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- Colin Tarr -
 
Il fondo del barile
Armando
 
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Scritto il 19/09/2015 · 28 di 36 (mostra altri)
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9 agosto 515
Sabato 19 Settembre 2015

I bambini prodigio



A Feith non fa mai caldo, neppure ad agosto. Questa zona dell'altopiano del Lampo non fa eccezione, anche se le colline che ci circondano bloccano una buona parte dei venti del Nord: il risultato è una brezza temperata che, nelle giornate in cui non piove, riesce ad essere persino piacevole.

Neanche a dirlo, oggi piove a dirotto. Il cielo ci ha graziati per due giorni, durante la salita, ma non è riuscito a tenersi per quest'ultima manciata di miglia. Poco male, penso mentre indico la strada agli altri: due gocce d'acqua non ci impediranno di arrivare in cima. Speriamo solo che finisca entro domattina o sarà difficile portare a termine quello che siamo venuti a fare.

"Manca ancora molto alle cascate?"

La voce di Petra riesce ad essere snervante, specialmente quando fa domande stupide invece di risparmiare il fiato. Nessuno le risponde, men che meno io. Scavalchiamo in silenzio le ultime rocce che ci separano dalla spianata, negando a questa tempesta estiva la soddisfazione di spazzarci via. Dopo pochi istanti un rumore talmente forte da sovrastare anche la pioggia ci fa capire che siamo prossimi alla meta. Il sentiero si allarga in una valle, lasciando intravedere i resti di antichi edifici. Questo posto doveva essere importante, un tempo: adesso a malapena sappiamo che esiste, occupati come siamo a combattere una guerra dopo l'altra.

"Sicuro che fosse questa la via più breve? Sono fradicia..."

La sento ancora, quella voce del cazzo, nonostante il casino che ci circonda. Mi fermo e stringo la mano a pugno, chiamando a raccolta tutte le mie forze per non colpirla dritta su quel muso da maiala che si ritrova. No, è che mi piace prendere acqua e consumare gli stivali. Penso ad Acab e a Montaine e mi girano i coglioni, mentre loro se la spassano tra Katrin e Gretel a noi è toccato spaccarci la schiena sulle montagne insieme a un branco di reclute rincoglionite.

"Tenete il culo lontano dallo strapiombo, se non volete ritrovarvi a Lagos: ancora qualche minuto e metteremo le chiappe all'asciutto". Guido i miei compagni verso un gruppo di rovine circondate dagli alberi, allontanandomi dal frastuono delle cascate che precipitano appena sotto di noi. Non è stata una passeggiata arrivare quassù: siamo tutti stanchi, è il momento di cercare un riparo. Petra mi trotterella a fianco, abbozzando un sorriso. Demoni del ghiaccio, quanto è brutta oggi: il puzzo dei suoi capelli bagnati mi arriva nonostante l'elmo. Se penso che all'inizio di questo viaggio me la sono scopata mi viene da vomitare: sarà che quel giorno non pioveva e la borraccia del vino era ancora piena.

Vardloch - Gola di Strigis

Raggiungiamo gli alberi e lanciamo gli zaini a terra: il rumore delle cascate è meno assordante, in questa zona. Dico alle reclute di guardarsi intorno mentre noialtri ci occupiamo del campo, che se aspettiamo loro facciamo notte. Io e Malafede ci mettiamo ad accendere il fuoco, Crank si alleggerisce del carico e comincia a raccogliere un pò di legna, River toglie di mezzo i sassi più grossi. L'uomo senza volto si limita a guardarci, senza dire né fare un cazzo come al solito. Demoni del ghiaccio, quanto mi sta sui coglioni: vorrei che non avesse salvato la vita ad Acab, così non saremmo costretti a portarcelo dietro. Montaine mi ha spiegato che il motivo del suo soprannome è legato al ruolo che ricopre a Ghaan: l'assassino di fiducia del Dominus, colui che porta a termine gli incarichi più efferati. L'uomo senza volto, Aghvan l'Invitto, il Signore di Ghaan... che razza di circo: se è a questi individui che dobbiamo dar retta per vincere questa guerra del cazzo significa che stiamo davvero con le pezze al culo. Povera Feith, stretta tra l'incudine di un gruppo di esaltati e il martello di una manica di stronzi, protetta - per così dire - da un Granduca che dà retta oggi a questi, domani a quelli. E poveri noi, costretti a seguire le paturnie di questi cialtroni. Come se avessimo scelta, del resto: siamo soldati che combattono, mica donne che scelgono un vestito. Tranne Petra, ovviamente, che a tratti non sembra essere né l'una né l'altra cosa. Eccola che torna, contravvenendo agli ordini che avevo dato: quanto tempo è passato, razza di cesso con le rotelle che non sei altro? Cinque minuti a dir tanto? Non hai controllato un cazzo, al massimo ti sei fatta una pisciata. Sei più inutile dell'uomo senza volto, che chissà dov'è finit...

D'un tratto l'aria si riempie di un suono familiare. Petra mi fissa in volto, mentre i suoi occhi da scrofa si ingrandiscono fin quasi a scoppiare, riempiendosi di lacrime: fa una smorfia disperata, mentre un rivolo di sangue le circonda il collo come una collana. Poi crolla al suolo, silenziosa come mai è riuscita ad essere in vita, mettendo in bella mostra la nuca da cui si intravede il piumaggio di una freccia.

"A terra!" grido, rotolando sulla schiena dietro al tronco più vicino. Altri suoni familiari, almeno tre o quattro: mentre rotolo, sento il tonfo di un altro dei nostri che cade. Dovrebbe essere Jakes, una delle reclute. La mia mano fa per raggiungere l'arco, quando l'ennesima freccia si pianta a pochi centimetri da me: riconosco le piume, le stesse di quella che ha colpito Petra.

"Io non lo farei, se fossi in te".

Alzo gli occhi e cerco di capire come siamo messi: non benissimo, a quanto pare. Due reclute sono andate, la terza, Knowles, è prigioniera di un soldato... no, di una soldatessa. Il mio interlocutore è un ottimo arciere, a giudicare dai colpi che ha fatto e da come mi tiene sotto tiro. Davanti a lui ce n'è un altro con la spada puntata nella mia direzione. Chi è questa gente? Soldati di Treize, a giudicare dallo stendardo che porta uno di loro. Ne conto sette, tre dei quali hanno l' arco puntato su di noi, più almeno un altro nascosto tra le rovine. Non so se ci aspettavano, ma di certo ci hanno visti arrivare. Che ci fa qui un plotone di Treize?

"Tranquillo, amico", dico all'arciere sollevando le mani: "per ora comandi tu". River e Crank reagiscono in modo analogo, anche loro incalzati da una spada e un arco a testa. Neanche li abbiamo visti arrivare e già ci hanno fatto due morti e un prigioniero. Sono loro ad essere bravi o noi che ci siamo rincoglioniti? Mi chiedo dove siano finiti Malafede e l'uomo senza volto: probabilmente nascosti da qualche parte, aspettando di capire come si metteranno le cose.

"Falli sdraiare a terra", esclama la ragazza. "Magari ce ne sono altri". Cerco di capire a chi si rivolge e capisco che il capo è quello che mi sta puntando la spada. Anche lui non fatica a capire con chi deve parlare. "L'avete sentita", esclama senza togliermi gli occhi di dosso: "faccia a terra e gettate le armi".

Prendo tempo, fingo di non capire: devo mettermi a terra o gettare le armi? La speranza è quella di farli incazzare, magari al punto da spingere qualcuno ad avvicinarsi per tirarmi un paio di schiaffoni e farsi prendere come ostaggio. Niente da fare, restano tutti al loro posto: svegli e anche ben addestrati. E dire che sembrano tutti molto giovani: il capo avrà al massimo venticinque anni, gli altri persino meno. Soldati semplici e scelti, se le mostrine di Treize sono ancora come le ricordo: nessun sottufficiale, nessun caporale. Da dove sono usciti questi bambini prodigio?

"Sdraiati a terra, prima, e getta le armi, dopo", chiarisce il capo con l'aria di chi non lo ripeterà una terza volta. "Lentamente".

Scuoto la testa. "Non esiste: ce ne avete già ammazzati due e pretendi di farci sdraiare a terra e gettare le armi? Tanto vale proporci di buttarci giù dalla rupe". Tiro un colpo di tosse, faccio un passo in avanti...

"Fermo", tuona l'arciere tendendo l'arco: "o quella gamba comincerà a farti male". Bravo e attento, questo ragazzo: diventerà un grande scout. Spero non grazie alla mia taglia, possibilmente.

"D'accordo, d'accordo". Non è facile prendere tempo quando hai tre archi puntati addosso. "Ma trattateci da soldati, non da puttane. Perché non ne parliamo un momento? Così vi diciamo pure chi siamo e magari vi facciamo cambiare idea".

"Questo pensa che scherziamo", esclama uno di loro: "gli facciamo vedere che si sbaglia?".

River e Crank mi guardano, in attesa di un mio segnale. Non abbiate fretta, ragazzi: c'è ancora tempo. "Ascolta", gli dico fissandolo negli occhi: "tu pensi di avere la situazione sotto controllo, ma fattelo dire da chi ne ha vissute parecchie più di te: non è così. Noi..."

"Un'altra parola e fai la fine dell'amica tua", esclama il loro capo. Petra amica mia? Non direi proprio. "A terra, adesso! Se non vuoi che gli tagli la gola!", gli fa eco la nuova ragazza di Knowles.

"E perché mai dovremmo farlo?", chiedo, allargando le braccia: "se ci mettiamo a terra ci lascerete andare?" Nessuno risponde. "Parliamoci chiaro, non avete idea di cosa fare di noi: non potete portarci a Treize, non potete lasciarci andare. L'unica cosa sensata sarebbe ucciderci tutti. Lo sapete voi e lo sappiamo anche noi, motivo per cui nessuno finirà a terra di sua spontanea volontà. Volete queste armi? Venitevele a prendere".

Ho rubato abbastanza tempo. Sguaino la spada, i miei compagni capiscono al volo e fanno altrettanto: ciascuno di noi ha il suo arciere personale, eppure a quanto pare le frecce sono tutte per me. Due si piantano sull'armatura all'altezza del ventre: le sento appena. La terza mi penetra nella coscia: niente di tremendo, ma mi creerà qualche problema. I soldati con la spada ci incalzano, coprendo la ricarica dei rispettivi arcieri. Una manovra da manuale, frutto di un addestramento impeccabile.

"Chi vi ha addestrato?" domando al mio avversario mentre le nostre lame si scontrano: "Rudd? Ramsey? Reiner? Rock? Ne conosco parecchi, di sergenti di Treize: iniziano tutti con la R". Nessuna risposta: solo una rapida e precisa sequenza di fendenti, accompagnati da una quarta freccia che mi si pianta sulla spalla. Quel maledetto arciere non manca un colpo. Con la coda dell'occhio intravedo River e Crank, impegnati in una situazione similare.

Un ultimo tentativo non costa nulla. "Ascoltami bene: sei davvero sicuro di volertela giocare così? Siete ancora in tempo per alzare i tacchi e andarvene. Abbiamo due feriti gravi, non vi seguiremo: ognuno per la sua strada e la chiudiamo qui".

"So chi sei, stronzo" mi dice tra un fendente e l'altro: "risparmia il fiato".

Scuoto la testa. no, non lo sai: ma lo scoprirai tra poco.



Schivo ancora una volta la sua spada e in un attimo gli sono addosso: il mio colpo non va a segno ma lo costringo ad arretrare, ostruendo finalmente la linea di tiro del suo compagno. Incastro la mia elsa contro la sua, mentre con l'altra mano afferro il bordo dello scudo che porta al braccio sinistro. Si aspetta un calcio, invece gli arriva una testata: elmo contro elmo, fronte contro naso e bocca. Fa male, eh? Non riesco a impedire che si divincoli, lasciando nuovamente spazio all'arco del compagno. Osservo la corda che si tende a pochissimi metri dalla mia faccia e penso che stavolta me ne servirà parecchia, di fortuna.

Poi, finalmente, una freccia di colore diverso saetta attraverso i cespugli e colpisce dove fa più male: l'arciere bambino si porta una mano al collo, che diventa completamente rossa in un istante. Lo guardo mentre si affloscia a terra, lentamente, con l'espressione triste e avvilita di chi ce l'ha messa proprio tutta per fare le cose per bene. Peccato, sarebbe diventato davvero un ottimo scout. Due a uno. Un istante dopo Malafede si getta di peso su un altro degli arcieri, piantandogli l'ascia tra la spalla e il collo e trascinandolo a terra. Due pari.

"Noooooooooooo!" L'aria è squarciata dal grido di dolore della soldatessa, a cui fa eco quello degli altri: ci sono rimasti male, pensavano di avere la situazione in pugno. Ah, la tipica alterigia dei giovani. La reazione non si fa attendere e a farne le spese è il povero Knowles, che cade a terra con un sommesso gorgoglio: hai capito, la ragazza. Tre a due.

In quel momento si palesa l'ottavo soldato di Treize, uscendo dalle rovine: un pò troppo tardi, a giudicare da come si stanno mettendo le cose. Due frecce in rapida successione lo raggiungono prima al petto e poi alla gola, sbarrandogli la via per la festa. Tre a tre. L'uomo senza volto esce dai cespugli alla ricerca di un nuovo bersaglio. "Ce ne hai messo di tempo!", esclamo sguainando la daga. Osservo il colpo perfetto scagliato ai danni dell'arciere che stava per mandarmi all'altro mondo: demoni del ghiaccio, alla fine mi toccherà pure ringraziarlo.

Torno a rivolgere le mie attenzioni al capo, costretto a venire a patti con una situazione che volge al peggio. Non dice niente, ma gli occhi parlano per lui. Mi chiedo se stia piangendo per la sorte a cui ha condannato i suoi compagni o per la testata che gli ho dato pochi istanti fa. Mi si getta contro ma i suoi colpi sono ansiosi, imprecisi. "Te l'avevo detto", gli dico: "adesso siamo noi a non avere scelta". Non combatte male, con un pò di esperienza in più potrebbe creare problemi: come i suoi compagni, del resto. Peccato che nessuno di loro avrà mai il tempo di farla, questa esperienza. Lo colpisco una, due, tre volte. Potrebbe mollare la spada ma sceglie di non farlo: si tiene in piedi davanti al corpo senza vita del suo compagno arciere, in attesa che la situazione volga nuovamente a loro favore. Speranza vana: le frecce in corpo non impediscono a Crank e River di avere la meglio sui rispettivi oppositori, mentre l'uomo senza volto fa scempio degli arcieri e Malafede...

...Un momento: dov'è Malafede? Lo cerco con lo sguardo finché non lo trovo, intento a rotolarsi sul fianco come un bambino spastico: la soldatessa di Treize brandisce una spada insanguinata a pochi metri da lui, preparandosi ad affrontare River. Aspetta un attimo: quella ragazza ha appena rotto il culo a Malafede?

La osservo mentre si prepara allo scontro: alta, capelli corvini in parte raccolti da una coda di cavallo e in parte sciolti lungo le spalle. Non ha più l'elmo, dev'esserle caduto durante lo scontro. Da qui non vedo bene, ma mi sembra che abbia gli occhi nocciola: nocciola e gonfi di lacrime per i suoi compagni falciati di fresco. La spada che ha in mano è un pezzo pregiato, uno di quei ferri che si tramandano da padre a figlio. O a figlia, a quanto pare. River la carica a testa bassa, convinto di poterla fare a pezzi con un paio di colpi ben assestati. Tanta è la voglia di assistere a questo duello che quasi mi dimentico del mio avversario, che mi rende oggetto di un ultimo affondo sferrato con la forza della disperazione. Lo evito, poi decido che è giunto il momento di avere pietà di lui: un montante dall'alto e lo sbatto a terra con uno squarcio sulla schiena tale da togliere ogni dubbio. Quattro a Sette, contando Malafede, che a ben vedere non è ancora morto. Credo.

Sollevo gli occhi e, per un istante, incontro lo sguardo color nocciola della ragazza dai capelli corvini. "Maledetti!" Urla mentre si avventa su River con una velocità impressionante. "Maledetti bastardi!". Come se fossimo stati noi ad attaccarvi per primi. Io ci ho provato, per il resto c'era poco da fare.

River fa del suo meglio, ma è pur sempre ferito: Crank, l'uomo senza volto ed io osserviamo increduli mentre quella ragazza incazzata para i suoi attacchi, risponde, lo costringe ad arretrare, quindi lo sbatte a terra e lo colpisce ripetutamente con la spada. Quando capisco che è finita faccio per intervenire per impedirle di ammazzarlo, ma nello stesso istante una freccia dell'uomo senza volto la colpisce sulla spalla dell'arma: un colpo perfetto, che quasi la manda al tappeto.

"Razza di troia", urla River rotolando dalle nostre parti. "Che figura di merda che hai fatto", lo prende in giro Crank mentre lo aiuta a rialzarsi. L'uomo senza volto si avvicina lentamente verso la sua nuova preda, riponendo l'arco e sguainando le daghe.

"Sei molto bella: sarà divertente".

"Aspetta", esclamo. "Può esserci utile viva". Mento sapendo di mentire: non siamo in condizione di trasportare dei prigionieri, specie se feriti. Ci tocca ucciderli tutti, proprio come avrebbero fatto loro con noi.

"E chi ha parlato di ammazzarla", risponde l'uomo senza volto con un sorriso sadico.

La ragazza riesce a rimettersi in piedi, puntando la spada nella sua direzione: per un istante la lama è attraversata dal riflesso violaceo di una gemma incastonata nell'elsa. "Ti aspetto, spaccone: vediamo che sai fare". Ah, la tipica alterigia dei giovani. Viso, corpo e carattere ai massimi livelli: amore a prima vista, altro che Petra. La prospettiva di vederla fatta a pezzi dall'uomo senza volto diventa rapidamente intollerabile. "Mi sembra di averti detto che la voglio viva", ribadisco facendo un passo avanti.

"Dimentichi che io non prendo ordini da te".

"Vorrà dire che prenderai qualcos'altro, da me". Faccio per avvicinarmi, quando il cadavere che giace ai miei piedi comincia a mormorare qualcosa.

"Ali... và via".

Ali? La ragazza si porta un pugno alla bocca, soffocando un grido di dolore. "No", esclama poi: la voce quasi non le esce, rotta dal pianto com'è. "Mai". L'uomo senza volto la osserva estasiato, pascendosi di quel dolore come una zanzara: è di certo l'individuo più spregevole che io abbia mai visto, al suo confronto io sono un cardinale del Sacro Collegio e le puttane di Skogen il mio convento di suore. Quando morirà e piscerò sulla sua tomba dovrò fare attenzione a non prendermi un'infezione da quelle parti.

"E'... un ordine...". Il moribondo emette un altro rantolo, poi stramazza. L'ultimo desiderio in punto di morte. Ali ci scruta per un istante, i suoi occhi nocciola si fissano sulla freccia che mi spunta dalla coscia, quindi sulla gamba ferita di Crank. Un istante dopo si lancia in uno scatto alla velocità del vento. Purtroppo per lei, l'uomo senza volto è sano come un pesce. Mi aspetto che scappi verso le rovine e invece punta verso di me... No, verso qualcosa che è caduto da queste parti. Afferra con la mano lo stendardo di Treize, quindi si getta verso le rovine: persino l'uomo senza volto fatica a starle dietro. Sarà per questo che la chiamano Ali? Io e Crank facciamo violenza alle nostre ferite per non perderli di vista, mentre il rumore della cascata si fa sempre più intenso.

"Fine della corsa", esclama l'uomo senza volto. La ragazza si volta verso di noi, lo stendardo di Treize stretto con la mano sana: alle sue spalle non c'è altro che il vuoto, un precipizio che si apre sulla Gola di Strigis. Il rumore è assordante. La osservo, mentre ripone la spada nel fodero. "Non fare cazzate", le dico. Vorrei prometterle che non la uccideremo ma sarebbe una stronzata, al massimo potrei preservarla dall'uomo senza volto e dai suoi supplizi.

"Addio", dice lei. Non a noi, ovviamente: ai suoi compagni morti, all'esercito, a Treize, alla vita e a questa guerra del cazzo. Poi fa un passo, uno solo, rivolto verso il burrone. Un attimo dopo non c'è più, svanita insieme allo stendardo del suo plotone annientato.

L'uomo senza volto scuote la testa: vorrei potergli vedere il viso e compiacermi per quella punta di dispiacere che di certo sta provando in questo momento... Purtroppo devo accontentarmi della nuca. Quando si gira, dopo alcuni istanti, la sua espressione è quella di sempre: la solita faccia di cazzo a cui ci ha abituati. Arranco verso la cascata, mi sforzo di guardare in basso: fa impressione, da qui è veramente alto.

Ali. Quelle si che ti sarebbero servite, adesso. Spendo ancora qualche istante a guardare lo scrosciare violento dell'acqua, poi mi volto verso Crank. "Andiamo a raccogliere River, vediamo se Malafede è ancora vivo e togliamoci dalle palle".

Quattro a otto. O almeno così credo.

Ali Shark e Greg Lorne - Immagine
scritto da Greg Lorne , 06:13 | permalink | markup wiki | commenti (0)
Scritto il 19/09/2015 · 28 di 36 (mostra altri)
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