcuni cocci provenienti dall'antica città di Dioghail che il mare aveva trasportato sulle coste di un'isola sperduta a largo delle coste di Ilsanora. I Nordri cominciano a smerciare quella roba a Ghaan e a poco a poco la voce si sparge, fino ad arrivare alle orecchie di uno stregone molto potente (Aghvan): il mago capisce subito che quelle chincaglierie sono solo la punta di un iceberg ben più appetitoso e decide di farsi amico l'attuale Duca di Feith, Paul Sallivan, che - per usare un eufemismo - non è la mente più brillante del Granducato. Nel giro di pochi anni Aghvan diventa amico intimo del Duca, del suo compagno di merende (il Conte Veilor Glidewell) e di quell'altro vulcano del fratello (Vargas Glidewell), ai quali promette mari e monti in cambio di un lasciapassare permanente per le sue ricerche a Elsenor e, soprattutto, massima discrezione.

Ottenuto il benestare dei peggiori feudatari del Ducato (e forse della storia), Aghvan comincia a fare spola tra Elsenor e la parte nord-ovest di Feith. In quegli anni (509-513) ad Aghvan succedono tre cose importanti:

1) viene raggiunto da una gran quantità stregoni: c'è chi non vede l'ora lavorare con lui (Reamon, Vorkhan, Griesberg e molti altri), ma anche chi lo cerca per altri motivi (Claire, Luger), vuole dare un'occhiata pur restando a debita distanza (Norman Thelen, Dust) o semplicemente segue la corrente sperando di raccogliere qualche briciola qui e là (Berion);

2) stringe amicizia con il Signore di Ghaan, ennesimo miserabile indegnamente assurto al rango di governante di questo sventurato Ducato;

3) scopre i Resti di Kraalor, ovvero - la faccio semplice - la sua riserva personale di Sangue degli Antecessori;

A seguito di questa scoperta Aghvan mette in piedi uno o più laboratori nelle isole di Ilsanora (quelli che il Diario di Jamie Mourne chiama "i laboratori presso Dioghail") e ne affida la gestione ai suoi seguaci più fidati. Gli esperimenti hanno ben presto bisogno di cavie umane, nonché di qualcuno che si occupi della sicurezza e della gestione degli "incidenti di percorso", rendendo necessaria la presenza di un apparato militare: nascono così i Cercatori del Sangue, gentilmente messi a disposizione dal Signore di Ghaan.

A quel punto (514) cominciano i guai: i primi esperimenti sono un disastro, il Sangue non funziona e anzi provoca effetti collaterali a dir poco deleteri. Da quei laboratori escono (letteralmente) i primi risvegliati, rischiando di scatenare un'epidemia che viene contenuta per miracolo; tuttavia, quegli scellerati tentativi riescono anche produrre qualcosa di spendibile, tra cui almeno un innalzato di cui abbiamo notizia (Bondred): si tratta probabilmente del primo esemplare ad oggi noto, almeno per quanto riguarda Ghaan.

Naufragio

Ma la sfiga è sempre in agguato. Alla fine del 514 Vargas Glidewell si accorge che i selvaggi a cui aveva rifilato perline fino al giorno prima sono molto più furbi di lui: in un attimo la sua testa finisce dove non può più far danni, Nuova Lagos viene spazzata via e il mare si riempie di Gaothlas che fanno a gara a chi affonda più navi Greyhavenesi.

Vista la mala parata Aghvan è costretto a riparare a terra, tuttavia non si dà per vinto e, insieme al Signore di Ghaan e ai Cercatori del Sangue, realizza altri tre importanti obiettivi:

1) mette in piedi altri laboratori (tra cui il Laboratorio Segreto di Gultch) e organizza nuove spedizioni di ricerca presso tutte le necropoli che riesce a raggiungere (Osterch, Holov, Cantor, Valith, etc);

2) ottiene altri risultati spendibili da mostrare ai feudatari di Feith, ma anche ad altri potenziali compratori (Greyhaven) interessati a dotarsi di soldati "invincibili" per qualche guerra imminente;

3) scopre l'esistenza di un'altra riserva di Sangue degli Antecessori (nei pressi del fiume Asrael, a nord della città di Feith), che per comodità chiameremo Resti di Shaalaren;

Arriviamo così all'estate del 515, quando inizia la Guerra delle Lande.

Guerra delle Lande - Immagine

Nessuno di noi può sapere con precisione se e quanto le attività e le scoperte di Aghvan abbiano o meno influito sullo scoppio della guerra, e neppure il Diario di Jamie Mourne chiarisce a dovere questo aspetto. Al tempo stesso, le coincidenze temporali sono tali da far venire il dubbio che qualcuno abbia approfittato della situazione per mettere fretta a qualcun'altro, o magari per costringerlo a mostrare le carte: ma magari sono io a pensar male. Fatto sta che Ghaan è forse l'unico feudo dell'intero Esercito Lealista che non esce da quel conflitto con le ossa rotte, riuscendo addirittura a mantenere lo stesso governante (ok, questo forse non è un gran traguardo, ma tant'è).

A gonfiare ulteriormente le vele di Ghaan ci pensa inoltre un'altro scherzo del fato. Durante la guerra Aghvan viene attaccato da Claire, la quale per poco non riesce a farlo secco: lo stregone riesce a sopravvivere ma è costretto ad abbandonare i Resti di Shaalaren, che - complice il goffo intervento di Berion e una discutibile iniziativa dell'Esercito di Uryen - assumono, per usare un altro eufemismo, vita propria. Gli altopiani si riempiono così di Risvegliati (e di Kreepar, ma questi ultimi al momento non ci interessano): ed ecco che Ghaan si trova improvvisamente in vantaggio, in quanto è l'unico feudo del circondario a possedere la "tecnologia" necessaria per garantire - agli Innalzati e a chi si trova vicino a loro - una certa protezione dal morbo.

In conseguenza di tutte queste favorevoli congiunzioni i Cercatori del Sangue riescono dunque a restare operativi, cambiando di lì a poco nome e divisa. A guastare le feste sul più bello arriva però l'incoronazione di David Raleigh, che diventa Dominus di Angvard e reclama una porzione di territorio che, ironia della sorte, contiene tutti i principali laboratori, siti di ricerca, cimiteri e necropoli dove i lavori di Ghaan erano rimasti a metà.

E così si giunge al 516, anno in cui Ghaan comincia la sua guerra di logoramento contro Angvard: l'obiettivo non è tuttavia conquistare la città, ma rendere la signoria impossibilitata a impedire la ripresa delle attività dei Cercatori (ora Custodi) del Sangue: e magari, visto che ci siamo, a testare l'efficacia dei nuovi traguardi acquisiti nel frattempo. Così si spiegano le operazioni compiute a Osterch, alla Sacra dei Difensori e, in ultimo, presso il villaggio di Holov.

Ed è proprio a Holov che si palesa l'ultimo, grande protagonista della nostra storia: la troia suprema, nonché ad oggi unica erede dei Resti di Vaalafor... O almeno credo.

Mirai Raken - Immagine 1

Chi se lo sarebbe mai aspettato? Non certo Aghvan, a cui non resta che veder svanire dalle sue grinfie la terza (e spero ultima) miniera di Sangue. Quel che è certo è che quella creatura, complice un ospite evidentemente perfetto e una sorprendente capacità di adattamento agli intrighi e ai sotterfugi tipici dell'animo umano, riesce in pochi mesi a creare uno scompiglio mai visto prima.

Ciò che è accaduto dopo, come si suol dire, è cosa nota: Yara e David hanno continuato a combattere contro Ghaan; i feudi di Uryen e Dossler sono accorsi in loro aiuto; la stessa scelta (con qualche rassicurazione in più) l'hanno fatta anche Acab e i membri dell'Armata del Corno, un tempo alleati di Ghaan ma poi ragionevolmente disgustati dalle ricerche di Aghvan. Nel frattempo, la troia suprema si è dotata di un manipolo di innalzati, ha fondato una sorta di "religione" e ha stretto alleanze con un'altra mandria di governanti idioti (a Skogen, Trost, Skylaar, nella Valle del Torto e chissà dove altro), la cui madre giumenta è a quanto pare sempre incinta.

E veniamo infine all'ultimo atto - per ora - di questa sceneggiata: l'Armistizio della Rinascita, che segue di qualche mese l'arrivo di uno squadrone di soldati di Greyhaven mandato a "risolvere la situazione" e costringe Angvard e Ghaan a interrompere le ostilità. Un armistizio che, di fatto, lascia Aghvan e i Custodi del Sangue liberi di proseguire con le loro attività, costringendo chiunque non sia d'accordo alla resa o alla diserzione: una vera e propria condanna a morte per chiunque sia così stupido, testardo o ingenuo da farsi guidare dagli ideali anziché dalla logica e dal buon senso. E la mera presenza di uno squadrone di Greyhaven attaccato alle terga di chiunque si accinga a marciare verso Nord avrebbe dovuto insospettire chiunque, con o senza lettere e diari a rendere ancora più forte la puzza di fregatura.

Chi può essere così stupido da disertare a queste condizioni?

Posso capire Yara, lei è una paladina: oserei dire che non può fare altrimenti. Posso capire suo fratello David, ancora troppo giovane e acerbo per comprendere che la sorella è bella che spacciata.

E posso ovviamente comprendere le motivazioni che possono spingere Acab e i suoi: senza la legittimazione di Angvard l'Armata del Corno non è che un branco di disertori sfuggiti alla corte marziale, non c'è alcun futuro per loro nel Ducato che si sta delineando; stando così le cose, tanto vale giocarsela fino alla fine.

Razionalmente parlando, posso spiegarmi persino la scelta "cinica" del priorato di Dossler: il rispetto formale degli impegni presi nei confronti di un'alta rappresentanza della chiesa di Dytros può ben valere la vita di qualche soldato, forse addirittura quella della congiunta più idealista - e guarda caso più popolare - della Sorella Custode.

Ma cosa dire di Marvin Barun, sir Logan Treize e tutti gli altri soldati veterani che sono partiti lancia in resta da Uryen? La loro scelta è l'unica che davvero non riesco a comprendere: in absentia di senno, mi verrebbe da dire. A meno che non siano diventati tutti Paladini, visto che la riconquista della Sacra dei Difensori resterà con tutta probabilità l'ultimo traguardo conseguito prima di essere spazzati via.

E la cosa peggiore è che, facendosi due conti, sarà già tutto finito da un pezzo.

E adesso chi glielo dice a questi?


Dust - Immagine
scritto da Damon Dust , 02:11 | permalink | markup wiki | commenti (0)
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