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28 febbraio 516
Giovedì 1 Marzo 2012
battaglia alla Chela...
Da piccola non ascoltavo volentieri le storie di guerra che raccontava lo zio Karol. Le trovavo noiose, ripetitive, farcite di una retorica piuttosto insipida.
I miei fratelli si appassionavano e inscenavano le più gloriose battaglie nei loro giochi, mentre io stavo lì, un po' annoiata, solo perchè fuori pioveva e non c'era niente di più interessante da fare.
Se lo Zio Karol mi vedesse ora, stesa mezza morta su un pagliericcio di fortuna accanto alle macchine da assedio, chissà cosa penserebbe. Se sapesse come ci sono finita, mi chiedo se sarebbe fiero di me o se piuttosto si vergognerebbe dei tanti discorsi esaltati e astratti con cui per anni e anni ha rimpinzato la fantasia di figli e nipoti.
Da un lato, certo, è immensamente stupido rischiare di morire per un vessillo del tutto estraneo. Dall'altro però un po' lo capisco, lo zio Karol. Esiste qualcosa di glorioso, di esaltante, nel comportarsi in maniera così avventata. Fingere che quel vessillo sia il "nostro" vessillo, decidere di volerci credere, di sentirsi, per un attimo, rappresentati da un pezzo di stoffa.
La bandiera non conta niente, fino a quando non rischi di morire per recuperarla. In quel momento, di colpo, diventa importantissima. Ed è per questo che ho consumato le mie ultime energie per darle vita, magicamente. L'ultima scintilla incantata del mio vessillo di guerra.
In verità c'è dell'altro, e non sarei onesta se fingessi di non dargli peso.
La bandiera di Uryen è il vessillo del Margravio. Forse, se sapesse, mio padre si renderebbe conto di quanto sia stata profonda l'ingiustizia che mi ha imposto quando mi ha obbligata a compiacere il suo ospite.
Il nuovo ordine del Corno del Tramonto non passa solo per i letti sfatti dei figli viziosi di qualche Burgravio. Il nuovo ordine del Corno del Tramonto passa per i campi di battaglia, per le brughiere sferzate dal vento e dalla neve, per i combattimenti e le ribellioni da sedare.
Sbaglia mio padre quando ritiene che io possa essere utile al nuovo ordine soltanto come strumento per arruffianarsi i potenti. Io voglio che questa terra trovi la sua strada, sono disposta a rischiare molto affinchè questo accada, ma non sono più disposta a mettere sul piatto della bilancia la mia dignità.
Certo... adesso ho paura, il dolore alla tempia è micidiale e solo gli Dei sanno quanto ci vorrà prima che io mi riprenda. Eppure se ripenso a come mi sentivo dopo aver ubbidito a mio padre, se ricordo l'umiliazione e la ripugnanza e l'assurda situazione a cui mi costrinse, sto persino meglio adesso.
Sono tutta rotta, ma nel cuore mi sento salda. E tra le due cicatrici, quella alla tempia si rimarginerà per prima, più a fondo, e non dovrò vergognarmi davanti a nessuno, quando mi chiederanno come me la sono fatta.
I miei fratelli si appassionavano e inscenavano le più gloriose battaglie nei loro giochi, mentre io stavo lì, un po' annoiata, solo perchè fuori pioveva e non c'era niente di più interessante da fare.
Se lo Zio Karol mi vedesse ora, stesa mezza morta su un pagliericcio di fortuna accanto alle macchine da assedio, chissà cosa penserebbe. Se sapesse come ci sono finita, mi chiedo se sarebbe fiero di me o se piuttosto si vergognerebbe dei tanti discorsi esaltati e astratti con cui per anni e anni ha rimpinzato la fantasia di figli e nipoti.
Da un lato, certo, è immensamente stupido rischiare di morire per un vessillo del tutto estraneo. Dall'altro però un po' lo capisco, lo zio Karol. Esiste qualcosa di glorioso, di esaltante, nel comportarsi in maniera così avventata. Fingere che quel vessillo sia il "nostro" vessillo, decidere di volerci credere, di sentirsi, per un attimo, rappresentati da un pezzo di stoffa.
La bandiera non conta niente, fino a quando non rischi di morire per recuperarla. In quel momento, di colpo, diventa importantissima. Ed è per questo che ho consumato le mie ultime energie per darle vita, magicamente. L'ultima scintilla incantata del mio vessillo di guerra.
In verità c'è dell'altro, e non sarei onesta se fingessi di non dargli peso.
La bandiera di Uryen è il vessillo del Margravio. Forse, se sapesse, mio padre si renderebbe conto di quanto sia stata profonda l'ingiustizia che mi ha imposto quando mi ha obbligata a compiacere il suo ospite.
Il nuovo ordine del Corno del Tramonto non passa solo per i letti sfatti dei figli viziosi di qualche Burgravio. Il nuovo ordine del Corno del Tramonto passa per i campi di battaglia, per le brughiere sferzate dal vento e dalla neve, per i combattimenti e le ribellioni da sedare.
Sbaglia mio padre quando ritiene che io possa essere utile al nuovo ordine soltanto come strumento per arruffianarsi i potenti. Io voglio che questa terra trovi la sua strada, sono disposta a rischiare molto affinchè questo accada, ma non sono più disposta a mettere sul piatto della bilancia la mia dignità.
Certo... adesso ho paura, il dolore alla tempia è micidiale e solo gli Dei sanno quanto ci vorrà prima che io mi riprenda. Eppure se ripenso a come mi sentivo dopo aver ubbidito a mio padre, se ricordo l'umiliazione e la ripugnanza e l'assurda situazione a cui mi costrinse, sto persino meglio adesso.
Sono tutta rotta, ma nel cuore mi sento salda. E tra le due cicatrici, quella alla tempia si rimarginerà per prima, più a fondo, e non dovrò vergognarmi davanti a nessuno, quando mi chiederanno come me la sono fatta.
26 febbraio 516
Lunedì 20 Febbraio 2012
il frutteto abbandonato
Non riesco a dormire, fatico anche a tenere la penna in mano.
Il braccio mi fa male. Fa male davvero, di un dolore diverso da ogni altro dolore mai provato in vita mia.
Padre Engelhaft mi ha ripetuto varie volte, nel corso del ritorno alla fattoria di Trent, che avrei dovuto essere più prudente, e che devo ringraziare gli Dei per non aver riportato ferite più gravi. Ha ragione, lo so, e per essere una persona riflessiva devo dire che ho agito fin troppo d'istinto: non mi ero mai trovata in una situazione di vita o di morte, è stato incredibile. Il tempo scorre più lentamente, hai la percezione di ogni movimento, i sensi sono acuiti e persino la luce appare più abbagliante.
E' stato pericoloso ma è andata relativamente bene, e adesso mi rimane una fasciatura bianca macchiata di sangue e la consapevolezza di aver vissuto un'esperienza.
Il braccio fa male ma non ho ancora voglia di coricarmi. La verità è che ho il timore di cosa potrò sognare, stanotte.
Inutile negarlo, ho avuto paura, una paura violenta che mi ha stretto il cuore come in un crampo. Ma non nel momento dell'azione, non tanto mentre la lama della lancia mi trafiggeva il braccio. Lì era dolore, stupore, incredulità. La paura vera l'ho provata poco dopo, quando quel guerriero mi ha detto: "Arrenditi, getta l'arma... inginocchiati".
Inginocchiati.
Mi sono inginocchiata nella neve, ho sentito il freddo attraverso il cuoio dei miei calzoni, un senso di umido che mi ha sfiorato la pelle. Poi l'ho guardato, dal basso verso l'alto. Grande, imponente, armato di lancia, subito affiancato dai suoi due compagni, quelli che avevo colpito con le mie frecce.
L'ho guardato mentre mi osservava, ho studiato il percorso dei suoi occhi che esaminavano il mio viso, mentre l'ira lasciava il posto ad un sorriso trionfante. Riprendeva fiato e mi teneva sotto scacco. Ed io non riuscivo a pensare ad altro se non alle fronde innevate del frutteto alle mie spalle.
Non riuscivo a pensare ad altro che alle foglie e ai poveri frutti stentati. Al cielo ancora gonfio di neve, al vento gelido, ai tuoni in lontananza, e ad una primavera che ancora tarda ad arrivare.
Se succederà... mentre succederà, io guarderò quelle fronde che lottano contro il gelo e l'incuria. Riuscirò a credere che ci sia ancora speranza per questa terra? E per me?
Anche... anche quella volta il mio pensiero era rapito da dettagli apparentemente insignificanti. Mentre accadeva, io osservavo i minuscoli fori che qualche tarlo laborioso aveva scavato nel legno. Cercavo di riconoscervi un disegno, un ordine, qualcosa di simile ad una simmetria.
Una simmetria che non esiste.
Se c'è speranza per questa terra, giace nascosta sotto la neve. Sotto la stessa neve in cui affondano le mie ginocchia umiliate.
"Adesso alzati, seguici". Ricaccia indietro la fantasia spaventata, spedisci i fantasmi negli angoli bui a cui appartengono.
Prova a dormire, e non sognare niente.
Il braccio mi fa male. Fa male davvero, di un dolore diverso da ogni altro dolore mai provato in vita mia.
Padre Engelhaft mi ha ripetuto varie volte, nel corso del ritorno alla fattoria di Trent, che avrei dovuto essere più prudente, e che devo ringraziare gli Dei per non aver riportato ferite più gravi. Ha ragione, lo so, e per essere una persona riflessiva devo dire che ho agito fin troppo d'istinto: non mi ero mai trovata in una situazione di vita o di morte, è stato incredibile. Il tempo scorre più lentamente, hai la percezione di ogni movimento, i sensi sono acuiti e persino la luce appare più abbagliante.
E' stato pericoloso ma è andata relativamente bene, e adesso mi rimane una fasciatura bianca macchiata di sangue e la consapevolezza di aver vissuto un'esperienza.
Il braccio fa male ma non ho ancora voglia di coricarmi. La verità è che ho il timore di cosa potrò sognare, stanotte.
Inutile negarlo, ho avuto paura, una paura violenta che mi ha stretto il cuore come in un crampo. Ma non nel momento dell'azione, non tanto mentre la lama della lancia mi trafiggeva il braccio. Lì era dolore, stupore, incredulità. La paura vera l'ho provata poco dopo, quando quel guerriero mi ha detto: "Arrenditi, getta l'arma... inginocchiati".
Inginocchiati.
Mi sono inginocchiata nella neve, ho sentito il freddo attraverso il cuoio dei miei calzoni, un senso di umido che mi ha sfiorato la pelle. Poi l'ho guardato, dal basso verso l'alto. Grande, imponente, armato di lancia, subito affiancato dai suoi due compagni, quelli che avevo colpito con le mie frecce.
L'ho guardato mentre mi osservava, ho studiato il percorso dei suoi occhi che esaminavano il mio viso, mentre l'ira lasciava il posto ad un sorriso trionfante. Riprendeva fiato e mi teneva sotto scacco. Ed io non riuscivo a pensare ad altro se non alle fronde innevate del frutteto alle mie spalle.
Non riuscivo a pensare ad altro che alle foglie e ai poveri frutti stentati. Al cielo ancora gonfio di neve, al vento gelido, ai tuoni in lontananza, e ad una primavera che ancora tarda ad arrivare.
Se succederà... mentre succederà, io guarderò quelle fronde che lottano contro il gelo e l'incuria. Riuscirò a credere che ci sia ancora speranza per questa terra? E per me?
Anche... anche quella volta il mio pensiero era rapito da dettagli apparentemente insignificanti. Mentre accadeva, io osservavo i minuscoli fori che qualche tarlo laborioso aveva scavato nel legno. Cercavo di riconoscervi un disegno, un ordine, qualcosa di simile ad una simmetria.
Una simmetria che non esiste.
Se c'è speranza per questa terra, giace nascosta sotto la neve. Sotto la stessa neve in cui affondano le mie ginocchia umiliate.
"Adesso alzati, seguici". Ricaccia indietro la fantasia spaventata, spedisci i fantasmi negli angoli bui a cui appartengono.
Prova a dormire, e non sognare niente.
21 febbraio 516
Martedì 31 Gennaio 2012
Il metodo del reumatismo.
"Potrei farti credere che lo capisco da come soffia il vento, dal colore delle nuvole o dal volo degli uccelli. Ma ti dirò la verità, me lo dicono i miei reumatismi."
Pioggia, nebbia, vento gelido. Nevischio.
"Il tempo migliorerà presto, me lo dicono i miei reumatismi."
Melkor mi ha presa in giro.
Non so nemmeno se il metodo del reumatismo sia autentico, o se dovesse tutto il suo ottimismo climatico all'urgenza di incontrarsi con questo Acab.
Per essere gentile, tocca ammetterlo, è sempre molto gentile. Io poi sono alle prime armi e questo mi mette in una posizione di particolare vulnerabilità: sono costretta a fidarmi di chi ha più esperienza, altrimenti brancolerei nel buio.
Ma certamente Melkor ha gestito molto meglio l'incontro coi briganti rispetto a quello con le guardie, mentre per la gente onesta di solito è il contrario.
A questo punto non c'è molto da fare: raggiungeremo Uryen con la scorta militare della guarnigione, trattati come prigionieri, e una volta lì dovremo chiarire la nostra posizione.
Ho qualche giorno per riflettere ed elaborare una linea difensiva abbastanza solida, ci mancherebbe davvero di passare i guai per colpa di Melkor.
Chiarire che non c'entro niente con Acab e con i ribelli credo che non sarà difficile: è la sacrosanta verità e nessuno avrebbe interesse ad incastrarmi.
Il problema è semmai un altro, ovvero che qualcuno potrebbe decidere di rispedirmi per direttissima alla Rocca di Bronne, da mio padre. E questo devo riuscire ad evitarlo ad ogni costo.
Ma come?
Dare un nome falso è da escludere. Tutti mi conoscono come Kailah Morsten, non potrei improvvisamente presentarmi in altro modo. Oltretutto potrei essere chiamata a rispondere del perchè abbia tanto denaro, e l'unica autentica giustificazione è che sono ricca di famiglia.
Tuttavia non posso certo dire che sono fuggita di casa, altrimenti rischio che mi riportino da mio padre. Tornare trascinata per un orecchio dalle guardie... bella figura sarebbe.
D'altronde se dicessi di trovarmi qui per seguire gli affari della mia famiglia, bugia tutto sommato verosimile, rischierei di esporre i miei familiari a domande, e persino a sospetti di complicità con Acab e i ribelli, e questo non sarebbe giusto.
Uffa, cosa devo fare?
A differenza di Melkor, io non ce l'ho un "metodo del reumatismo" per capire come andranno le cose. Ma non so nemmeno raccontare frottole, non so far credere a qualcuno che pioverà se gli uccelli volano bassi, o che ci sarà bel tempo se il tramonto è rosso. Se una cosa non la so... semplicemente non la so.
Franziska diceva che mio nonno era riuscito a non farsi mai scoprire, nei suoi studi magici, perchè invece di dire menzogne si limitava alle false verità.
False verità, piccole omissioni.
Potrei dire che mi sono allontanata dalla casa paterna per mettermi alla prova, con un piccolo gruzzoletto, e dimostrare ai miei genitori di essere in grado di cavarmela da sola. In fondo devo anche sperare che questi qui ad Uryen abbiano di meglio da fare che non scrivere a casa mia per chiedere conferma, ed è "quasi vero".
Sì, mi sa che farò così.
Adesso, la cosa successiva di cui preoccuparmi è capire di chi mi possa fidare.
Melkor insomma, non tanto. Connor pure... bo? Chi lo conosce? A naso direi che non c'entra niente con questo impiccio, ma non si può dire che io sia il genio a intuire queste cose. Meglio essere prudente anche con lui.
Visto che quasi certamente la nostra carovana si chiuderà a Uryen, devo trovare qualcuno a cui chiedere consiglio.
Forse... il prete!
Beh dai, cavolo. Del prete mi potrò fidare.
Padre Engelhaft, devo parlare con lui, mi sembra la cosa migliore.
Evviva, ora che ho deciso la mia prossima linea d'azione mi sento davvero meglio!!
Pioggia, nebbia, vento gelido. Nevischio.
"Il tempo migliorerà presto, me lo dicono i miei reumatismi."
Melkor mi ha presa in giro.
Non so nemmeno se il metodo del reumatismo sia autentico, o se dovesse tutto il suo ottimismo climatico all'urgenza di incontrarsi con questo Acab.
Per essere gentile, tocca ammetterlo, è sempre molto gentile. Io poi sono alle prime armi e questo mi mette in una posizione di particolare vulnerabilità: sono costretta a fidarmi di chi ha più esperienza, altrimenti brancolerei nel buio.
Ma certamente Melkor ha gestito molto meglio l'incontro coi briganti rispetto a quello con le guardie, mentre per la gente onesta di solito è il contrario.
A questo punto non c'è molto da fare: raggiungeremo Uryen con la scorta militare della guarnigione, trattati come prigionieri, e una volta lì dovremo chiarire la nostra posizione.
Ho qualche giorno per riflettere ed elaborare una linea difensiva abbastanza solida, ci mancherebbe davvero di passare i guai per colpa di Melkor.
Chiarire che non c'entro niente con Acab e con i ribelli credo che non sarà difficile: è la sacrosanta verità e nessuno avrebbe interesse ad incastrarmi.
Il problema è semmai un altro, ovvero che qualcuno potrebbe decidere di rispedirmi per direttissima alla Rocca di Bronne, da mio padre. E questo devo riuscire ad evitarlo ad ogni costo.
Ma come?
Dare un nome falso è da escludere. Tutti mi conoscono come Kailah Morsten, non potrei improvvisamente presentarmi in altro modo. Oltretutto potrei essere chiamata a rispondere del perchè abbia tanto denaro, e l'unica autentica giustificazione è che sono ricca di famiglia.
Tuttavia non posso certo dire che sono fuggita di casa, altrimenti rischio che mi riportino da mio padre. Tornare trascinata per un orecchio dalle guardie... bella figura sarebbe.
D'altronde se dicessi di trovarmi qui per seguire gli affari della mia famiglia, bugia tutto sommato verosimile, rischierei di esporre i miei familiari a domande, e persino a sospetti di complicità con Acab e i ribelli, e questo non sarebbe giusto.
Uffa, cosa devo fare?
A differenza di Melkor, io non ce l'ho un "metodo del reumatismo" per capire come andranno le cose. Ma non so nemmeno raccontare frottole, non so far credere a qualcuno che pioverà se gli uccelli volano bassi, o che ci sarà bel tempo se il tramonto è rosso. Se una cosa non la so... semplicemente non la so.
Franziska diceva che mio nonno era riuscito a non farsi mai scoprire, nei suoi studi magici, perchè invece di dire menzogne si limitava alle false verità.
False verità, piccole omissioni.
Potrei dire che mi sono allontanata dalla casa paterna per mettermi alla prova, con un piccolo gruzzoletto, e dimostrare ai miei genitori di essere in grado di cavarmela da sola. In fondo devo anche sperare che questi qui ad Uryen abbiano di meglio da fare che non scrivere a casa mia per chiedere conferma, ed è "quasi vero".
Sì, mi sa che farò così.
Adesso, la cosa successiva di cui preoccuparmi è capire di chi mi possa fidare.
Melkor insomma, non tanto. Connor pure... bo? Chi lo conosce? A naso direi che non c'entra niente con questo impiccio, ma non si può dire che io sia il genio a intuire queste cose. Meglio essere prudente anche con lui.
Visto che quasi certamente la nostra carovana si chiuderà a Uryen, devo trovare qualcuno a cui chiedere consiglio.
Forse... il prete!
Beh dai, cavolo. Del prete mi potrò fidare.
Padre Engelhaft, devo parlare con lui, mi sembra la cosa migliore.
Evviva, ora che ho deciso la mia prossima linea d'azione mi sento davvero meglio!!
11 febbraio 516
Martedì 24 Gennaio 2012
Caro diario...
Non sono certo una persona impulsiva, però quando ho sbattuto la porta e mi sono trovata fuori, al freddo, mi sono quasi venute le vertigini.
L'ho fatto davvero, non posso crederci... mi dicevo esterrefatta, ... che cosa.... MERAVIGLIOSA!!
L'aria era fredda gelata. Non che adesso, a distanza di qualche giorno, sia migliorata... L'aria era fredda e la sentivo pizzicarmi la faccia e i polmoni. Allora non stavo sognando.
Ce l'ho mandato veramente. Mamma mia. L'ho fatto sul serio. Wow.
Accidenti se se lo meritava, eh. Mio padre, intendo. Se lo meritava eccome che io lo mandassi ai ghiacci.
Un po'mi ero illusa che qui al Nord le cose fossero migliorate, ma sa il cielo quanto mi sbagliassi.
Invece è andata così: addio, porta sbattuta tra le grida, tragedia familiare, litigata memorabile.
"Tornerai in lacrime a implorare che ti riprenda con noi!" mi ha gridato dietro lui, "tornerai presto!"
E certo, come no.
Ho fatto qualche passo, respirato, messo ordine tra le idee.
Ovviamente non è che potessi partire così, senza nemmeno una mantella indosso, senza equipaggiamento, senza niente.
Nè però potevo tornare nella torre, bussare, dire "eh, scusate, devo prendere la giacca".
Così ho percorso a passo svelto i pochi metri che separano la torre di mio padre dalla dimora della servitù ed ho bussato. Subito mi hanno aperto, ho spiegato brevemente la situazione alla Signora Corinne, le ho detto che cosa mi serviva e dove stava, nella mia stanza.
"Non mi fate passare i guai, signorina", mi ha implorato con il suo tono di voce strascicato. "Che se vostro padre si accorge che vi sto aiutando..."
"State tranquilla, non correrete rischi. Nessuno lo saprà mai. E sarete ricompensata".
Detto fatto.
Forse avrò dimenticato qualcosa, non so. Ma a occhio l'indispensabile l'ho recuperato. E anche il libro di mio nonno, così avrò qualcosa con cui passare il tempo quando farà troppo freddo per uscire. Brava Signora Corinne.
Alle stalle c'era Xavier, che ha cercato di convincermi a restare.
"No, stavolta no", ho risposto. "Me ne vado davvero".
"Ma è pieno inverno, è rischioso viaggiare... da sola poi...."
"Non preoccuparti per me"
"Ti accompagno, allora!"
"Ho detto di no!" sono sbottata. Povero Xavier, forse l'ho trattato rudemente, per giunta nel giorno del suo compleanno... ma è già abbastanza complicato cavarmela da sola, il mio fratellino sarebbe stato soltanto un peso.
Mi ha guardata partire ed ha salutato con la mano.
"Promettimi che almeno mi farai avere tue notizie..."
"D'accordo, lo farò. E non stare in pensiero."
Non conosco queste zone, per fortuna c'è una strada sola, verso Feidelm, la stessa che abbiamo fatto all'andata. A cavallo in un giorno sono arrivata a Hager, il giorno seguente nella cittadina di Yor, e finalmente eccomi a Feidelm.
Qui ho avuto una piccola delusione. La persona che conoscevo, a cui contavo di chiedere un consiglio su come muovermi, non c'è. Per fortuna sua moglie, che non avevo mai visto, è stata gentilissima con me e mi ha suggerito di alloggiare alla "Brocca di Giada".
Quando le ho raccontato del viaggio dalla Rocca di Bronne a qui è impallidita. "Sei pazza?!" mi fa, "non lo sai quanto sono pericolose queste zone? Per una ragazza da sola, poi.... Non farlo più!!"
Probabilmente sono stata fortunata... ma in realtà ho viaggiato benissimo, senza contrattempi. Forse lei è un po' esagerata, chissà... ma per tranquillizzarla le ho assicurato che non avrei commesso altre imprudenze.
Mi ha anche dato i riferimenti di un buon sarto, che ha modificato il mio zaino in modo da creare una piccola tasca nascosta, ottima per mettere al sicuro il libro di mio nonno: mi dispiacerebbe se andasse smarrito, e ho pure un po' paura che, con tutte queste guardie in giro, qualcuno possa stranirsi a vedere un testo così bizzarro, e mi faccia passare qualche guaio.
Intanto, nel giro di qualche giorno, si è diffusa in città la voce che il Margravio ha emesso un divieto severissimo riguardo i viaggi verso Nord. Che disdetta, era proprio lì che volevo andare.
Poi però, chiedendo in giro, sono riuscita a farmi indicare il riferimento di un mercante in grado di ottenere un lasciapassare.
L'ho incontrato ieri, si chiama Melkor.
E' un tizio piuttosto piccolino, di un'età indefinibile tra i 30 e i 60 anni, molto gentile e competente. Credo che con lui farò buoni affari.
Partiamo tra 4-5 giorni, il tempo di acquistare la mercanzia e organizzare la carovana.
Se ho capito bene, il mio ruolo sarà quello di amministrare i rapporti con la scorta armata. Sarà dura ricordare i nomi di tutti quanti, per questo ho deciso di comprare l'occorrente per scrivere, così mi appunterò tutto e riuscirò a non fare (troppa) confusione. Nomi, paghe, licenze.... mamma mia.... e invece voglio dare l'idea di grande professionalità.
... non vedo l'ora di partire.
L'ho fatto davvero, non posso crederci... mi dicevo esterrefatta, ... che cosa.... MERAVIGLIOSA!!
L'aria era fredda gelata. Non che adesso, a distanza di qualche giorno, sia migliorata... L'aria era fredda e la sentivo pizzicarmi la faccia e i polmoni. Allora non stavo sognando.
Ce l'ho mandato veramente. Mamma mia. L'ho fatto sul serio. Wow.
Accidenti se se lo meritava, eh. Mio padre, intendo. Se lo meritava eccome che io lo mandassi ai ghiacci.
Un po'mi ero illusa che qui al Nord le cose fossero migliorate, ma sa il cielo quanto mi sbagliassi.
Invece è andata così: addio, porta sbattuta tra le grida, tragedia familiare, litigata memorabile.
"Tornerai in lacrime a implorare che ti riprenda con noi!" mi ha gridato dietro lui, "tornerai presto!"
E certo, come no.
Ho fatto qualche passo, respirato, messo ordine tra le idee.
Ovviamente non è che potessi partire così, senza nemmeno una mantella indosso, senza equipaggiamento, senza niente.
Nè però potevo tornare nella torre, bussare, dire "eh, scusate, devo prendere la giacca".
Così ho percorso a passo svelto i pochi metri che separano la torre di mio padre dalla dimora della servitù ed ho bussato. Subito mi hanno aperto, ho spiegato brevemente la situazione alla Signora Corinne, le ho detto che cosa mi serviva e dove stava, nella mia stanza.
"Non mi fate passare i guai, signorina", mi ha implorato con il suo tono di voce strascicato. "Che se vostro padre si accorge che vi sto aiutando..."
"State tranquilla, non correrete rischi. Nessuno lo saprà mai. E sarete ricompensata".
Detto fatto.
Forse avrò dimenticato qualcosa, non so. Ma a occhio l'indispensabile l'ho recuperato. E anche il libro di mio nonno, così avrò qualcosa con cui passare il tempo quando farà troppo freddo per uscire. Brava Signora Corinne.
Alle stalle c'era Xavier, che ha cercato di convincermi a restare.
"No, stavolta no", ho risposto. "Me ne vado davvero".
"Ma è pieno inverno, è rischioso viaggiare... da sola poi...."
"Non preoccuparti per me"
"Ti accompagno, allora!"
"Ho detto di no!" sono sbottata. Povero Xavier, forse l'ho trattato rudemente, per giunta nel giorno del suo compleanno... ma è già abbastanza complicato cavarmela da sola, il mio fratellino sarebbe stato soltanto un peso.
Mi ha guardata partire ed ha salutato con la mano.
"Promettimi che almeno mi farai avere tue notizie..."
"D'accordo, lo farò. E non stare in pensiero."
Non conosco queste zone, per fortuna c'è una strada sola, verso Feidelm, la stessa che abbiamo fatto all'andata. A cavallo in un giorno sono arrivata a Hager, il giorno seguente nella cittadina di Yor, e finalmente eccomi a Feidelm.
Qui ho avuto una piccola delusione. La persona che conoscevo, a cui contavo di chiedere un consiglio su come muovermi, non c'è. Per fortuna sua moglie, che non avevo mai visto, è stata gentilissima con me e mi ha suggerito di alloggiare alla "Brocca di Giada".
Quando le ho raccontato del viaggio dalla Rocca di Bronne a qui è impallidita. "Sei pazza?!" mi fa, "non lo sai quanto sono pericolose queste zone? Per una ragazza da sola, poi.... Non farlo più!!"
Probabilmente sono stata fortunata... ma in realtà ho viaggiato benissimo, senza contrattempi. Forse lei è un po' esagerata, chissà... ma per tranquillizzarla le ho assicurato che non avrei commesso altre imprudenze.
Mi ha anche dato i riferimenti di un buon sarto, che ha modificato il mio zaino in modo da creare una piccola tasca nascosta, ottima per mettere al sicuro il libro di mio nonno: mi dispiacerebbe se andasse smarrito, e ho pure un po' paura che, con tutte queste guardie in giro, qualcuno possa stranirsi a vedere un testo così bizzarro, e mi faccia passare qualche guaio.
Intanto, nel giro di qualche giorno, si è diffusa in città la voce che il Margravio ha emesso un divieto severissimo riguardo i viaggi verso Nord. Che disdetta, era proprio lì che volevo andare.
Poi però, chiedendo in giro, sono riuscita a farmi indicare il riferimento di un mercante in grado di ottenere un lasciapassare.
L'ho incontrato ieri, si chiama Melkor.
E' un tizio piuttosto piccolino, di un'età indefinibile tra i 30 e i 60 anni, molto gentile e competente. Credo che con lui farò buoni affari.
Partiamo tra 4-5 giorni, il tempo di acquistare la mercanzia e organizzare la carovana.
Se ho capito bene, il mio ruolo sarà quello di amministrare i rapporti con la scorta armata. Sarà dura ricordare i nomi di tutti quanti, per questo ho deciso di comprare l'occorrente per scrivere, così mi appunterò tutto e riuscirò a non fare (troppa) confusione. Nomi, paghe, licenze.... mamma mia.... e invece voglio dare l'idea di grande professionalità.
... non vedo l'ora di partire.