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Simon DeTop
 
creato il: 03/08/2007   messaggi totali: 81   commenti totali: 80
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11 Aprile 517
Giovedì 3 Settembre 2015

Stella Polare



La Disperata ondeggia vistosamente, opponendo la prua alle onde e allontanandosi dalla costa frastagliata dell'altopiano. Distinguo appena la sagoma delle Montagne della Follia e so che anche loro ci osservano: posso sentirne la rabbia, lo sguardo vendicativo della bestia ferita che vede le prede sfuggire alle sue grinfie. Ce l'abbiamo fatta, Dunc: abbiamo vinto noi, dimostrando chi siamo e cosa sappiamo fare. Per l'ennesima volta questa terra martoriata ha rivolto al cielo il suo grido di dolore e noi abbiamo risposto con le nostre armi, sudore, sangue. Soldati di Treize, soldati di Uryen, piccole stelle brillanti in un cielo immerso nell'oscurità. Singolarmente contiamo poco, eppure senza di noi nessuno potrebbe vedere nulla. Nessuno è insostituibile, ma la luce che sprigioniamo quando siamo insieme è abbagliante.

Mi costringo a pensarlo. Poi mi guardo intorno e non vedo niente. Sarà il vento sabbioso che mi fa lacrimare gli occhi, o questo mare nero che ci circonderà fino a casa. Com'è che dicevamo, appena un anno fa? Guardia in alto, guarda in alto. Eppure nessuna delle milioni di stelle disperse nel cielo mi sembra lontanamente luminosa come quella che si è spenta stanotte.

Ci mancherai, Dunc. La tua luce, la tua capacità di trovare la strada giusta in ogni situazione. Non esiste angolo in questo feudo che non mi facesse sentire a casa quando eri tu a segnare il cammino. E' grazie a te che ce l'abbiamo fatta, oggi come tante volte in passato.

La nostra Stella Polare.

Vorrei riuscire ad illudermi, a pensare che non posso saperlo con certezza... Ma niente di quello che ho visto nei tuoi occhi al momento di dirci addio può darmi questa speranza: non ti farai mai prendere vivo, ne sono certa. Non tutti i miei compagni di viaggio ti conoscevano, molti di loro non sono in grado di valutare quello che abbiamo perso: io si. Dovrei convincermi che questa vittoria, questo scudo spezzato valgano più di te? Fatica sprecata: non lo penserò mai. Ma la guerra ci ha insegnato che esistono momenti e situazioni in cui l'acqua vale più dell'oro, il ponte più dei soldati che lo attraversano, lo stendardo più del braccio che lo porta. E' così che funziona, giusto o sbagliato che sia: quando non riesci più a fartene una ragione vuol dire che è il momento di riconsegnare le armi. Sfioro con la mano l'elsa di Ametista. Non pensarci neppure. La stringo forte, fino a che non sento il freddo del ferro svanire sotto le mie dita.

Vasq guarda in basso, verso i flutti del mare: nessuno meglio di lui è in grado di comprendere l'entità di ciò che abbiamo perso. Si conoscevano da una vita, prima ancora di entrare nell'esercito. A breve toccherà a lui guidarci per montagne folli e paludi malsane, altopiani piovosi e deserti di neve: posti che nessuno di noi ha mai visto e il cui nome è sufficiente a incutere timore. Avventure formidabili, esperienze terribili e prove dolorose che dovremo imparare ad affrontare senza di te.

Garruk non riesce a staccare gli occhi dallo scudo. "Secondo te luccica?" Mi chiede a un certo punto. No, non luccica affatto: brilla soltanto della luce riflessa di decine, migliaia di stelle. Annuisce, poi si volge verso Brian. "Tutto questo casino per uno specchio", gli borbotta contro: "...ed è pure rotto!" Ascolto le parole del suo interlocutore mentre prova a farlo ragionare, spiegandogli l'importanza di un simile artefatto. Fatica inutile, paladino: lo sa perfettamente. Per questo è così incazzato.

Roy è in piedi, le mani serrate sul parapetto del ponte di prua. E' il terzo comandante che perde in meno di due anni. Ogni tanto guarda nella mia direzione: credo che si sia fatto un'idea di dove io abbia già visto Joad Kempf, colui che a Ghaan chiamavano l'uomo senza volto, e che stia cercando di capire se ho voglia di parlarne. Non molta, in verità: quando saremo ad Angvard sarò costretta a ricordare, adesso ho voglia di pensare a Dunc, ai mesi trascorsi insieme, a quando era ancora con noi.

Brian e Bohemond conversano animatamente, cercando di dare un significato alla lista di nomi che hanno trovato. Sono entrambi pieni di ferite che non avevano prima di scivolare nel vuoto: Joad Kempf li ha quasi fatti a pezzi, ma loro non si sono arresi e alla fine lo hanno sconfitto. Una vittoria che testimonia un coraggio e una determinazione degna dei soldati migliori. E' anche per questo che hai scelto di restare lì, non è vero Dunc? Sapevi che ci avresti lasciato in buona compagnia. Il Terzo, il Ventesimo, il Trentaquattresimo... I numeri per te contavano poco, tu hai sempre guardato i soldati.

La porta della cambusa si apre rumorosamente. Ramsey sale sul ponte con una piccola botte sottobraccio. "Ho scelto la qualità, perlomeno rispetto al poco che offre la stiva di questa nave". Poi fa cenno ai presenti di avvicinarsi, con l'aria di chi butterà di sotto chiunque si rifiuti di bere. Garruk, Roy, Vasq, Brian, Bohemond... dopo pochi istanti arrivano anche Jarod, Quorthon e Astor. Ramsey chiede notizie di Arman, la ragazza risponde mostrando le mani rosse di sangue: "è un bel salto e gli resta poca rincorsa: stanotte vedremo".

Il vino viene versato in un silenzio rotto soltanto dai flutti del mare.

Garruk è il primo a parlare. "Al caporale Marcus Herrberg", esclama levando al cielo il suo boccale: ne beve più di metà, poi getta il resto verso il mare scuro. "Un coglione presuntuoso, fatemelo dire: neanche ha messo piede a terra che ha cominciato a biascicare stronzate sul Terzo per nascondere la cagarella: non siete più quelli di una volta, siete rimasti in pochi... Magari se avesse guardato i nemici anziché i compagni non sarebbe stato sommerso da tutto quel piscio bollente. Ma nonostante fosse un povero bastardo era un nostro compagno e meritava di tornare a casa: cosa che non farà, perché ha dato la vita per noi. Quindi... Grazie, Marcus: alla tua!".

"Grazie Marcus, alla tua": alcuni lo ripetono, altri si limitano a pensarlo. Tutti beviamo. Poi è il turno di Vasq. "Al soldato scelto Simon Eslan. Per averci segnalato l'arrivo dei rinforzi della torre e per aver ferito Joad Kempf. Grazie Simon, alla tua".

Il mare beve ancora, così come noi. Ram riempie i boccali, poi si avvicina al parapetto: lo sguardo di tutti si posa su di lui. "Al Caporal Maggiore Duncan Vindel, che ci ha condotti fino alle porte di Gretel e poi è riuscito nell'impresa di riportarci a casa. Chi lo conosce non ha bisogno di sentire storie, gli altri non le capirebbero. Torna presto Dunc, nel frattempo... alla tua!".

Per un lungo istante gli occhi di tutti seguono il volo del boccale del tenente che, scagliato oltre il ponte con forza ultraterrena, attraversa il cielo lasciando dietro di sé una scia luminosa d'argento, oro e vino.

Finalmente, vedo le stelle.

Ragazza che guarda le stelle - Immagine
scritto da Ali Shark , 03:52 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
20 maggio 517
Sabato 4 Luglio 2015

Gli Angeli di Greyhaven



Ilmatar, Regina dei venti e degli uragani, nata nella tempesta, figlia della Dea. Protettrice dei cacciatori e dei combattenti, guardiana degli umili e dei giusti, madre degli orfani, sorella di chiunque sia rimasto solo. E' a te che stanotte rivolgo le mie preghiere, rompendo un silenzio che dura da mesi. Lo faccio per ringraziarti di non esserti arresa, per aver continuato ad ascoltarmi anche quando la paura e la vergogna mi hanno privata della voce.

Non conosco parole che possano descrivere l'entità della violenza che ho subito. La memoria fatica a tenerne traccia, sospingendo quelle immagini oltre i cancelli del sogno. Il mio corpo ghermito tra gli artigli di quel mostro, i suoi aculei sottilissimi che mi scavano dentro come aghi infuocati, incendiandomi e carbonizzandomi dall'interno; e nello stesso tempo lo sguardo di Mirai, il suo sorriso compiaciuto, la sua voce che mi dice che andrà tutto bene e che presto, molto presto...

Mai.

Resterò chi sono, aggrappata a questa piantina e coltivando la mia forza con lei. Lo farò per ringraziarti dell'aiuto che mi hai inviato, del soccorso che mi stai prestando per mezzo dell'operato di questi due angeli provenienti da una terra lontana: uno per salvarmi, l'altro per vendicarmi.

Colin, il primo che mi hai mandato, ce la sta mettendo davvero tutta. I suoi sforzi di migliorare le mie condizioni arrivano a commuovermi al punto che talvolta, quando lo sconforto si impadronisce di me e mi porta ad aver voglia di mollare, la volontà di non deluderlo e il pensiero di come ci resterebbe male riescono a farmi chiudere gli occhi, rinviando ogni decisione all'indomani. E' capitato tante di quelle volte che ho perso il conto: la mia battaglia si è ridotta a questo, ormai. Una continua lotta contro la tentazione di abbandonarmi a ciò che fino ad oggi mi sembrava inevitabile. So per certo che dentro di me c'è qualcosa che aspetta solo la mia resa, il momento in cui implorerò di morire per accontentarmi all'istante. Quello che succederà poi al mio corpo ha poca importanza, visto che in ogni caso non sarò più io. Luger sembra convinto che non diventerò un insetto come Mirai: quel fuoco bollente, qualsiasi cosa fosse, non ha attecchito. Sarebbe una buona notizia, se non fosse che ha paura che possano succedere altre cose, non dissimili da quanto successe a Cynthia Haller. E' per questo che mi controlla quattro volte al giorno. Negli ultimi giorni ho pensato spesso a quello che potrebbe fare se mi trovasse morta... tagliarmi la testa? Bruciarmi con quella sostanza infiammabile di sua creazione, la stessa che Kailah lanciò contro la Bestia del Ponte? Chissà. L'unica cosa certa è che Luger aspetta che io muoia, mentre Colin sta facendo di tutto per tenermi in vita. Fino a ieri ero certa che, mio malgrado, avrei finito per accontentare Luger. Oggi no: oggi avevo voglia di ascoltare Colin e il suono della sua voce, di tenermi stretta la piantina che mi ha regalato, di abbracciarlo. L'Angelo Bianco, l'Angelo della Vita. Il mio Angelo.

Poi ho spento la candela, restando seduta a osservare la mia ombra svanire poco a poco. La Rocca di Tramontana guarda verso Nord, come se chi l'ha costruita sapesse già quello che sarebbe accaduto prima o poi. La finestra della cella, invece, è rivolta verso est: ecco perché la luce va via così presto. Quando l'Angelo Nero ha aperto la porta ed è entrato, sembrava notte. Il mio cuore si è fermato. Quando mi ha chiesto di seguirlo fuori ho guardato la piantina con occhi sbarrati, pensando che dopo tutto non le sarei sopravvissuta.

"Puoi prenderla, se vuoi".

Il tono della sua voce non sembrava minaccioso. In qualche modo sono riuscita a trovare la presenza di spirito necessaria ad alzarmi e seguirlo fuori dalla cella, lungo le scale delle segrete, attraverso i soldati di Greyhaven e i compagni del mio plotone con la piantina di Colin stretta tra le mani. Per l'ennesima volta ho avuto paura di morire. Al porto di Uryen, magari, appesa a un ramo a pochi passi da Hador Varchmann. La presa in giro definitiva, proprio nel giorno in cui avevo deciso di voler provare a vivere a tutti i costi.

Invece l'Angelo Nero ha cominciato a parlare. E la sua voce grave è risuonata nell'aria della sera come una musica, una melodia che non avevo mai udito ma che le mie orecchie avevano un gran bisogno di sentire.

"Anche a me è successo".

"Dimmi cosa ti ha fatto".

"Ci penserò io".

Poche parole, semplici. Ha voluto vedermi gli occhi. Mi ha detto che farà male, molto male.

"Talmente male che rimpiangerai di non essere morta".

"Ma se sopravviverai, prima o poi ci farai l'abitudine. E da quel giorno migliorerà".

L'Angelo Nero. L'Angelo della Morte. Il tuo Angelo.

Farò del mio meglio, Dea dei fulmini e delle tempeste. Ascolterò la voce dei tuoi Angeli, farò del mio meglio per meritarmi il loro aiuto. So che sarà difficile e so che farà male... al punto di desiderare di essere morta, forse.

Ma non oggi.

Oggi voglio soltanto restare viva e sentire ancora i tuoi Angeli cantare.

Annie Volvert - Immagine 3
scritto da Annie Volvert , 02:10 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
21 marzo 517
Lunedì 26 Gennaio 2015

La recluta



"... e se dovesse arrivare qualche risvegliato, sapete già quello che dovrete fare".

Il sergente aspetta di vederci annuire, poi si volta e sale a cavallo. La sua è una decisione che non mi aspettavo. E dire che il tenente era stato chiaro: gli uomini migliori del plotone al Cairn, i più inesperti a proteggere Muddan insieme a Rock. Il soldato di Feidelm - Kurt Baekar, credo che si chiami - lo affianca: a quanto pare sarà lui ad accompagnarlo al casolare. A noi spetta il compito di restare a Muddan, aspettando il loro ritorno.

"Sai che oggi è il suo compleanno? Di Rock, intendo."

Scuoto la testa. Gannor mi dice che l'ha saputo da un caporale di Uryen poco prima di partire: un chiacchierone, ci tiene a specificare. "Non è il solo", rispondo. Ride di gusto, mentre i due cavalli escono da Muddan per poi sparire dietro il versante della collina.

"Hai sentito quello che ha detto prima, no?", esclama poi. "Ora sei tu la più alta in grado".

"Tante grazie, siamo rimasti in due..."

Scuote la testa. "Mica vero... guarda lì". Il mio sguardo segue la direzione del suo dito fino a imbattersi in un insolito plotone di fanti di paglia, diligentemente disposti lungo la palizzata in attesa di essere bruciati. Abbozzo un sorriso, poi scuoto la testa: "Quelli sono soldati di Muddan: se non ti chiami Mardin non ti rispondono neppure".

"... o Brudde".

"... o Pock".

Gannor scoppia a ridere: riesce a contagiarmi, anche se non quanto vorrebbe. E' una persona leale, diventerà certamente un buon soldato: è stato lui a recuperarmi quando la Bestia del Ponte mi ha scagliata tra gli alberi e da quel giorno fa del suo meglio per starmi vicino, cercando di farmi ridere e assicurandosi che io veda anche il lato positivo delle cose. Tra tutti gli effettivi del mio plotone lui e Kailah sono quelli con cui ho legato maggiormente: gli altri mi vedono più o meno allo stesso modo dei Risvegliati... In tutti i sensi.

"Annie... Rock sa quello che fa. Se ha deciso così, significa che è la decisione giusta. Per tutti noi".

Annuisco. A dire il vero lo so fin troppo bene: il sergente non può portarmi da nessuna parte, non finché verso in queste condizioni. Non finché continuo a sanguinare così. Sono certo che si sia già pentito di avermi portata in missione: l'ho letto nei suoi occhi quando sono andata a dirgli cosa mi stava succedendo. E' comprensibile: ha paura che possa succedermi qualcosa... o peggio, che io possa rivelarmi un pericolo per la squadra. Volente o nolente. Pochi giorni fa, poco prima di venire qui a Muddan, gli ho chiesto se si fidava ancora di me. Io mi fido, mi ha risposto. Mi interessa sapere se ti fidi tu.

No, signore: la verità è che non mi fido affatto. Come potrei? Non conosco la causa di queste strane emorragie che mi assalgono, ma mentirei se dicessi di non nutrire un atroce sospetto. A volte, tra i frammenti di memoria che ancora mi restano di quei giorni passati a Holov, mi sembra di scorgere immagini terribili: il peso di qualcosa che si chinava sopra di me, come se si accingesse a divorarmi. Il corpo immobile, sordo a ogni impulso o possibile reazione. La mente vuota, incapace di dare un senso a immagini che per quanto io possa sforzarmi non riesco in alcun modo a ricordare. Ma ricordo - e non c'è parte di me che non si ribelli e inorridisca al solo pensiero - quella innaturale sensazione di tepore, pace, serenità... gioia?

E' assurdo. Più cerco di ricordare, più il sangue risale le mie vene ed esige il suo tributo. Alzo una mano verso Gannor, come per scusarmi, mentre con l'altra mi copro il viso. Lui capisce al volo: lo ha già visto altre volte. Non so cosa pensa che io abbia, ma finora è stato discreto al punto di non farmi domande. Non è un chiacchierone, non per le cose importanti. Si affretta a porgermi uno straccetto: chissà dove li prende, penso mentre lo avvicino al volto, tamponando dove serve. Chissà se li ha preparati, se li tiene pronti apposta per queste occasioni.

"Scusami", gli dico con una voce nasale che non sembra neanche la mia. "Devo andare in tenda".

"Ti accompagno", mi dice. Annuisco: potrei andarci da sola, ma con lui che mi copre ho meno possibilità di attirare l'attenzione di qualche soldato curioso. Questa gente non aveva mai visto la Morte che Cammina fino a pochi giorni fa, non voglio provocar loro altre inutili paure. Inutili? E' quello che spero. Mi torna in mente Colin e la "visita" che mi ha fatto, rispettosamente vestita da un abito di domande. Ha visto i miei occhi, una manciata di ore dopo il sangue. Ha annusato la mia pelle, cercando lo stesso odore dei Risvegliati. Posso davvero garantire di non esserlo? Mastro Luger, al termine di molti giorni in cui mi ha visitata senza alcun risparmio, mi ha detto che sono viva. "Sorprendentemente", ha aggiunto. Come se si aspettasse tutt'altra cosa. Ma Mastro Luger non sa nulla di quello che mi sta succedendo da quando siamo arrivati qui: non ha alcuna notizia del sangue. Ho il terrore di quanto potrebbe dirmi quando, tornati ad Uryen, il sergente sarà costretto a rivelargli tutto. Ho paura di essere sottoposta ad altre visite e del loro possibile verdetto.

Tu sei la risorsa più importante che abbiamo. Vorrei che fosse vero. Spero tanto che sia vero.

Raggiungiamo velocemente gli alloggiamenti a noi destinati, evitando gli sguardi degli uomini di Muddan. Gannor fa per salutarmi, è sufficientemente sveglio per capire che ho bisogno di stare da sola. Mi chiede se ho bisogno di qualcosa. "Una bacinella d'acqua... più grande che puoi". "Te ne porto due, allora". Lo ringrazio, poi sparisco dentro la tenda. Kailah, Inga e Mary non ci sono. Tutto intorno a me è vuoto e silenzioso.

Mi soffio il naso, poi mi massaggio gli occhi. Non sono in grado di capire se sia più o meno del solito: mi sembra sempre uguale. Mentre aspetto le bacinelle penso a quand'è che la mia vita ha cominciato ad andare in malora. L'ingresso nell'esercito. L'alterco con il Sergente Maggiore Varchmann, cui seguì la mia "punizione". Il confinamento alle Falesie. Il giorno in cui scoprii di essere rimasta sola. La mia prima spedizione oltre il Traunne. Holov. Mirai. La prigionia a Ghaan. La Bestia del Ponte. Di nuovo Mirai. Così tante cose, in poco più di un anno.

La voce di Gannor mi risveglia dai miei pensieri. "Annie... ne ho portate tre: te le lascio qui fuori". Lo ringrazio. Mi dice di fare con calma e poi, quando avrò finito, di raggiungerlo dalle parti del fienile. "Ho deciso che ne faremo uno anche noi!"

"Di cosa?" Chiedo, anche se credo di aver capito.

"Un fante di paglia. Hai ragione, in due siamo troppo pochi... e poi ci meritiamo anche noi una recluta da vessare, no?"

E a quel punto, finalmente, rido.

scritto da Annie Volvert , 23:14 | permalink | markup wiki | commenti (4)
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