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26 luglio 516
Martedì 23 Aprile 2013

riduzione del danno

"Quello che ti è successo è volgare e ingiusto"
Guardo Skià senza capire, chiedendomi se sia la sua pronuncia insolita della mia lingua a confondermi.
"Devi avere più rispetto di te stessa", insiste la deliota. "Fino a quando non avrai più rispetto di te stessa, neanche gli altri ti rispetteranno".
Mi sorride, fa cenno di sedere accanto a lei, coi piedi scalzi che lambiscono le onde del mare.
"Non so come fare", sospiro. "Nessuno capisce le mie parole... per loro sono solo una schiava, come posso farmi rispettare!"
Skià resta qualche momento in silenzio, scrutando il ristretto orizzonte della baia.
"Lo sai da dove vengo?" domanda poi. "Vengo da un monastero lontanissimo da qui, nell'Impero. Ero prigioniera, mi avevano incarcerata. Sai cosa sono i crimini contro la religione e la morale?"
Scuoto il capo. No che non lo so.
"E' facile, Astea. Sono praticamente tutti i crimini che puoi immaginare. Tra di essi c'è il reato di stregoneria, il reato di adulterio verso un marito che ti è stato imposto dai familiari, il reato di bestemmia, il reato di aggressione contro un vecchio Igumeno che non sa tenere le mani a posto..."
"Igumeno? Cos'è un Igumeno?"
"Un vecchio prete, mettila così"
Annuisco. "E tu eri accusata di tutte queste cose?"
"Tra le altre, sì".
"... caspita..."
"Mi avevano rinchiusa ed avevano deciso di buttare la chiave. Il Destino ha voluto diversamente", sorride. "Gunnvor e i suoi compagni hanno assalito il Monastero, lo hanno saccheggiato, hanno fatto strage dei monaci e hanno rimpinzato due navi colme di bottino. All'interno del bottino... c'ero anche io".
"Ma... come me allora!"
Skià annuisce. "Te l'ho detto. Gli altri ti riconoscono il rispetto che tu per prima attribuisci a te stessa. E' una cosa istintiva, funziona con la gente dell'Impero, con quelli del Granducato... e anche con questi selvaggi del Nord".
"E non ti hanno..."
"No, non mi hanno toccata".
Guardo Skià ammirata, invidiosa. Come accidenti ha fatto a ribaltare così drasticamente una posizione tanto disperata?
Lei mi capisce al volo e sorride. "Sono abbastanza brava a convincere le persone".
Restiamo qualche momento zitte, coi piedi nell'acqua fresca della baia. Non trovo il coraggio di chiederle quel che ho nel cuore, ma non serve. Lei lo intuisce a perfezione.
"Vorresti qualche consiglio?"
"Sì... te ne prego".
"D'accordo allora, Astea. Fa come ti dirò e vedrai che le cose miglioreranno presto. Prima di tutto..." mi guarda seria, "sei sicura di non essere incinta?"
"Oh, per gli Dei... credo... credo proprio di no"
"Molto bene. E' fondamentale che tu non resti incinta."
"Ma come posso..."
Skià sorride. "Fidati di me, gli uomini sono prevedibili. Devi solo evitare che siano loro a guidare il gioco".
Ascolto la Deliota affascinata, incuriosita, a tratti imbarazzata. Lei parla, spiega, racconta con la sua bella voce esotica. Elargisce tutti i consigli che una brava madre non ti darebbe mai.
Ripenso per un attimo ai racconti di mia cugina... quanto tempo è cambiato da allora, com'è lontana quella confidenza innocente. Se potessi parlarle adesso... scuoto il capo. Sono cambiate troppe cose, non si può tornare indietro.
Non rivedrò mai più mia cugina, Reiner, i miei familiari...
"Mi stai ascoltando?"
Guardo Skià, mi scuso.
"Stavo pensando a mia cugina, al mio... amico più caro... alle persone che non rivedrò mai più..."
"Chi ti dice che non li rivedrai mai più?"
"Non penso che mi lasceranno mai andar via..."
"Ecco, stai di nuovo sbagliando atteggiamento. Devi avere fiducia... negli Dei, nella fortuna, nella buona sorte"
Sospiro, poco convinta. "E se anche potessi tornare da loro... mi vorrebbero ancora? Adesso che sono stata... profanata dai Nordri... io ho paura che le cose non torneranno comunque mai più come prima"
Skià mi sfiora la guancia con la mano, costringendomi a guardarla in faccia. E' molto seria.
"Quando tornerai a casa, dovrai essere tu a decidere tutto. Il tuo... migliore amico, il tuo... ragazzo... se osa soltanto alzare un sopracciglio, se ha il coraggio di dare la colpa a te per quel che è successo, se storce il naso per il fatto che non sei più la vergine innocente di qualche mese fa... lascialo agli inferi. Non ti merita"
"Ma io..."
"No, ascoltami. E' una cosa seria. Chiunque a casa dovesse criticarti o farti pesare quel che ti sta accadendo qui, non merita altro che di soffrire una sorte simile, o peggiore. Se il tuo amichetto ti verrà incontro, ti abbraccerà senza farti domande e ti vorrà sposare, subito, senza esitazione, allora prenditelo, è un brav'uomo. Ma in caso contrario... non permettere a nessuno di... ehi, ma stai piangendo?"
Tiro su col naso. "Scusa Skià... scusami, non volevo..."
Skià non dice alto, mi abbraccia stretto mentre io scoppio in un pianto dirotto.
"Io non tornerò mai a casa..." singhiozzo tra i suoi capelli profumati.
"Pregherò per te" mi sussurra all'orecchio. "Andrà tutto bene".

scritto da Astea Trent , 13:03 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
1 agosto 516
Martedì 16 Aprile 2013

Le buone e le cattive

La tentazione di arrischiarcela, e di fare il colpaccio, c'è.

Ho detto al Sergente Diamond che saremmo tornati con la ragazzina e mi rode troppo di tornare a mani vuote, riportandoci indietro la puttana nordra e il capo di questi predoni delle Ombre Nere.
Gente inutile, altre bocche da sfamare per le patrie galere.

Invece a mezza giornata di distanza c'è la baia dove il Poeta trascorre le sue ore felici a comporre poesie e a stuprare le nostre ragazzine. C'è il Poeta e altri 50 nordri bastardi par suo, certo, ma noi abbiamo qualcosa che gli interessa, forse possiamo provare uno scambio.
Gli diamo la donna, che evidentemente ha del valore se il clan rivale si è scomodato per venirsela a prendere, e gli diamo questo prigioniero.
Loro ci danno la ragazzina e tanti saluti, arrivederci e nemici come prima.

Si pongono alcuni ordini di problemi.

Comunicare non è facile: le poche bestemmie che conosco nella lingua dei Nordri non saranno di grande aiuto nell'intavolare una trattativa. Possiamo sfruttare la nostra prigioniera, che ha tutto l'interesse a collaborare, visto che da un lato ha la possibilità di tornare libera, dall'altra di essere la prima che sarà sgozzata se le cose si mettono male.

Anche arrivare indisturbati alla Baia del Poeta non è facile, non saranno tanto imbecilli da non aver piazzato qualche vedetta. L'ideale sarebbe prenderci una vedetta, rispedirla alla baia con il messaggio e aspettare una risposta. Se arrivano in pochi con la ragazzina bene, se arrivano in 50 ammazziamo la prigioniera e ci prepariamo a morire martiri, portandone il più possibile all'inferno con noi.

Ci sono anche dei lati positivi.

Portare a termine la missione, prima di tutto. I "Volontari" non lasciano le cose a metà, anche a costo di prendersi qualche rischio più del necessario. Dobbiamo liberare la ragazzina, e con una ragazzina voglio tornare alla Torre Due.
Non mi frega della ragazzina di per sè, ma non glie la possiamo lasciare, non va bene. E' proprio una questione di principio.
Un po' mi urta il fatto che loro ci daranno la ragazzina molto pesantemente "usata", mentre noi gli restiuiamo la puttana ancora nuova, senza che nessuno le abbia torto un capello. Ma che si può fare, questione di stile, mettiamola così.

L'altro lato positivo, che mi invoglia a tentare questa cazzata, è che noi dobbiamo ringraziare tutti gli Dei, a partire da Azatoth, per il fatto che i Clan Nordri si facciano la guerra tra di loro.
Dovessero mettersi d'accordo, per noi sarebbe un casino dieci volte peggio che adesso.
Quindi se portiamo in omaggio al Poeta il capo della spedizione delle Ombre Nere, stuzzicheremo la zizzania tra clan, magari causeremo qualche ritorsione, qualche spargimento di sangue tra cugini nordri.

Tocca tentare.
Questo è un incarico per veri Volontari. Chi non vuole partecipare potrà restare a distanza di sicurezza. Peccato per Aaron, senza braccia non sarà di grande aiuto, gli dispiacerà perdersi lo spettacolo.

Andiamo a trovare il Poeta. Mi è sempre piaciuta la poesia, che non si dica che sono un tipo prosaico.


scritto da Caporale Klaus Berger , 15:45 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
14 giugno 516
Domenica 10 Febbraio 2013

La testimonianza del sopravvissuto

"Sì, Sergente, mi sento un po' meglio. Grazie Sergente".

"Molto bene, allora inizia a raccontarmi come sono andate le cose. E non tralasciare niente"

"Agli ordini Sergente. Dall'inizio?"

"Dall'inizio. Per prima cosa... che ci facevate lungo il gomito delle capre? Chi ha deciso di passare di lì?"

"E' stato... Lakeman, signore. Sin dalla partenza ho capito che c'era qualcosa di strano, era nervoso, si guardava continuamente alle spalle, intorno... come se si aspettasse problemi. Eric glie l'ha pure chiesto, a un certo punto, se c'era qualcosa che non andava, ma Lakeman ha negato. Però era strano, si capiva chiaramente che qualcosa lo preoccupava. Il piano era naturalmente di passare per il solito sentiero della roccia pendente, come sapevate. Tutti pensavamo che saremmo passati di lì"

"Infatti..."

"Siamo arrivati alla biforcazione, dove c'è il boschetto di betulle, ed abbiamo iniziato a scendere lungo il crinale. Tutto normale, apparentemente. D'improvviso Lakeman si è fermato di colpo, ci ha fatto segno di rimanere immobili. Avevamo percorso quanto? Duecento, trecento passi lungo il sentiero, non di più. Si andava abbastanza bene, nonostante il pesante carretto. Lakeman si è chinato, ha scrutato per terra, poi si è messo a controllare alcune rocce al lato del sentiero. Noi ci guardavamo intorno, chiaramente Lakeman era preoccupato di qualcosa, ma non ci diceva niente... eppure era tutto tranquillo, tutto normale"

"Continua"

"Lakeman raccoglie qualcosa, qualcosa di piccolo, se lo infila in tasca e torna verso di noi serissimo. 'Torniamo indietro', ci fa, 'prendiamo un'altra strada'. Non vi dico Sergente quanto è stato complicato girare il carretto con la gabbia. Il sentiero è stretto, il mulo faceva storie, alla fine ci siamo riusciti ma abbiamo perso un sacco di tempo. Io butto lì che se ci sono problemi possiamo tornare indietro alla torre, in un'ora di viaggio saremmo arrivati, ma Lakeman scuote il capo e insiste che dobbiamo andare a Uryen il prima possibile. E così torniamo indietro e prendiamo il gomito delle capre. Lakeman cammina un po' avanti a noi, guardandosi intorno e cercando tracce o segni strani a terra e in giro. Si avanza ancora più lenti, visto che è così stretto e a precipizio, ma tiriamo dritto per un'altra ora o due, piano piano. Finalmente Lakeman sembra rilassarsi, smette di controllare il sentiero avanti a noi, sembra soddisfatto. Poco dopo scoppia il casino".

"Cosa hai visto, di preciso? Cerca di ricordare tutti i dettagli"

"Ci provo, Sergente. Ho visto poco... in quel tratto io stavo accanto al mulo, tenendolo per la briglia in modo da spronarlo ad avanzare. Camminavo veramente vicino al ciglio del sentiero, dall'altro lato c'era Eric. Avanziamo faticosamente, combattendo con quel cocciuto animale, quando mi rendo conto con la coda dell'occhio che c'è del movimento in alto, sul crinale dal versante opposto. E' un attimo, ed un grosso masso ci rotola addosso, seguito da altri due o tre. Non so dire bene come sia andata, io ho fatto un movimento d'istinto per non farmelo finire addosso, mi ha colpito ugualmente e mi ha sbilanciato... facendomi cadere di sotto. Sono riuscito a vedere un paio di sagome, una in alto e una sul sentiero davanti a noi... ma è stato un attimo"

"Solo due?"

"Due sono quelle che ho visto io, ma probabilmente ce n'erano altri. Non saprei dire, ma quei massi erano grossi, pesanti, e sono caduti più o meno contemporaneamente... Ci doveva essere altra gente, credo. Io però ne ho visti due".

"Erano Nordri?"

"No, non so... non penso. Non mi hanno dato l'impressione di essere Nordri. Avevano il volto coperto da qualcosa, forse un fazzolettone, e nell'insieme non mi sembravano Nordri. Li ho visti solo per un attimo, potrei sbagliare".

"E poi? Continua"

"E poi devo aver perso i sensi per qualche istante, mi sono ritrovato in basso tra le rocce, con una gamba che mi faceva un male cane. Da sopra arrivavano suoni di combattimento, grida, chiaramente i miei compagni stavano venendo sopraffatti. E infatti poco dopo sono stati spinti di sotto, uno dopo l'altro. Morti. Goben è finito non così lontano da me, riuscivo a scorgerlo... era chiaramente morto. Tempo qualche minuto, si è sentito un fracasso impossibile e il carretto è volato di sotto... per fortuna non addosso a me! E anche l'asino ha fatto la stessa fine".

"E Lakeman?"

"Lakeman era ancora sopra. Ci hanno perso del tempo, con Lakeman. Mentre gli altri, il carretto senza prigioniero e l'asino sono stati tirati giù praticamente subito, Lakeman è rimasto su a urlare di dolore per un sacco di tempo. Quel povero diavolo... lo stavano torturando. Non so perchè, se per semplice cattiveria, per farlo parlare, che ne so? Insomma è durato tantissimo. Minuti e minuti. Lui urlava, bestemmiava, implorava pietà... una cosa raccapricciante. Alla fine l'hanno tirato di sotto pure a lui, ancora vivo, ancora lucido. L'ho sentito lamentarsi per non so quanto tempo, prima che morisse dissanguato".

"E poi?"

"E poi niente, signore. Sono rimasto lì, un po' perdevo i sensi, un po' riprendevo coscienza. Le ore sono durate un'eternità... e la notte è stata dura. Guardavo il cielo e sentivo in alto i fruscii degli animali attratti dall'odore del sangue... ho pensato proprio che fosse arrivata la mia ora, che sarei morto sbranato da qualche Puma, o dai lupi... una notte interminabile. Ringraziando gli Dei, ero caduto in un punto forse troppo difficile persino per quegli animali, li sentivo intorno, ne percepivo la presenza... credo... ma non sono venuti a divorarmi. Quanto a ieri... ho ricordi molto confusi."

"Certo, per la febbre"

"Sì, penso di sì... la giornata di ieri è volata, devo aver dormito la gran parte del tempo, o comunque... non so, non mi ricordo".

"Hai sentito passare qualcuno sul sentiero, dopo l'agguato?"

"No."

"Grazie Nolan, per ora è tutto. Cerca di rimetterti in forze".

"Grazie signore, certo"

"Lo sapevo che quel Seth Lakeman portava solo guai, lui e il suo carretto portaiella... "
scritto da Nolan Wren, soldato semplice , 22:44 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
25 aprile 516
Giovedì 23 Agosto 2012

La giovinezza fantastica.

Ebbene sì, sono un uomo fortunato.

Da quando ho lasciato Vintemberg le cose non hanno fatto altro che girare per il verso giusto.
Ho una bella locanda, tutta mia, e nonostante la maretta degli ultimi anni alla fine me la sono cavata, bisogna ammetterlo, con un certo stile.

Ho lasciato Surok poco prima dei casini più grossi, affidando la gestione della "Pollastra Infarinata" al mio vecchio e ormai insopportabile socio Gebediah. Non so se ridere o sentirmi in colpa al ricordo di lui che mi saluta dalla soglia dicendomi "Te ne pentirai, Armando!", con la sua solita aria saccente.
Ma tant'è che mi è giunta voce che i Nordri hanno poche settimane dopo depredato la Pollastra, ne hanno svuotato la cantina, dato fuoco al pergolato e fatto chissà cosa di spiacevole a Gebediah e al personale che non aveva accettato la mia proposta di trasferirsi a Nord.

Al Nord, a Leduras.
Una piccola ma promettente cittadina fortificata, meno ambiziosa forse come sede, ma più protetta dalle scorrerie dei predoni marittimi.
Ed ecco la mia buona stella.

Arriviamo in città, iniziamo ad organizzarci, rileviamo una vecchia taverna ribattezzandola "La Locanda del Lupo", gli affari poco a poco ingranano. Ed ecco che a febbraio arriva la notizia più gradita e inaspettata. Leduras d'ora in avanti si chiamerà Leisburg... e sarà la capitale del Ducato di Feith.

Avevo abbandonato una capitale, sebbene con qualche vago rimpianto, ed ecco che mi ritrovo comunque in un'altra capitale, più giovane, centrale, stimolante.

Sono proprio un uomo fortunato, inutile negarlo.

Certo, a volte penso a tutte le strade a cui ho rinunciato, ai sentieri del destino che ho preferito non percorrere.
Ricordo i miei antichi e bizzarri padroni di Vintemberg, amici di quel Vecchio Frack che ormai sarà passato certamente a miglior vita. Ricordo le loro armi, le loro armature, la loro pelliccia di leone di montagna (eh, quella ce l'ho qui a Leisburg, una delle poche cose che mi sono portato dietro da Surok). Quei matti mi piacevano, in fondo. Mi piaceva la loro vita avventurosa, mi piacevano i loro racconti esagerati, i viaggi, gli incredibili tesori.

E' per questo che sto coltivando un piccolo sogno, in cantina. Non è per me, è per i miei figli, per Mark, Conrad e la piccola Alice.
L'armatura che, poco alla volta, mi sto comprando. Le armi, la bellissima balestra intarsiata, lo spadone a due mani. Lo scudo spaccato, che porta i segni di tante battaglie.

Ogni tanto, la sera, quando mi siedo nella stanza dei bambini per farli addormentare, gli racconto la mia giovinezza fantastica.
Prima di diventare un oste, qui a Leisburg, ho vissuto con la fantasia anni e anni di avventure, che per loro, per i miei figli, saranno realtà. Il padre che ricorderanno, il nonno che descriveranno a loro volta ai figli che gli Dei vorranno loro donare, sarà un uomo avventuroso, impavido, che ha girato tutto il mondo. Armando l'avventuriero, che ha visitato Benson, sconfitto adoratori delle Tenebre, penetrato gli oscuri segreti del Meistwode, raggiunto Delos e le terre del Mezzogiorno.

Quando li accompagno in cantina, dischiudo la porta che custodisce i miei tesori, vedo i loro occhi innocenti illuminarsi. Quella è l'armatura del babbo, il suo scudo, la spada terribile che ha versato il sangue di tanti nemici.

Sono solo menzogne?
In fondo che importanza ha? Il ricordo di avvenimenti lontani, il sogno e la fantasticheria, con il passare di tanti anni, tendono a sovrapporsi. E forse, chi può dirlo, è quella la verità.
scritto da Armando , 17:18 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
30 dicembre 519
Venerdì 30 Dicembre 2011

la Rinascita.

Lunga notte. Notte buia, tra le cui ombre si nascondono i ricordi più preziosi e irripetibili.
Non c'è neve ad Annecy. Nessun diamante grezzo scende dal cielo per me, quest'anno.
Eppure bisogna indossare la maschera. Bisogna indossarla sempre, ma adesso un po' più a fondo. Questa seconda pelle di porcellana si aggrappa a quella vera, di carne, e vi si conficca con le sue radici invisibili.
A volte mi stupisco di non sentire in bocca il sapore del sangue.

Ho tutto quello che un uomo potrebbe desiderare, e molto di più. Ma quando le notti si fanno interminabili e l'inverno copre col suo silenzio tanto le case e i castelli dei vivi, tanto i prati sotto cui riposano i morti, mi ritrovo sottoposto alle stesse dure leggi di ogni creatura mortale.

Una maschera che ci nasconda a noi stessi, ecco cosa vorrei. Una maschera che mi inganni, che mi regali l'illusione che certe emozioni non siano relegate soltanto al passato.
Un labirinto innevato con al centro una fontana.

Non si può catturare il volo delle farfalle.



scritto da Lord Terence De La Fois , 14:40 | permalink | markup wiki | commenti (3)
 
5 giugno 519
Martedì 22 Novembre 2011

tra amiche

"Questo proprio non me l'aspettavo da te". Arden mi guarda offesa. "Ti ho visto che lo baciavi, e poi tutti quei discorsi sul matrimonio... che significano? Veramente hai intenzione di andartene?"
La osservo. La rabbia sembra risvegliare in lei un'energia che generalmente non le appartiene. Piccola Arden.
Gesticola, cammina avanti e indietro per la stanza. Le faccio segno di abbassare il tono della voce.
"E invece parlo forte quanto mi pare!" è la sua prevedibile risposta. "E non mi frega niente se di là c'è la Paladina che riposa, mi hanno stancato! Tutti quanti. La Paladina, i cavalieri musoni, quegli energumeni che ti piacciono tanto..."
Brava Arden, tira fuori la grinta.
Sorrido.
"Ho capito che si metteva male appena ho visto il tipo con gli occhi differenti. Chiudere la locanda per riservarla a quella gente? Siamo mica matti?" Arden continua con la sua inaspettata filippica senza badare a me. "Ma ti pare possibile? E poi... questi altri. Che prima spaccano la porta e poi..." sospira.
"Questi sono i buoni, Arden. Sono quelli che hanno vinto, che hanno..."
"Sono degli assassini anche loro! Veramente vuoi sposarti con un uomo che ha le mani tanto sporche di sangue? Non ci posso credere..."
"Veramente... veramente..." prendo tempo facendole eco. "Questi sono gente speciale, che viaggia, che vive una vita fuori dalla mediocrità. Hanno prospettive, loro. Che senso ha invecchiare qui in locanda? Adesso che sei giovane e carina il massimo della soddisfazione è qualche complimento di un ubriacone. Il massimo della soddisfazione è se ti danno una mancia per un sorriso o per un po' di zucchero in più sul dolce. Ma poi? Siamo qui forse per invecchiare e perdere anche quel poco di potere che abbiamo adesso?"
Arden scuote il capo, mi guarda e sospira. "E mi lasceresti qui da sola, insomma? Ti proteggo io, ci penso io a te... e alla prima buona occasione te ne vai e mi abbandoni?"
"Ma no! No che non ti abbandono! Ma devi farti furba, restare coi piedi per terra. Cosa pensavi, che potesse durare per sempre? Bisogna guardarsi intorno. Devi fare come me, Arden"
"E sposarmi con il primo venuto? Solo perchè è grande, grosso, ricco e...."
"Loic non è il primo venuto. E' un tipo... davvero particolare"
Arden sbuffa. "Non potrei mai farmi sfiorare da uno così".
"E' un uomo. Arden, prima o poi dovrai accettare la realtà, troverai un uomo anche tu e lo sposerai. Avrai dei figli e poi..."
"No!" adesso la mia amica sembra sul punto di piangere. "No, non voglio, non mi voglio sposare con nessuno! Non voglio figli, non voglio.... mi... mi fa schifo!"
Povera Arden, la guardo negli occhi, le prendo la mano. "Calmati, su. Ne abbiamo già... parlato tante volte... quello che ti è successo non ha niente a che vedere.... con...."
"E tu che ne sai! L'hai provato, forse?" Ride istericamente mentre le lacrime le solcano il viso. "Nessun uomo mi toccherà mai più. Te lo garantisco, nè ora nè mai"
Cerco di calmarla. Arden si fa un piantarello sulla mia spalla, aspetto che prenda fiato.
"Ascoltami, Arden... se... se vuoi... c'è un'altra possibilità."
Alza gli occhi a guardarmi, riconosco la sua fiducia incondizionata, l'affetto che mi porta. Sento il peso della responsabilità che ho nei suoi confronti. Non posso lasciarla.
"Cosa... che..."
"Fidati di me. Quando sarò sposata con Loic... ti porterò a casa nostra. Starai con noi, glie lo dirò, non posso lasciarti".
"Non vorrai dirgli..."
"No, che sei matta?" sorrido, anche Arden ride. "No, certo. Ma lo convincerò a farti venire da noi, e staremo sempre insieme. Credimi, è la cosa migliore"
"..."
"..."
"... promesso?"
"Promesso. Tieni duro Arden, aiutami in questa cosa. E poi... manterrò la mia promessa e ti porterò via con me".
"Oh, Mysia! Sei... sei..."
"Schhh... non dire niente adesso".
scritto da Mysia , 09:54 | permalink | markup wiki | commenti (3)
 
30 maggio 519
Martedì 8 Novembre 2011

Ali oscure

Le porte di Forrarossa si aprono davanti a noi. Avanziamo nella Corte del castello increduli.
Piume nere ovunque, macchie di sangue sul selciato, pochi servitori dall'aria spaventata che spostano corpi senza vita per farne un unico mucchio e liberare il passaggio.
Quanti saranno i morti? Almeno una trentina. Trenta morti e forse di più.

Le parole del ragazzo che ci ha convocati stamattina erano vaghe, ma gli occhi apparivano eloquenti: il suo terrore era palpabile.
Mi trovavo con Steven a casa di Sir Bastian, per l'abituale turno di guardia che abbiamo stabilito dopo l'ultimo attentato che l'anziano Cavaliere ha subito qualche settimana fa, quando abbiamo sentito bussare alla porta. E' stata Dundee ad aprire, e a far entrare il poveretto, trafelato e bianco come un lenzuolo fresco di bucato.
"Hanno attaccato Forrarossa", ci ha detto dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua. "Lady Solice Foucault mi ha inviato da voi a chiedere soccorsi".
... Lady Solice.
Udendo il suo nome ho istintivamente rivolto lo sguardo al volto del mio amico. Steven ha aggrottato la fronte.
"Lei sta bene?" ha chiesto.
Il ragazzo ha annuito. "Credo... credo di sì, la Paladina sta bene... mi ha detto di correre da voi, l'attacco è stato respinto ma il castello adesso è del tutto privo di difese."
Dundee guarda il ragazzo. "Ma il Barone? Come sta, è in salvo?"
"Non posso dirvi altro, vi prego solo di seguirmi appena possibile.... sarà la Paladina a spiegarvi ogni cosa".
Non poteva dare una risposta più eloquente di così.
Steven si è alzato. "Andiamo", ha detto. Subito Dundee è scattata in piedi. "Vado ad avvertire mio padre". "Fa' in fretta".

Mentre aspettavamo che Dundee uscisse dalla stanza di Sir Bastian, Steven ed io abbiamo scambiato qualche parola.
"Cosa ci fa Lady Solice a Forrarossa?" mi sono detto, dubbioso.
"Non lo so". Steven si è irrigidito subito. "Sarà lì con i suoi compagni, avranno avuto notizia dell'attacco imminente e sono corsi a difendere il castello".
"Eppure non capisco..." ho insistito, "se davvero, come ha detto quel ragazzo, l'attacco è stato respinto... perchè quella faccia? E poi perchè non chiamarci subito? Prima dell'attacco, intendo, e non dopo"
Steven ha esitato prima di rispondere, studiandomi cupamente. "Forse non ha fatto in tempo", ha detto poi, "forse non è stato possibile".

Dundee è tornata proprio allora, ha sceso le scale in fretta per raggiungerci nell'atrio.
"Andiamo!" ha detto mentre finiva di agganciarsi il fodero della spada alla cintura.
Che ragazza, Dundee. Povero chi se la sposerà. Ammesso che ci sia qualcuno tanto pazzo da chiedere la sua mano al vecchio Sir Bastian...

Ci siamo messi in marcia, Dundee mi si è affiancata subito.
"Chi è questa gente di cui ha parlato il servitore? La Paladina che ha citato... la conoscete?"
Ho annuito. "Lei e i suoi compagni sono dei nostri, persone fidate. Steven e io già in passato abbiamo svolto degli incarichi con loro, sempre per proteggere Lord Anthony. Ci sono le loro azioni dietro la messa al bando di Lord Albert".
"Che tipi sono?"
"Lei è... una Paladina di Pyros". Scorgo con la coda dell'occhio Steven, accanto a me, che sprona il cavallo e si distanzia di qualche metro, velocizzando il passo. "Poi ci sono due guerrieri formidabili, Eric e Loic, che sono fratelli, e in combattimento valgono per quattro. Insieme a loro siamo riusciti a sconfiggere i Maestri del Vento..."
"Caspita... e sono cavalieri?"
"No, non che io sappia. Ma non è nei titoli che si racchiude la bravura di un soldato. E poi so che ci sono almeno altre due o tre persone, anche se non li ho mai conosciuti..."
Dundee, curiosa, mi ha chiesto di raccontarle dello scontro coi Maestri del Vento, ma sono riuscito a farlo solo frammentariamente. Steven teneva un passo talmente svelto che era difficile stargli dietro, e quasi impossibile parlare, nel frattempo.

Ed eccoci a Forrarossa.
Le porte si aprono davanti a noi.
Ci viene incontro proprio Lady Solice.
La ricordavo a Beid, incantevole con l'abito scarlatto che indossava nell'occasione del matrimonio di suo fratello Lord Ryan. Ma la giovane che avanza stancamente tra le tracce del recente combattimento è irriconoscibile. Pallida, spettinata, con i grandi occhi cerchiati dalla mancanza di riposo. Indossa la fratina di Pyros, sporca, stropicciata, eppure carica di un'autorevolezza toccante.
Accanto a me, Steven è il primo a smontare da cavallo.
Percepisco la sua tensione, la curiosità di Dundee, gli sguardi troppo carichi per poterli sostenere.
"Lady Solice...", dice Steven, e la guarda. Non aggiunge altro, lei sembra trattenere a fatica le lacrime.

La situazione è peggio delle nostre peggiori previsioni. Lord Benedict è morto, Lord Anthony è morto, suo figlio Benedict è morto... la sorella di Kyle è morta, sono morti tutti. Anche Lord Albert è morto, e questa è un po' l'unica buona notizia della giornata.
E adesso?
I compagni di Solice, che poco a poco ci vengono a conoscere e salutare, appaiono anche loro stanchi e amareggiati. Nessuno sa dire cosa ci riservi il futuro.

Padre Maxim Keitel è la vera incognita di questo momento. Rivendicherà i suoi diritti dinastici, rinuncerà ai voti assunti di fronte a Kayah e si farà proclamare Barone di Anthien? Oppure farà un passo indietro, rimettendo nelle mani del Conte la decisione sul futuro di questo sfortunato feudo?
Può Padre Maxim essere complice di questo massacro, o rischia di diventarne soltanto un inconsapevole beneficiario? E magari una marionetta in mani più consapevoli e maligne?
Ho prestato giuramento nelle mani del Barone.
Ma potrei forse essere fedele a chi sospetto possa avere avuto una qualche responsabilità in tanto scempio? Guardo Steven, e leggo nel suo sguardo i miei stessi dilemmi.
Dundee, indomita come sempre, sembra avere le idee più chiare: mai con Maxim, mai con qualcuno anche soltanto vagamente sfiorato dall'ombra di un sospetto. Lei non ha le nostre stesse responsabilità... ma forse nella sua innocente irruenza si rivela la strada giusta da percorrere.

C'è tanto lavoro da fare, poco tempo per pensare.
Steven già si rimbocca le maniche, manda Dundee a Victoire a prelevare la moglie dell'unico prigioniero in grado di parlare, organizza le povere vedette al castello tra i superstiti e fa un elenco di persone fidate in grado di darci una mano. Dobbiamo darci da fare, e in fretta.

E soprattutto... urge vendetta.
Il prigioniero ci dirà dove andare, con le buone o con le cattive. Dove trovare il responsabile di questo massacro. Questo Daeron Vypern di cui tutti sussurrano il nome con timore e rabbia.
Lo troveremo e glie la faremo pagare per tutto questo sangue versato. Lo faremo per tutte le persone che sono morte questa notte, lo faremo per il nostro amico e compagno Kyle, per Solice e i suoi compagni che tanto hanno lottato e pagato, lo faremo per Anthien.

Gli Dei ci aiuteranno in questa impresa.
scritto da Leon Perineau , 15:59 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
30 maggio 519
Sabato 5 Novembre 2011

tanto dolore per nulla

Che fallimento.
Non sono riuscito ad ammazzarlo e, se non fosse stato per mio "fratello" Guelfo e i suoi amici, ci sarei finito io morto stecchito in pasto ai corvi.
Inutile, non ce l'ho proprio la stoffa dell'eroe, sono buono solo a cacciarmi nei guai... e a coinvolgere poveracci che non c'entrano niente e non hanno neanche un po' della mia fortuna. Il mio gesto impulsivo è costato la vita al cugino di Martine e al mio vecchio amico Trevor, e invece Vypern è riuscito a fuggire, per quanto mal ridotto.

Le cose sono andate così.
Ieri sera, quando siamo stati divisi da Guelfo e gli altri, delle guardie ci hanno accompagnato ad un alloggio molto spartano a ridosso delle mura, al piano inferiore della loro camerata. Benchè formalmente non fossimo agli arresti, l'ambiente in cui ci hanno rinchiusi era piuttosto simile ad una cella, senza finestre e con una porta rinforzata, di metallo. Ci hanno augurato buona notte, non senza un po' di ironia, e non ci è rimasto altro da fare che metterci a riposare.
Non so dire che ora fosse quando Trevor mi ha svegliato. "Sta succedendo qualcosa, Dorian!"
In effetti sopra di noi c'era movimento, agitazione tra le guardie, rumore di gente che si armava in fretta.
"Siamo sotto attacco?"
"Non capisco.... temo ci sia già qualcuno dentro"
Nel frattempo anche Bron si era svegliato. Il cugino di Martine era un animo semplice, ma grande e grosso e coraggioso.
Mentre stiamo ancora decidendo sul dafarsi, ecco che si sente un tonfo, poi un altro, qualche grido. L'aria sembra farsi innaturalmente fredda e anche la luce della nostra torcia si affievolisce senza una ragione apparente.
Trevor e Bron non erano al corrente del mio pur lilmitato talento come mago, e finchè è stato possibile ho cercato di tenerli all'oscuro di questo dettaglio. Ho tuttavia allertato i miei sensi alla ricerca di qualche presenza ostile di natura magica. Ma niente, solo un innaturale silenzio.
"Dobbiamo uscire da qui", ho detto.
Trevor si è persino messo a ridere. "Sopravvaluti le mie capacità, amico... senza gli strumenti giusti una serratura così non posso aprirla nemmeno io"
Ho scosso il capo e mi sono avvicinato a mani nude alla serratura. Ho pronunciato le rune e ho chiuso gli occhi mentre il calore fluiva da me ed arroventava il metallo.
"Ma che diavolo stai..." ha mormorato Bron. Mi sono voltato verso di lui e, quasi scusandomi, gli ho chiesto se poteva dare un calcio alla porta. Incredulo, il brav'uomo ha ubbidito e la porta si è aperta senza difficoltà.
Scale da salire, tanto silenzio. Troppo silenzio, a dirla tutta.
Siamo arrivati al piano del dormitorio delle guardie. Da una finestra spalancata entrava un vento gelido e la nera sagoma di una cornacchia sul davanzale ha iniziato a gracchiare appena ci ha visti. A terra per poco non siamo inciampati nel corpo di due guardie.
"Aspettate qui", ho detto a Trevor e Bron, e mi sono avvicinato alla finestra, che dava sulla corte del Castello.
Il corvo è svolazzato via e seguendolo con lo sguardo ne ho visti molti altri: centinaia, migliaia di corvacci neri che volavano in cerchio su tutta Forrarossa. Pur senza essere mai stato tanto ferrato negli studi teologici, un simile stormo di uccellacci del malaugurio ha fatto suonare tutti i miei campanelli d'allarme, soprattutto sapendo chi, a breve, avrebbe sferrato un attacco al Castello: Daeron Vypern.
Prudenza, Dorian, mi sono detto. Ricordati di chi stiamo parlando, ricorda cosa ha fatto a te, cosa ha fatto a Martine...
In quel momento ho visto un gruppo di armati vestiti di nero che si muoveva attraverso la corte. Hanno affondato la spada in alcuni corpi stesi a terra, forse svenuti. Di certo dopo erano morti.
Poi si sono divisi, alcuni sono andati verso la vecchia Corte, altri verso l'edificio della guardia, proprio dove eravamo noi.
"Prendete delle armi", ho detto ai miei compagni. Ma era buio, un buio eccessivo. A malincuore ho pronunciato alcune rune ed un fascio di luce magica si è sprigionata dalle mie mani. Grazie ad essa abbiamo raccattato qualche arma e ci siamo appostati.
"Li dobbiamo ingaggiare?" ha chiesto Bron.
"Cerchiamo di non farci trovare, ma se dovessero vederci... mettiamocela tutta per farli secchi".
I quattro cavalieri neri non ci hanno trovato, per fortuna. Li abbiamo visti sfilare vicino a noi, ma sono andati oltre.
"Che facciamo adesso?" ha detto Trevor una volta allontanatisi i quattro. "Proviamo a uscire dal Castello?"
"Cerchiamo di capire cosa stanno facendo", ho risposto, io stesso indeciso sul dafarsi. Mi chiedevo dove fossero stati portati Guelfo e gli altri, e cosa stesse combinando Daeron Vypern.
Le risposte ai miei dubbi dovevano arrivare nel giro di pochi istanti.
Ho visto le porte del palazzo del Barone aprirsi, ed uscirne Daeron in persona, affiancato da una donna e un altro paio di uomini in nero.
Un brivido mi ha attravesato la schiena, e il primo istinto è stato quello di ritrarmi. Ma gli occhi imploranti di Martine mi sono balenati davanti, e non ci ho visto più dalla collera. Maledetto Vypern...

Come un segno del destino, proprio allora dalla vecchia corte si è levata una colossale fiammata di natura sovrannaturale, e nel bagliore di quel fuoco ho riconosciuto immediatamente l'opera di mio fratello Guelfo. Mai l'ho sentito tanto vicino a me come in quell'istante. Nostro padre sarebbe stato orgoglioso di noi.
Mi sono frugato nelle tasche, mentre dicevo ai miei compagni di seguirmi, e sono corso verso la porta.
Bes-Ak-Vas! ho gridato appena l'ho sentito a tiro, e tre boomerang di luce si sono scagliati su Vypern, che ha gridato di dolore.
Subito i suoi uomini sono corsi verso di noi, è stato tutto molto concitato. Abbiamo provato ad allontanarci per non restare intrappolati nel Corpo di Guardia, e siamo finiti circondati nella Corte, coi corvi che ci svolazzavano gracchiando sulla testa e decisamente troppi avversari intorno.
Trevor è caduto per primo, anche per Bron non c'è stata speranza. Io non sono uno spadaccino particolarmente capace, tutt'altro, ma evidentemente ho avuto fortuna, e gli anni spesi a far disperare i maestri d'armi e a sentirmi dire che ero negato sono serviti a qualcosa. Mi hanno ferito ripetutamente, ma sono rimasto in piedi, pur vedendomela bruttissima.
Guelfo e i suoi amici sono corsi in mio aiuto, tanto da permettermi un ultimo tentativo disperato di scagliare le mie lame di luce contro Vypern. L'ho preso in pieno, ma non è bastato. Quel maledetto adoratore delle Tenebre se l'è cavata, è riuscito a fuggire. Malridotto, zoppicante, i suoi complici l'hanno aiutato a raggiungere i portoni di Forrarossa. E così Daeron Vypern è svanito nella notte.
Tutto qui, il resto sembra una brutta storia di paura, di quelle che le vecchiette raccontano nelle notti di temporale.
Mentre Guelfo e i suoi amici tentavano di raggiungere i fuggiaschi, Clark, uno dei suoi che non conoscevo mi ha trascinato in un edificio ben chiuso e riparato e si è dato da fare, nonostante avesse un braccio al collo, a rattoppare le mie ferite. Mentre fuori, nel buio, era tutto un fruscio spaventoso di ali di corvi, di sinistri gracidii. Il banchetto di quegli orrendi uccellacci è durato fino all'alba, tra corpi smembrati e moribondi lasciati sul campo in balìa dei loro becchi affilati.
"Fammi portare al riparo i corpi di Bron e Trevor..." ho chiesto a Clark. Lui ha scosso il capo. "Non puoi più far nulla per loro. Se esci da queste mura adesso sei morto".
E così abbiamo aspettato in silenzio i primi raggi del sole e il ritorno di Guelfo e dei suoi.
scritto da Dorian Dillon , 14:48 | permalink | markup wiki | commenti (2)
 
30 gennaio 519
Venerdì 1 Luglio 2011

Notte senza luna

Stasera la locanda è davvero piena. Il vento freddo che spazzola le strade di Chalard ha spinto tutti dentro, viandanti e cittadini. I primi a entrare, più fortunati, hanno trovato posto vicino al caminetto: il resto spinge contro il bancone, battendo con impazienza il suo boccale vuoto in attesa che qualche anima pia si decida a riempirlo di sidro caldo.

"Versa, versa!" Il coro di avventori infreddoliti inneggia alla botte che si erge a fatica oltre la soglia del bancone, sorretta dalle mie braccia e da quelle di Flan. "Sei pronta?" Mi chiede lui, preparandosi a correre: il frastuono è tale che lo sento a malapena. "Sempre!", gli urlo di rimando: al suo segnale iniziamo a correre, inseguiti dal copioso tracimare del sidro bollente e da una fila indistinta di boccali assetati.

Un lavoro come un altro. A dirla tutta, forse preferivo la pasticceria: ma è stato un autunno impegnativo, e Mastro Peron doveva fare qualcosa. "O te o Greta", mi ha detto. "Io penso che tu sia più brava, ma..."

"Tenete Greta, per carità. Sarà mamma prima dell'estate..."

"E la retta di Jacob?"

"Non preoccupatevi per me, davvero: so già dove andare".

E' quasi un mese che lavoro qui. Jules è stato gentile a convincere zia Brigida. "Guarda che non è una passeggiata lavorare qui, per una secca secca come te!" Aveva ragione da vendere: ci sono volute settimane per abituarmi al mal di schiena. Ne è valsa la pena, però: Jacob si è ambientato, a Noyes, e ha una nuova amica. Sta crescendo in fretta! Tra poco vorrà essere lui a badare a me. Quanto a Guelfo... chissà se sta bene. Speravo che tornasse per la Rinascita, mi sarebbe piaciuto poterla festeggiare insieme a lui. Non per altro, ma...

...

"Al diavolo! Chi vuoi prendere in giro, Nailah? La verità è che ti piace, ti piace un sacco. Vedi di dirglielo, una buona volta! Che può succedere di brutto? Almeno, se va male, ti metti il cuore in pace".

Ah, Greta, come le fai facili tu queste faccende. Vorrei che mi prestassi la tua faccia tosta, il giorno che tornerà...

"Ancora, ancora!" urlano gli avventori nell'istante in cui la botte spilla l'ultima sua goccia. "Ce la fai da sola?", mi chiede zia Brigida mentre spingo il fusto vuoto in direzione del retrobottega. Le annuisco con un sorriso: "il trucco è farla rotolare!".

La maniglia della porta è fredda come il ghiaccio: mi aspetta un bell'abbraccio di aria gelata. Un bel respiro, poi apro la porta. Niente luna oggi, neppure una minuscola falce. La botte vuota rotola oltre l'uscio, andando a far compagnia alle altre. Faccio per rientrare, quando l'occhio mi cade su uno strano sacco. No, non è un sacco: sembra più un mantello. Qualcuno deve averlo smarrito...

A un tratto qualcosa di vetro, o forse di coccio, si frantuma sulla mia testa. La prima cosa a cui penso è il vaso di petunie di Brigida, impunemente ostentato sul balcone a dispetto della loro morte avvenuta mesi addietro. Che sfortuna, penso toccandomi la testa. Sento caldo sotto alle dita, tra i capelli.

"I soldi".

La paura per quella voce improvvisa mi fa trasalire."C.. cosa?" La voce mi esce da sola, senza alcun controllo. Il cuore batte forte.

"I soldi. Dammi i soldi".

"N... non ho niente, lo giuro".

"Voltati".

Mi volto: il bandito si trova di fronte a me, ha in mano qualcosa che sembra un coltello... no, non è un coltello. Sembra piuttosto qualcosa di simile a un grosso spillone, sottilissimo e acuminato. Oh Dei...

"Guardami".

Alzo gli occhi, ma il buio e la paura non mi fanno vedere nulla. Sforzati, Nailah... Potresti doverlo riconoscere.

"Guardami, ho detto!"

Inutile. Non riesco a metterlo a fuoco. E' buio, la testa mi fa male, ho troppa paura. Sento le lacrime agli occhi, ci vedo doppio, la testa mi fa male. "Per favore... ti prego..."

Scuote la testa. "Non voglio farti del male: voglio solo i soldi. Dammi i soldi.".

Annuisco. Mi viene da piangere. Forse sono ferita, forse sono già grave. Mi tremano le gambe.

"I soldi, maledizione!" Osservo mentre mi punta lo spillone addosso, sul ventre.

"Ti prego... N... non ho soldi, con me... D.. dentro... dentro ci sono dei soldi... ti prego..."

"Dimmi il tuo nome".

"C... cos...."

"Il tuo nome, cazzo!"

"Ti prego, per favore..." le parole mi escono da sole: lo supplico, in lacrime, in preda al terrore.

"Avanti... Dimmi come ti chiami senza pisciarti addosso e prometto che ti lascio andare".

Per un istante la luce proveniente dalla locanda illumina il suo sguardo. Maledetto bugiardo, il mio nome lo sai già. Voltarmi di scatto, correre all'interno, aprire la bocca per gridare aiuto. Questo è ciò che devo fare, ciò che provo a fare. Ma il mio piano si arena dopo la prima mossa: il dolore alla testa mi blocca sull'uscio prima ancora delle sue mani. Una sulla bocca, l'altra sulla spalla. Qualcosa mi punge sotto la scapola: un dolore acuto e intenso, come il pungiglione di un insetto. E' così, dunque: sta accadendo davvero. Mi tocca morire qui, in questo cortile interno, a un metro e mezzo da una folla infinita di persone. Non è giusto. Non...

"Prima tu... poi Jacob".

No. Questo no. Per favore, per l'amore degli Dei, no. Ti prego, no. Provo a dirlo, provo a urlarlo... Ma non ci riesco. Mi manca il fiato. Non riesco a respirare, non riesco a prendere aria. Respiro, ma non succede niente. Respiro ancora, sento dell'acqua dentro al naso, dentro alla gola. Acqua calda. Dolore inaudito. Jacob, Guelfo, Greta... Marin, Vaenar, Mara... Madama Rossane... Jules.... Flan... Brigida... Mastro... Peron...

Spillone - Immagine
scritto da Nailah , 04:12 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
13 febbraio 519
Lunedì 20 Giugno 2011

Il giorno in cui avrei potuto salvarti

toc... toc... toc...
"Un altro chiodo... grazie"
"Non avresti potuto fare niente". Le parole consolatorie di Frate Erwin continuano a risuonarmi nella mente, scandite dal battere del martello. "Non avresti potuto fare niente"
toc... toc... toc...
In verità non è così.
C'è stato un giorno in cui avrei potuto salvarti.
Il giorno in cui ho fatto la mia scelta... ed ho preferito Luceen.

Adesso, col ricordo fresco di Carmen con le mani bloccate negli anelli di una catena e tradotta via dall'Inquisizione, ripenso a quel giorno, a quel momento. E mi chiedo fino a che punto è colpa mia.
Era il mio dovere fermarla, era in mio potere farlo.
"Non sposarti con Rostand, non commettere una simile follia, non comprometterti con il Barone e con la sua famiglia"
"E tu abbandona Luceen al suo destino, Andrè, lavati le mani di quei pezzenti".

Carmen... sorella mia, cosa hai fatto?

Inchiodo le assi di legno del pavimento della locanda, in ginocchio a terra accanto ai "pezzenti" di cui parlavi, ed ogni chiodo che fisso mi interrogo sul valore delle cose, su quanto le nostre scelte possano essere fatali. Alternative del diavolo, in cui è impossibile scegliere per il bene, senza conseguenze nefaste per molti innocenti.
Se avessi immaginato gli esiti di quella scelta, se avessi immaginato di Ludmilla, di Carmen, del sangue che sarebbe stato versato per questa follia... avrei abbandonato Luceen? Avrei scelto di tenere Carmen stretta a me nella torre, sotto controllo, al sicuro, e lasciare questa gente al proprio destino?

Guardo gli occhi riconoscenti di queste persone, il loro sguardo fiducioso, e mi viene di dire no. Ma poi penso alla Cattedrale distrutta e a tutta la rovina che ha colpito questa Baronia e mi viene la pelle d'oca.
Avrei potuto impedire tutto quanto, se soltanto fossi stato capace di tenere a bada mia sorella.
toc... toc... toc...
Sogno di una casa che non può esistere, di una pace che non ci sarà mai. Sono soltanto un uomo, eppure ho compiuto le mie scelte, e con le mie scelte ho influenzato la storia.
Carmen è perduta. Ludmilla amaramente vendicata. Mio nipote in Monastero, soltanto un bambino e già "un problema".
Cosa mi resta?
Mi restano "questi pezzenti". Mi resta il sogno di un villaggio che cresce e diventa un "Campo di Luce". E' questo che Luceen significa: "Campo di Luce". Ed è così la voglio immaginare, così che voglio che sia. Sogno che esista davvero una via d'uscita da tutta questa oscurità, e che oltre il buio e la notte si spalanchi un prato immenso baciato dal sole.

Carmen, mia sorella amata, potrai un giorno perdonarmi? Ti ho abbandonata nella ragnatela oscura delle ambizioni, ho lasciato che tu scivolassi nella rovina e nel peccato. Non ho saputo fermarti, troppo spaventato dal tuo sguardo e dai tuoi desideri.

Ti ho sempre amata, ma non ti ho mai capita. E ormai è troppo tardi.

toc... toc... toc...
Diamoci da fare. Mi resta soltanto un sogno... e voglio che diventi realtà.

scritto da Sir Andrè Navon , 11:49 | permalink | markup wiki | commenti (0)
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