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13 marzo 500
Venerdì 13 Settembre 2013
l'Amico del nonno
Stasera l'ho visto di nuovo.
Era da poco finita la funzione: Okton, Marystelle ed io precedevamo di alcuni passi Zio Karol in direzione di casa. Mia sorella aveva decretato che valevano soltanto i sassi chiari, e nostro fratello ci guardava divertito vedendoci saltellare al ritmo degli ultimi rintocchi delle campane. Zio Karol parla poco e, al contrario di papà, non alza mai la voce. Quando siamo con lui possiamo giocare quanto vogliamo.
Al termine di ogni salto il tuo piede deve trovarsi interamente dentro al sasso: se tocchi la terra o un altro sasso, devi contare. Quando le campane si fermano, chi ha contato di più paga pegno. Pagare pegno non piace a nessuno: per questo, dal momento in cui salti a quando atterri, lo sguardo è quasi sempre rivolto verso il terreno.
Non ricordo quando ho alzato lo sguardo o perché, fatto sta che lui era lì. Nascosto dietro il fienile dei Kohler, intento ad osservarci. No, intento ad osservare... me.
...
"Kailah! Kailah, mi senti?"
Ricordo la voce di Marystelle, un velo che mi si abbassa sugli occhi. Quando li riapro lui , quella cosa, non c'è più: mi volto verso mia sorella, che mi osserva spazientita.
"Marystelle! L'hai... l'hai visto?"
"Certo che l'ho visto!", risponde puntando il dito in direzione del mio piede. "Devi contare!"
...
E' quasi notte quando busso alla porta di Franziska. Il villaggio è pieno di luci che si aprono sopra pozzi di ombra nera dove potrebbe nascondersi lui. Dire che non avevo appetito è stato facile, trovare il coraggio di uscire dalla casa e dal giardino molto meno. Ma tanto anche la casa e il giardino sono pieni di pozzi di ombra nera...
"Chi... Kailah? Tesoro mio, che fai in strada a quest'ora?"
Franziska non ha paura di niente. Apre la porta senza chiedere chi è, come mio zio. Non c'è niente da temere in questo villaggio, mi ha detto una volta: spero tanto che sia come dice lei. Le faccio cenno che voglio entrare.
"Ma lo sanno che sei qui?"
Scuoto la testa, le dico che farò in fretta. Mi fa entrare, poi mi precede verso la sala da pranzo. Questa è l'ultima casa dove mio nonno ha vissuto, dove è stato a lungo nascosto. Il pavimento scricchiola, le pareti odorano di legno stagionato. I vecchi mobili del corridoio sembrano quasi assorbire i pozzi d'ombra che sgorgano dalla lanterna di Franziska e mi fanno sentire più sicura.
Mi fa sedere, mi chiede di raccontarle tutto: così faccio. Le parlo di quello che ho visto stasera, e anche di tutte le altre volte. Le racconto di come nessun altro bambino riesca a vederlo... neppure i miei fratelli.
"Ho capito", annuisce. "Quindi lo hai visto anche tu".
Non capisco. "Anche io? Vuoi dire che...".
Annuisce di nuovo. "Aspetta un momento" dice poi. La osservo mentre raggiunge un foglio di pergamena e una penna d'oca. Poi torna a sedersi, inumidisce la punta e comincia a tracciare alcune linee. Quando mi mostra il risultato mi sento quasi svenire.
Dimmi, Kailah... è questo il volto che hai visto?
Annuisco, in preda al terrore. Con mia grande sorpresa, la vedo sorridere.
Non devi preoccuparti, allora...", esclama con aria sollevata. "non è niente di brutto. Al contrario, è una sorta di... spirito protettore, diciamo così". Fa una pausa, osservando il mio volto ancora incredulo, poi continua.
"Tuo nonno... beh, mi disse che sarebbe potuto succedere, prima o poi."
"Mio nonno? Vuoi dire che... Anche mio nonno riusciva a vederlo?"
Franziska mi sorride. "...Eccome se ci riusciva. E' una cosa legata a un episodio che gli è capitato alcuni anni prima di...". Fa una pausa, poi riprende. "E diceva di esserne anche lui terrorizzato, altroché... finché non ha scoperto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Lui lo chiamava... l'Amico, addirittura."
Mentre l'ascolto, mi faccio coraggio: non è la mia immaginazione, dunque! Anche il nonno riusciva a vederlo. Ne ero certa. Le chiedo di parlarmi ancora del nonno e del suo misterioso Amico, ma Franziska mi ricorda che è tardissimo e che devo tornare a casa. Si offre anche di riaccompagnarmi, visto che è buio.
"Prima di andare, però, lascia che ti mostri una cosa".
Intinge nuovamente la penna d'oca, volta il foglio e riprende a disegnare: stavolta la sua espressione si fa seria. "Come ti ho detto, questo Amico non è pericoloso, ma... tuo nonno mi ha parlato anche di un'altra cosa, diversa, e dalla quale è necessario guardarsi con molta attenzione."
Sento il sangue gelarsi nelle vene.
"...Q....Questo è cattivo?" riesco appena a mormorare.
"Si, lo è. Ma non preoccuparti: non ti capiterà mai di vederlo! Non finché resterai una brava bambina. Adesso, però, è ora di tornare a casa: risparmiamo a tuo padre una preoccupazione."
Annuisco, restando in silenzio. Prendo la mano di Fransizka, che mi conduce verso la porta. Stavolta nè il corridoio nè i suoi mobili antichi riescono a tranquillizzarmi. Spero che non si accorga che sto tremando. Spero che non si accorga che... Non ho mai visto l'Amico del nonno, mai. Neppure una volta. Sarò una brava bambina. Sarò una brava bambina. Lo giuro.
Era da poco finita la funzione: Okton, Marystelle ed io precedevamo di alcuni passi Zio Karol in direzione di casa. Mia sorella aveva decretato che valevano soltanto i sassi chiari, e nostro fratello ci guardava divertito vedendoci saltellare al ritmo degli ultimi rintocchi delle campane. Zio Karol parla poco e, al contrario di papà, non alza mai la voce. Quando siamo con lui possiamo giocare quanto vogliamo.
Al termine di ogni salto il tuo piede deve trovarsi interamente dentro al sasso: se tocchi la terra o un altro sasso, devi contare. Quando le campane si fermano, chi ha contato di più paga pegno. Pagare pegno non piace a nessuno: per questo, dal momento in cui salti a quando atterri, lo sguardo è quasi sempre rivolto verso il terreno.
Non ricordo quando ho alzato lo sguardo o perché, fatto sta che lui era lì. Nascosto dietro il fienile dei Kohler, intento ad osservarci. No, intento ad osservare... me.
...
"Kailah! Kailah, mi senti?"
Ricordo la voce di Marystelle, un velo che mi si abbassa sugli occhi. Quando li riapro lui , quella cosa, non c'è più: mi volto verso mia sorella, che mi osserva spazientita.
"Marystelle! L'hai... l'hai visto?"
"Certo che l'ho visto!", risponde puntando il dito in direzione del mio piede. "Devi contare!"
...
E' quasi notte quando busso alla porta di Franziska. Il villaggio è pieno di luci che si aprono sopra pozzi di ombra nera dove potrebbe nascondersi lui. Dire che non avevo appetito è stato facile, trovare il coraggio di uscire dalla casa e dal giardino molto meno. Ma tanto anche la casa e il giardino sono pieni di pozzi di ombra nera...
"Chi... Kailah? Tesoro mio, che fai in strada a quest'ora?"
Franziska non ha paura di niente. Apre la porta senza chiedere chi è, come mio zio. Non c'è niente da temere in questo villaggio, mi ha detto una volta: spero tanto che sia come dice lei. Le faccio cenno che voglio entrare.
"Ma lo sanno che sei qui?"
Scuoto la testa, le dico che farò in fretta. Mi fa entrare, poi mi precede verso la sala da pranzo. Questa è l'ultima casa dove mio nonno ha vissuto, dove è stato a lungo nascosto. Il pavimento scricchiola, le pareti odorano di legno stagionato. I vecchi mobili del corridoio sembrano quasi assorbire i pozzi d'ombra che sgorgano dalla lanterna di Franziska e mi fanno sentire più sicura.
Mi fa sedere, mi chiede di raccontarle tutto: così faccio. Le parlo di quello che ho visto stasera, e anche di tutte le altre volte. Le racconto di come nessun altro bambino riesca a vederlo... neppure i miei fratelli.
"Ho capito", annuisce. "Quindi lo hai visto anche tu".
Non capisco. "Anche io? Vuoi dire che...".
Annuisce di nuovo. "Aspetta un momento" dice poi. La osservo mentre raggiunge un foglio di pergamena e una penna d'oca. Poi torna a sedersi, inumidisce la punta e comincia a tracciare alcune linee. Quando mi mostra il risultato mi sento quasi svenire.
Dimmi, Kailah... è questo il volto che hai visto?
Annuisco, in preda al terrore. Con mia grande sorpresa, la vedo sorridere.
Non devi preoccuparti, allora...", esclama con aria sollevata. "non è niente di brutto. Al contrario, è una sorta di... spirito protettore, diciamo così". Fa una pausa, osservando il mio volto ancora incredulo, poi continua.
"Tuo nonno... beh, mi disse che sarebbe potuto succedere, prima o poi."
"Mio nonno? Vuoi dire che... Anche mio nonno riusciva a vederlo?"
Franziska mi sorride. "...Eccome se ci riusciva. E' una cosa legata a un episodio che gli è capitato alcuni anni prima di...". Fa una pausa, poi riprende. "E diceva di esserne anche lui terrorizzato, altroché... finché non ha scoperto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Lui lo chiamava... l'Amico, addirittura."
Mentre l'ascolto, mi faccio coraggio: non è la mia immaginazione, dunque! Anche il nonno riusciva a vederlo. Ne ero certa. Le chiedo di parlarmi ancora del nonno e del suo misterioso Amico, ma Franziska mi ricorda che è tardissimo e che devo tornare a casa. Si offre anche di riaccompagnarmi, visto che è buio.
"Prima di andare, però, lascia che ti mostri una cosa".
Intinge nuovamente la penna d'oca, volta il foglio e riprende a disegnare: stavolta la sua espressione si fa seria. "Come ti ho detto, questo Amico non è pericoloso, ma... tuo nonno mi ha parlato anche di un'altra cosa, diversa, e dalla quale è necessario guardarsi con molta attenzione."
Sento il sangue gelarsi nelle vene.
"...Q....Questo è cattivo?" riesco appena a mormorare.
"Si, lo è. Ma non preoccuparti: non ti capiterà mai di vederlo! Non finché resterai una brava bambina. Adesso, però, è ora di tornare a casa: risparmiamo a tuo padre una preoccupazione."
Annuisco, restando in silenzio. Prendo la mano di Fransizka, che mi conduce verso la porta. Stavolta nè il corridoio nè i suoi mobili antichi riescono a tranquillizzarmi. Spero che non si accorga che sto tremando. Spero che non si accorga che... Non ho mai visto l'Amico del nonno, mai. Neppure una volta. Sarò una brava bambina. Sarò una brava bambina. Lo giuro.