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16 Settembre 517
Mercoledì 6 Settembre 2017

Come tempesta d'estate



16 Settembre, ore 02.24

[...]

"Ram, che facciamo?" La voce di Garruk esce come un rantolo: era un bel pò che non lo vedevo così provato da uno scontro.

"Continuiamo così, non diamogli tregua: non può tenere questo ritmo a lungo!".

Lo spero davvero: combattere in queste condizioni è estenuante. Se solo non fosse così dannatamente veloce, le poche volte che riusciamo a vederlo... Maledizione, se almeno la gamba non mi facesse così male. Dai Ali, non puoi mollare ora: ci sarà tempo dopo per riposarti, adesso hai una testa da staccare.

[...]




13 Settembre 517, ore 20:15

Quello che è accaduto stasera ha dell'incredibile: se non avessi assistito in prima persona, con i miei occhi, dubito che ci avrei mai creduto... ma andiamo con ordine.

La partenza di Giada ha avuto un forte impatto sull'umore di tutte noi: nessuna affronta l'argomento in modo diretto, ma è evidente che la tensione si fa più forte ogni giorno che passa. Non siamo abituate a non ricevere notizie fresche dal fronte, ma stavolta è diverso: il silenzio è totale, come se il plotone fosse svanito nel nulla, inghiottito dalle spire del vento sabbioso che soffia con forza al di là del Traunne.

Ciascuna di noi vive la cosa in modo diverso. Mira si sfoga mordendosi le nocche: lo fa per brevi istanti, quando nessuno la guarda, facendo ben attenzione a non andare troppo a fondo; l'ultima cosa che vuole è un ricordo duraturo del suo nervosismo. Al di là di questa comprensibile reazione emotiva è la più misurata di tutte noi: conosce abbastanza bene Sven Herzog, il soldato più anziano e più capace del gruppo, e ha buone ragioni per fidarsi di lui; ci ha più volte ripetuto che Giada è in buone mani, così come lo sarebbe stata chiunque di noi. Non stento a crederlo... sembravano brave persone.

Zyra reagisce tirando di spada: non riesce a capacitarsi che non abbiano scelto lei. In realtà, con il carattere che si ritrova, sarebbe stata la meno adatta... Lei fu l'unica a contestare la scelta di offrirsi tutte come volontarie: voleva che facessimo un passo indietro, ce l'ha messa tutta per sacrificarsi al posto nostro. Quando fu il momento, arrivò persino a contestare Kalina per averci fatto quel discorso che ci ha così tanto motivate.

Kalina... la nostra guida, la nostra protettrice. Posso solo immaginare quanto questo silenzio possa essere doloroso per lei, eppure dal suo viso perfetto non traspare nulla: la sua tempesta di tensioni, rimorsi e rimpianti ruggisce nel nulla che riesce a creare dentro di lei, lo stesso che le consente di non sentire il dolore fisico e celare qualsiasi emozione. Ma persino lei non è onnipotente: la sua preoccupazione per Giada traspare più di quanto vorrebbe. Mi chiedo se si sia pentita di averci motivate a quel modo, il giorno in cui i soldati vennero a reclutarci: di averci detto che quella missione era fondamentale, che non soltanto il suo esito ma la vita stessa di quegli uomini era nelle nostre mani, nelle mani della sirena che avrebbero scelto. Conoscendola, so per certo che avrebbe davvero essere lei: eppure ha scelto di non imporsi, confidando nelle capacità di scelta di quel gruppo di uomini e donne e condannandosi a questa interminabile attesa. In queste ultime settimane si è dedicata ad assistere il Caporal Maggiore Ali Shark, che ha concluso la sua convalescenza alla fine di agosto: l'ho vista persino scambiare qualche parola con una paladina di Pyros, June Vogel. Un rischio notevole, per una come lei. Ma Kalina è fatta così, non ha paura di nulla: più il pericolo è grande, più crescono le sue capacità.

Poi, stasera, è successa una cosa molto strana. Poco dopo il tramonto, a una manciata di minuti dalla consueta apertura della capasanta. Io e Teegan stavamo piegando alcune lenzuola quando abbiamo sentito chiamare. Era un soldato di Uryen, uno dei tanti che viene spesso a cercare conforto qui: il suo nome è William, William Deed. Lo so perché ho una buona memoria, faccio del mio meglio per ricordare i nomi degli ospiti con cui abbiamo a che fare. Nel suo caso era ancora più semplice, visto che il suo nome era stato citato spesso negli ultimi giorni come protagonista di alterne prodezze al di qua e al di là del fiume.

La maggior parte dei soldati che viene qui finisce per affezionarsi a una di noi, nella maggior parte dei casi la prima che prova... o che trova. Lui no, è uno di quelli che ha voluto provare tutto, e stasera era venuto a pretendere l'unica che non aveva ancora potuto avere. Gridava a gran voce il suo nome, affermando di avere dell'oro e di voler entrare nella stanza dell'oro. Di lì a poco eravamo tutte affacciate, cercando di capire le sue intenzioni. Poco dopo è uscita Zyra, brandendo la spada per il fodero e intimandogli di tacere. Era prevedibile: della stanza non si deve parlare, lo sanno tutti. Specialmente con una paladina di Pyros che vive nei paraggi.

Il soldato si è avvicinato a Zyra e, con forza e velocità pazzesche, l'ha colpita con uno schiaffo, sbattendola al suolo. Poi l'ha bloccata con lo stivale, schiacciandola a terra e continuando a chiamare Kalina a gran voce. Ho l'oro. Voglio entrare nella stanza. Mostrati e non le farò nulla, altrimenti... A quel punto Teegan è corsa via, diretta verso l'uscita del retro, pensando che fosse meglio andare a chiamare Varchmann. La situazione è rimasta ferma per una manciata di secondi, quindi Kalina è uscita. Ha cominciato a parlare con il soldato, riuscendo a calmarlo e a convincerlo a liberare Zyra. Poi gli ha chiesto di seguirla, prendendolo per mano e portandolo verso una delle porte. Verso la stanza.

A questo punto, sono certa che vi chiederete dove si trovi la cosa strana nel mio racconto. Non si tratta del primo soldato o avventore che picchia e minaccia una di noi: prima o poi è successo a tutte, Kalina compresa. Siamo sopravvissute a una guerra, se c'è una cosa che abbiamo imparato a fare è incassare. La cosa strana è quello che è accaduto dopo. Eravamo tutte certe che Kalina avrebbe raccontato tutto a Varchmann e che la vicenda si sarebbe conclusa come di consueto: una gamba rotta, un dito mozzato, o magari qualche settimana di "distaccamento speciale" al porto... Invece no, niente di tutto questo. Eravamo presenti tutte quando Kalina ha detto a Varchmann che era tutto a posto, che non era successo niente. E mentre lo diceva, con tono fermo e rassicurante, il suo sguardo non lasciava dubbi su cosa bisognasse fare: non una parola, nessuna di noi.

Varchmann non sembrava convinto. Dava l'impressione di essere molto contrariato del fatto che suo cugino Ork non avesse visto nulla, nonostante si trovasse di pattuglia proprio lungo la strada che porta alle case: il soldato William doveva essergli passato proprio sotto il naso. Quando si è allontanato, Kalina ci ha spiegato il motivo di questa sua decisione. Ci ha raccontato che quel soldato, William non è normale: che rappresenta un serio pericolo per tutte noi. Infine ha allentato la fascia di seta che le stringe la veste alla vita, e ci ha mostrato quello che le aveva fatto. "Non vi preoccupate", ha aggiunto, vedendo i nostri sguardi esterrefatti: "guarirà presto". A quel punto Zyra non si è potuta trattenere e le ha chiesto come mai abbia rifiutato l'aiuto di Varchmann. Kalina le ha risposto che con quelle persone non bisogna cercare lo scontro finché non si è certi di poter prevalere. Non ero pronta, ha quindi aggiunto prima di congedarsi: la prossima volta lo sarò. Prima di lasciarci si è fatta promettere di stargli alla larga e che, nell'improbabile caso di un suo ritorno, saremmo corse a chiamarla senza indugi.

Lo abbiamo promesso tutte, anche se Teegan mi è parsa un pò risentita: è normale, lei è qui da poco... non conosce ancora Kalina bene come noi. Dal canto mio non ho dubbi: se c'è una persona che può gestire al meglio questa situazione è senza dubbio lei.

Laara Vintemberg - Immagine

- Laara Vintemberg -



16 Settembre, ore 02.27

[...]

"Ma siete sicuri che sia uno, si? Perché io ne vedo sempre di più..."

"Lo stregone ha detto che quello vero è uno: tutto sta a trovarlo".

Facile a dirsi, il problema è che non si vede un cazzo. "Quelli finti non fanno ombra", urlo mentre tiro un fendente all'ennesimo simulacro. Il problema è che le ombre le facciamo noialtri, poi con questa luce ridicola c'è poco da capire.

"Ce l'ho io!" urla Roy, subito dopo averlo colpito al piede con la lancia. Garr è troppo lontano, ma io e Ram siamo a due passi. Un attimo dopo lo attacchiamo in tre: Roy finta un secondo colpo e assesta una spallata, Ramsey punta a intralciargli le gambe; a me spetta il compito più gratificante. Impugno Ametista con entrambe le mani e la sollevo in alto: aspetto che si copra la testa e poi la spingo giù, disegnando un rapido cerchio che si conclude con un montante dal basso. Per la testa c'è tempo, adesso è la tua zampa che voglio!

Il colpo va a segno: vorrei avere il tempo di contemplare maggiormente quell'artiglio mozzato che intravedo appena, ma se non mi tolgo subito di mezzo finisce male.

"Tre contro uno e non riuscite a stenderlo?" Ruggisce Garruk, correndo verso di noi. Non fa in tempo: in un attimo lo stronzo è addosso a Roy, conficcandogli l'artiglio ancora sano appena sotto al braccio sinistro. Ha una velocità pazzesca, irreale. Roy urla di dolore, come se l'anima gli venisse strappata dal corpo: poi crolla al suolo, proprio come gli altri. Maledizione! Aveva già preso un colpo prima, proprio lì. Lo stronzo deve averlo fatto apposta... non avrà mica centrato il giunto?

Roy rotola a terra, privo di sensi: non resta che sperare che questa testa di cazzo non sia contagiosa, altrimenti domani ci risveglieremo tutti.

[...]






14 Settembre, ore 17:41

"Davvero te l'ha fatto quando..."

Quando faccio cenno di si col capo, Astor scuote la testa. "E tu non gliene hai dette subito quattro? Guarda che non è mica uno scherzo..."

"Dai, è solo un morso..." Mi vergogno quasi, a minimizzare la cosa: probabilmente non dovrei, ma davvero lì per lì non mi era sembrato niente di che.

"Un morso! E ti pare normale? Guarda che se non ti fai rispettare tu, loro non ti rispetteranno mai..."

"Ahia!" Doloredoloredolore... Ma che c'è in quella boccetta, acido al peperoncino?

"Tiè, guarda che roba: non mi stupisce che sia un avanzo di galera!" Astor contempla le mie ferite per qualche secondo, quindi riprende a medicarmi, intingendo nuovamente il pennello in quell'ampolla piena di tintura giallastra.

"Ahia..."

"Ma smettila, che adesso non ti ho neanche toccata. Scommetto che quando quello ti prendeva a sberle non fiatavi neppure..."

"Beh, a dire il vero..."

Rido, poi ride anche lei. Astor mi sta davvero simpatica, avrei voluto conoscerla prima: è qui in infermeria soltanto da qualche settimana, ma ha già conquistato tutti i soldati. E' la figlia del tenente di vascello Kraven e, a quanto ho capito, fa parte del suo equipaggio. Dicono che parli anche la lingua degli Elsenoriti... Mentre continua a curarmi parliamo del più e del meno: mi chiede se ho notizie di Angelica, la nostra cuoca tuttofare, e io colgo l'occasione per spiegarle la mia teoria: una fuga d'amore con Heinrich, la sua guardia del corpo personale. Ridiamo ancora. Chissà se è fidanzata, chissà se c'è qualcuno che le piace. Non siamo ancora abbastanza in confidenza per farle questo tipo di domande... meglio aspettare: nel frattempo direi che è il caso di capire se sono fidanzata io, oppure se si è trattata di... com'è che si dice in questi casi? una botta e via?

Bah, e dire che fino a due giorni fa non mi piaceva per niente. Poi, verso la fine di quella festa... boh, che ne so. Fatto sta che ci ho pensato per tutta la notte: poi il giorno dopo, proprio quando ero riuscita a togliermelo per bene dalla testa, mi si avvicina ancora. Cominciamo a parlare in mezzo agli allenamenti, poi mi guarda in modo strano, e prima di salutarmi, a fine giornata, mi indica nuovamente la casetta di Ann... ehm, la casetta in cui alloggia. "Ti aspetto".

Ma che cavolo vuol dire, ti aspetto? Che frase è? E soprattutto, perché ci sono andata? Non sono davvero il tipo di ragazza che si imbarca in questo tipo di storie frettolose e... Beh, fatto sta che ci sono andata: a momenti neanche ho fatto in tempo a bussare: mi ha letteralmente trascinata dentro, con una forza pazzesca e una frenesia da togliere il fiato. Quello che è successo dopo, beh... So solo che non mi era mai capitato niente di simile! Sarà durato una, forse due ore: alla fine siamo dovuti scappare via di corsa, altrimenti se ne sarebbero accorti tutti! E' stato così... intenso, che quasi non mi sono accorta di tutti questi segni che evidentemente mi ha fatto. Eppure, nonostante tutto, fanno un male cane! Questa notte ho dormito malissimo, nonostante il bel ricordo e le interessanti prospettive. Per non parlare degli allenamenti di oggi... ho stretto i denti per tutto il tempo! E adesso eccomi qui, che non aspetto altro che uscire da questa stanzetta che odora di olio disinfettante per...

... per capire come funziona adesso, suppongo. Oggi William non s'è visto: il sergente ha detto che aveva da fare con il terzo plotone, ma secondo me non era la verità. Ho paura che possa avere avuto una giornata no, come quelle che aveva Annie... O magari è colpa mia che... No, Charlie, ma che vai a pensare? Il mondo non gira mica tutto intorno a te! Vedrai che quello che è successo ieri non c'entra niente. Adesso la cosa migliore da fare è farsi almeno un'oretta di riposo e poi, magari, vedere se si fa trovare a cena. Non diventare petulante: fatti desiderare.

Tuttavia, le gambe non sembrano essere molto d'accordo: si muovono da sole, verso quella che era la stanzetta di Annie, come se non sopportassero l'idea di farmi sprecare l'occasione di rendermi ridicola prima di cena. E va bene, mi arrendo: farò come dite voi!

Il minuscolo vialetto che porta alla casetta è deserto. Al tempo stesso, è talmente vicino alla Rocca che quasi certamente qualcuno mi vedrà: pensaci bene, Charlie, davvero vuoi farti ridere dietro da tutto l'esercito di Uryen? Non ti è bastata la volta in cui ti sei offerta di organizzare Mister Tramontano? Bah, problemi loro: come diceva la mia saggia nonna, chi non ti sopporta oggi non ti sopporterà mai, quindi tanto vale fregarsene. Il che, peraltro, è in aperto contrasto con la mia rivalutazione di William... Insomma, comunque la si guardi resto una cretina.

"William?" Chiamo a bassa voce, una volta raggiunta la porta. Nessuna risposta. Provo a bussare... niente. Gli scuri alle finestre sono tirati, sembra proprio che non ci sia nessuno. Poi mi ricordo che ce n'è uno con il gancetto rotto: ci ho fatto caso ieri, quando ero... insomma, quando ero dentro. Mi ero fissata a guardare la luce che filtrava. Charlene, so perfettamente a cosa stai pensando, ed è davvero una pessima idea! Lo so, nonna... ma non è colpa mia: le braccia si muovono da sole! e poi, William potrebbe stare male come Annie, magari ha bisogno di aiuto... Ma chi vuoi prendere in giro: vuoi solo curiosare, ficcare il naso, magari farti trovare dentro... Si, ok, sono colpevole, penso mentre applico una serie di spinte strategiche finché lo scuro non si convince ad aprirsi.

CRASH!

Il rumore improvviso mi fa sobbalzare... poi, con orrore, realizzo quello che è successo. Cacchio... la piantina! Me ne sono totalmente dimenticata! Stupida, stupida Charlie!

E vabbè, ormai è fatta: in men che non si dica, sono dentro, tra cocci e mucchietti di terriccio. Devo assolutamente provare a ricomporla in qualche modo, prima di andarmene...

Mi guardo intorno: e così qui è dove vivono gli Angeli di Uryen: è almeno la terza volta che ci sono stata ma così, da sola e di sera, fa tutto un'altro effetto. Una scrivania, due sedie, un baule, un letto... e adesso un vaso rotto. Nel baule ci sono i vestiti di William, mentre la roba di Annie è stata spostata in una specie di mucchietto in un angolo. Ieri sera non ci avevo fatto proprio caso, ma sembra che William l'abbia riposta molto accuratamente. Mi chiedo dove sia Moffy, visto che Annie lo aveva lasciato qui. Forse sotto il letto? Mi chino a guardare e, in effetti, vedo che c'è un pò di roba pure lì: vestiti appallottolati, si direbbe. Li prendo, ma di Moffy nessuna traccia. I vestiti sono femminili: altra roba di Annie, suppongo... un completo che non penso di averle mai visto addosso, decisamente più carino e femminile di qualsiasi altro abito che mette di solito. Nel piegarlo, capisco perché: è sporco di sangue in più punti. Poverina... Chissà che cosa deve aver passato, nelle tante notti solitarie che ha trascorso qui. Mentre lo ripongo, quasi mi uccido inciampando sul vaso rotto... No, non sul vaso, bensì sulla trave di legno che dev'essere saltata a seguito della sua caduta. Cavoli, Charlie, stai qui dentro da tre minuti e l'hai quasi demolita, questa casa.

Poi vedo che sotto alla trave c'è qualcosa. Altri vestiti, a quanto pare. In pessime condizioni, si direbbe... e poi...

No.

Sento il sangue ghiacciarsi nelle vene, mentre osservo le tracce scure che quei brandelli di stoffa umidicci lasciano sulle mie mani. Fuori ormai fa quasi buio, ma mi sembra proprio...

Cazzo!

Improvvisamente ricordo dove ho già visto quel vestito: non è di Annie, porca puttana!

Ho bisogno di luce: devo controllare, devo esserne sicura. Mi alzo, getto a terra gli stracci insanguinati e mi precipito verso la lanterna sulla scrivania. Quando la accendo, e torno a osservare la zona intorno alla trave, mi sento morire.

No... oh Dèi, no...

Poi, con uno scatto, la porta si apre dietro di me.

"Che significa?" domando, con voce tremante. Non serve girarmi, so benissimo chi è.

"Stà calma", mi sento rispondere. "Non è come pensi".

"E com'è, allora? Perché hai..."

"Siediti e ti spiego. Mi fai spiegare, almeno?". La sua voce è calma, impassibile... completamente diversa da quella di ieri.

"Non posso... Devo.. devo andare, adesso". Le parole mi escono a caso, dettate dalla paura per quello che ho appena visto. Non posso restare qui: devo dirlo a qualcuno.

"Siediti, ho detto..." La sua voce è cambiata ancora: ha un tono suadente, accondiscendente. Forse è davvero come dice, forse dovrei ascoltarlo. Eppure non c'è un'oncia del mio corpo che non mi spinga a correre il più lontano possibile da questa stanza.

"No, no... NO!" Faccio per uscire, ma lui mi blocca la porta. Mi giro verso la finestra e lui, con un balzo fulmineo, mi è alle spalle. Provo a urlare, ma lui mi tappa la bocca. E' fortissimo, maledizione... Pensa, Charlie, pensa: cosa farebbe Ali? Mi viene in mente quello che ho in mano, poi lo sguardo mi cade sulle tende che ondeggiano proprio davanti a me: posso farcela. Colpisco il mio oppressore con il gomito con tutta la forza che ho, poi approfitto di quell'istante per lanciare la lanterna. Avanti, avanti... Il vetro si frantuma in mille pezzi, mentre l'olio infiammato lambisce la stoffa. Ce l'ho fatta, penso. Ce l'ho fatt...

Bes-Vas, replica lui, subito prima di tornare a ghermirmi: e di colpo tutto si spegne.

"Perché?" domando invano, mentre una coltre di tenebra si chiude intorno a me.



- Charlotte Zwein -



16 settembre, ore 2:32

[...]

"Ti ho preso, stronzo!" Garruk esulta, mentre la sua ascia trancia la gamba del nostro avversario all'altezza del ginocchio. Ancora una volta, la medesima scena si ripete su tutti i simulacri che ancora ci circondano: assistere a un tale prodigio alla luce della luna fa un effetto strano... sembra davvero di essere in un racconto del Khal-Valàn.

Il nemico urla di dolore, un rantolo strozzato che non ha più nulla di umano. Poi, ancora una volta, spicca il volo, portandosi dietro buona parte delle sue illusioni. Sorrido: era proprio quello che stavamo aspettando. Vasq scocca la freccia che stava tenendo in serbo sopra all'unica macchia d'ombra sparata al suolo dalla luna, colpendolo in pieno all'altezza del collo: un secondo urlo, stavolta molto più acuto, riempie la notte.

Come sempre, non abbiamo tempo di esultare. "Attento, Vasq!" Urla Ram, mentre si getta a copertura del nostro compagno mentre due sagome scure saltano fuori dall'oscurità della foresta. Grandissimo figlio di una gran troia, ci tiri addosso persino i Risvegliati! Ram riesce a prenderne uno, ma l'altro è più veloce: assisto impotente mentre Vasq viene sbattuto a terra, tentando invano di sguainare la spada.

"ANTAAAAAAR!!" Grido a squarciagola, mentre corro all'impazzata verso il mio compagno. Un grido inutile, visto che siamo già tutti qua: Roy è in una pozza di sangue, i soldati che ci siamo portati sono a terra, l'Angelo Nero e gli altri eroi di Greyhaven si stanno facendo le seghe chissà dove e come al solito tocca a noi. Colpisco l'Hunter con gli occhi iniettati di sangue, brandendo Ametista come se fosse una clava: mentre i frammenti della sua testa di cazzo mi rimbalzano sull'armatura penso a quegli incapaci dei soldati di Angvard e merdecani dell'Armata del Corno che giuravano e spergiuravano che nessuno poteva controllare i Risvegliati, vorrei che venissero qui ora a toccare con mano quello che stiamo vivendo noi.

Vasq è ancora al tappeto. "Stai bene?" Grido nella sua direzione, mentre torno in direzione dell'ospite d'onore. Lo vedo rialzarsi con la coda dell'occhio: meno male, a quanto pare sono arrivata in tempo.

"Dove sta il pipistrello?" Chiedo a Ram e a Garruk, intenti a scrutare il cielo.

"Lo vuoi sapere davvero?" Mi risponde lui, puntando l'ascia da una parte.

"Oh, cazzo..."

[...]




15 settembre, ore 19:21

"Penso che lo stregone abbia ragione: non può essere andato lontano, le tracce sono ancora fresche".

A quanto pare sono tornato ad essere "lo stregone". Fino ad oggi il terzo plotone si limitava a chiamarmi così soltanto in mia assenza: un segno di rispetto, malgrado tutto, per gli obiettivi e i traguardi faticosamente raggiunti insieme. Temo ahimé che le tristi e sanguinose vicende recenti abbiano incrinato irrimediabilmente il nostro rapporto. Non che mi senta di dar loro torto, intendiamoci: riconosco che è ben difficile immaginare un diverso responsabile degli ultimi eventi occorsi... a parte il loro autore, naturalmente. Tra i tanti errori che ho commesso vi è stato quello di sottostimare grandemente il contributo che avrebbe avuto lo Yoki a tutti i livelli: mi aspettavo una versione molto più forte, selvaggia e incontrollabile di Annie, ma questo livello di perversione e squilibrio mentale era al di là di ogni possibile previsione.

Poche ore fa, seguendo le sue tracce, abbiamo trovato il "cimitero" dove William ha sepolto tutte le sue vittime: Angelica Beidenn, Henrich Koch, Charlotte Zwein, una prostituta delle Case della Gioia di nome Teegan Kay, più i due uomini di fiducia del Burgravio incaricati di sorvegliarlo a vista. Tutti uccisi negli ultimi 3 o 4 giorni, nel silenzio più assoluto, con una perizia nell'esecuzione degna dell'Uomo senza Volto di Ghaan. La follia dev'essersi insinuata nella sua mente durante la sua prima e ultima prova sul campo, probabilmente per colpa di un abuso reiterato dei suoi poteri, ancora troppo acerbi: si è sopravvalutato oltre ogni possibile limite, dimostrando di non avere alcun autocontrollo. A nulla è valso avvertirlo, farlo parlare con l'Angelo Nero, affidarlo alle cure di soldati esperti: era un inguaribile inetto, e tale è rimasto fino al momento di perdere totalmente alla sua umanità. La verità è che non mi aspettavo che sarebbe successo così presto: persino io non avevo idea che avrebbe fatto l'esatto opposto di tutto quello che gli è stato detto, che sarebbe diventato un simile pazzo assassino. O forse, ed è la cosa che più mi addolora, dentro di me sapevo... e avevo comunque bisogno di misurare le profondità di questa follia.

La maggior parte dei cadaveri è stata parzialmente divorata. Quelli di sesso femminile, a quanto mi è stato riferito, sono stati anche oggetto di violenza: è probabile che William, ormai preda dei suoi incubi e deliri, abbia provato a placare l'appetito insaziabile che sentiva in ogni possibile modo che gli è venuto in mente. Chissà cosa pensava, quando prendeva quelle vite... Chissà se la sua mente era ancora sua, se pure irrimediabilmente compromessa, ovvero sotto il controllo di chissà quale influsso ancestrale.

Temo che non lo sapremo mai: parte dello squadrone dei Predatori del Tenente Ramsey sta per mettersi sulle sue tracce con l'ordine e l'intenzione di farlo a pezzi. Barun vorrebbe impiegare altri uomini, ma non ha intenzione di tollerare l'idea che possa fuggire: sfortunatamente, l'intero squadrone di Greyhaven si trova attualmente presso la zona di Cantor. Quanto a me, ho chiesto invano di poter andare: se anche fossi in grado di tenere il passo dei loro cavalli, Ramsey non mi vorrebbe mai insieme a loro. L'unica cosa che mi hanno concesso di fare è stata fornire a Vasq un piccolo aiuto, nella speranza che possa servire a qualcosa: avrei voluto fare molto di più, ma la realtà è che stavolta ho davvero fatto troppo.

Luger - Immagine

- Luger -



16 settembre, ore 02:33

[...]

"Secondo voi sono vere? O è la solita presa per il culo da stregone?"

Scuoto la testa: non ne ho proprio idea. Certo è che da questa distanza, alla luce della luna sembrano reali.

"Torna qui, Deedo! Voglio giocare con te!" Temo che urla di Garruk non serviranno a molto, se non ad attirare qualche altro Risvegliato: non sembra che il nostro amico abbia intenzione di tornare qui.

"Se non altro non sembra in grado di spostarsi lateralmente", commenta Ram.

E' così: va solo su e giù, come quando non aveva quelle ali ridicole. Forse sono davvero finte, un'illusione come quasi tutte le altre cose che ci ha tirato addosso nelle ultime ore. Purtroppo, quella specie di artigli che hanno preso il posto degli arti e con cui ha squartato i nostri compagni sono fin troppo veri. Figlio di puttana, te la sei presa persino con le donne innocenti e con le ragazzine. Non ti bastava vomitare ogni giorno nel piatto che ti nutriva, hai dovuto persino uccidere chi te lo preparava. Non esiste al mondo che ti faremo volare via da qui, dovessi venire a prenderti io stessa.

Mi guardo intorno, approfittando di questa pausa irreale: quattro soldati di Uryen, gli unici ancora in piedi, che osservano una specie di tafano umanoide che libra a non meno di trenta metri d'altezza. La zona intorno a noi sembra tranquilla, adesso: forse non ha più Risvegliati da chiamare. Forse, dopo tutto il potere che ha speso e i danni che ha preso, anche lui è giunto al limite. Sempre che ce l'abbia, un limite. Che gran stronzo. Se soltanto quel giorno in cui l'ho riempito di botte non mi fossi fermata... Ma non è il momento di recriminare: è tempo di distruzione.

Ram guarda Vasq, chiedendogli se è pronto: Vasq annuisce. Entrambi tendono l'arco e cominciano a prendere la mira. "Inizio io", dice Ram. Scocca una freccia, poi un'altra, poi un'altra ancora: il mostro continua a fare fare su e giù, fluttuando nell'aria. Vasq resta in silenzio, studiando le pause, i cambi di traiettoria e di velocità. Ancora un'altra, dice: cerca di prenderlo al bersaglio grosso. Ram scocca ancora, Deedo va su. Ancora una. La freccia parte, Deedo va giù. Ancora una... Poi, subito dopo Ram, scocca anche lui: un proiettile enorme, lunghissimo, che tutto sembra tranne che una freccia. Ecco perché ha dovuto cambiare arco. La saetta si innalza verso il cielo, quindi si incendia a mezz'aria: trattengo il fiato. Il tafano cerca di evitarla in tutti i modi, ma neppure lui può alterare le forze che governano il suo stesso volo. Il dardo lo trafigge a mezz'aria, colpendolo in pieno petto: poi, un istante dopo, esplode.

Lo spettacolo è notevole, ma nessuno di noi ha davvero voglia di esultare: è ben altro, quello che ci va di fare. Osserviamo pazienti di vedere dove cade, poi ci incamminiamo a passo svelto verso il luogo dell'atterraggio. Contempliamo con tacita soddisfazione il corpo bruciacchiato che si alza lentamente.

La frase di Ram è tombale: "Non posso sopportare di vedergli addosso la nostra armatura". Garruk non se lo fa certo dire due volte: prima lo colpisce bene sulla gamba sana, così da assicurarsi che non gli venga in mente di zompettare via: poi su entrambe le braccia, tanto per evitare che possa nuocere. Quindi procede.

A guardarlo così, non fa certo paura: un povero mentecatto tremante e nudo come un verme. Questa è l'immagine di te che voglio imprimere nella mia memoria, William. Il resto non tarda ad avere luogo: nessuno di noi ha voglia di rischiare che si rigeneri, che ricorra a qualche stregoneria o che cacci l'ennesimo urlo per chiamare aiuto. Lo facciamo a pezzi metodicamente, fino a quando neppure Garruk riesce a trovare più nulla di buono da tagliare.

"Dite che lo stregone ci resterà male? Non sarà facile studiarlo, così..."

"Adesso ci piscio sopra, così se gli viene in mente di farlo mi diverto pure io".

Osservo il rituale, senza particolare emozione. Ram e Vasq si allontanano. Raccolgo una torcia da terra. Siamo stanchi morti, ma dobbiamo recuperare i nostri compagni: per ogni secondo che perdiamo c'è il rischio che qualche brocco fuori zona pensi bene di affondare i denti nel collo di uno dei nostri compagni privi di sensi.

Poi vedo qualcosa che proprio non mi piace. "Ram, c'è qualche problema?" Nessuna risposta. Perché vi state zitti? Avvicino la torcia al collo di Vasq e lo vedo, definito e inequivocabile: con quello degli Antar non ti puoi proprio sbagliare. L'orrore pazzesco e assoluto.

No, no...

Non so cosa dire, ho le lacrime agli occhi. Non sono arrivata in tempo. Non sono...

"Ali, non è colpa tua...".

Certo! Certo che è colpa mia. Tutta questa maledettissima storia è colpa mia. Ce l'ho avuto davanti al naso per quindici giorni e non mi sono accorta di nulla, l'ho visto che faceva lo stronzo con Charlie e non ho fatto niente, e poi come cazzo ti viene di metterti a tirare con l'arco da solo con le spalle agli alberi, Vasq! Come ti permetti di farti mordere così, come una fottuta recluta a due metri da noi.... Ti odio, mi stai sul cazzo, questa non me la dovevi fare. Lui mi stringe forte, poi mi ricorda che abbiamo ancora tanto da fare. Altri soldati da mettere in salvo, per non far sì che possa diventare troppo tardi anche per loro. "Và da Roy", mi dice. "Non perdiamocelo di nuovo".

Annuisco. Ma è proprio lì, a pochi passi, che mi attende l'ennesimo incubo. Ram è chino su di lui, le ginocchia affondate nel sangue, la mano serrata a pugno che preme contro la ferita al collo, come a volergli tenergli dentro l'anima a forza.

"Portami una torcia, Garr".

"È inutile, Ram. È..."

"Portami una cazzo di torcia!"

L'esclamazione di Ram è seguita da un tuono, che prelude alle prime gocce di pioggia. Mentre costringo i miei piedi ad avanzare verso gli altri miei compagni mi viene da pensare che forse stavolta le cazzate sono state tante e tali da far rammaricare qualcuno persino lassù.

Una cosa è certa, dopo stanotte non saremo più gli stessi.



- Ali Shark -
scritto da AA. VV. , 15:37 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
20 settembre 517
Venerdì 14 Luglio 2017

Secondo livello e mezzo



Un tempo i tetti del secondo livello di questa città dovevano essere tutti uguali: sottili lastre di pietra montate su travetti di legno. I secondi sono rimasti più o meno ovunque, mentre le prime sono state sostituite con materiali meno nobili e più leggeri da molti carpentieri improvvisati. Pessima idea, vista la pioggia e la neve che cadono da queste parti: la prima cosa che mi ha insegnato il mio vecchio è che il tetto, finché funziona, non lo devi toccare. Il risultato è che adesso chi abita le case appartenute a chi ha fatto questa cazzata è costretto ad arrampicarsi più volte all'anno per metterci una pezza a base di acqua, resina, sabbia, calce e qualche tegola rimediata in giro.

... O a chiedere a qualcun altro di farlo, come in questo caso.

Salire è stato facile: gli acciacchi accumulati in questi ultimi anni non sono ancora sufficienti a impedire alle mie braccia di tirarmi su. Scendere sarà più impegnativo, considerando le condizioni del muro e del solaio su cui mi tocca lavorare... Poco male: l'ultima cosa che mi va di fare adesso è scendere. Ancora per una manciata di ore il mio posto sarà qui, insieme a quel poco che resta delle cornacchie e dei piccioni che un tempo popolavano questo livello della città: il secondo e mezzo, a giudicare dalla distanza rispetto a terra e alla fine della scalinata di pietra che porta alla dimora solitaria di Lord David e Lady Yara.

Da qui si vede bene la locanda del Camminatore, con il suo camino spaccato che butta fumo nero quasi ad ogni ora; poco più in basso c'è la bottega dove lavoro, che a sua volta apre sulla piazza che porta alla terrazza da cui si vede gran parte del primo livello. Osservo la gente tornare lentamente verso le proprie case, a pochi passi dal luogo da cui soltanto poche settimane fa s'è scatenato l'inferno che ha rischiato di ucciderci tutti. Il pugno stringe forte il manico della cazzuola, mentre il volto stanco e invecchiato che si riflette malamente nel ferro mi guarda torvo: mi chiede se davvero è qui che dovrei essere, mi ricorda che potrei fare di più. Molto di più. Eppure c'è sempre più gente, a Uryen come altrove, che sostiene come sia proprio la fretta che ci sta portando alla rovina.

Libero le mani, bagnandole quel poco che basta per sciacquare via la resina dai palmi, poi prendo la lettera che mi è stata consegnata ieri. Rileggo lentamente quella manciata di righe, immergendomi ancora una volta in quel nefasto abisso di dolore e disperazione. Una parte della mia testa rifiuta ancora di rassegnarsi all'idea che sia andata in questo modo. L'altra parte vorrebbe arrampicarsi ancora per qualche metro, così da poter prendere Ilmatar per il bavero del suo mantello stellato e chiederle se tutte quelle persone coraggiose ridotte a una lista di nomi scritti su un fogliaccio meritavano davvero di finire così, alla stregua di tante altre: e se noialtri, che siamo ancora qui, meritavamo davvero di perdere anche loro.

Chissà quali nefaste conseguenze porterà questa ennesima sventura.

Che rabbia: più ci avviciniamo e più ci scottiamo, come insetti che cercano di avere la meglio sul fuoco. La strada che ci sta portando alla comprensione di quello che sta accadendo è un sentiero di braci che percorriamo scalzi, ripetendo a noi stessi che è la cosa giusta da fare: l'unica cosa da fare. Qualcosa dentro di me mi spinge a credere che sia così, eppure non riesco a darmi pace al pensiero che i ragazzi che ho addrestrato, i miei ragazzi, sono là fuori a farsi masticare dal demonio in persona mentre chi dovrebbe aiutarli non riesce a cavare un ragno dal buco.

Il torrente di pensieri sfugge al mio controllo e si rovescia nel Traunne: in un istante mi riporta a Uryen, al cospetto del prevosto che continua a ripetere la sua nenia incessante che questa è la guerra degli uomini, non degli Dèi... Poi straripa come un fiume in piena e mi sospinge verso l'alto, verso chi dovrebbe proteggerci da tutti questi orrori. Reprimo a fatica il fortissimo impulso di mandarli tutti a fanculo, proprio come fece il mio vecchio quella mattina in cui si accorse che il vento gli aveva spezzato gli spaventapasseri e che i corvi avevano fatto scempio del suo raccolto migliore. Era un vero combattente, il mio vecchio: proprio come noi. Eppure, per quanto si sforzasse di fare un buon lavoro, la sorte non gli concedeva mai un briciolo di fortuna, un barlume di speranza sufficiente a farlo sentire fiero, nonostante tutto: proprio come a noi.

Che questa sia una guerra di uomini mi sembra fin troppo evidente: il sangue versato è chiaramente il loro. Ma contro chi.. o cosa... stiamo combattendo, esattamente? Perché queste spire di nebbia che ci circondano e accecano, pronte a prenderci a calci in bocca ogni volta che proviamo ad alzare la testa, tutto sembrano fuorché umane o frutto dell'opera umana.

Il volto imprigionato nella cazzuola mi guarda severo, implacabile. Respira, vecchio. Hai fatto il tuo pezzo, ora cerca di darti una calmata.

Lascio che la rabbia mi attraversi del tutto, per poi defluire: non posso permettermi di farmi consumare. Gli sciacalli dell'Armata del Corno che si trovano a un livello e mezzo sotto ai miei piedi non aspettano che un nostro passo falso per metterci al tappeto.

Accendo la pipa. L'odore di ginepro e fiorrancio mi riporta ancora una volta a casa. Penso ai miei ragazzi, spero che almeno loro siano ancora vivi: Sven, Bohemond, Enghelhaft, Colin, Gannor, Annie, Kailah... chissà quante e quali stronzate fuori dal mondo starete affrontando in questo momento. Mi auguro che possiate trovare presto le risposte che ci mancano, ora come ora siete la carta migliore che abbiamo.... Insieme alla vostra guida. Barun non mi ha detto il suo nome, ma se avesse davvero voluto tenermelo nascosto non lo avrebbe spedito al Camminatore, a due passi da me: gli Dèi che sono stato sul punto di maledire poco fa mi fulminino senza rimorsi il giorno che non sarò più in grado di riconoscere il mio vecchio Comandante.

Il sole affonda dietro l'orizzonte, annientandolo in un mare di fiamme dorate. Tra non molto mi toccherà scendere e fare la mia parte: ancora una volta dovremo trovare il modo di venire a patti con le conseguenze di quello che è successo.

Maledizione: vorrei non averla mai ricevuta, questa lettera di merda.

Tramonto di Feith
scritto da Stern Rock , 00:21 | permalink | markup wiki | commenti (4)
 
10 settembre 517
Giovedì 11 Maggio 2017

Nebbia



Come ti senti, Annie?

Non molto bene, suppongo. Potrai ingannare gli altri, forse, ma non me. Anzi, a ben vedere non riesci a ingannare nessuno, visto che chiunque ti vede ti dà per malata, moribonda, infetta, maledetta e così via.

Come ci si sente a non avere più né fame né sete? Quando è stata l’ultima volta che sei riuscita a dormire? Scommetto che hai perso il conto: quando i punti di riferimento vengono meno i giorni si legano l’uno all’altro in un lungo percorso confuso senza inizio né fine.

Quali bisogni primari ti restano? Se la risposta ti mette a disagio puoi anche non rispondere: non sono pensieri che dovresti avere in testa. Chissà se è una reazione a quello che ti sta accadendo o se fa parte del processo di trasformazione: la risposta è irrilevante, visto che rientra ampiamente in ciò che ti è precluso.

Le frasi di Logan, Colin e Bohemond ti hanno colpita molto: in modo diverso, come diverse sono queste persone e diverso è il modo in cui si comportano con te.

Logan non ti ha colpita solo a parole, ma non hai sentito granché. Il dolore arriva ovattato, come se i calci colpissero da un’altra parte. Un bel cambiamento, rispetto ai crampi, ai bruciori e agli spasmi insopportabili che lambivano ogni parte del tuo corpo fino a qualche settimana fa. E’ una sensazione strana, quasi appagante: avresti voglia di vedere fino a dove puoi spingerti, quanto puoi sopportare prima che quel prurito indistinto torni a fare il male che deve. Avresti voluto che ti desse molti altri calci, dì la verità: anche perché te li meritavi. Ricordi quell’unica volta in cui tuo padre ti prese a calci? Non è passato molto tempo, anche se ormai sembra un’eternità. Lo fece perché ti aveva colta con le mani nel sacco. Le persone per bene non rubano, mai: il furto è il peggiore dei crimini. A quel tempo lo sentivi eccome, il dolore: i lividi ti fecero piangere per settimane, eppure di certo fecero più male a lui. Era un brav’uomo, ti voleva bene. Hai più rubato, da quel giorno? No. In compenso però ti è stato rubato praticamente tutto. La dignità e la carriera dal Sergente Maggiore Varchmann, la famiglia dai Nordri di Ilsanora, quindi tutto il resto da Mirai Raaken. Qualcuno, non ricordi chi, ti ha detto che Mirai significa “futuro”: non certo il tuo, a quanto pare. Non sai che fartene di questa vita di alterne sofferenze e continua frustrazione a cui sei stata condannata. Vorresti risolvere tutto con una fine gloriosa, gettando alle ortiche gli sforzi che tutti stanno facendo per tenerti in vita. Pensieri indegni di una ragazza per bene e inaccettabili per un soldato: Logan lo ha capito benissimo, per questo i suoi calci non saranno mai abbastanza.

Colin continua a spendersi giorno e notte per cercare di salvarti: è uno dei pochi a pensare che tu non sia una causa completamente persa. Guardarlo negli occhi ti è ogni giorno più difficile: ti vergogni perché lo hai lasciato solo, visto che ormai hai smesso di crederci persino tu. A tratti il suo ottimismo incondizionato ti dà sui nervi, eppure hai bisogno di lui più di chiunque altro: avresti voglia di abbracciarlo e piangere a lungo, ma sei troppo orgogliosa e comunque va bene così, in fondo meno tocchi le altre persone e meglio è. Intanto continui a trangugiare quel bibitone preparato dalle sue mani, quelle due volte al giorno in cui te lo porta sono diventate il momento più bello della giornata. Al tempo stesso sai bene che continuerai a deluderlo: non sei in grado di rispettare i livelli di lucidità che lui si aspetta. Lui pensa che tu possa ancora migliorare, non ha idea di quanto tu stia lottando per non precipitare.

Le parole di Bohemond non te le aspettavi: ti hanno colpita molto. Anche lui ha ragione da vendere e riesce a guardare le cose da una prospettiva diversa e più sensata della tua. L’unico modo che hai per sfuggire a questa sensazione di inutilità è metterti al lavoro, fino a quando avrai un braccio in grado di sollevare una spada. Metti in pratica quello che sai fare, sfrutta i vantaggi posizionali, tieni a freno la... cosa? Furia? Frenesia? Sete di sangue? Non lo sai neanche tu come definire quel velo rosso che a tratti ti scende davanti agli occhi. Non è una cosa buona, poco ma sicuro. Per il momento non sembri avere problemi a rivolgerla verso gli avversari, ma sarà così anche in futuro?

Le propaggini della bruma bianca si avvicinano ad ogni passo: per i tuoi compagni è una trappola mortale ma a te non sembra fare alcun effetto, proprio come per i Risvegliati. Un’altra freccia al tuo arco che potrà essere di grande aiuto, se solo riuscirai a usare la testa.

Afferra la spada, stringi i denti e fai del tuo meglio: se non riesci a combattere in modo efficace, diventa un faro per i tuoi compagni. Questa coltre pallida non può fermarti, così come gli avversari che si nascondono al suo interno.

Ancora uno sforzo, Annie: cerca almeno di arrivare a Skogen.

Annie Volvert -  Immagine 4
scritto da Annie Volvert , 18:46 | permalink | markup wiki | commenti (1)