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Il fondo del barile
Jarel Delosan
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
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9 agosto 515
Sabato 19 Settembre 2015

I bambini prodigio



A Feith non fa mai caldo, neppure ad agosto. Questa zona dell'altopiano del Lampo non fa eccezione, anche se le colline che ci circondano bloccano una buona parte dei venti del Nord: il risultato è una brezza temperata che, nelle giornate in cui non piove, riesce ad essere persino piacevole.

Neanche a dirlo, oggi piove a dirotto. Il cielo ci ha graziati per due giorni, durante la salita, ma non è riuscito a tenersi per quest'ultima manciata di miglia. Poco male, penso mentre indico la strada agli altri: due gocce d'acqua non ci impediranno di arrivare in cima. Speriamo solo che finisca entro domattina o sarà difficile portare a termine quello che siamo venuti a fare.

"Manca ancora molto alle cascate?"

La voce di Petra riesce ad essere snervante, specialmente quando fa domande stupide invece di risparmiare il fiato. Nessuno le risponde, men che meno io. Scavalchiamo in silenzio le ultime rocce che ci separano dalla spianata, negando a questa tempesta estiva la soddisfazione di spazzarci via. Dopo pochi istanti un rumore talmente forte da sovrastare anche la pioggia ci fa capire che siamo prossimi alla meta. Il sentiero si allarga in una valle, lasciando intravedere i resti di antichi edifici. Questo posto doveva essere importante, un tempo: adesso a malapena sappiamo che esiste, occupati come siamo a combattere una guerra dopo l'altra.

"Sicuro che fosse questa la via più breve? Sono fradicia..."

La sento ancora, quella voce del cazzo, nonostante il casino che ci circonda. Mi fermo e stringo la mano a pugno, chiamando a raccolta tutte le mie forze per non colpirla dritta su quel muso da maiala che si ritrova. No, è che mi piace prendere acqua e consumare gli stivali. Penso ad Acab e a Montaine e mi girano i coglioni, mentre loro se la spassano tra Katrin e Gretel a noi è toccato spaccarci la schiena sulle montagne insieme a un branco di reclute rincoglionite.

"Tenete il culo lontano dallo strapiombo, se non volete ritrovarvi a Lagos: ancora qualche minuto e metteremo le chiappe all'asciutto". Guido i miei compagni verso un gruppo di rovine circondate dagli alberi, allontanandomi dal frastuono delle cascate che precipitano appena sotto di noi. Non è stata una passeggiata arrivare quassù: siamo tutti stanchi, è il momento di cercare un riparo. Petra mi trotterella a fianco, abbozzando un sorriso. Demoni del ghiaccio, quanto è brutta oggi: il puzzo dei suoi capelli bagnati mi arriva nonostante l'elmo. Se penso che all'inizio di questo viaggio me la sono scopata mi viene da vomitare: sarà che quel giorno non pioveva e la borraccia del vino era ancora piena.

Vardloch - Gola di Strigis

Raggiungiamo gli alberi e lanciamo gli zaini a terra: il rumore delle cascate è meno assordante, in questa zona. Dico alle reclute di guardarsi intorno mentre noialtri ci occupiamo del campo, che se aspettiamo loro facciamo notte. Io e Malafede ci mettiamo ad accendere il fuoco, Crank si alleggerisce del carico e comincia a raccogliere un pò di legna, River toglie di mezzo i sassi più grossi. L'uomo senza volto si limita a guardarci, senza dire né fare un cazzo come al solito. Demoni del ghiaccio, quanto mi sta sui coglioni: vorrei che non avesse salvato la vita ad Acab, così non saremmo costretti a portarcelo dietro. Montaine mi ha spiegato che il motivo del suo soprannome è legato al ruolo che ricopre a Ghaan: l'assassino di fiducia del Dominus, colui che porta a termine gli incarichi più efferati. L'uomo senza volto, Aghvan l'Invitto, il Signore di Ghaan... che razza di circo: se è a questi individui che dobbiamo dar retta per vincere questa guerra del cazzo significa che stiamo davvero con le pezze al culo. Povera Feith, stretta tra l'incudine di un gruppo di esaltati e il martello di una manica di stronzi, protetta - per così dire - da un Granduca che dà retta oggi a questi, domani a quelli. E poveri noi, costretti a seguire le paturnie di questi cialtroni. Come se avessimo scelta, del resto: siamo soldati che combattono, mica donne che scelgono un vestito. Tranne Petra, ovviamente, che a tratti non sembra essere né l'una né l'altra cosa. Eccola che torna, contravvenendo agli ordini che avevo dato: quanto tempo è passato, razza di cesso con le rotelle che non sei altro? Cinque minuti a dir tanto? Non hai controllato un cazzo, al massimo ti sei fatta una pisciata. Sei più inutile dell'uomo senza volto, che chissà dov'è finit...

D'un tratto l'aria si riempie di un suono familiare. Petra mi fissa in volto, mentre i suoi occhi da scrofa si ingrandiscono fin quasi a scoppiare, riempiendosi di lacrime: fa una smorfia disperata, mentre un rivolo di sangue le circonda il collo come una collana. Poi crolla al suolo, silenziosa come mai è riuscita ad essere in vita, mettendo in bella mostra la nuca da cui si intravede il piumaggio di una freccia.

"A terra!" grido, rotolando sulla schiena dietro al tronco più vicino. Altri suoni familiari, almeno tre o quattro: mentre rotolo, sento il tonfo di un altro dei nostri che cade. Dovrebbe essere Jakes, una delle reclute. La mia mano fa per raggiungere l'arco, quando l'ennesima freccia si pianta a pochi centimetri da me: riconosco le piume, le stesse di quella che ha colpito Petra.

"Io non lo farei, se fossi in te".

Alzo gli occhi e cerco di capire come siamo messi: non benissimo, a quanto pare. Due reclute sono andate, la terza, Knowles, è prigioniera di un soldato... no, di una soldatessa. Il mio interlocutore è un ottimo arciere, a giudicare dai colpi che ha fatto e da come mi tiene sotto tiro. Davanti a lui ce n'è un altro con la spada puntata nella mia direzione. Chi è questa gente? Soldati di Treize, a giudicare dallo stendardo che porta uno di loro. Ne conto sette, tre dei quali hanno l' arco puntato su di noi, più almeno un altro nascosto tra le rovine. Non so se ci aspettavano, ma di certo ci hanno visti arrivare. Che ci fa qui un plotone di Treize?

"Tranquillo, amico", dico all'arciere sollevando le mani: "per ora comandi tu". River e Crank reagiscono in modo analogo, anche loro incalzati da una spada e un arco a testa. Neanche li abbiamo visti arrivare e già ci hanno fatto due morti e un prigioniero. Sono loro ad essere bravi o noi che ci siamo rincoglioniti? Mi chiedo dove siano finiti Malafede e l'uomo senza volto: probabilmente nascosti da qualche parte, aspettando di capire come si metteranno le cose.

"Falli sdraiare a terra", esclama la ragazza. "Magari ce ne sono altri". Cerco di capire a chi si rivolge e capisco che il capo è quello che mi sta puntando la spada. Anche lui non fatica a capire con chi deve parlare. "L'avete sentita", esclama senza togliermi gli occhi di dosso: "faccia a terra e gettate le armi".

Prendo tempo, fingo di non capire: devo mettermi a terra o gettare le armi? La speranza è quella di farli incazzare, magari al punto da spingere qualcuno ad avvicinarsi per tirarmi un paio di schiaffoni e farsi prendere come ostaggio. Niente da fare, restano tutti al loro posto: svegli e anche ben addestrati. E dire che sembrano tutti molto giovani: il capo avrà al massimo venticinque anni, gli altri persino meno. Soldati semplici e scelti, se le mostrine di Treize sono ancora come le ricordo: nessun sottufficiale, nessun caporale. Da dove sono usciti questi bambini prodigio?

"Sdraiati a terra, prima, e getta le armi, dopo", chiarisce il capo con l'aria di chi non lo ripeterà una terza volta. "Lentamente".

Scuoto la testa. "Non esiste: ce ne avete già ammazzati due e pretendi di farci sdraiare a terra e gettare le armi? Tanto vale proporci di buttarci giù dalla rupe". Tiro un colpo di tosse, faccio un passo in avanti...

"Fermo", tuona l'arciere tendendo l'arco: "o quella gamba comincerà a farti male". Bravo e attento, questo ragazzo: diventerà un grande scout. Spero non grazie alla mia taglia, possibilmente.

"D'accordo, d'accordo". Non è facile prendere tempo quando hai tre archi puntati addosso. "Ma trattateci da soldati, non da puttane. Perché non ne parliamo un momento? Così vi diciamo pure chi siamo e magari vi facciamo cambiare idea".

"Questo pensa che scherziamo", esclama uno di loro: "gli facciamo vedere che si sbaglia?".

River e Crank mi guardano, in attesa di un mio segnale. Non abbiate fretta, ragazzi: c'è ancora tempo. "Ascolta", gli dico fissandolo negli occhi: "tu pensi di avere la situazione sotto controllo, ma fattelo dire da chi ne ha vissute parecchie più di te: non è così. Noi..."

"Un'altra parola e fai la fine dell'amica tua", esclama il loro capo. Petra amica mia? Non direi proprio. "A terra, adesso! Se non vuoi che gli tagli la gola!", gli fa eco la nuova ragazza di Knowles.

"E perché mai dovremmo farlo?", chiedo, allargando le braccia: "se ci mettiamo a terra ci lascerete andare?" Nessuno risponde. "Parliamoci chiaro, non avete idea di cosa fare di noi: non potete portarci a Treize, non potete lasciarci andare. L'unica cosa sensata sarebbe ucciderci tutti. Lo sapete voi e lo sappiamo anche noi, motivo per cui nessuno finirà a terra di sua spontanea volontà. Volete queste armi? Venitevele a prendere".

Ho rubato abbastanza tempo. Sguaino la spada, i miei compagni capiscono al volo e fanno altrettanto: ciascuno di noi ha il suo arciere personale, eppure a quanto pare le frecce sono tutte per me. Due si piantano sull'armatura all'altezza del ventre: le sento appena. La terza mi penetra nella coscia: niente di tremendo, ma mi creerà qualche problema. I soldati con la spada ci incalzano, coprendo la ricarica dei rispettivi arcieri. Una manovra da manuale, frutto di un addestramento impeccabile.

"Chi vi ha addestrato?" domando al mio avversario mentre le nostre lame si scontrano: "Rudd? Ramsey? Reiner? Rock? Ne conosco parecchi, di sergenti di Treize: iniziano tutti con la R". Nessuna risposta: solo una rapida e precisa sequenza di fendenti, accompagnati da una quarta freccia che mi si pianta sulla spalla. Quel maledetto arciere non manca un colpo. Con la coda dell'occhio intravedo River e Crank, impegnati in una situazione similare.

Un ultimo tentativo non costa nulla. "Ascoltami bene: sei davvero sicuro di volertela giocare così? Siete ancora in tempo per alzare i tacchi e andarvene. Abbiamo due feriti gravi, non vi seguiremo: ognuno per la sua strada e la chiudiamo qui".

"So chi sei, stronzo" mi dice tra un fendente e l'altro: "risparmia il fiato".

Scuoto la testa. no, non lo sai: ma lo scoprirai tra poco.



Schivo ancora una volta la sua spada e in un attimo gli sono addosso: il mio colpo non va a segno ma lo costringo ad arretrare, ostruendo finalmente la linea di tiro del suo compagno. Incastro la mia elsa contro la sua, mentre con l'altra mano afferro il bordo dello scudo che porta al braccio sinistro. Si aspetta un calcio, invece gli arriva una testata: elmo contro elmo, fronte contro naso e bocca. Fa male, eh? Non riesco a impedire che si divincoli, lasciando nuovamente spazio all'arco del compagno. Osservo la corda che si tende a pochissimi metri dalla mia faccia e penso che stavolta me ne servirà parecchia, di fortuna.

Poi, finalmente, una freccia di colore diverso saetta attraverso i cespugli e colpisce dove fa più male: l'arciere bambino si porta una mano al collo, che diventa completamente rossa in un istante. Lo guardo mentre si affloscia a terra, lentamente, con l'espressione triste e avvilita di chi ce l'ha messa proprio tutta per fare le cose per bene. Peccato, sarebbe diventato davvero un ottimo scout. Due a uno. Un istante dopo Malafede si getta di peso su un altro degli arcieri, piantandogli l'ascia tra la spalla e il collo e trascinandolo a terra. Due pari.

"Noooooooooooo!" L'aria è squarciata dal grido di dolore della soldatessa, a cui fa eco quello degli altri: ci sono rimasti male, pensavano di avere la situazione in pugno. Ah, la tipica alterigia dei giovani. La reazione non si fa attendere e a farne le spese è il povero Knowles, che cade a terra con un sommesso gorgoglio: hai capito, la ragazza. Tre a due.

In quel momento si palesa l'ottavo soldato di Treize, uscendo dalle rovine: un pò troppo tardi, a giudicare da come si stanno mettendo le cose. Due frecce in rapida successione lo raggiungono prima al petto e poi alla gola, sbarrandogli la via per la festa. Tre a tre. L'uomo senza volto esce dai cespugli alla ricerca di un nuovo bersaglio. "Ce ne hai messo di tempo!", esclamo sguainando la daga. Osservo il colpo perfetto scagliato ai danni dell'arciere che stava per mandarmi all'altro mondo: demoni del ghiaccio, alla fine mi toccherà pure ringraziarlo.

Torno a rivolgere le mie attenzioni al capo, costretto a venire a patti con una situazione che volge al peggio. Non dice niente, ma gli occhi parlano per lui. Mi chiedo se stia piangendo per la sorte a cui ha condannato i suoi compagni o per la testata che gli ho dato pochi istanti fa. Mi si getta contro ma i suoi colpi sono ansiosi, imprecisi. "Te l'avevo detto", gli dico: "adesso siamo noi a non avere scelta". Non combatte male, con un pò di esperienza in più potrebbe creare problemi: come i suoi compagni, del resto. Peccato che nessuno di loro avrà mai il tempo di farla, questa esperienza. Lo colpisco una, due, tre volte. Potrebbe mollare la spada ma sceglie di non farlo: si tiene in piedi davanti al corpo senza vita del suo compagno arciere, in attesa che la situazione volga nuovamente a loro favore. Speranza vana: le frecce in corpo non impediscono a Crank e River di avere la meglio sui rispettivi oppositori, mentre l'uomo senza volto fa scempio degli arcieri e Malafede...

...Un momento: dov'è Malafede? Lo cerco con lo sguardo finché non lo trovo, intento a rotolarsi sul fianco come un bambino spastico: la soldatessa di Treize brandisce una spada insanguinata a pochi metri da lui, preparandosi ad affrontare River. Aspetta un attimo: quella ragazza ha appena rotto il culo a Malafede?

La osservo mentre si prepara allo scontro: alta, capelli corvini in parte raccolti da una coda di cavallo e in parte sciolti lungo le spalle. Non ha più l'elmo, dev'esserle caduto durante lo scontro. Da qui non vedo bene, ma mi sembra che abbia gli occhi nocciola: nocciola e gonfi di lacrime per i suoi compagni falciati di fresco. La spada che ha in mano è un pezzo pregiato, uno di quei ferri che si tramandano da padre a figlio. O a figlia, a quanto pare. River la carica a testa bassa, convinto di poterla fare a pezzi con un paio di colpi ben assestati. Tanta è la voglia di assistere a questo duello che quasi mi dimentico del mio avversario, che mi rende oggetto di un ultimo affondo sferrato con la forza della disperazione. Lo evito, poi decido che è giunto il momento di avere pietà di lui: un montante dall'alto e lo sbatto a terra con uno squarcio sulla schiena tale da togliere ogni dubbio. Quattro a Sette, contando Malafede, che a ben vedere non è ancora morto. Credo.

Sollevo gli occhi e, per un istante, incontro lo sguardo color nocciola della ragazza dai capelli corvini. "Maledetti!" Urla mentre si avventa su River con una velocità impressionante. "Maledetti bastardi!". Come se fossimo stati noi ad attaccarvi per primi. Io ci ho provato, per il resto c'era poco da fare.

River fa del suo meglio, ma è pur sempre ferito: Crank, l'uomo senza volto ed io osserviamo increduli mentre quella ragazza incazzata para i suoi attacchi, risponde, lo costringe ad arretrare, quindi lo sbatte a terra e lo colpisce ripetutamente con la spada. Quando capisco che è finita faccio per intervenire per impedirle di ammazzarlo, ma nello stesso istante una freccia dell'uomo senza volto la colpisce sulla spalla dell'arma: un colpo perfetto, che quasi la manda al tappeto.

"Razza di troia", urla River rotolando dalle nostre parti. "Che figura di merda che hai fatto", lo prende in giro Crank mentre lo aiuta a rialzarsi. L'uomo senza volto si avvicina lentamente verso la sua nuova preda, riponendo l'arco e sguainando le daghe.

"Sei molto bella: sarà divertente".

"Aspetta", esclamo. "Può esserci utile viva". Mento sapendo di mentire: non siamo in condizione di trasportare dei prigionieri, specie se feriti. Ci tocca ucciderli tutti, proprio come avrebbero fatto loro con noi.

"E chi ha parlato di ammazzarla", risponde l'uomo senza volto con un sorriso sadico.

La ragazza riesce a rimettersi in piedi, puntando la spada nella sua direzione: per un istante la lama è attraversata dal riflesso violaceo di una gemma incastonata nell'elsa. "Ti aspetto, spaccone: vediamo che sai fare". Ah, la tipica alterigia dei giovani. Viso, corpo e carattere ai massimi livelli: amore a prima vista, altro che Petra. La prospettiva di vederla fatta a pezzi dall'uomo senza volto diventa rapidamente intollerabile. "Mi sembra di averti detto che la voglio viva", ribadisco facendo un passo avanti.

"Dimentichi che io non prendo ordini da te".

"Vorrà dire che prenderai qualcos'altro, da me". Faccio per avvicinarmi, quando il cadavere che giace ai miei piedi comincia a mormorare qualcosa.

"Ali... và via".

Ali? La ragazza si porta un pugno alla bocca, soffocando un grido di dolore. "No", esclama poi: la voce quasi non le esce, rotta dal pianto com'è. "Mai". L'uomo senza volto la osserva estasiato, pascendosi di quel dolore come una zanzara: è di certo l'individuo più spregevole che io abbia mai visto, al suo confronto io sono un cardinale del Sacro Collegio e le puttane di Skogen il mio convento di suore. Quando morirà e piscerò sulla sua tomba dovrò fare attenzione a non prendermi un'infezione da quelle parti.

"E'... un ordine...". Il moribondo emette un altro rantolo, poi stramazza. L'ultimo desiderio in punto di morte. Ali ci scruta per un istante, i suoi occhi nocciola si fissano sulla freccia che mi spunta dalla coscia, quindi sulla gamba ferita di Crank. Un istante dopo si lancia in uno scatto alla velocità del vento. Purtroppo per lei, l'uomo senza volto è sano come un pesce. Mi aspetto che scappi verso le rovine e invece punta verso di me... No, verso qualcosa che è caduto da queste parti. Afferra con la mano lo stendardo di Treize, quindi si getta verso le rovine: persino l'uomo senza volto fatica a starle dietro. Sarà per questo che la chiamano Ali? Io e Crank facciamo violenza alle nostre ferite per non perderli di vista, mentre il rumore della cascata si fa sempre più intenso.

"Fine della corsa", esclama l'uomo senza volto. La ragazza si volta verso di noi, lo stendardo di Treize stretto con la mano sana: alle sue spalle non c'è altro che il vuoto, un precipizio che si apre sulla Gola di Strigis. Il rumore è assordante. La osservo, mentre ripone la spada nel fodero. "Non fare cazzate", le dico. Vorrei prometterle che non la uccideremo ma sarebbe una stronzata, al massimo potrei preservarla dall'uomo senza volto e dai suoi supplizi.

"Addio", dice lei. Non a noi, ovviamente: ai suoi compagni morti, all'esercito, a Treize, alla vita e a questa guerra del cazzo. Poi fa un passo, uno solo, rivolto verso il burrone. Un attimo dopo non c'è più, svanita insieme allo stendardo del suo plotone annientato.

L'uomo senza volto scuote la testa: vorrei potergli vedere il viso e compiacermi per quella punta di dispiacere che di certo sta provando in questo momento... Purtroppo devo accontentarmi della nuca. Quando si gira, dopo alcuni istanti, la sua espressione è quella di sempre: la solita faccia di cazzo a cui ci ha abituati. Arranco verso la cascata, mi sforzo di guardare in basso: fa impressione, da qui è veramente alto.

Ali. Quelle si che ti sarebbero servite, adesso. Spendo ancora qualche istante a guardare lo scrosciare violento dell'acqua, poi mi volto verso Crank. "Andiamo a raccogliere River, vediamo se Malafede è ancora vivo e togliamoci dalle palle".

Quattro a otto. O almeno così credo.

Ali Shark e Greg Lorne - Immagine
scritto da Greg Lorne , 06:13 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
1 Maggio 517
Lunedì 15 Giugno 2015

Il Tempo della Spada



Da qualche parte lassù, oltre le nubi, incombe nera e silenziosa la Luna del Primo. Fin dall'epoca delle Antiche Città gli uomini di ogni nazione continuano a celebrare la sua venuta, poichè l'oscuro transito di Beltane propizia i futuri raccolti. Agli uomini di pace essa comanda la pazienza, la terra si è di nuovo fatta fertile ma sarà Mabon a segnare il tempo della falce; a quelli di guerra invece ingiunge di affrettarsi poichè la messe è già matura, ed il tempo della spada è su di loro.

La grande pira arde nella corte di Uthun; alla sua luce l'Earann delle nostre corazze scintilla vivido, tingendoci del sangue di Samaal. Guardo i miei fratelli e in loro vedo me stessa: magnifici, feroci, inarrestabili, sette spettri vermigli raccolti in tregenda dal loro àrmann, pronti a far nostra la Notte dei Fuochi Splendenti. Taerbeck, Crachadan, Trughan, Feidachar, Onachar, Tarkhun, Ainnir... anno dopo anno, secolo dopo secolo le sette maschere perpetuano il racconto delle imprese di chi venne prima di noi, i trionfi e le sconfitte di un popolo consegnato all'oblio dall'acciaio di Greyhaven.

Come tutti, ricordo di aver domandato anch'io al Maestro il senso di questo pantomima, ed in che modo potesse rendere più fruttose le nostre meditazioni sullo Yog. E la sua voce ferma e pacata mi ha dato la stessa risposta che ricevettero gli altri: "Combattendo per la causa perduta dei Clan, farai sì che la tua sia vittoriosa. Persevera nella certezza della sconfitta e scoprirai di non averne più timore. Ama la causa perduta con tutta te stessa, e quando non desidererai altro che dare la vita per essa, abbandonala e fuggi lontano. Quando l'unico volto che vedrai pensando a te stessa sarà Ainnir, getta quella maschera tra le ortiche. Quando avrai dimenticato il nome che ti diede tua madre, reclamalo per te. Quando riconoscerai nei sei i tuoi fratelli, volta loro spalle senza indugi. Quando ti sentirai padrona del mio Yog, ripudialo per inseguire il tuo."

Tu, fratello mio che un tempo sei stato Kraighar Tarkhun, non hai mai voluto accettare questo sacrificio. Eri seme e sangue del Maestro, eppure hai preferito la menzogna alla verità. Pur di non arrenderti all'esilio hai accettato la compagnia dei morti senza pace, vagando nelle paludi come uno spirito reietto. Pur di non avere indietro il tuo volto ti sei mutato in abominio, e come un avvoltoio ti sei ingrassato delle carogne che hai trovato lungo il cammino. Perchè, Tarkhun? Davvero pensavi di aver più diritto di ciascuno di noi? Davvero credevi che il prezzo che hai pagato fosse più alto di quello che è toccato a noi? Perchè non sei qui stanotte, fratello mio, ed un altro solleva le insegne dell'àrmann al posto tuo? Dove sei sepolto ora, in armi che non ti appartengono più?

Ed è così che alla fine ti sei condannato alla sorte che tanto aborrivi, scacciato dalla Casa di Uthun, rinnegato dai tuoi fratelli, abbandonato a morire senza gloria lontano dal fuoco di tuo padre. Cos'altro speravi di trovare tra le immonde spire di Nathair? E dimmi, la lingua sibilante della Vipera ti ha sussurrato parole di conforto mentre la vita ti scivolava via? Sei felice di aver avuto quella strega come tua ultima, unica amica?

...eppure ho incontrato un uomo disposto a morire pur di difendere il tuo nome, un uomo che pur non avendo desiderio di far suo il tuo maglio lo ha impugnato con la stessa furia di cui tu eri capace. Chi era costui, Tarkhun, che ti ha sconfitto in battaglia per poi farsi tuo campione? Ho pensato spesso, in questi giorni, a come quel Guerriero ha dato prova di se stesso. Ho raccontato al Maestro di come sia riuscito a far vacillare il possente Taerbeck colpo dopo colpo, a come infine abbia eluso il contrattacco del Bisonte con la grazia ineffabile di cui è capace solo chi insegue il proprio Yog. Egli ha annuito in silenzio, come se non si aspettasse di udire niente di diverso.

Sarai ricordato per sempre col nome che non volevi abbandonare, fratello mio...e questa notte gesta di sangue onoreranno il tuo sepolcro, dovunque esso sia.

Un vento improvviso spazza via le nuvole, rivelando l'abisso oscuro della Luna del Primo; il fuoco avvampa e si torce, e un'esplosione di braci si sparge tutto intorno. Il mugghio della tempesta si ingrossa, diventando l'ululato rabbioso di un Faul-Warg che pare voglia lanciare alla foresta intera la sua sfida.

Il Maestro solleva il pugno in segno di saluto. I sei fanno altrettanto, ed io con loro. Il tempo della spada è su di noi.
scritto da Ainnir , 01:39 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
25 Aprile 517
Domenica 7 Giugno 2015

Un debito d'onore



Se avessi ancora labbra, Vodan, sorriderei per la tua ingenuità. Se avessi ancora occhi, mi godrei il curioso spettacolo che mi stai offrendo...quello di un uomo che lotta con accanimento contro la sua stessa ombra. Chi è mai costui che si getta nella polvere e, mani alla gola, tenta di strapparsi via il guinzaglio che gli strozza il respiro? Davvero non si accorge che anche l'altro capo è ben stretto nel suo pugno? Il mio allievo così testardo, così promettente... se avessi ancora braccia certo le solleverei, e a quello stolto mostrerei i miei palmi vuoti: egli mi accusa di averlo tratto in schiavitù, quando in verità è solo schiavo di se stesso. Noi tutti lo siamo... è la nostra vittoria suprema, la nostra definitiva sconfitta.

Non ho forgiato io il collare che ti opprime, né sono io a manovrare la catena da cui ti senti strattonato, che disapprovi o meno il tuo cammino. E come potrei, del resto? Non sono che l'ultima eco di un ululato un tempo spaventoso, che per un istante ancora si attarda nelle valli prima che il vento la disperda. Di quali portenti mi credi capace? Non sono che lo spettro di un sogno, un riflesso sempre più diafano e confuso destinato a svanire al primo capriccio della luna. La memoria delle mie imprese già sbiadisce assieme a quella dei miei delitti...persino il mio nome ora appartiene a qualcun'altro. Chiunque egli sia, confido che saprà accrescerne la gloria più di quanto abbia mai fatto io.

Tu però non mi dimenticherai, vero?

Ti ho trovato ad aspettarmi all'inizio del Sentiero del Primo. Non eri pronto allora ad imboccare questa via, così come non sei pronto adesso...eppure nella notte di Eostar hai saputo sbaragliare il suo Guardiano, eppure oggi conquisti il privilegio di poter dirigere altrove il tuo vagare. Fui tuo avversario in quella sfida, e forse tuo alleato in questa. Ma dal nostro ultimo incontro non ho mai infiacchito il tuo braccio, né l'ho reso più possente; non ho mostrato ai tuoi occhi nulla che essi stessi non vedessero; la lama del tuo Seaxe non ha mai danzato ad un canto che non fosse il tuo...talvolta hai esitato, la voce ti è mancata, ed è allora e solo allora che il ferro ha perso la sua grazia. Quand'anche fossi capace di una simile maledizione, non è dal mio rancore che devi guardarti, poichè non ne ho per altri che me stesso.

Quando i Clan si davano battaglia su questa terra era assai diffusa la convinzione che la virtù di un uomo coincidesse con la sua capacità di onorare i propri debiti, a qualsiasi prezzo. Chiunque per incapacità o malizia si trovasse a mancare a questo sacro obbligo cessava di essere un figlio, un fratello o un amico, e diventava un perfido straniero, indegno del suo nome e persino della vita. Le antiche tradizioni sono sopravvissute all'acciaio di Greyhaven, e tuttora le Lande di Ledhar restano patria di uomini d'onore...orfani della Legge degli Dei essi da secoli obbediscono alla propria. Credi che io sia in debito con te? Credi che l'aver preso le mie parti, l'aver impugnato il maglio che fu mio abbattendolo sullo scherno di Kraighar Taerbeck ti abbia vinto la mia riconoscenza?

Saresti uno sciocco se davvero lo credessi. Ciò che di me è stato detto è la verità, poichè in piena libertà mi sono posto al di sopra degli insegnamenti di Uthun dando prova della mia presunzione, della mia cecità, insultando il Maestro e i Sette, deformando secondo il mio capriccio persino i precetti dello Yog. Non è per questo, Vodan, che la lama di Kraighar Taerbeck ha mancato le tue carni: nel vendicare il mio nome hai inteso preservare il tuo, ed in questo hai già trovato la tua ricompensa.

Sospetti, lo so, che attraverso di te io abbia cercato un'ultima occasione di rivivere la gloria di un duello tra Guerrieri: ma non c'è più vita per me, o gioia, o gloria e neppure nelle tue imprese avrei di che trovarne...l'orgoglio per aver visto due fratelli onorare se stessi in battaglia, però, quello è riuscito a far tremare persino queste ossa annerite, te lo confesso.

Kraighar Taerbeck ti avrebbe imposto di brandire le mie armi contro il tuo volere, costringendoti a trascinare la mia carcassa sulle tue spalle per il resto dei tuoi giorni... la Nagath che già ingombra la tua schiena avrebbe finito per accogliermi sotto il suo manto nero, non ne dubito. Non se la prenda, non è perchè disdegnassi la sua compagnia che ho voluto altrimenti. In apparenza ti sei battuto bene. Agile e preciso nei tuoi assalti, hai approfittato della sorpresa del tuo avversario per metterlo alle strette, per imporre il tuo ritmo all'antica danza di morte in cui vi siete cimentati. Sei stato timido in difesa, però...non perchè temessi il Guerriero Bisonte o il suo Glaidheam, ti conosco troppo bene per sospettarti di vigliaccheria, ma perchè da un momento all'altro ti aspettavi che il mio mazzafrusto si ritorcesse contro di te come un serpente infido e traditore, pronto a cogliere il momento propizio per consegnarti alla sconfitta e magari alla morte.

La verità, Vodan, è che non avevi molte speranze...un mio malevolo intervento avrebbe solo affrettato l'inevitabile.
I colpi che hai sferrato, pur notevoli, non sono stati sufficienti ad arrestare la furia del Bisonte, e molto presto egli si sarebbe risolto a metter tutto se stesso nello scontro. La sua lama si sarebbe abbattuta su di te, ancora ed ancora, ed il campo sarebbe infine stato suo. Ciò non è stato, e per un istante hai compiuto un balzo oltre la materia di questo nostro mondo, come solo chi cammina lungo i Sentieri del Primo è in grado di fare. Un piccolo inganno, sufficiente a far credere al tuo avversario che indubbiamente avevi il diritto di far ciò che più desideravi delle armi di un Kraighar...perchè Kraighar tu stesso. Un inganno per cui nulla mi devi, un inganno per un inganno: si saprà ad Uthun che Tarkhun ha coronato la sua ambizione, egli è divenuto Maestro senza mai abbandonare l'antica Casa, unico tra i Sette a non aver mai, neppure per un momento, ripudiato il vessillo del Faul-Warg. E in fondo quanto c'è di vero in questo, e quanto è menzogna?

Questo è lo Yog dell'Abbandono: spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso.

La catena che minacciava di legarti per sempre a questo spettro è infranta. Sei libero di scegliere le tue battaglie così come le armi con cui combatterle, come è prerogativa di un Guerriero. Non avrei desiderato per te altro che questa libertà, che tu lo creda o no...ha poca importanza, ormai. Ciò che conta è che oggi hai contratto un debito, e fintanto che non l'avrai onorato non potrai dirti migliore di me.

No, stai pur sicuro che a me non devi niente. E' al fiero Protettore le cui zanne porti sul collo, alla Bestia che vigila su ogni tuo passo, e che ogni notte vaga inquieta attraverso i tuoi incubi, che devi la tua libertà. Egli è per te muto, ma il suo ruggito di rabbia e disperazione è assordante, e giunge fino a me, attraverso i mondi devastati che un tempo calcò il tallone di suo Padre...nostro Padre, Vodan.

Egli già da tempo vegliava su di te, schiavo di una vile stregoneria. Persino durante il nostro primo duello. Ricordi quanto è stato semplice prevedere ogni mia mossa, non ti sei stupito di quanto efficace ogni tuo contrattacco, quasi che i tuoi sensi scorgessero ogni mio movimento prima ancora che io decidessi di compierlo? E' rimasto però un servitore scostante, costretto ad accompagnarti solo in virtù del maleficio che profana le sue ossa.

Persino nella morte ho potuto udire le sue implorazioni, ed ho placato la sua ira, risvegliando in Lui il ricordo della grandezza del Primo. Gli ho mostrato i segreti che i suoi fratelli hanno dimenticato e che noi ancora custodiamo, affinchè li mettesse al tuo servizio fino al momento in cui tu saresti stato pronto a rendergli la libertà. Se sei riemerso dal Cairn di Lamaynn, se le imboscate dei Gaunt non ti hanno colto impreparato, se oggi sei sfuggito al ferro di Taerback, è soltanto lui che devi ringraziare. Forte di una forza non tua, estorta mediante le arti più nere...seppure inconsapevole porti su di te lo stesso marchio di infamia che per sempre mi condanna, diversamente da me però tu sei ancora in tempo per cancellare questa vergogna. Non desidero compagnia nella mia dannazione.

Spezza la sua catena, figlio ripudiato di Elsenore, così come egli ha spezzato la tua. Lascia che il suo spirito ora asservito al capriccio dell'uomo torni presso le antiche foreste, fa' che esso dia nuovo vigore alla sua stirpe, e che ispiri la caccia sanguinaria dei suoi fratelli nelle gelide notti di Northsyd. Sia implacabile la sua vendetta su chi lo fece schiavo! Presto giungerà la Luna di Beltane, propizia alle imprese del Primo, e la Bestia ti apparirà per condurti da me, per l'ultima volta, così che io ti mostri cosa deve esser fatto. Riconosci come tuo questo debito, onoralo, ed avrai la libertà che tanto agogni.






scritto da Tarkhun , 23:28 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
10 Aprile 517
Domenica 26 Aprile 2015

Un ultimo sogno



Mi resta da condividere con te un ultimo sogno, Protetta di Kayah. Molte volte ci siamo incontrate in spirito in questi giorni, anche se tu non ne conservi memoria. Spesso sono rimasta nell'ombra a guardarti danzare, sospesa tra gli spettri del passato e quelli del futuro, prigioniera delle tue gioie e delle tue paure; talvolta, lo confesso, ho finito per scivolarvi io stessa. So che quest'idea ti ripugna, ma ogni volta hai scelto tu quale maschera attribuirmi... a me non è restato che indossarla. Ti ho sussurrato con la voce dolce e paziente della vecchia Fraziska, ed ho schiuso la tua mente di bambina ai segreti del Sangue; come Conrad ho approfittato di te e della tua ingenuità, e le mie sciocche risate hanno reso ancor più dolorosa la tua umiliazione; mio è stato il volto di tuo padre, livido di disprezzo e frustrazione, e mia è stata la sua mano mentre ti spingeva nel letto di Alyster Forge...mio, infine, il fiato del tuo ospite sul tuo collo, ancora fetido del vino della tua casa.

Mi hai mostrato gli orrori delle tue peregrinazioni in questa terra antica e maledetta su cui è tornato a strisciare Kuru R'khai... sono stata i tuoi compagni, i tuoi nemici, le cose senza nome che in fondo ai tuoi incubi si contorcono senza sosta, cieche e affamate. Quante volte hai versato il fuoco liquido del tuo nuovo Mentor sulle mie ferite sanguinanti, senza mai renderti conto che mentre mormoravi alla tua Protettrice una preghiera disperata, avevi gli occhi fissi nei miei?

Un ultimo sogno, Kailah, e poi ti lascerò libera...così come mi sono fatta strada nei tuoi ricordi tormentati, ecco, lascio che tu ti avventuri nei miei. E' un palcoscenico che riconosci immediatamente, vero? Il grande tendone azzurro, punteggiato di stelle d'argento, i carri sgangherati e variopinti, l'incedere scomposto dei saltimbanchi sui lunghi trampoli, la grazia furbesca degli acrobati...ma soprattutto le grida gioiose e ammirate dei bambini, estasiati dalle meraviglie del Circo delle Galassie. Hai difficoltà a riconoscere tra loro i volti della tua infanzia, ma non te ne curare, quando il Circo delle Galassie si fermò ad Ammerung molti di loro, come te, dovevano ancora nascere. Lascia che ti mostri la bimba sola e sperduta che si aggira in silenzio tra gli echi festanti di un passato che non ti appartiene ancora. Nessuno sembra curarsi di lei, nessuno può sapere che gli uomini di suo padre le stanno dando la caccia, e che presto la riporteranno in un luogo di tenebra e di dolore.

E dire che era arrivata qui piena di speranze dopo aver conquistato la libertà con tanta fatica, dando fondo a tutta l'astuzia di cui la sua mente ancora acerba potesse essere capace...ma guardala bene, guarda lo scoramento nei suoi occhi, quando si rende conto che non è la magia ad animare il Circo delle Galassie, che tutto è solo un gioco di specchi, fumo, corde e pulegge. Camminale accanto negli angusti passaggi, e spiate insieme gli inganni con cui la gente del Circo ammalia i bambini, i trucchi colorati dei pagliacci, la pece del Mangiafuoco, le daghe di stagno dell'Amazzone di Abbul. La bimba singhiozza sconsolata: era venuta qui per rubare un pizzico dell'Incanto del Circo, chi mai se ne sarebbe accorto in un posto così splendido e fatato? Avrebbe preso solo quel tanto che poteva bastare a darle ciò che suo padre pretendeva per lei, e allora lui non l'avrebbe più costretta a buttar giù l'intruglio nauseante che la faceva diventare così stupida, per poi lasciarla sola con l'Uomo con Due Facce e con i suoi aghi spaventosi. O chissà...magari il Re del Circo avrebbe acconsentito a prenderla con sé, e tutti insieme sarebbero volati via nel cielo stellato per andare nascondersi dietro alla Luna, e a quel punto né il padre né l'Uomo con Due Facce sarebbero mai riusciti a trovarla.

Quanto è più piccola la tua delusione rispetto alla sua...forse vorresti consolarla, ma non ne hai il tempo. Ecco che mani rudi e forti si fanno largo nella penombra del tendone, e l'afferrano. Lei non prova a gridare, e neppure appare sorpresa. Vi guardate un istante negli occhi...dimmi cosa vedi, vuoi? Una Maschera bianca che piange lacrime di sangue vermiglio, e lame affilate, liquami ribollenti, e un fuoco ghiacciato che brucia implacabile...

...e poi solo carne, carne straziata che si fa via via più nera, dura e morta come una spina di pietra che cresce rabbiosa verso il cielo.

scritto da Nimrod , 17:12 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
21 Marzo 517
Mercoledì 11 Febbraio 2015

Lo Yog dell'Abbandono



Pochi istanti ancora e sarò chiamato a percorrere il Sentiero del Primo per l'ultima volta: esso inevitabilmente mi condurrà tra le lame snudate degli uomini di Feidelm. Ho riportato molte ferite eppure non sento alcuna sofferenza, solo un freddo torpore che pare giungermi fin nelle ossa, e che rende i miei movimenti goffi e stentati. Non ho scampo. Lacrime ghiacciate di vergogna mi solcano il viso, ben celate dietro l'eterno ghigno di Kraighar Tarkhun. Non sembrano offuscare affatto la mia visione, che non è mai stata così chiara. Guardo la vita fluire via dal corpo spezzato di questo figlio di Muddan, l'ultima spoglia di guerra che mi spetta, un vapore pallido che via via si disperde nel vento di questa landa senza nome. Presto condividerò il suo destino.

Più in alto, oltre il crinale, posso scorgere macchie di luce filiformi che volteggiano tra le nubi tempestose, lente e aggraziate. Predatori antichi che certo hanno fiutato il sangue di questa battaglia, e contano presto di banchettare sulle nostre carcasse. Ahimè, rimarranno delusi. Preferirei restare qui e offrire il petto ai loro becchi affilati, pur di non dover lasciare ad uomini indegni le insegne e le armi del Kraighar, a suggello della mia ignominia; a nessun uomo però fu dato di attardarsi sul suolo calcato dal Primo, che sia egli vivo o morto.

"A nessun uomo...ma non ti abbiamo forse reso molto più che un uomo?"

Non è che un sussurro eppure mi assorda, lacerante come il lamento del ferro stritolato dalla morsa di un gigante. Provo a voltarmi, ma mi rendo subito conto che le mie membra sono pressoché paralizzate dal gelo. Insisto, sacrificando a questo sforzo le poche energie che mi restano. Sento i tendini tirare fino a strapparsi, i muscoli delle gambe scoppiare, e non mi sono spostato che di pochi centimetri...quanto basta per scorgere il candore impassibile della Maschera balenare nella catasta di teschi anneriti alla mia destra.

"N-non è questo luogo per te, Vipera!" riesco a malapena a bisbigliare.

"Sei tu ad avermi portato qui, Figlio della Guerra. Saremmo stati carne della stessa carne, te ne feci forse mistero? I tuoi occhi sono i miei occhi, e grazie ad essi hai potuto gettare il tuo sguardo oltre il confine tra la vita e la morte, per mezzo di essi ti sei potuto addentrare nella tenebra più fosca senza che il tuo passo avesse mai a diventare incerto. Ciò che desideravi, io te l'ho concesso; ciò che mi hai chiesto, io te l'ho donato; ciò che io ho promesso, tu l'hai ricevuto. Merito qualcosa di più del tuo disprezzo."

"Dovrei esserti grato per la mia rovina, dunque? Ho piantato i tuoi semi così come tu hai voluto, ed ho guidato le schiere che da essi sono sbocciate come mi hai comandato, ed il loro dominio ormai si estende sulle selve di Varind, esattamente come mi hai chiesto. Io non ti devo niente, donna, niente più di quanto tu debba a me...ma tu sola raccoglierai i neri frutti del nostro patto."

"Tarkhun...poiché è così che ti ostini a voler esser chiamato? Ho fatto quanto in mio potere per assisterti, e puoi star certo che mai avrei voluto vederti sconfitto. L'uomo di Kayah ci ha colti entrambi alla sprovvista, ed ha reso arduo ciò che sarebbe dovuto essere semplice. Dei tanti con cui mi sono trovata a stringere accordi, tu sei l'unico che non mi abbia mai deluso. Sei stato il mio araldo infaticabile, il mio campione più leale...ho condiviso la fatica delle tue peregrinazioni, ho combattuto al tuo fianco in ogni momento, ho visto ogni cosa su cui il tuo sguardo si è posato.
Sappi che persino ora che sei giunto oltre i confini del mondo io soffro con te, e il ghiaccio che ti sta divorando non risparmia neppure le mie carni. Ed è una pena che sopporto di buon grado, perché persino nella sconfitta trovo in te la grandezza che speravo, persino nella morte posso ammirare in te il mio capolavoro..."


"Di...di cosa stai blaterando?"

"Hai accolto Kuru R'khai, ed ho fatto sì che esso trovasse in te un terreno straordinariamente fertile. Il seme ha germinato ed il tuo corpo ormai gli appartiente...in effetti, mio prode amico, sei morto senza neppure rendertene conto."

"Non...non è possibile. Le tue sono solo menzogne! Perdi il tuo tempo, strega! Il Maestro ha messo in guardia dai tuoi inganni...perché vuoi continuare a farti beffe di me? Lascia che io muoia come ho vissuto, tra le spade dei miei nemici!"

"So cosa ti ha detto di me l'uomo che tu chiami Maestro, così come so bene che se egli non avesse acconsentito non ti saresti mai messo al mio servizio. Conosco bene il disprezzo con cui ha ripagato la tua irriducibile fedeltà, le umiliazioni a cui ti ha sottoposto fin dal primo momento in cui ti prese presso di sé ad Uthun. Ha fatto di te un cagnolino obbediente solo per poterti prendere a calci, accusandoti di non essere il lupo indomabile che egli desiderava. Ti ha tolto il nome, salvo poi rinfacciarti l'amore disperato per quello che LUI ti ha dato; ti ha strappato alla tua stirpe, eppure si sdegna per la fierezza con cui onori la Casa di Uthun; ha cancellato il tuo volto, e non riesce a darsi pace per l'abnegazione con cui indossi la SUA maschera. Dov'è adesso, il tuo Maestro? Egli non si cura più di te, occupato com'è a scegliere a chi affidare l'eredità di Kraighar Tarkhun, affinché la risollevi dalla disgrazia in cui tu l'hai precipitata. E dove sono i tuoi fratelli? Giocano alla guerra circondati dai loro sgherri, proprio come i vigliacchi di Greyhaven! Combattono la noia dando la caccia ai topi di Feidelm, accontentandosi di facili trionfi, e intanto aspettano pazienti, bramosi di ricevere senza sforzo ciò per cui tu hai lottato e sofferto per una vita intera! Sei stato ingannato, Tarkhun...ma non da me. Io ti ho dato i miei occhi perché tu potessi finalmente vedere, ed ora ti offro ciò che più di ogni altra cosa avrei desiderato per me stessa! E' così che Nimrod di Wallheim ripaga la tua fedeltà!"

Cerco dentro di me la forza per ribattere alle lusinghe della Vipera, ma nel mio petto trovo solo la gelida oscurità della Morte. Ripenso all'effige sulla schiena dell'Uomo di Elsenore, al presagio che essa portava, all'amaro destino cui mi ha condotto quell'allievo così formidabile. "E' abbastanza veloce per te?" L'esultazione nel tuo grido di battaglia, la mia sorpresa e poi il dolore lancinante alla spalla, lo scudo ormai un fardello inutile... in quel glorioso istante ho gioito con te, Vodan, se è così che ti chiami, per l'impresa che hai trovato in te stesso di compiere. So che negli anni a venire, se mai diverrai vecchio, il semplice ricordo della nostra notte di Eostar restituirà vigore alle tue membra anche nelle ore più disperate; giunto di fronte all'inevitabile sconfitta che attende ogni uomo sarai chiamato a guardare in te stesso, e ritroverai quel momento fatale in cui sei riuscito a fare di te stesso un Dio, e saprai morire a testa alta. Questo è il dono che ti ho fatto: mi è costato la vita, fanne tesoro.

Ecco che la Maschera si solleva dai sinistri spalti, e dietro di essa si dispiega una nera spira, irta di orride squame. Si innalza nel cielo fino a ridursi ad un piccolo punto lontano, sulla sommità della Torre blasfema che molte volte ha visitato le mie notti. La voce di Nathair è ora un ruggito spaventoso, simile a quello dei Draghi che un tempo oscuravano il cielo.

"Mia adorata creatura, è tempo per te di riposare. Kuru R'khai ora custodisce il tuo Sarx, e la sua mente ha già iniziato a divorare la tua...e tuttavia non dovrai disperare. Non è per tradirti che ho reso le tue carni arrendevoli: Kuru R'Khai saprà plasmarle con una maestria che neppure io saprei eguagliare, e donerà loro una forza e una tenacia tali da far impallidire il ricordo di Kurgoth il Selvaggio. Del resto non esiste difesa capace di resistere al Morbo, e neppure la più pura discendenza degli Eroi potrebbe mai sfuggire alla sua morsa... è un'altra la battaglia che siamo chiamati a combattere. Potrà il tuo spirito, che hai saputo forgiare in una corazza impenetrabile, sopravvivere alla prigione dove intendo custodirlo? Potranno le astuzie della mia Arte sciogliere l'enigma dell'Opus dell'Antico? Se avremo successo potremo finalmente spezzare le catene che Shub-Niggurath Khan'Asthain pose sulla nostra genia di schiavi prima dell'avvento del Sole, ed urlare al Cielo l'immensità del nostro orgoglio! Non è forse quello per cui hai sempre combattuto? Non è forse l'indicibile ambizione che il tuo Maestro non osò mai perdonarti?"

Il buio più assoluto, un silenzio così profondo da ingoiare persino i miei pensieri. La notte eterna in cui sono sprofondato è più terribile di qualsiasi paesaggio d'orrore mi abbiano mai dischiuso i Sentieri del Primo. Fu in un simile smisurato abisso che Egli fu confinato dal Padre? E' da questo Nulla che Egli infine emerse, iniziando il suo eterno vagabondare tra le stelle? E' dal ricordo di questo abominio che Egli sempre cercò di sfuggire, lanciandosi oltre i confini della Creazione? La Vipera si sbaglia: se c'è una cosa che il Maestro non si sarebbe mai sentito di dovermi perdonare, questa è proprio l'ambizione. La sua voce pronuncia le parole dello Yog, ma invariabilmente ne fraintende il senso. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso. Questo pretendeva il Maestro da me, e di questo non sono mai stato capace. Il cammino del Kraighar è destinato a concludersi, e solo il Guerriero che trova il coraggio di lasciarselo alle spalle è finalmente pronto a conquistare il suo Yog. Altri prenderanno il suo nome e le sue armi, altri solleveranno al cielo le Braccia di Ahriman, e onoreranno la Casa di Uthun. L'Allievo che si illude di poter diventare Maestro rimanendo presso la sua Casa disonora se stesso e gli insegnamenti che ha ricevuto. Tutto ciò la Vipera non può comprenderlo. Guardati da chi elogia la fedeltà, poichè egli non cerca che schiavi. Per un attimo posso sentire la tua voce persino in questo immenso deserto, Maestro mio, ma m'inganno. Poi...poi ne sento un'altra.

"Tu nella mia posizione cosa avresti fatto?"

Ricordo quando me lo hai domandato, sprezzante. La verità è che avrei fatto esattamente ciò che hai fatto tu, perché due Guerrieri che si affrontano a viso aperto sono come fratelli, e come fratelli si battono, lama contro lama, pugno contro pugno. E allora ti chiedo...tu nella mia posizione, cosa faresti?

Me lo dici, e capisco cosa devo fare. Una luce squarcia la tenebra, un latrato sinistro si fa via via più vicino.

Sono...sono io che emetto questo osceno richiamo? Il mio corpo barcolla in avanti, ma non è più davvero mio. Non sento più freddo, non sento dolore...non sento assolutamente niente, eppure i miei sensi sono all'erta, e posso vedere ciò che mi si para dinnanzi nei colori innaturali che gli occhi di Nathair mi hanno abituato a riconoscere. Era a questo che volevi prepararmi, Vipera?. I resti del figlio di Muddan sono proprio là davanti, ad un passo da me. Non deve essere trascorso che un attimo da quando il mio maglio l'ha abbattuto. Un rivolo di saliva mi scorre lungo il mento. Ecco, così...bravo, avvicinati a questo pasto succulento...

Un passo stentato, poi un rapido balzo e "lui" è sopra alla mia ultima vittima, e ci si avventa contro con slancio famelico...agita senza posa il braccio assicurato allo scudo, protende l'altro in avanti, lasciando cadere il maglio che ancora stringeva in pugno, che finisce sul petto fracassato del cadavere. Non è un'arma per te, lascia che siano altri più degni a reclamarla. "Lui" cerca di mordere la gola del morto, ma le fauci scattano invano, l'elmo di Kraighar Tarkhun gli nega il suo boccone. Grida di frustrazione...devo tentare, ora.

Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate, ripeto febbrilmente nell'ultimo angolo di coscienza che mi resta. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Spezza...

E le catene, per un attimo, si spezzano.

Afferro il coltello da caccia che l'uomo di Muddan portava alla cintura. La presa è forte ma imprecisa, quasi mi sfugge di mano...non ho neppure il tempo di ricordare che mi manca la benché minima sensibilità, che il mio braccio ha davvero smesso di essere il mio, per sempre. Devo concentrarmi, non avrò altre occasioni. Lotto con ogni fibra della mia volontà per avvicinare la lama al volto. Il Seaxe sarebbe stato più adatto a questo scopo, penso distrattamente, ma si tratta pur sempre dell'arma del mio ultimo avversario...un'arma che devo sforzarmi ad ogni costo di onorare.

Ci siamo...devo allineare la punta del coltello all'unico punto che può consentirmi di abbattere la bestia, devo far sì che attraversi l'interstizio del visore...sì...così...e adesso, devo spingere...spingere...spingere...(se il tuo occhio)...spingere...spingere...(ti rende cieco)...spingere...spingere...(strappatelo!)...SPINGERE!
scritto da Tarkhun , 01:08 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
21 Marzo 517
Mercoledì 21 Gennaio 2015

Il vero volto



Questa notte ho nuovamente sognato la Torre. Simile alla zanna spezzata di una bestia ciclopica, si staglia con orgoglio e tenacia al centro di una desolazione perennemente flagellata da vènti furiosi. Mi sfida, come sempre, e come sempre mi avventuro tra le rocce martoriate alla ricerca di un sentiero che possa condurmi ai suoi cancelli. Mi è parso di udire la voce del Maestro, così flebile e lontana, sovrastata dal ruggito della tempesta senza fine. Quali che fossero i suoi ammonimenti, non li ho compresi.

Ogni volta che il coraggio minaccia di venirmi meno di fronte all'impossibile prova a cui sono stato condannato, ecco che la Torre torna a visitare il mio sonno. Il Cielo stesso pare darle l'assalto con una forza tale che tutto d'intorno è ridotto in briciole, eppure essa persiste, sfigurata ma irriducibile. E' una visione in cui trovo conforto...è un inganno che detesto con tutto me stesso. "Accetta i doni di Nathair, poichè in essa risiede una grande sapienza, ma ricorda che nulla riceverai da lei che non sarà intriso del suo veleno. Hai fatto di te stesso un cieco, figlio mio, e la Vipera ti darà nuovi occhi...eppure dovrai diffidare di ciò che essi ti mostreranno. Dimostrami che con le sue menzogne puoi riportare alla luce ciò che la mia verità ti ha reso oscuro. Dimostrami che c'è di più in te che il vile servo che oggi disonora la mia casa. Dimostrami che la tua insopportabile umiltà cela davvero la più inconcepibile delle ambizioni. Dimostralo, ed avrai ciò che mi hai chiesto."

Conosco la direzione che mi indica la Torre. So cosa la sua Signora vorrebbe da me. E' impaziente,la sento contorcersi senza sosta nelle mie viscere, frustrata dalla disfatta di Lamaynn...e stanotte entrambi desideriamo la stessa cosa.

Gli uomini di Feidelm non arriveranno a vedere il compiersi di Eostar: si ingannano se pensano che la sete di sangue del Re dell'Inverno si sia già placata. Non sopravviverò ad un ulteriore fallimento, e questa consapevolezza mi restituisce fino all'ultima stilla di forza che il Servo degli Dei prima e il Campione della Morte poi erano riusciti a portarmi via. E' tempo che mostri loro il vero volto di questa guerra.
scritto da Tarkhun , 00:04 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
18 Marzo 517
Domenica 4 Gennaio 2015

Lo Yog dello Specchio



Il mugghiare del corno raggiunge il Cairn, destando i suoi campioni. Posso quasi vederli mentre si agitano nelle cripte, l'eccitazione del combattimento che si impadronisce di quelle carcasse intorpidite e ne fa ombre rapide e letali. Pochi secondi, ed ecco che già sciamano dal tumulo come vespe agguerrite, pronte a divorare chi ha osato turbare la quiete del loro alveare. Quale che sia il mio destino, gli undici che Feidelm ha messo alle mie calcagna non hanno speranza di conquistare Lamaynn.

Gli intrusi hanno avuto facilmente ragione dei pochi raminghi attirati dal loro rumoroso avvicinamento. Lascio che svuotino le loro faretre sui Morti intrappolati nell'ultima fossa, e mi mostro. Colui che a Muddan mi ha sfidato per primo è impaziente di onorare il nostro patto. Mi basta uno sguardo al volto stanco e al contempo risoluto per capire che la sua mente è stata impegnata a combattere questo duello centinaia di volte nelle lunghe ore che sono trascorse dal nostro ultimo saluto...e che almeno una volta è emerso vincitore. Mostrami cosa hai appreso, figlio di Greyhaven.

Detti le tue condizioni: sarà un duello cruento, in cui il ferro sarà libero di baciare le carni dei contendenti. Ti chiedo se sei davvero sicuro di volere questo, ma entrambi sappiamo bene che si tratta di una decisione meditata: un singolo affondo portato con sicurezza, una ferita mortale che possa conquistarti la vittoria...in caso contrario, morte certa. E' così che nelle tue riflessioni mi hai sconfitto, quell'unica volta.

Detto le mie condizioni: nessuno dovrà intromettersi, se perdi dovrai cedere il campo, sempre che tu sopravviva, e con te i tuoi alleati. Mi assicuro che il prete comprenda e accetti i nostri termini; in caso contrario questo duello diventerà una battaglia, e non ho timore di combatterla.

Mentre ci svestiamo parli dei figli di Baalar, di come questa ordalia ti compenserà di un'altra che avresti desiderato affrontare, ma che ti fu preclusa. Mostri con fierezza le cicatrici delle prove a cui sei sopravvissuto, confidi che il simbolo di morte che adorna la tua schiena sia sufficiente a renderti temibile? Fingi di non vedere i segni delle "mie" prove, distogli lo sguardo dagli occhi con cui mi sono dato di vedere.

I miei avi hanno onorato Baalar Virughdark e la sua discendenza, seme e sangue del Primo. Sei dunque un conquistatore conquistato, figlio di Greyhaven? Elsenore ti ha ripudiato e cerchi in Amedran un'amante che le rassomigli? O è piuttosto il Sangue del Faul-Warg che nelle tue vene urla e brama, e oggi ti ha portato qui, per ricevere da me ciò che i Faolchliàth ti hanno negato? Sei dunque un Lupo in cerca di altri Lupi?

Ostenti un'effige di Morte per indurmi ad esitare... probabilmente non sai che neppure Shub-Niggurath potè fermare il Primo. Al collo porti indegnamente un amuleto di denti di Faul-Warg, ignorando che in queste lande nessun Guerriero oserebbe mai fregiarsi dei resti di un fratello. "Non brami il Lupo la carne del Lupo, questa è la legge del Khan", ed è una legge che persino i figli di Baalar hanno imparato a temere, nei secoli che furono. Dovrei ridere di te e delle tue superstizioni, ma nel profondo so che quello spettro che ti ha seguito per miglia e miglia oltre i mari tempestosi, eternamente avvinghiato alle tue spalle, non è venuto al mio cospetto per un capriccio del Fato. Esso è ai miei nuovi occhi il baratro stesso in cui ho scelto di addentrarmi, la nera catena che stringe il mio collo. Sistemi le zanne di lupo e per un istante esse fanno da corona alla Morte, e avvampano sinistramente di luce funerea; la voce del Maestro rinnova il suo monito, la sua sfida, la sua accusa: "Di chi ti farai schiavo?"

Ma tu, figlio di Greyhaven, nulla sai di questo, nè ti interessa. A te la prima mossa.

Decidi di lasciare nel fodero la tua seconda lama, scegliendo di impugnare la spada con entrambe le mani per sfruttare tutta la tua forza, tutto il tuo slancio in un unico assalto mortale. E' così che hai vinto, vero? Sei persino più veloce e preciso di come ricordavo, e non c'è modo per me di opporre lo scudo in tempo. Lo hai capito, eppure non vedo esultazione nei tuoi occhi, nè sgomento un attimo più tardi, quando il ferro fende l'aria sibilando di frustrazione. Mi conosci intimamente, ormai, e questo fallimento per te non è una sorpresa.

Tocca a me adesso. Scaravento il maglio verso di te, ma il mio sguardo resta incollato al tuo talismano. Due occhi ferini sembrano apparire dal nulla per sovrapporsi ai tuoi, sono gli occhi di un predatore antico e implacabile. Conosci la natura dell'oggetto che indossi, figlio di Greyhaven? Approfitti con facilità di un colpo impacciato, prevedibile, indegno di un Kraighar, e abbatti con grande rapidità la tua lama sulla catena prima che io possa ritrarla, tranciandola.

Sorrido. Grazie per la sfida che mi stai regalando. "Notevole", ti dico.

Mi concedi di sguainare il Seaxe, e ne approfitti per impugnare anche la tua spada corta, confidando di usarla per proteggerti dai miei attacchi. Ci scambiamo qualche colpo poco convinto, che entrambi evitiamo con facilità. Poi mi sorprendi ancora, approfittando della superiore resistenza della tua spada per deflettere aggressivamente il mio fendente ed al tempo stesso danneggiare entrambe le lame: la mia va in frantumi, la tua è buona per un altro colpo ancora. Gli occhi della Bestia si fissano nei miei. "Davvero notevole" sussurro, pregustando ciò che seguirà.

Ed è qui che mi dai la peggiore delle delusioni, tu che dei miei avversari ti sei rivelato il più promettente. Ora che finalmente hai una speranza, esiti. "Cosa stai aspettando?" ti chiedo "La tua lama conosce bene il proposito per cui è stata forgiata. Perchè tu ti ostini ad ignorare il tuo?" Mi chiedi cosa avrei fatto io in una simile situazione, e ti rispondo. Non mi dai il tempo di concludere, di dirti che un Kraighar di Uthun non è mai disarmato. Lasci cadere le armi e ti prepari ad affrontarmi in uno scontro a mani nude.

Scuoto il capo. Per cosa combatti veramente, figlio di Greyhaven? A chi stai dimostrando il tuo valore? A chi renderai conto del tuo onore? A me? Ai tuoi compagni? Alla Morte velata che segue ogni tuo passo, o alla forza selvaggia che ti mette in guardia dai miei attacchi? Agli Dei, se Dei ci sono nel tuo cielo? Hai rinunciato alla tua corazza per spogliarmi della mia, e sei stato astuto: ora che io sembro senz'armi ti privi delle tue, e dai prova della tua stupidità. Peggio, disonori te stesso, e disonori me con la tua presuntuosa misericordia. Oggi hai combattuto come mai in vita tua, perchè sapevi che solo così saresti riuscito a sopravvivere. Questa è l'essenza di Yog. Oggi ti ho fatto Maestro di te stesso, ed è questa la tua riconoscenza? Mutare la nostra sfida in un...in un gioco?

Ti mostrerò quanto terribile è stato il tuo errore. Spezzerò ogni osso del tuo corpo, ti strapperò via le viscere e le darò in pasto ai Morti, farò in modo che i tuoi compagni non trovino alcuna consolazione nel riavere ciò che sarà rimasto di te. A me la prima mossa.

Sei lento senza una spada in mano. Troppo lento. Diversamente da me, non hai mai dovuto contare solo sui tuoi pugni per sconfiggere la morte. Eccoti un primo assaggio...dannazione.

Un gioco. Non è niente più di questo per me, ora, un futile, crudele, noioso gioco. Ripenso al Maestro, a come, riuniti i Sette, egli racconta spesso della leggendaria contesa tra il Primo ed il suo genitore. "...incapace di assestare anche un solo colpo al suo avversario, perduta ogni arma, infranta ogni difesa, l'Antico Signore perse infine il desiderio di combattere, e la sua rabbia risuonò così possente da far breccia nelle mura della Corte Primigenia..."

Tu che porti il marchio di Shub-Niggurath, in verità sei come il Primo, e mi rendi impossibile trionfare; io che brandisco le insegne di Kraighar Tarkhun e vivo inseguendo il mio Yog, in verità sono come l'Antico Signore... ho visto spezzarsi le mie armi, e spogliato di scudo e corazza stringo nel pugno le ceneri di una lotta che non ha più alcun significato. Questo è lo Yog dello Specchio: ogni volta che affronti un nemico, è con te stesso che ti stai misurando.
Devo renderti grazie, figlio di Greyhaven, per avermi riportato alla mente tale insegnamento.

Fermo il colpo, ti sfioro appena. Il campo è tuo...fintanto che i Gaunt non verranno a reclamarlo.

Non ci saranno altri duelli, mi dici. Annuisco. Niente più sfide, niente più condizioni. Quando ci incontreremo di nuovo tra noi sarà battaglia. So che non avrai timore di combatterla.
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