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« è del tutto inutile indossare l'armatura contro simili praticanti di magia »
- Guelfo da Flavigny -
 
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Daniel Stringinel

[personaggio]
personaggio
Titolo:
Se stesso
Sesso:
maschio
Altezza:
170 cm
Peso:
70 kg
Ruolo:
compagno
Tipo:
PG
Giocatore:
sconosciuto
Ritratto di Daniel StringinelDaniel Stringinel è un elfo della Campagna di Vintemberg. Dopo lo scioglimento della compagnia ha tenuto i contatti principalmente con Luran. Ultimamente è stato visto sulla costa amerita che si faceva chiamare Xalathon.

Daniel parla di sé

Mi si chiede di parlare di me. Bene io mi chiamo Daniel e sono nato nel 459 in una cittadina della repubblica di Lankbow. Ero il quarto di cinque fratelli e mio padre lavorava come mercante di stoffe in città. Nonostante sfornassero un sacco figli per essere elfi, i miei tenevano sono al primogenito. Noi più piccoli eravamo considerati di poco conto.
Fin da piccolo sono stato un ragazzino che amava guardarsi attorno e imparare nuove cose. Come detto però ai miei non interessava molto di soddisfare le mie curiosità e mi misero presto a pulire la bottega che sarebbe passata in eredità al mio fratello maggiore.
A dodici anni conobbi un mercante di stoffe amico di mio padre che viaggiava molto e che non aveva famiglia. Lui si trattenne nella nostra casa qualche mese. In quel periodo mi prese in simpatia e chiese a mio padre se poteva prendermi come aiutante e apprendista. A me si illuminarono gli occhi e mio padre fu ben felice di togliersi un figlio dalle spalle.
Così quest'uomo, Mandel Filulas, mi portò con se nei suoi spostamenti da una città della repubblica all'altra. In quel periodo incontrai un sacco di gente, vidi molti posti e imparai a leggere l'elfico, ma ben poco sapevo ancora della vita vera.
Quando ebbi ventitré anni Mandel si stufò di me e io di lui, così mi affidò alle cure di sua sorella Vivian che viveva in una grande città a sud, vicina al confine con il Granducato. A Vivian non interessavo molto e anch'io la ritenevo solo una povera oca. La vedevo solo a cena quando tornavo a casa sua per mangiare. Lei si arrabbiava con me perché sapeva che avevo cominciato a frequentare brutte compagnie, ma non era in grado di esercitare nessun controllo su di me. In effetti lì cominciai a entrare nelle bande di ragazzini della città e con loro facevo un sacco di ragazzate. Ero un bambino e loro erano tutti più grandi. Un giorno quando avevo venticinque anni la facemmo grossa tanto che le guardie ci vennero dietro fin fuori il tracciato della città.
Lì decidemmo con un paio di amici che, in fondo, era meglio andarsene. Tutti eccitati dall'avventura decidemmo di andare a vedere com'erano le "terre degli umani".
Dopo un viaggio travagliato e pieno di forti emozioni giungemmo a Erengard. Lì passammo qualche mese insieme, ma presto ci perdemmo di vista. Loro volevano continuare a fare i bulletti, io mi ero stancato. Comunque non fu difficile per me trovarmi nuovi amici e un'occupazione. Cominciai infatti a lavorare per mastro Findifradol, un orafo molto vecchio. Come detto lui era avanti con l'età e aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse nelle pulizie, che gli facesse la spesa e che gli portasse gli oggetti di cui aveva bisogno nella bottega mentre lavorava. Mastro Findifradol mi insegnò, oltre a pronunciare il suo nome, moltissime cose. Imparai a riconoscere le pietre e i metalli. Imparai a pulirli e a maneggiarli nel modo corretto. Imparai la lingua degli umani e le loro strane abitudini.
A Erengard ebbi tra l'altro la mia prima ragazza (elfa ovviamente; ancora non ero così abituato agli umani).
Passai tre anni con mastro Findifradol, poi lui morì di vecchiaia e io decisi che quella città mi aveva già insegnato abbastanza. Dopo pochi giorni dalla morte del mio datore di lavoro ero già su una carovana di mercanti diretta verso il centro del Granducato. Erano tutti umani e mi avevano preso perché sapevo leggere l'elfico, oltre che per usarmi come scaricatore.
Così partì il mio primo grande viaggio per il Granducato. Cambiai decine di carovane diverse. Imparai l'arte di contrattare con le persone, mi insegnarono a maneggiare le armi e fui iniziato all'arte di amare da un'umana di cui non ricordo neanche il nome. Viaggiai molto fino al mare di Surok e conobbi molti uomini. Uomini cattivi e uomini buoni; amici e nemici. Passai periodi di profonda disperazione e di grande eccitazione; per la prima volta la vita mi fu chiara in tutte le sue contraddizioni.
Quando ebbi compiuto il mio trentaquattresimo compleanno decisi che sarei tornato a trovare la mia famiglia. Presi quel poco che avevo e partii per la repubblica solo soletto.
I miei però non furono molto contenti di rivedermi, anzi, mi rinfacciarono subito le pene che avevo fatto penare dieci anni prima alla sorella del loro amico.
Ero comunque stanco di viaggiare e mi trasferii in un paesino poco distante dalla cittadina dei miei genitori. Lì lavorai per mastro Lodomby; un fabbro che mi dava vitto e alloggio in cambio di qualche aiuto a vendere le sue armi e armature. Il nostro rapporto fu molto professionale e non nacque mai un'amicizia con lui. Comunque anche lui mi insegnò molto; oltre al modo di trattare le armi quello che imparai da lui fu la tenacia, la dedizione e la forza di volontà.
In quel periodo frequentavo spesso le locande e avevo molti amici. Avevo anche un rapporto abbastanza serio con un'elfa di lì che amava ascoltare le mie storie sulle "terre degli umani".
Non era comunque per me la vita dell'armaiolo. A trentotto anni chiesi a mastro Lodomby quello che mi spettava e ci comparai una spada, un cavallo e del materiale da viaggio. Partii così nuovamente per il Granducato; questa volta con un gruppo di amici elfi conosciuti in locanda. Era da vari mesi che passavamo le serate a fantasticare su viaggi avventurosi alla ricerca di maghi, demoni e belle fanciulle; era arrivato il momento di realizzarli.
Girai il Granducato in lungo e in largo. Cambiai compagni varie volte e passai anni di intense avventure l'una dietro all'altra. Conobbi fallimenti e grandi vittorie. Mesi in prigione e interminabili banchetti nelle locande più svariate del Granducato. Diventai un valido combattente e aumentai il numero di amicizie in giro per il mondo.
Quando avevo quarantatré anni feci un grande colpo con il gruppo in cui mi trovavo e guadagnammo molti soldi. Tanti che decidemmo, dopo una grande festa, di dividerci per goderci ognuno a modo suo la ricchezza.
Avevo sempre avuto a che fare con poco denaro e non ci volle molto per disperdere la mia quota. Iniziai a giocare d'azzardo e nel giro di poche settimane mi ritrovai senza una moneta.
Ero stato buttato fuori da una locanda, stavo tra i rifiuti, ero pieno di lividi e la testa mi girava per la sbornia, ma sorrisi. In fondo dei soldi non me n'era mai fregato troppo: i soldi vanno e vengono, gli amici e l'esperienza resta.
Le mie scelte successive non furono comunque più felici della precedente. Mi misi in testa che dovevo fare il mercante e cominciai a mettere su un'attività. Purtroppo però per fare queste cose servono i soldi e io non ne avevo. Conoscevo gente, ma era quella sbagliata; mi misi in affari loschi che mi portarono più volte a dover fuggire da una città all'altra.
Qualche anno dopo ero quasi riuscito a mettere su un'attività commerciale seria, ma era molto più difficile di quanto non credessi tenerla in piedi. Avevo sempre fatto l'aiutante e da quella posizioni le cose sono tutte più facili. Così fallii nuovamente perdendo tutto schiacciato da mercanti più abili di me.
Anche in questo caso appresi molto da questa esperienza. Mi resi conto che non ero in grado di comandare aiutanti, seppi che fare il mercante costringe a dei doveri e a dei legami che non volevo avere; capii infine che io volevo viaggiare da solo come un uccello: un uccello sempre pronto a prendere il volo quando vuole.
Negli anni che seguirono mi misi a fare il "ricettatore", come soleva dire un mio amico della capitale. Non ero mercante, ma aiutavo la gente a trovare le cose, combinavo affari e davo dritte. Le mie esperienze passate mi furono molto utili in quel periodo e, in fondo, così facendo mi feci un sacco si amici. Prendevo per me solo il minimo indispensabile per vivere fino al successivo lavoro e quelli con cui facevo affari erano sempre contenti.
Quasi sempre contenti a dire il vero. Infatti quando avevo quarantasette anni feci un bel pasticcio proprio in capitale; tanto che decisi di andare dove va tutta la gente che ha grossi problemi. Andai a Benson.
Ero in una delle prime città del ducato ed ero profondamente incerto su quale sarebbe stato il mio futuro; in quel momento rincontrai Faradyr, un mio vecchio compagno di avventure, con il suo gruppo. Quale idea migliore di ricominciare a fare l'avventuriero e abbandonare per un po' i commerci? Così mi unii a loro.
Sono quasi due anni che giro per il Granducato con questi ragazzi e ancora sto imparando molto dalla vita. Con loro ho conosciuto il mondo delle chiese e quello della magia; oltre ad aver incontrato persone molto potenti.
Purtroppo però il commercio ce l'ho nel sangue e così mi ritrovo di nuovo in mezzo alle trattative di grossi affari. Cosa mi riserverà la vita futura?
Creata il 28/03/2007 da Varg (201 voci inserite). Ultima modifica il 28/03/2007.
3895 visite dal 28/03/2007, 12:06 (ultima visita il 27/03/2024, 13:51) - ID univoco: 201 [copia negli appunti]
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