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22 settembre 516
Sabato 30 Novembre 2013
Non è questo il giorno
Riesco a malapena a tenere gli occhi aperti. Il bagliore del fuoco fa affiorare dal buio lo spettro di Padre Engelhaft, seduto al mio capezzale a mormorare giaculatorie; le orecchie mi ronzano come se avessi un nido di vespe impazzite nel cervello e non riesco distinguere le parole, ma a giudicare dalla sua smorfia contrita sospetto che non stia indirizzando le sue invocazioni a Reyks, Signore della Speranza, quanto piuttosto a Kayah la Consolatrice.
In soldoni, sono fottuto.
Non ho di che lamentarmi. Quando ho giurato a me stesso che avrei fatto di tutto per meritare la cappa purpurea ho messo in conto di non avere vita lunga....certo è triste andarci a rimettere la pelle così, da sicario di quel pagliaccio di Dur-dur. Come posso prendermela con Dytros se a questo giro non è stato dalla mia?
C'è fumo nella stanza, i camini di questo rudere non tirano bene...chi prendo in giro, è la vista che mi sta abbandonando. E' arrivato il giorno, Bohemond, è arrivata l'ora, e l'ultima cosa che ti toccherà vedere è il grugno triste e pallido di Engelhaft.
Se Padre Rostand fosse qui, anche lui mi veglierebbe fino alla fine, come sempre faceva coi feriti più gravi al Sanatorio. Ricordo bene il discorso che faceva ai poveretti per dare loro coraggio: "Riposa, ragazzo, dormici su. Hai preso un brutto colpo, ma stai tranquillo. Ne vedo tanti qui ad Achenar, conciati come te, e sembrano tutti sul punto di rendere l'anima agli Dei, e non faccio a tempo a rimetterli insieme che subito se ne corrono là fuori a farsi sfasciare un'altra volta. Anche per te andrà così, non è questo il tuo giorno."
Se fosse qui...chissà, magari aggiungerebbe "e se il nostro confratello qui avesse letto con maggiore attenzione i trattati di medicina, sarebbe a lui a dirti queste cose, invece di perdere tempo a recitarti il funerale."
Chiudo gli occhi per l'ultima volta, sorridendo.
3 settembre 516
Mercoledì 16 Ottobre 2013
Obbedienza
Capisco fin troppo bene la frustrazione di Brian Sturm, perché per molto tempo è stata la mia. La Regola di Dytros impone agli adepti la più assoluta obbedienza agli ordini dei superiori. Anche quando credi che abbiano torto marcio, anche quando dentro di te sai che se farai quel che ti dicono un'ingiustizia andrà impunita, un inerme abbandonato al suo destino, un'innocente invendicata.
Layka fu la mia prima, alla Casa del Sole Nascente, ed era bella da lasciarti senza fiato. Pareva vivere la sua condizione di reietta con orgogliosa, disperata allegria...ed erano giorni in cui non ambivo a miglior compagnia che quella dei reietti e degli scapestrati. Se c'è un debito che mai avrò modo di ripagare abbastanza a Roland Montaine, fu proprio la notte in cui mi regalò le grazie di quella dea bionda dal sorriso impertinente. "La Giustizia è un'amante crudele, caro il mio Bo, e la Fortuna...quella delle puttane è di sicuro la più disonesta, e non vede l'ora di lasciarci a bocca asciutta quando pensiamo di averla conquistata. Molliamo i dadi di questa bettola fetente, e diamocela a gambe con il nostro gruzzolo, ti porto in un posto dove troverai la donna giusta per dimenticare i tuoi guai." Mi ricordo del ragazzino che Roland aveva finito di spennare, un aspirante biscazziere magro come un chiodo, incapace di apparir truce malgrado le cicatrici di un paio di duelli ben in vista sul suo muso ancora imberbe: uno dei tanti bambocci di campagna che vengono ad Achenar a darsi arie da spadaccini, come del resto ero stato io al mio arrivo in città. Ci guardò andar via con aria afflitta, gli occhi vitrei per il troppo vino.
Una lunga corsa nei vicoli e poi...fa quasi male tornare con la mente a quella sera e al profumo di Layka, alla dolcezza dei suoi baci. Solo di recente ho visto una bellezza simile, e lo stesso orgoglio, la stessa sfrontatezza...ma se la gioiosa follia di Layka avvampava come una fiamma, tanto più luminosa quanto più in fretta si consumarono i suoi pochi anni, la luce sfavillante di Kalina è quella di un lago in inverno, e nasconde acque profonde, nere e dense di pericoli mortali.
...ma oltre la riva lo attendeva una gelida lastra, più nera della Notte del Fato, e sotto questa ristagnavano acque torbide, popolate di orrori senza nome...
Molti amarono Layka assai più di quanto non richiedesse la sua professione, ed io tra loro credevo di essere il più appassionato, e che un giorno questo me l'avrebbe vinta per sempre. Mentii per lei, e quando le menzogne non bastarono arrivai persino a farmi ladro, non avendo il denaro per potermi bagnare nel suo splendore quanto il mio cuore desiderava. Qualcuno aveva duellato ed ucciso per lei. Fatalmente qualcuno arrivò ad ucciderla. Si disse che un vecchio sergente della Guardia, tale John Combard, che aveva preso a frequentarla di recente, si fosse offerto di affrancarla a patto che venisse a vivere con lui, e che di fronte ad un rifiuto fosse passato alle minacce, proclamandosi un uomo di mezzi ed influenza, uno che a scontentarlo si finisce molto male. Layka non era tipo da aver paura di qualcosa, e purtroppo aveva una lingua assai tagliente. "Se solo tu fossi la metà dell'uomo che dici di essere, me ne sarei di certo accorta: con te non si sa mai quando hai finito... e ad essere oneste neppure quando hai cominciato!" pare che gli avesse detto, e che poi fosse scoppiata in una risata cristallina delle sue. Quando Jean la Piuma e Tonio Spezzacolli infine irruppero nella stanza, non le era rimasto più un osso intero. Combard continuava a colpirla, i pugni rossi e gonfi, e lo dovettero trascinare via di peso fuori dalla Casa. La cosa andò come doveva andare; le guardie vennero un paio di volte, le testimoni furono sentite, i buttafuori dissero la loro...nessuno fece il nome di John Combard. Un ubriacone che aveva la sfortuna di somigliargli vagamente finì appeso alla forca. Che le puttane si guadagnino da vivere con la lingua, del resto, non è mai stata una novità.
Io però volevo giustizia. Ne parlai con gli altri adepti ma nessuno sembrava avere il benché minimo interesse in una torbida storia di bordelli, e anzi, presero a guardarmi con disprezzo per l'intimità con la disgraziata che tradiva la mia concitazione. Aliest in particolare mi accusò apertamente di essere un ipocrita, che nell'incoraggiare Layka a fare merce di se' per la mia soddisfazione non avevo fatto altro, al pari degli altri che l'avevano visitata, che spingerla di un altro passo verso l'inevitabile rovina. "Fattene un'altra, porta anche a quell'infelice l'argento di tuo padre e vedrai che ti saprà servire altrettanto bene, finché campa." Dovettero separarci in quattro.
Fui convocato da Sir Hannibal. Mi lasciò parlare, mi lasciò implorare, infine mi lasciò gridare, se ne rimase immobile e in silenzio. D'un tratto mi fece cenno di sedere. "Sembra solida questa nostra fortezza, non trovi? Mille uomini potrebbero assieparsi nella Gola del Serpente e tentare un assalto, e riusciremmo a respingerli. Eppure, Bohemond, basta un uomo solo per farla cadere." Sorrise senza allegria. "Quando avevo la tua età ero convinto che noi Paladini di Dytros eravamo i supremi custodi della Giustizia, che nulla avrebbe potuto impedirci di punire qualsiasi malefatta. Chi mai avrebbe osato sbarrarci il passo?
E' triste dirlo, ma quando avevo la tua età la mia testa era piena di stronzate...e tu purtroppo sei molto meno sveglio di quanto fossi io."
"Tu pensi di essere l'unico a vedere il mondo per com'è. Pensi che Sir Alec, che io, che il tuo confratello Aliest e tutti gli altri ci siamo bevuti il cervello a forza di recitare salmi. Te ne sbatti della Regola, alla prima occasione ti vai a rintanare in osteria o tra le sottane di qualche baldracca, convinto di averci fatti tutti fessi. Vuoi sapere la verità? Sono stato io a disporre che nessuno ti fermasse. Sei svelto di piede ed hai la faccia tosta di un mercante di Zarak, ma rimani sempre un mocciosetto presuntuoso...il giorno in cui mi lascerò fregare da uno come te grazie al cielo è ancora da venire."
"Ogni volta ho sperato che tu avessi il buon senso di non tornare. E invece niente, puntualmente alla mattina ti rivedo nella piazza d'armi, e mi verrebbe voglia di prenderti a calci nel culo fino a diventare zoppo. Sai perché finora non l'ho fatto?"
Mai avrei immaginato di sentire certi improperi in bocca ad Hannibal, sempre così compunto e solenne. Rimasi di sasso.
"Perchè questa fortezza non rimane in piedi a suon di preghiere, e perché non basta l'aria a riempire i piatti di chi la presidia. Tu per me significhi una cosa sola, vale a dire il sostegno di tuo padre e soprattutto del suo Barone. "
"Non meriti di stare qui più di quanto John Combard sia all'altezza di far parte della Guardia. Siete entrambi impostori, disonorate le vostre insegne, calpestate ogni giorno il giuramento che avete pronunciato di fronte agli Dei. Con che coraggio mi chiedi di amministrare la Giustizia di Dytros, tu che in nulla sei diverso da lui? E se anche volessi, che prove mi porti della colpevolezza di quell'uomo? Chi ha visto ora è cieco, chi ha parlato è rimasto tutto d'un tratto senza voce. Se andassi da Sir Baldas, mi riderebbe in faccia, malgrado lui sia il primo a volersi sbarazzare di quel balordo. Che fare quel punto? Se istruissimo un'indagine per conto nostro ci screditeremmo agli occhi della Guardia Civica, ci accuserebbero di indebita ingerenza, direbbero che siamo mossi dal desiderio di soppiantarli. Tahar Crahe dal canto suo ci andrebbe a nozze...lui e la sua cricca di scalmanati non aspettano altro che un pretesto per dar la caccia alle fratine in ogni vicolo della città, e si vanterebbero pure di combattere
nel nome del nostro povero Dytros, quella sì che sarebbe da ridere."
"Così, un bel mattino, Lord Martin si affaccerebbe sulla Piazza della Torre ed al suo posto troverebbe un campo di battaglia...proprio un bel servizio avremmo fatto a Sua Eccellenza e alla gente di Achenar. E la sai una cosa? Tutto questo casino non servirebbe a niente, non ci sarebbe comunque alcun processo per John Combard, e lui se ne rimarrebbe esattamente dov'è ora. Quanto alla Fortezza Bianca...va da se che finirebbe sepolta sotto una tale montagna di merda che potremmo metterci tutti a scavare per un mese e comunque non ritroveremmo l'ingresso."
Malgrado il linguaggio da angiporto, non sembrava arrabbiato, solo molto stanco. Si concesse un sospiro e per un attimo distolse lo sguardo da me, poi mi indicò le pareti del suo studio.
"Questa nostre mura sembrano solide, quando in realtà sono fragili come gesso e basterebbe un idiota come te a farle sbriciolare. Non te lo consentirò. Voglio che tu trascorra gli ultimi mesi della tua ferma presso il Sanatorio, il più lontano possibile dai miei occhi. Sarai assegnato alla supervisione di Padre Rostand. Combatte ogni santo giorno con canaglie come te e confido che saprà come tenerti a bada. Fa' pure i tuoi comodi, sbronzati, sputtanati i soldi che ti restano, a nessuno qui importerà, e nemmeno a lui. Ma bada bene a non intralciare il suo lavoro, mai, o quanto è vero Dytros scendo di persona, ti strappo la testa con queste mani e te la caccio su per il culo. Sir Alec è d'accordo con me...fosse stato per lui non avresti mai ricevuto le Nove Benedizioni. Ora vai a raccogliere le tue cose, parti all'alba."
Lei non ebbe mai giustizia, e neppure il misero conforto di una tomba. Fu gettata via come immondizia in una fossa comune. Nel corso delle prime settimane al Sanatorio coltivai ingenui propositi di vendetta, ma come avrebbe mai potuto un ragazzo inesperto come me avere la meglio di una guardia veterana che quasi mai si privava della compagnia dei suoi sgherri? Mi sentivo sciocco e fuori posto, degno compare dello
sbarbatello che Roland aveva ripulito quella notte alla bisca. Di giorno assistevo Rostand, un prete di poche parole, sempre affaccendato a rimettere in sesto feriti ed infermi. Di notte cercavo svago nelle solite taverne, ma non volli più rimetter piede in quella Casa che tanto poco ci aveva messo a rinnegare la mia Layka. Quanto ai Paladini, mi avevano definitivamente lasciato solo, e giurai a me stesso che non avrei mai più avuto niente a che fare con loro...
...ma col tempo finii per mettere un po' di giudizio anch'io.
So che per Brian la faccenda è diversa e assai peggiore. Laddove io non ero che un piantagrane e uno sbandato, Brian stava combattendo la Giusta Battaglia. Non so cosa abbia chiesto, né perché gli sia stato rifiutato, ma immagino che ora lo ripugni l'idea di chiamare confratello chi è rimasto a guardare, chi non ha mosso un dito, quasi che la colpa di costoro ricada così anche su di lui. C'è un peso che nessun Paladino non potrà mai sopportare, ed è la vergogna delle vesti che indossa.
Ho però una speranza, per quanto piccola. Fu molto più facile per me capire, e dover perdonare ciò che torto non fu... ma il sentiero che Brian Sturm deve percorrere è lo stesso che ho calcato anch'io. La Chiesa è una fortezza solo in apparenza impenetrabile, minacciata su ogni lato dall'arroganza, dall'avidità, dalla meschinità degli uomini. Essa è come una nave, squassata dal mare delle umane miserie che in ogni momento minaccia di ingoiarla. A noialtri marinai tocca bestemmiare e dar di remo, ma grande è anche il sacrificio di chi sta al timone, di chi ogni giorno si cruccia a mantenere la rotta tra i cavalloni, di chi ogni notte deve scegliere se soccorrere i naufraghi tra i flutti o far scampare il misero scafo alla furia della tempesta; se esso si spezzasse, nessuno potrebbe più essere salvato.
Brian deve capirlo...è la Chiesa ad avere bisogno di lui, non il contrario. Noi Paladini di Dytros non pratichiamo l'Obbedienza perché certi dell'infallibilità di chi ci guida, né ci interessa; sta al Dio giudicare le mancanze di ciascuno, sia egli soldato o comandante. Noi pratichiamo l'Obbedienza per essere degni delle vesti che portiamo: è' con l'Obbedienza, infatti, che conquistiamo l'Umiltà, poiché solo chi è umile può riconoscere la Verità, e solo chi cammina nella Verità può amministrare la Giustizia degli Dei.
Layka fu la mia prima, alla Casa del Sole Nascente, ed era bella da lasciarti senza fiato. Pareva vivere la sua condizione di reietta con orgogliosa, disperata allegria...ed erano giorni in cui non ambivo a miglior compagnia che quella dei reietti e degli scapestrati. Se c'è un debito che mai avrò modo di ripagare abbastanza a Roland Montaine, fu proprio la notte in cui mi regalò le grazie di quella dea bionda dal sorriso impertinente. "La Giustizia è un'amante crudele, caro il mio Bo, e la Fortuna...quella delle puttane è di sicuro la più disonesta, e non vede l'ora di lasciarci a bocca asciutta quando pensiamo di averla conquistata. Molliamo i dadi di questa bettola fetente, e diamocela a gambe con il nostro gruzzolo, ti porto in un posto dove troverai la donna giusta per dimenticare i tuoi guai." Mi ricordo del ragazzino che Roland aveva finito di spennare, un aspirante biscazziere magro come un chiodo, incapace di apparir truce malgrado le cicatrici di un paio di duelli ben in vista sul suo muso ancora imberbe: uno dei tanti bambocci di campagna che vengono ad Achenar a darsi arie da spadaccini, come del resto ero stato io al mio arrivo in città. Ci guardò andar via con aria afflitta, gli occhi vitrei per il troppo vino.
Una lunga corsa nei vicoli e poi...fa quasi male tornare con la mente a quella sera e al profumo di Layka, alla dolcezza dei suoi baci. Solo di recente ho visto una bellezza simile, e lo stesso orgoglio, la stessa sfrontatezza...ma se la gioiosa follia di Layka avvampava come una fiamma, tanto più luminosa quanto più in fretta si consumarono i suoi pochi anni, la luce sfavillante di Kalina è quella di un lago in inverno, e nasconde acque profonde, nere e dense di pericoli mortali.
...ma oltre la riva lo attendeva una gelida lastra, più nera della Notte del Fato, e sotto questa ristagnavano acque torbide, popolate di orrori senza nome...
Molti amarono Layka assai più di quanto non richiedesse la sua professione, ed io tra loro credevo di essere il più appassionato, e che un giorno questo me l'avrebbe vinta per sempre. Mentii per lei, e quando le menzogne non bastarono arrivai persino a farmi ladro, non avendo il denaro per potermi bagnare nel suo splendore quanto il mio cuore desiderava. Qualcuno aveva duellato ed ucciso per lei. Fatalmente qualcuno arrivò ad ucciderla. Si disse che un vecchio sergente della Guardia, tale John Combard, che aveva preso a frequentarla di recente, si fosse offerto di affrancarla a patto che venisse a vivere con lui, e che di fronte ad un rifiuto fosse passato alle minacce, proclamandosi un uomo di mezzi ed influenza, uno che a scontentarlo si finisce molto male. Layka non era tipo da aver paura di qualcosa, e purtroppo aveva una lingua assai tagliente. "Se solo tu fossi la metà dell'uomo che dici di essere, me ne sarei di certo accorta: con te non si sa mai quando hai finito... e ad essere oneste neppure quando hai cominciato!" pare che gli avesse detto, e che poi fosse scoppiata in una risata cristallina delle sue. Quando Jean la Piuma e Tonio Spezzacolli infine irruppero nella stanza, non le era rimasto più un osso intero. Combard continuava a colpirla, i pugni rossi e gonfi, e lo dovettero trascinare via di peso fuori dalla Casa. La cosa andò come doveva andare; le guardie vennero un paio di volte, le testimoni furono sentite, i buttafuori dissero la loro...nessuno fece il nome di John Combard. Un ubriacone che aveva la sfortuna di somigliargli vagamente finì appeso alla forca. Che le puttane si guadagnino da vivere con la lingua, del resto, non è mai stata una novità.
Io però volevo giustizia. Ne parlai con gli altri adepti ma nessuno sembrava avere il benché minimo interesse in una torbida storia di bordelli, e anzi, presero a guardarmi con disprezzo per l'intimità con la disgraziata che tradiva la mia concitazione. Aliest in particolare mi accusò apertamente di essere un ipocrita, che nell'incoraggiare Layka a fare merce di se' per la mia soddisfazione non avevo fatto altro, al pari degli altri che l'avevano visitata, che spingerla di un altro passo verso l'inevitabile rovina. "Fattene un'altra, porta anche a quell'infelice l'argento di tuo padre e vedrai che ti saprà servire altrettanto bene, finché campa." Dovettero separarci in quattro.
Fui convocato da Sir Hannibal. Mi lasciò parlare, mi lasciò implorare, infine mi lasciò gridare, se ne rimase immobile e in silenzio. D'un tratto mi fece cenno di sedere. "Sembra solida questa nostra fortezza, non trovi? Mille uomini potrebbero assieparsi nella Gola del Serpente e tentare un assalto, e riusciremmo a respingerli. Eppure, Bohemond, basta un uomo solo per farla cadere." Sorrise senza allegria. "Quando avevo la tua età ero convinto che noi Paladini di Dytros eravamo i supremi custodi della Giustizia, che nulla avrebbe potuto impedirci di punire qualsiasi malefatta. Chi mai avrebbe osato sbarrarci il passo?
E' triste dirlo, ma quando avevo la tua età la mia testa era piena di stronzate...e tu purtroppo sei molto meno sveglio di quanto fossi io."
"Tu pensi di essere l'unico a vedere il mondo per com'è. Pensi che Sir Alec, che io, che il tuo confratello Aliest e tutti gli altri ci siamo bevuti il cervello a forza di recitare salmi. Te ne sbatti della Regola, alla prima occasione ti vai a rintanare in osteria o tra le sottane di qualche baldracca, convinto di averci fatti tutti fessi. Vuoi sapere la verità? Sono stato io a disporre che nessuno ti fermasse. Sei svelto di piede ed hai la faccia tosta di un mercante di Zarak, ma rimani sempre un mocciosetto presuntuoso...il giorno in cui mi lascerò fregare da uno come te grazie al cielo è ancora da venire."
"Ogni volta ho sperato che tu avessi il buon senso di non tornare. E invece niente, puntualmente alla mattina ti rivedo nella piazza d'armi, e mi verrebbe voglia di prenderti a calci nel culo fino a diventare zoppo. Sai perché finora non l'ho fatto?"
Mai avrei immaginato di sentire certi improperi in bocca ad Hannibal, sempre così compunto e solenne. Rimasi di sasso.
"Perchè questa fortezza non rimane in piedi a suon di preghiere, e perché non basta l'aria a riempire i piatti di chi la presidia. Tu per me significhi una cosa sola, vale a dire il sostegno di tuo padre e soprattutto del suo Barone. "
"Non meriti di stare qui più di quanto John Combard sia all'altezza di far parte della Guardia. Siete entrambi impostori, disonorate le vostre insegne, calpestate ogni giorno il giuramento che avete pronunciato di fronte agli Dei. Con che coraggio mi chiedi di amministrare la Giustizia di Dytros, tu che in nulla sei diverso da lui? E se anche volessi, che prove mi porti della colpevolezza di quell'uomo? Chi ha visto ora è cieco, chi ha parlato è rimasto tutto d'un tratto senza voce. Se andassi da Sir Baldas, mi riderebbe in faccia, malgrado lui sia il primo a volersi sbarazzare di quel balordo. Che fare quel punto? Se istruissimo un'indagine per conto nostro ci screditeremmo agli occhi della Guardia Civica, ci accuserebbero di indebita ingerenza, direbbero che siamo mossi dal desiderio di soppiantarli. Tahar Crahe dal canto suo ci andrebbe a nozze...lui e la sua cricca di scalmanati non aspettano altro che un pretesto per dar la caccia alle fratine in ogni vicolo della città, e si vanterebbero pure di combattere
nel nome del nostro povero Dytros, quella sì che sarebbe da ridere."
"Così, un bel mattino, Lord Martin si affaccerebbe sulla Piazza della Torre ed al suo posto troverebbe un campo di battaglia...proprio un bel servizio avremmo fatto a Sua Eccellenza e alla gente di Achenar. E la sai una cosa? Tutto questo casino non servirebbe a niente, non ci sarebbe comunque alcun processo per John Combard, e lui se ne rimarrebbe esattamente dov'è ora. Quanto alla Fortezza Bianca...va da se che finirebbe sepolta sotto una tale montagna di merda che potremmo metterci tutti a scavare per un mese e comunque non ritroveremmo l'ingresso."
Malgrado il linguaggio da angiporto, non sembrava arrabbiato, solo molto stanco. Si concesse un sospiro e per un attimo distolse lo sguardo da me, poi mi indicò le pareti del suo studio.
"Questa nostre mura sembrano solide, quando in realtà sono fragili come gesso e basterebbe un idiota come te a farle sbriciolare. Non te lo consentirò. Voglio che tu trascorra gli ultimi mesi della tua ferma presso il Sanatorio, il più lontano possibile dai miei occhi. Sarai assegnato alla supervisione di Padre Rostand. Combatte ogni santo giorno con canaglie come te e confido che saprà come tenerti a bada. Fa' pure i tuoi comodi, sbronzati, sputtanati i soldi che ti restano, a nessuno qui importerà, e nemmeno a lui. Ma bada bene a non intralciare il suo lavoro, mai, o quanto è vero Dytros scendo di persona, ti strappo la testa con queste mani e te la caccio su per il culo. Sir Alec è d'accordo con me...fosse stato per lui non avresti mai ricevuto le Nove Benedizioni. Ora vai a raccogliere le tue cose, parti all'alba."
Lei non ebbe mai giustizia, e neppure il misero conforto di una tomba. Fu gettata via come immondizia in una fossa comune. Nel corso delle prime settimane al Sanatorio coltivai ingenui propositi di vendetta, ma come avrebbe mai potuto un ragazzo inesperto come me avere la meglio di una guardia veterana che quasi mai si privava della compagnia dei suoi sgherri? Mi sentivo sciocco e fuori posto, degno compare dello
sbarbatello che Roland aveva ripulito quella notte alla bisca. Di giorno assistevo Rostand, un prete di poche parole, sempre affaccendato a rimettere in sesto feriti ed infermi. Di notte cercavo svago nelle solite taverne, ma non volli più rimetter piede in quella Casa che tanto poco ci aveva messo a rinnegare la mia Layka. Quanto ai Paladini, mi avevano definitivamente lasciato solo, e giurai a me stesso che non avrei mai più avuto niente a che fare con loro...
...ma col tempo finii per mettere un po' di giudizio anch'io.
So che per Brian la faccenda è diversa e assai peggiore. Laddove io non ero che un piantagrane e uno sbandato, Brian stava combattendo la Giusta Battaglia. Non so cosa abbia chiesto, né perché gli sia stato rifiutato, ma immagino che ora lo ripugni l'idea di chiamare confratello chi è rimasto a guardare, chi non ha mosso un dito, quasi che la colpa di costoro ricada così anche su di lui. C'è un peso che nessun Paladino non potrà mai sopportare, ed è la vergogna delle vesti che indossa.
Ho però una speranza, per quanto piccola. Fu molto più facile per me capire, e dover perdonare ciò che torto non fu... ma il sentiero che Brian Sturm deve percorrere è lo stesso che ho calcato anch'io. La Chiesa è una fortezza solo in apparenza impenetrabile, minacciata su ogni lato dall'arroganza, dall'avidità, dalla meschinità degli uomini. Essa è come una nave, squassata dal mare delle umane miserie che in ogni momento minaccia di ingoiarla. A noialtri marinai tocca bestemmiare e dar di remo, ma grande è anche il sacrificio di chi sta al timone, di chi ogni giorno si cruccia a mantenere la rotta tra i cavalloni, di chi ogni notte deve scegliere se soccorrere i naufraghi tra i flutti o far scampare il misero scafo alla furia della tempesta; se esso si spezzasse, nessuno potrebbe più essere salvato.
Brian deve capirlo...è la Chiesa ad avere bisogno di lui, non il contrario. Noi Paladini di Dytros non pratichiamo l'Obbedienza perché certi dell'infallibilità di chi ci guida, né ci interessa; sta al Dio giudicare le mancanze di ciascuno, sia egli soldato o comandante. Noi pratichiamo l'Obbedienza per essere degni delle vesti che portiamo: è' con l'Obbedienza, infatti, che conquistiamo l'Umiltà, poiché solo chi è umile può riconoscere la Verità, e solo chi cammina nella Verità può amministrare la Giustizia degli Dei.
23 Agosto 516
Giovedì 10 Ottobre 2013
La Prima delle Estati
"Quando il primo uomo giunse nel mondo vi trovò una desolazione senza fine, sprofondata nella tenebra più fitta. La terra era sterile, stritolata dall'implacabile morsa del ghiaccio, e i miseri arbusti che spuntavano da quella coltre potevano dare ben poco frutto, e attorno ad essi si rintanavano bestie fameliche. Egli allora fuggì verso il mare, ma oltre la riva lo attendeva una gelida lastra, più nera della Notte del Fato, e sotto questa ristagnavano acque torbide, popolate di orrori senza nome. Sgomento, sollevò gli occhi al cielo come ad implorare una qualche misericordia, ma sopra di lui non vi era che un deserto di piombo, vasto e muto. Così come la terra infeconda e i suoi sterpi e le sue fiere, così come il mare infido e le legioni di mostri nei suoi abissi, così come il cielo maligno e il suo cupo silenzio, il primo uomo apparteneva al Signore della Vita e della Morte, Shub-Niggurath, e gli appartenne la sua discendenza, per innumerevoli generazioni."
Sono passati sei anni da quella mattina d'estate, eppure mi ricordo bene come la voce di Rostand, dapprima possente, si era fatta man mano più fioca, quasi che avesse timore a proseguire nel racconto delle sventurate origini dell'uomo. Sussurrò appena l'empio nome del Signore dei Corvi, e quando ebbe concluso sprofondò in un silenzio accigliato.
Ricordo che sbuffai, pensando all'infinità di sermoni sinistri e barbosi che mi ancora mi aspettavano al Sanatorio, e maledissi tra me e me Ser Dolor per avermi inflitto questo inutile ultimo supplizio. Mio padre se ne sarebbe fatto una ragione, i miei giorni alla Fortezza erano contati in ogni caso.
Poi il prete riprese a parlare, e questa volta con tanta veemenza da farmi sobbalzare.
"Infine giunse l'Alba, e in essa Pyros avvampò, ed Egli diede battaglia all'Oscuro, e lo scaraventò lontano, nelle più profonde viscere del mondo là dove tutto è freddo e morto. Per grazia Sua la terra divenne ferace e le bestie mansuete, i mari limpidi e pescosi. Il cielo sfolgorò della gloria del Signore del Fuoco, ed ovunque risuonò il canto degli uccelli. Tutto ora apparteneva all'unico vero Signore della Vita, e similmente gli appartenne l'uomo, che pure era nato nella Tenebra."
Solo questo mi disse, prima di congedarmi.
E' buffo ripensare alla Prima delle Estati in un momento come questo. Larissa sembra fissarmi, il volto pietrificato in una smorfia di terrore. Aveva questo sguardo il primo uomo, quando vide la nera voragine del cielo incombere su di sé?
Ripulisco il sangue dalla lama con un lembo della sua veste nera. "Come l'Oscuro, pur sepolto nel più remoto degli antri, continua a cospirare a danno di ogni vivente, così la malvagità dei primi uomini continua a covare silenziosa nel cuore di ciascuno di noi, come una brace mai del tutto spenta e che brama di divampare ancora. Non c'è speranza, nè misericordia, per chi ha scelto di lasciarsi consumare da quelle fiamme impure." Così mesi più tardi avrebbe risposto Rostand alle mie suppliche, rifiutando ancora ed ancora di soccorrere il mio compagno moribondo.
Non c'è speranza, nè misericordia. Provo a ripeterlo a me stesso, eppure non riesco a smettere di guardare quel corpo riverso. Cosa ti ha spinto a voltare le spalle alla tua gente, come è riuscita a sedurti la follia sanguinaria di questi...rifiuti?
Engelhaft avrebbe lottato per condurla ad un sincero pentimento. Avrebbe insistito, e predicato, e invitato alla preghiera, ed infine raccomandato la sua anima alla clemenza degli Dei. Io non le ho concesso neppure di farfugliare un "pietà di me". Si illude che ci sia rimasto ancora qualcosa da salvare in questa terra maledetta che rivomita i suoi morti affinché divorino i vivi. Con quale disperazione ripeteva le invocazioni al cimitero di Gshaid, e con che aria afflitta in ultimo ha desistito, rifiutandosi di accettare l'ineluttabilità di quella profanazione e arrivando quasi a dubitare del favore degli Dei!
Non capisce che gli Dei ci arridono, che Ilmatar ha guidato la freccia con cui Vodan ha abbattuto Pale Schatten, che Dytros ha sorretto il suo braccio ed il mio nel fare giustizia di Osten Vandervoort. Noi siamo i primi, e la nostra opera si deve compiere con l'acciaio, non con l'incenso. Altri verranno dopo di noi, a dispensare speranza e misericordia.
E allora perché non posso distorgliere lo sguardo dai resti straziati di Larissa? Perché sento la stessa pena di allora, e rivedo Roland Montaine sulla barella, pallido come uno spettro, e spero con tutto me stesso che il volto severo di Padre Rostand si sciolga alle mie implorazioni?
Sono passati sei anni da quella mattina d'estate, eppure mi ricordo bene come la voce di Rostand, dapprima possente, si era fatta man mano più fioca, quasi che avesse timore a proseguire nel racconto delle sventurate origini dell'uomo. Sussurrò appena l'empio nome del Signore dei Corvi, e quando ebbe concluso sprofondò in un silenzio accigliato.
Ricordo che sbuffai, pensando all'infinità di sermoni sinistri e barbosi che mi ancora mi aspettavano al Sanatorio, e maledissi tra me e me Ser Dolor per avermi inflitto questo inutile ultimo supplizio. Mio padre se ne sarebbe fatto una ragione, i miei giorni alla Fortezza erano contati in ogni caso.
Poi il prete riprese a parlare, e questa volta con tanta veemenza da farmi sobbalzare.
"Infine giunse l'Alba, e in essa Pyros avvampò, ed Egli diede battaglia all'Oscuro, e lo scaraventò lontano, nelle più profonde viscere del mondo là dove tutto è freddo e morto. Per grazia Sua la terra divenne ferace e le bestie mansuete, i mari limpidi e pescosi. Il cielo sfolgorò della gloria del Signore del Fuoco, ed ovunque risuonò il canto degli uccelli. Tutto ora apparteneva all'unico vero Signore della Vita, e similmente gli appartenne l'uomo, che pure era nato nella Tenebra."
Solo questo mi disse, prima di congedarmi.
E' buffo ripensare alla Prima delle Estati in un momento come questo. Larissa sembra fissarmi, il volto pietrificato in una smorfia di terrore. Aveva questo sguardo il primo uomo, quando vide la nera voragine del cielo incombere su di sé?
Ripulisco il sangue dalla lama con un lembo della sua veste nera. "Come l'Oscuro, pur sepolto nel più remoto degli antri, continua a cospirare a danno di ogni vivente, così la malvagità dei primi uomini continua a covare silenziosa nel cuore di ciascuno di noi, come una brace mai del tutto spenta e che brama di divampare ancora. Non c'è speranza, nè misericordia, per chi ha scelto di lasciarsi consumare da quelle fiamme impure." Così mesi più tardi avrebbe risposto Rostand alle mie suppliche, rifiutando ancora ed ancora di soccorrere il mio compagno moribondo.
Non c'è speranza, nè misericordia. Provo a ripeterlo a me stesso, eppure non riesco a smettere di guardare quel corpo riverso. Cosa ti ha spinto a voltare le spalle alla tua gente, come è riuscita a sedurti la follia sanguinaria di questi...rifiuti?
Engelhaft avrebbe lottato per condurla ad un sincero pentimento. Avrebbe insistito, e predicato, e invitato alla preghiera, ed infine raccomandato la sua anima alla clemenza degli Dei. Io non le ho concesso neppure di farfugliare un "pietà di me". Si illude che ci sia rimasto ancora qualcosa da salvare in questa terra maledetta che rivomita i suoi morti affinché divorino i vivi. Con quale disperazione ripeteva le invocazioni al cimitero di Gshaid, e con che aria afflitta in ultimo ha desistito, rifiutandosi di accettare l'ineluttabilità di quella profanazione e arrivando quasi a dubitare del favore degli Dei!
Non capisce che gli Dei ci arridono, che Ilmatar ha guidato la freccia con cui Vodan ha abbattuto Pale Schatten, che Dytros ha sorretto il suo braccio ed il mio nel fare giustizia di Osten Vandervoort. Noi siamo i primi, e la nostra opera si deve compiere con l'acciaio, non con l'incenso. Altri verranno dopo di noi, a dispensare speranza e misericordia.
E allora perché non posso distorgliere lo sguardo dai resti straziati di Larissa? Perché sento la stessa pena di allora, e rivedo Roland Montaine sulla barella, pallido come uno spettro, e spero con tutto me stesso che il volto severo di Padre Rostand si sciolga alle mie implorazioni?
2 Agosto 516
Giovedì 18 Aprile 2013
La piccola guerra
Si combatte una piccola guerra qui alle torri occidentali. Un pugno di soldati, di certo non scelti per la loro astuzia, si contrappone a bande di nordri più nutrite sì, ma ugualmente inconcludenti, che preferiscono scannarsi vicendevolmente piuttosto che dar loro battaglia. Immagino che siano gli ultimi sbandati di un'armata un tempo possente, infiacchiti dalla fame e impigriti dall'ozio, poiché finora non abbiamo avuto alcuna difficoltà a farne strage malgrado l'insipienza di chi ci comanda. Non c'è gran gloria nel spedire all'altro mondo questi disgraziati, che le han buscate persino dai villici di Trent...
Ho preso parte alla più assurda e peggio pianificata missione di salvataggio che probabilmente si è vista sul continente negli ultimi tre secoli. Fino a ieri non dovevamo assolutamente correre rischi inutili, visto che dopo il capolavoro della Torre Due restano una dozzina scarsa di soldati di Uryen, noi compresi, in questa landa... ma oggi no, oggi si va in cinque contro cinquanta, in pieno territorio nemico. Unico vantaggio un prigioniero da scambiare... se non fosse che ci siamo lasciati attirare in mezzo ai nordri, mettendoci bovinamente alla loro mercè e di fatto diventando noi gli ostaggi. Risultato? Successo pieno, oltre ogni più rosea aspettativa, complici un vecchio capo scorreria decisamente stanco di vivere ed il suo successore, rivelatosi di un'arrendevolezza sconcertante. Gunnvor il Servizievole... sospetto che si sarebbe fatto montare come una cagna, se Wotan glielo avesse chiesto. Meglio così, una giovane innocente potrà riabbracciare i suoi cari e di questo non posso che rendere grazie agli Dei.
Ma proprio non riesco a capirla, questa piccola guerra che nessuno pare di voler vincere davvero: non capisco i cacciatori di taglie dilettanti, le miniere disertate che faranno sì e no una cariolata di carbone a settimana, le torri mal presidiate che una manciata di nordri può espugnare senza perdite. Non capisco il Caporale Klaus, che considera i nordri alla stregua di animali ma al tempo stesso è incrollabilmente certo della loro ospitalità e ancor meno capisco i nordri stessi, che questa ospitalità ci accordano, e che ci restituiscono Altea ricoperta di gioielli e in groppa ad un bel cavallo.
Non capisco, ma in fondo non posso che adeguarmi.
Ho preso parte alla più assurda e peggio pianificata missione di salvataggio che probabilmente si è vista sul continente negli ultimi tre secoli. Fino a ieri non dovevamo assolutamente correre rischi inutili, visto che dopo il capolavoro della Torre Due restano una dozzina scarsa di soldati di Uryen, noi compresi, in questa landa... ma oggi no, oggi si va in cinque contro cinquanta, in pieno territorio nemico. Unico vantaggio un prigioniero da scambiare... se non fosse che ci siamo lasciati attirare in mezzo ai nordri, mettendoci bovinamente alla loro mercè e di fatto diventando noi gli ostaggi. Risultato? Successo pieno, oltre ogni più rosea aspettativa, complici un vecchio capo scorreria decisamente stanco di vivere ed il suo successore, rivelatosi di un'arrendevolezza sconcertante. Gunnvor il Servizievole... sospetto che si sarebbe fatto montare come una cagna, se Wotan glielo avesse chiesto. Meglio così, una giovane innocente potrà riabbracciare i suoi cari e di questo non posso che rendere grazie agli Dei.
Ma proprio non riesco a capirla, questa piccola guerra che nessuno pare di voler vincere davvero: non capisco i cacciatori di taglie dilettanti, le miniere disertate che faranno sì e no una cariolata di carbone a settimana, le torri mal presidiate che una manciata di nordri può espugnare senza perdite. Non capisco il Caporale Klaus, che considera i nordri alla stregua di animali ma al tempo stesso è incrollabilmente certo della loro ospitalità e ancor meno capisco i nordri stessi, che questa ospitalità ci accordano, e che ci restituiscono Altea ricoperta di gioielli e in groppa ad un bel cavallo.
Non capisco, ma in fondo non posso che adeguarmi.
20 Maggio 516
Martedì 11 Dicembre 2012
Rapporto a Sir Valdemar Stoltz, Capitano del Tempio del Valore Inesausto
Data ad Uryen, il 20 Maggio dell'anno 516.
Sir Valdemar,
La gravità delle circostanze mi impone di non dilungarmi in convenevoli. Vi riferirò con questa mia della situazione del Corno del Tramonto e dell’Altopiano del Tuono; del diffondersi del Morbo dei Risvegliati; della stato della Chiesa.
In febbraio ho raggiunto Uryen, dove mi sono arruolato nell’Esercito come ausiliario irregolare. L’occupazione militare ha riportato un po’ di ordine in una terra che non si è affatto ripresa dalle devastazioni della Guerra delle Lande, ma tra gli stessi soldati del Burgravio serpeggiano corruzione e malcostume. Il porto di Uryen in particolare è un gorgo di prostituzione e ruberie, con ufficiali che gozzovigliano con gli aiuti destinati ai profughi dei Campi di Sventura. Alcuni di questi stessi ufficiali non si fanno scrupolo di avviare i prigionieri di guerra, ridotti in schiavitù, ad arene improvvisate dove hanno luogo spettacoli immondi e sanguinosi.
Nelle campagne dell’Anterlig la situazione è migliore, ma non è infrequente imbattersi in sbandati e disertori che si sostentano con il banditismo a danno di viandanti e contadini. La minaccia Nordra poi è sempre presente, e in particolare le Falesie degli Orchi sono tutt’ora infestate da questi barbari predoni.
Ciò che però più mi preme riferirvi è il propagarsi inarrestabile, lungo entrambe le sponde del Traunne, di una spaventosa maledizione. Qui la chiamano in molti modi: Rabbia Pestilente, Morte che Cammina, Morbo dei Risvegliati. Sono stato testimone diretto dei suoi effetti, e quanto sto per raccontarvi non è semplicemente il frutto di dicerie e superstizioni, ma una verità che ho sperimentato in prima persona. Vi prego di credere alle mie parole, poiché è di fondamentale importanza che la Chiesa a sud dell’Halsbandseel conosca la natura e l’entità di questo mortale pericolo.
Chi cade vittima del Morbo è consumato da febbri violentissime che non lasciano scampo alcuno. La morte sopraggiunge inesorabile, sempre, e in breve tempo le spoglie dei caduti si rialzano, animate da volontà diabolica, e si scagliano contro i vivi. Vi assicuro che si tratta di veri e propri cadaveri, spesso orribilmente mutilati, talvolta decomposti fino a far mostra delle ossa, e che è assai difficoltoso abbatterli. L’unico modo che abbiamo sperimentato con successo è spiccare o fracassare il cranio di questi mostri, che solo a quel punto tornano inerti. Ne ho affrontati molti in questi mesi, e con immutata riluttanza: non riesco ancora ad abituarmi al loro aspetto ripugnante, né al tanfo di putrefazione che si portano dietro, ma soprattutto so che non posso permettermi distrazione alcuna, poiché un singolo morso di questi abomini, non importa quanto superficiale, è sufficiente a trasmettere l'infezione.
Servendo sotto il comando del Capitano Marvin Barun ho ricevuto incarico di investigare sul diffondersi di questo Male, e vi riassumo quanto ho appreso. Il Capitano tiene in gran conto un medico bensoniano, qui noto come Luger, che appare anche assai esperto di arti occulte, e che è di fatto un prigioniero. Questo Luger ci ha mostrato come a diffondere il Morbo contribuiscano delle minuscole larve nere, presenti nella bocca e talvolta negli artigli dei Risvegliati, che vanno ad infestare le ferite che essi infliggono. Egli ha avuto modo di appurare che le larve stesse siano tecnicamente morte sebbene animate. Altre creature, simili a gigantesche lumache e che pare abitino le profondità dei mari, veicolerebbero a loro volta il Morbo contagiando non già i vivi, ma i luoghi in cui si insediano. In particolare so per certo che agenti della Tenebra propiziano il diffondersi di questa orrenda piaga profanando antichi siti funebri e religiosi, come ad esempio il Cimitero di Cantor e le rovine del Bosco dei Mirtilli nell'Anterlig, di modo che questi si popolino delle viscide bestie. E' possibile riconsacrare i luoghi profanati, mondandoli dal Male e rendendoli di nuovo grati alla Luce, arginando così l'avanzare della Morte che Cammina...al solito, quello che affermo ho avuto modo di esperirlo con i miei stessi occhi.
Non tutti i Risvegliati sono uguali. I più sono lenti, sgraziati, stolidi, indeboliti dal pietoso stato delle loro carcasse. Alcuni però appaiono assai meglio conservati, e sono rapidi e infidi. Ce ne sono poi altri che possono dirsi pienamente tornati ad una vita innaturale, e questi sono certamente da considerarsi i più pericolosi, se è vero che possano addirittura essere capaci di poteri stregoneschi. Ve ne sono infine di mostruosamente grandi e forti, che potrebbero in qualche modo guidare le abiezioni a loro inferiori, poiché esser in loro presenza si dimostrano più consapevoli e astute. L'uccisione di questi “signori” tra i Risvegliati è sufficiente per paralizzare le creature soggette alla loro potestà e facilitarne dunque l'eliminazione. In tutti i casi non è sufficiente avere ragione di queste creature: le larve che brulicano dentro di esse possono infatti propagarsi nuovamente, ed è quindi necessario ardere i corpi finché non ne rimane che cenere.
Su indicazione di Luger ho preso contatti con un altro studioso, a piede libero, che suggerisce come la Morte che Cammina non vada ritenuta una malattia, quanto piuttosto una possessione demoniaca. A scatenare il flagello ci sarebbero forze antiche e innominabili, ridestate dagli abissi marini nel corso dell'assedio di Feith con la complicità di uno scriteriato praticante di magia oscura. Mi è stata fatta menzione di una cerchia di stregoni assai potenti, detti i Sette, che mentre leggete queste righe stanno conducendo impunemente le loro ricerche nella porzione nord-occidentale del Ducato di Feith, là dove il Morbo avrebbe avuto origine, approfittando del caos in cui sono sprofondate quelle terre. Non è chiaro se essi intendano arginare o favorire l'espandersi del Morbo, ma dobbiamo aspettarci il peggio. E, ahimè, non è tutto.
Secondo questa inquietante ricostruzione, su cui mi riprometto di concentrare le mie future investigazioni, le potenze diaboliche che si celano dietro alla Morte che Cammina sarebbero inoltre riuscite ad irretire taluni feudatari irredentisti, votatisi alla causa di un “redivivo” Paul Sallivan. Comprendo come sia per voi impossibile prestare fede ad un simile racconto, ma quando avrete letto del Signore di Ghaan e della sua guerra contro i Dominus lealisti dell'Altopiano del Tuono, confido che vorrete prendere in dovuta considerazione quanto vi sto riportando.
Sono stato inviato ad Angvard, oltre la sponda del Traunne, ultimo baluardo dei sudditi del Duca legittimo rimasto nell'Altopiano. La cittadella è assediata dall'esercito di Ghaan, e non solo da esso. Tra le fila degli irredentisti ci sono infatti adoratori della Tenebra che non temono affatto i Risvegliati, ma anzi li impiegano come arma di guerra. Come vi anticipavo, il Signore di Ghaan è a capo di questa congrega di blasfemi, e per sua mano la Sacra dei Difensori dello Scudo dell'Eroe è stata devastata. Yara Raleigh, unica superstite e ad oggi Guardiano del Tempio, ha vergato un resoconto dettagliato di ciò che è accaduto, e vi imploro di leggere quanto ella riporta con la massima sollecitudine. Questa nostra giovane consorella è l'unica candela rimasta a squarciare l'oscurità che opprime quella terra, e prego Dytros che vogliate far tutto ciò che in vostro potere affinchè non cessi di brillare. Non ho notizia di altri uomini di Chiesa scampati, in terra di Feith.
Vorrei potervi dire che qui nell'Anterlig i servitori della Luce abbiano avuto maggior fortuna. Diversi sacerdoti sono stati assassinati, da ultimo Padre Malcor di Dalian circa un mese fa. E' solo in virtù del suo lascito che siamo riusciti a bonificare una parte di Cantor, come vi ho accennato sopra, e sospetto che la mano che lo ha assassinato intendeva proprio impedirgli di portare a compimento questa impresa. Per il resto, il Priore di Dossler Padre Valon Treize, e la Sorella Custode di Dossler sono gli ultimi ecclesiastici di una certa influenza rimasti. Solo il primo posso dire di aver conosciuto, e mi è parso un degno servitore della Chiesa. Egli sapeva di me e della missione che mi avete affidato, presumo per vostra indicazione, ed è per suo tramite che questa missiva vi sarà consegnata. Vi è poi un altro sacerdote, Padre Engelhaft, che come me è giunto ad Uryen dal Ducato di Surok, e la cui missione non è poi così diversa dalla mia. Ho ritenuto, trovandomi ad un passo dalla morte, di rivelargli la mia identità e la natura del mio incarico, nella speranza che egli potesse scrivere a Voi queste righe.
Dytros ha deciso altrimenti, e fintanto che Egli riterrà di conservarmi in vita continuerò a narrarvi delle nefandezze che qui si consumano... e di quei coraggiosi che, rimasti soli innanzi alle fauci spalancate dell'Abisso, si votano alla morte pur di non consentire che esso divori ogni cosa.
Pregate per loro,
Bohemond D'Arlac
Sir Valdemar,
La gravità delle circostanze mi impone di non dilungarmi in convenevoli. Vi riferirò con questa mia della situazione del Corno del Tramonto e dell’Altopiano del Tuono; del diffondersi del Morbo dei Risvegliati; della stato della Chiesa.
In febbraio ho raggiunto Uryen, dove mi sono arruolato nell’Esercito come ausiliario irregolare. L’occupazione militare ha riportato un po’ di ordine in una terra che non si è affatto ripresa dalle devastazioni della Guerra delle Lande, ma tra gli stessi soldati del Burgravio serpeggiano corruzione e malcostume. Il porto di Uryen in particolare è un gorgo di prostituzione e ruberie, con ufficiali che gozzovigliano con gli aiuti destinati ai profughi dei Campi di Sventura. Alcuni di questi stessi ufficiali non si fanno scrupolo di avviare i prigionieri di guerra, ridotti in schiavitù, ad arene improvvisate dove hanno luogo spettacoli immondi e sanguinosi.
Nelle campagne dell’Anterlig la situazione è migliore, ma non è infrequente imbattersi in sbandati e disertori che si sostentano con il banditismo a danno di viandanti e contadini. La minaccia Nordra poi è sempre presente, e in particolare le Falesie degli Orchi sono tutt’ora infestate da questi barbari predoni.
Ciò che però più mi preme riferirvi è il propagarsi inarrestabile, lungo entrambe le sponde del Traunne, di una spaventosa maledizione. Qui la chiamano in molti modi: Rabbia Pestilente, Morte che Cammina, Morbo dei Risvegliati. Sono stato testimone diretto dei suoi effetti, e quanto sto per raccontarvi non è semplicemente il frutto di dicerie e superstizioni, ma una verità che ho sperimentato in prima persona. Vi prego di credere alle mie parole, poiché è di fondamentale importanza che la Chiesa a sud dell’Halsbandseel conosca la natura e l’entità di questo mortale pericolo.
Chi cade vittima del Morbo è consumato da febbri violentissime che non lasciano scampo alcuno. La morte sopraggiunge inesorabile, sempre, e in breve tempo le spoglie dei caduti si rialzano, animate da volontà diabolica, e si scagliano contro i vivi. Vi assicuro che si tratta di veri e propri cadaveri, spesso orribilmente mutilati, talvolta decomposti fino a far mostra delle ossa, e che è assai difficoltoso abbatterli. L’unico modo che abbiamo sperimentato con successo è spiccare o fracassare il cranio di questi mostri, che solo a quel punto tornano inerti. Ne ho affrontati molti in questi mesi, e con immutata riluttanza: non riesco ancora ad abituarmi al loro aspetto ripugnante, né al tanfo di putrefazione che si portano dietro, ma soprattutto so che non posso permettermi distrazione alcuna, poiché un singolo morso di questi abomini, non importa quanto superficiale, è sufficiente a trasmettere l'infezione.
Servendo sotto il comando del Capitano Marvin Barun ho ricevuto incarico di investigare sul diffondersi di questo Male, e vi riassumo quanto ho appreso. Il Capitano tiene in gran conto un medico bensoniano, qui noto come Luger, che appare anche assai esperto di arti occulte, e che è di fatto un prigioniero. Questo Luger ci ha mostrato come a diffondere il Morbo contribuiscano delle minuscole larve nere, presenti nella bocca e talvolta negli artigli dei Risvegliati, che vanno ad infestare le ferite che essi infliggono. Egli ha avuto modo di appurare che le larve stesse siano tecnicamente morte sebbene animate. Altre creature, simili a gigantesche lumache e che pare abitino le profondità dei mari, veicolerebbero a loro volta il Morbo contagiando non già i vivi, ma i luoghi in cui si insediano. In particolare so per certo che agenti della Tenebra propiziano il diffondersi di questa orrenda piaga profanando antichi siti funebri e religiosi, come ad esempio il Cimitero di Cantor e le rovine del Bosco dei Mirtilli nell'Anterlig, di modo che questi si popolino delle viscide bestie. E' possibile riconsacrare i luoghi profanati, mondandoli dal Male e rendendoli di nuovo grati alla Luce, arginando così l'avanzare della Morte che Cammina...al solito, quello che affermo ho avuto modo di esperirlo con i miei stessi occhi.
Non tutti i Risvegliati sono uguali. I più sono lenti, sgraziati, stolidi, indeboliti dal pietoso stato delle loro carcasse. Alcuni però appaiono assai meglio conservati, e sono rapidi e infidi. Ce ne sono poi altri che possono dirsi pienamente tornati ad una vita innaturale, e questi sono certamente da considerarsi i più pericolosi, se è vero che possano addirittura essere capaci di poteri stregoneschi. Ve ne sono infine di mostruosamente grandi e forti, che potrebbero in qualche modo guidare le abiezioni a loro inferiori, poiché esser in loro presenza si dimostrano più consapevoli e astute. L'uccisione di questi “signori” tra i Risvegliati è sufficiente per paralizzare le creature soggette alla loro potestà e facilitarne dunque l'eliminazione. In tutti i casi non è sufficiente avere ragione di queste creature: le larve che brulicano dentro di esse possono infatti propagarsi nuovamente, ed è quindi necessario ardere i corpi finché non ne rimane che cenere.
Su indicazione di Luger ho preso contatti con un altro studioso, a piede libero, che suggerisce come la Morte che Cammina non vada ritenuta una malattia, quanto piuttosto una possessione demoniaca. A scatenare il flagello ci sarebbero forze antiche e innominabili, ridestate dagli abissi marini nel corso dell'assedio di Feith con la complicità di uno scriteriato praticante di magia oscura. Mi è stata fatta menzione di una cerchia di stregoni assai potenti, detti i Sette, che mentre leggete queste righe stanno conducendo impunemente le loro ricerche nella porzione nord-occidentale del Ducato di Feith, là dove il Morbo avrebbe avuto origine, approfittando del caos in cui sono sprofondate quelle terre. Non è chiaro se essi intendano arginare o favorire l'espandersi del Morbo, ma dobbiamo aspettarci il peggio. E, ahimè, non è tutto.
Secondo questa inquietante ricostruzione, su cui mi riprometto di concentrare le mie future investigazioni, le potenze diaboliche che si celano dietro alla Morte che Cammina sarebbero inoltre riuscite ad irretire taluni feudatari irredentisti, votatisi alla causa di un “redivivo” Paul Sallivan. Comprendo come sia per voi impossibile prestare fede ad un simile racconto, ma quando avrete letto del Signore di Ghaan e della sua guerra contro i Dominus lealisti dell'Altopiano del Tuono, confido che vorrete prendere in dovuta considerazione quanto vi sto riportando.
Sono stato inviato ad Angvard, oltre la sponda del Traunne, ultimo baluardo dei sudditi del Duca legittimo rimasto nell'Altopiano. La cittadella è assediata dall'esercito di Ghaan, e non solo da esso. Tra le fila degli irredentisti ci sono infatti adoratori della Tenebra che non temono affatto i Risvegliati, ma anzi li impiegano come arma di guerra. Come vi anticipavo, il Signore di Ghaan è a capo di questa congrega di blasfemi, e per sua mano la Sacra dei Difensori dello Scudo dell'Eroe è stata devastata. Yara Raleigh, unica superstite e ad oggi Guardiano del Tempio, ha vergato un resoconto dettagliato di ciò che è accaduto, e vi imploro di leggere quanto ella riporta con la massima sollecitudine. Questa nostra giovane consorella è l'unica candela rimasta a squarciare l'oscurità che opprime quella terra, e prego Dytros che vogliate far tutto ciò che in vostro potere affinchè non cessi di brillare. Non ho notizia di altri uomini di Chiesa scampati, in terra di Feith.
Vorrei potervi dire che qui nell'Anterlig i servitori della Luce abbiano avuto maggior fortuna. Diversi sacerdoti sono stati assassinati, da ultimo Padre Malcor di Dalian circa un mese fa. E' solo in virtù del suo lascito che siamo riusciti a bonificare una parte di Cantor, come vi ho accennato sopra, e sospetto che la mano che lo ha assassinato intendeva proprio impedirgli di portare a compimento questa impresa. Per il resto, il Priore di Dossler Padre Valon Treize, e la Sorella Custode di Dossler sono gli ultimi ecclesiastici di una certa influenza rimasti. Solo il primo posso dire di aver conosciuto, e mi è parso un degno servitore della Chiesa. Egli sapeva di me e della missione che mi avete affidato, presumo per vostra indicazione, ed è per suo tramite che questa missiva vi sarà consegnata. Vi è poi un altro sacerdote, Padre Engelhaft, che come me è giunto ad Uryen dal Ducato di Surok, e la cui missione non è poi così diversa dalla mia. Ho ritenuto, trovandomi ad un passo dalla morte, di rivelargli la mia identità e la natura del mio incarico, nella speranza che egli potesse scrivere a Voi queste righe.
Dytros ha deciso altrimenti, e fintanto che Egli riterrà di conservarmi in vita continuerò a narrarvi delle nefandezze che qui si consumano... e di quei coraggiosi che, rimasti soli innanzi alle fauci spalancate dell'Abisso, si votano alla morte pur di non consentire che esso divori ogni cosa.
Pregate per loro,
Bohemond D'Arlac
28 Marzo 516
Sabato 23 Giugno 2012
Di ritorno da Cantor
Uryen, Rocca di Tramontana. Sono vivo per un soffio. La ferita nel petto sta iniziando solo ora a rimarginarsi, e ad ogni respiro brucia come piombo fuso. Ho fatto quel che potevo, e come me Padre Engelhaft, Kailah, Sven... agli Dei deve essere bastato, e stavolta ci hanno concesso di tornare a casa più o meno interi. Non ho intenzione di metterli alla prova una seconda volta.
Il Sergente Rock ha dovuto prendere atto dei magri risultati della nostra sfortunata spedizione, e posso comprendere la sua delusione. Non abbiamo fatto a tempo ad arrivare a Cantor che la situazione ci era già sfuggita di mano: la morte di Gideon, l'agguato di Jones ai nostri cavalli lasciati incustoditi... mi sono lasciato prendere dall'esasperazione, e invece di procedere con la cautela che si richiede a chi sta affrontando un nemico sfuggente e astuto, ho fatto in modo che finissimo come topi in trappola. E' buffo a dirsi, ma l'apparizione degli spiriti inquieti e imperscrutabili dell'antico cimitero ha finito per salvarci la pelle... e l'affondo di lancia di quel guerriero tornato dalla morte in ultimo è stato un prezzo assai basso da pagare. Chiudo gli occhi, esausto.
La Bestia dei Mirtilli, i morti che camminano, la creatura sacrilega che infesta le rovine di Cantor. Tra il sonno e la veglia i ricordi dei molti orrori di cui ho appreso da quando ho messo piede nel Corno del Tramonto si confondono in un'unica visione delirante. L'orrido talismano è ancora lì, appeso a ciò che resta del collo un tempo possente del suo conquistatore. La croce su cui marcisce la carcassa smagrita si leva tra centinaia di altre simili, e sotto di esse si affollano come scarafaggi i mendicanti del Campo di Sventura; resi folli dalla fame e dal freddo, si contendono coi corvi la carne putrida che cade dalle forche. Sangue nero e denso imbratta i loro volti, e cola lungo gli stracci fino al suolo, che se ne imbeve gorgogliando avidamente. Più in là, sulla costa, i soldati della guarnigione bisbocciano con il cibo destinato agli sfollati. Cantano e danzano assieme alle puttane, si prendono per mano in uno sguaiato girotondo attorno ad un mucchio di casse, alto come una torre, che a sua volta sembra ondeggiare al suono dei cimbali. Milo, il grembiule lercio come quello di un macellaio, è indaffarato ad ispezionare il bottino. Ad un tratto si china a raccogliere qualcosa, e poi la solleva in alto, affinchè tutti possano vedere. Sono le teste mozzate di Martin Ganner e Todd Yagon, tenute assieme da un groviglio di alghe. Se ne resta a rimilarle un momento, corrucciato, poi sorride ed a pieni polmoni annuncia: "Carname, ragazzi! E' CARNAME!". Ork e Hador gli fanno eco, in visibilio, e presto tutti iniziano a intonare l'oscena parola, ritmicamente, mentre le casse si gonfiano, e pulsano, e sembrano fatte di membra di uomini e bestie inchiodate le une alle altre. Lo stesso coro si diffonde nella selva di croci, ma la voce dei mendicanti, rauca e inumana, non si distingue dal gracchiare dei corvi. Il talismano comincia a dondolare pigramente, cullato dalla tetra cantilena. Un po' alla volta si sgancia dal laccio di cuoio, le elitre nere e lucide che si schiudono ronzando, mentre il barbaro inchiodato alla croce viene scosso da un tremito. Le orbite vuote mi fissano, la bocca senza più labbra si apre in un ghigno sdentato. "Stavolta è successo un casino, UN VERO CASINO, QUI NON NE USCIAMO, BOHEMOND!" mi urla in faccia facendo il verso al Caporale Jones. Poi dal terreno imbrattato si solleva una coltre di nebbia oscura e fetida che ci sommerge tutti, e sale, e sale, fino ad ingoiare il cielo.
Filtra un po' di luce dalle imposte semichiuse. Un'altra notte di incubi è finita... mormoro una preghiera di ringraziamento agli Dei, e sprofondo in un sonno placido, nero e denso come il mare.
Il Sergente Rock ha dovuto prendere atto dei magri risultati della nostra sfortunata spedizione, e posso comprendere la sua delusione. Non abbiamo fatto a tempo ad arrivare a Cantor che la situazione ci era già sfuggita di mano: la morte di Gideon, l'agguato di Jones ai nostri cavalli lasciati incustoditi... mi sono lasciato prendere dall'esasperazione, e invece di procedere con la cautela che si richiede a chi sta affrontando un nemico sfuggente e astuto, ho fatto in modo che finissimo come topi in trappola. E' buffo a dirsi, ma l'apparizione degli spiriti inquieti e imperscrutabili dell'antico cimitero ha finito per salvarci la pelle... e l'affondo di lancia di quel guerriero tornato dalla morte in ultimo è stato un prezzo assai basso da pagare. Chiudo gli occhi, esausto.
La Bestia dei Mirtilli, i morti che camminano, la creatura sacrilega che infesta le rovine di Cantor. Tra il sonno e la veglia i ricordi dei molti orrori di cui ho appreso da quando ho messo piede nel Corno del Tramonto si confondono in un'unica visione delirante. L'orrido talismano è ancora lì, appeso a ciò che resta del collo un tempo possente del suo conquistatore. La croce su cui marcisce la carcassa smagrita si leva tra centinaia di altre simili, e sotto di esse si affollano come scarafaggi i mendicanti del Campo di Sventura; resi folli dalla fame e dal freddo, si contendono coi corvi la carne putrida che cade dalle forche. Sangue nero e denso imbratta i loro volti, e cola lungo gli stracci fino al suolo, che se ne imbeve gorgogliando avidamente. Più in là, sulla costa, i soldati della guarnigione bisbocciano con il cibo destinato agli sfollati. Cantano e danzano assieme alle puttane, si prendono per mano in uno sguaiato girotondo attorno ad un mucchio di casse, alto come una torre, che a sua volta sembra ondeggiare al suono dei cimbali. Milo, il grembiule lercio come quello di un macellaio, è indaffarato ad ispezionare il bottino. Ad un tratto si china a raccogliere qualcosa, e poi la solleva in alto, affinchè tutti possano vedere. Sono le teste mozzate di Martin Ganner e Todd Yagon, tenute assieme da un groviglio di alghe. Se ne resta a rimilarle un momento, corrucciato, poi sorride ed a pieni polmoni annuncia: "Carname, ragazzi! E' CARNAME!". Ork e Hador gli fanno eco, in visibilio, e presto tutti iniziano a intonare l'oscena parola, ritmicamente, mentre le casse si gonfiano, e pulsano, e sembrano fatte di membra di uomini e bestie inchiodate le une alle altre. Lo stesso coro si diffonde nella selva di croci, ma la voce dei mendicanti, rauca e inumana, non si distingue dal gracchiare dei corvi. Il talismano comincia a dondolare pigramente, cullato dalla tetra cantilena. Un po' alla volta si sgancia dal laccio di cuoio, le elitre nere e lucide che si schiudono ronzando, mentre il barbaro inchiodato alla croce viene scosso da un tremito. Le orbite vuote mi fissano, la bocca senza più labbra si apre in un ghigno sdentato. "Stavolta è successo un casino, UN VERO CASINO, QUI NON NE USCIAMO, BOHEMOND!" mi urla in faccia facendo il verso al Caporale Jones. Poi dal terreno imbrattato si solleva una coltre di nebbia oscura e fetida che ci sommerge tutti, e sale, e sale, fino ad ingoiare il cielo.
Filtra un po' di luce dalle imposte semichiuse. Un'altra notte di incubi è finita... mormoro una preghiera di ringraziamento agli Dei, e sprofondo in un sonno placido, nero e denso come il mare.
Marzo 516
Lunedì 26 Marzo 2012
La Bestia dei Mirtilli
La chiamano Bestia dei Mirtilli, ma tanto il racconto di Cynthia, quanto la spaventosa ferita che le marchia la schiena, quanto le altre testimonianze raccolte da quando siamo giunti nell'Anterlig mi fanno pensare a qualcosa di assai più sinistro delle creature selvagge su cui Harkel e Ilmatar hanno potestà. La preoccupazione che scorgo sul viso severo di Padre Engelhaft non fa che alimentare i miei sospetti.
Ad Ammerung mi è stato insegnato che quasi tutti i mostri di cui sovente si favoleggia sono in realtà semplici spauracchi, minacce al tempo stesso terribili ed evanescenti che le madri evocano per costringere all'obbedienza i bambini capricciosi... chi vuole scovare la Tenebra farebbe bene a cercarla nel cuore degli uomini, piuttosto che sul grugno di chissà quale abominio di natura.
Certi mostri, però, esistono davvero. Le loro orrende sembianze, la loro forza sovrumana, il loro insaziabile appetito non sono che lo specchio del Male che li ha generati, ed in esso queste creature immonde trovano sostentamento. Costoro esistono per coltivare quel Male, e per diffonderlo, di modo che esso tutto inquini, tutto corrompa, tutto consumi. La prima storia che Cynthia ha raccontato, di come la Guerra delle Lande abbia provocato molti lutti agli abitanti originari del Bosco dei Mirtilli, e di come questi siano divenuti via via più ritrosi e ostili, mi è tornata in mente mentre ascoltavo la sua descrizione dell'orrore che l'ha aggredita. Mi domando quanta paura essi debbano aver provato, quanta rabbia. La storia ci tramanda i loro antenati come selvaggi che non hanno conosciuto la Vera Fede, che per orgoglio e ottusità preferirono le sciagure della guerra e di un lento declino, pur di non sottomettersi a Greyhaven ed agli Dei. C'è molto di vero in questo, ma è anche vero che persino queste genti conoscevano e onoravano Dytros, o per lo meno così mi è stato detto. Penso ad un popolo un tempo fiero che si riduce a vivere in grotte, al pari delle bestie, pur di sfuggire a secoli di guerra. Fino al giorno in cui, ormai decimato e prossimo a sparire, esso scopre che la guerra infuria ancora, e che la sua sete di sangue non si è mai placata.
C'è forse da stupirsi che da tanta paura, da tanta rabbia, da tanta sofferenza, sia ora nato un mostro? Certamente i guerrieri del Khanast non comprendevano la Luce se non in modo assai parziale e primitivo, e talvolta si abbandonavano alla venerazione del Male . Ma in che modo li abbiamo redenti? Con la superbia, l'ingiustizia e la violenza dei tanti Ohnelanders che per decenni si sono contesi questa terra disgraziata, facendo strage di chiunque si opponesse alle loro ambizioni? Con l'avidità dei tanti Brad che marciano sotto il vessillo di Uryen non per riportare legge ed ordine, ma piuttosto per appesantire la propria borsa? Di cosa sono specchio le fattezze ripugnanti della mostruosità che infesta il Bosco dei Mirtilli? Dei peccati di quella gente, o dei nostri?
Quali che siano le risposte, questo mostro va fermato. Il Male non si accontenta mai di restarsene acquattato in un anfratto, non è questo l'oscuro proposito per cui esso viene al mondo. Presto o tardi , come una ferita trascurata, suppurerà e si diffonderà, e troppi innocenti si troveranno a dover pagare il prezzo della nostra negligenza. Mi rendo conto di non poter insistere più di quanto abbia già fatto, e anzi temo che Padre Engelhaft si sia già insospettito sulla reale natura dei miei affari qui...ma se è vero che il mio compito è di tracciare un solco, mi chiedo come potrò mai riuscirci lasciando che la terra si guasti e imputridisca.
Ad Ammerung mi è stato insegnato che quasi tutti i mostri di cui sovente si favoleggia sono in realtà semplici spauracchi, minacce al tempo stesso terribili ed evanescenti che le madri evocano per costringere all'obbedienza i bambini capricciosi... chi vuole scovare la Tenebra farebbe bene a cercarla nel cuore degli uomini, piuttosto che sul grugno di chissà quale abominio di natura.
Certi mostri, però, esistono davvero. Le loro orrende sembianze, la loro forza sovrumana, il loro insaziabile appetito non sono che lo specchio del Male che li ha generati, ed in esso queste creature immonde trovano sostentamento. Costoro esistono per coltivare quel Male, e per diffonderlo, di modo che esso tutto inquini, tutto corrompa, tutto consumi. La prima storia che Cynthia ha raccontato, di come la Guerra delle Lande abbia provocato molti lutti agli abitanti originari del Bosco dei Mirtilli, e di come questi siano divenuti via via più ritrosi e ostili, mi è tornata in mente mentre ascoltavo la sua descrizione dell'orrore che l'ha aggredita. Mi domando quanta paura essi debbano aver provato, quanta rabbia. La storia ci tramanda i loro antenati come selvaggi che non hanno conosciuto la Vera Fede, che per orgoglio e ottusità preferirono le sciagure della guerra e di un lento declino, pur di non sottomettersi a Greyhaven ed agli Dei. C'è molto di vero in questo, ma è anche vero che persino queste genti conoscevano e onoravano Dytros, o per lo meno così mi è stato detto. Penso ad un popolo un tempo fiero che si riduce a vivere in grotte, al pari delle bestie, pur di sfuggire a secoli di guerra. Fino al giorno in cui, ormai decimato e prossimo a sparire, esso scopre che la guerra infuria ancora, e che la sua sete di sangue non si è mai placata.
C'è forse da stupirsi che da tanta paura, da tanta rabbia, da tanta sofferenza, sia ora nato un mostro? Certamente i guerrieri del Khanast non comprendevano la Luce se non in modo assai parziale e primitivo, e talvolta si abbandonavano alla venerazione del Male . Ma in che modo li abbiamo redenti? Con la superbia, l'ingiustizia e la violenza dei tanti Ohnelanders che per decenni si sono contesi questa terra disgraziata, facendo strage di chiunque si opponesse alle loro ambizioni? Con l'avidità dei tanti Brad che marciano sotto il vessillo di Uryen non per riportare legge ed ordine, ma piuttosto per appesantire la propria borsa? Di cosa sono specchio le fattezze ripugnanti della mostruosità che infesta il Bosco dei Mirtilli? Dei peccati di quella gente, o dei nostri?
Quali che siano le risposte, questo mostro va fermato. Il Male non si accontenta mai di restarsene acquattato in un anfratto, non è questo l'oscuro proposito per cui esso viene al mondo. Presto o tardi , come una ferita trascurata, suppurerà e si diffonderà, e troppi innocenti si troveranno a dover pagare il prezzo della nostra negligenza. Mi rendo conto di non poter insistere più di quanto abbia già fatto, e anzi temo che Padre Engelhaft si sia già insospettito sulla reale natura dei miei affari qui...ma se è vero che il mio compito è di tracciare un solco, mi chiedo come potrò mai riuscirci lasciando che la terra si guasti e imputridisca.
27 Febbraio 516
Venerdì 24 Febbraio 2012
Pensieri
E' andata fin troppo bene. Angelica, Maude e il ragazzino erano finiti in una gran brutta situazione, ma chissà quanti altri ce ne sono, là fuori, in balia di disertori affamati e con pochi scrupoli. Servo la Chiesa da più di tredici anni ormai, ma faccio ancora fatica a credere che gli Dei abbiano tutta questa voglia di ficcare il naso nelle umane disgrazie: ho visto la mia parte di cause che nessuno, nè in cielo nè in terra, si è mai preso la briga di perorare, e ho ancora ben presenti davanti a me gli occhi spenti e i volti emaciati dei mendicanti del Campo di Sventura, abbastanza per non illudermi che giustizia si possa mai fare davvero, a questo mondo.
Eppure, quel padre Engelhaft...
E' strampalato, petulante, e talvolta persino un po' sinistro... 'nu schiattamuorto, direbbero giù dalle mie parti. Ma diamine, è come se avesse sentito puzza di marcio prima ancora di mettere piede in quella corte, e come mi ha messo la mano sulla spalla, sussurrando un tetro avvertimento, mi si sono aperti gli occhi: ho capito, come l'aveva già capito lui, che non eravamo finiti per caso, in quella corte, e che Lassù ci si aspettava che qualcuno mettesse un punto alle angherie di Jones e dei suoi sgherri. Dovrò dare più peso a quel che dice, e soprattutto, vegliare su di lui: quale che sia l'opera che gli Dei lo hanno mandato a sbrigare in questa terra, è bene che campi abbastanza da portarla a compimento.
Ho fatto lo smargiasso, al solito mio, e anche stavolta c'è mancato poco che ci rimettessi il collo. Non sono disprezzabile a tirar di spada, ma Jones nella sua carriera di soldato deve averne date e ricevute parecchie più di me, e mi ha subito messo al posto mio. E' stato Dytros a concedermi di piazzare in corpo a quel brigante un paio di fendenti di quelli buoni, prima che fosse lui a farmi a pezzi? O è piuttosto la fortuna che dovrei ringraziare, o forse i trucchi di Mastro Anton, che mi insegnò praticamente tutto quel che so di come si maneggia il ferro? "Mai dare quartiere Bohemond, puoi dare il tuo avversario per sconfitto solo quando quello ha le mani impegnate a reggersi le budella" mi ripeteva sempre... vecchio bastardo, chissà se Kayah se l'è preso. In ogni caso quel che c'era da fare è stato fatto, ciò che chiedeva il Dio è stato compiuto, il resto conta poco.
Fuori dalla Torre Nove il vento ulula minaccioso. Ivàn ci ha appena dato una nuova consegna, dovremo indagare sulle dicerie di una fantomatica bestia che fa strazio dei viandanti, e che pare si rintani nel Bosco dei Mirtilli. Sarò sempre io a guidare la nostra esigua compagnia, "privilegio" concessomi per aver avuto la meglio su Sven in combattimento...da quando ho messo piede nell'Anterlig mi sta toccando in sorte un duello a settimana, neanche mi fossi arruolato nella guardia di Achenar.
Che dire, questa promozione probabilmente mi causerà solo rogne, ma può anche avere una sua utilità: l'Anterlig è una terra difficile, prostrata da decenni di guerra, ed è in posti come questi che gli uomini finiscono per dare il peggio di sè; la poca autorità che posso esercitare sui miei compagni mi consentirà di evitare che, a forza di vivere di spada, mi diventino delle canaglie come Jones. Via, non avrò molto da penare... Sven è un soldato capace e un uomo d'onore, per certi versi più di me stando a come prende sul serio la parola data, non importa se ad un contadino trafficone con un'idea tutta sua dell'onestà. Di Padre Engelhaft mi preoccupa solo la vocazione al martirio, e anzi, non mi dispiacerebbe che nel corso della ferma si smalizi un poco. Connor poi, cagionevole com'è , ho la mezza impressione che finirà presto a pelar patate nelle cucine della fortezza di Uryen. Infine c'è Kailah. Ha preferito le difficoltà di una vita girovaga agli agi di casa, smaniosa com'è di dimostrare al mondo che può camminare sulle sue gambe. E' ambiziosa, e questo è un male, e per di più è ancora molto ingenua, sarebbe facile per un altro Melkor indurla a ficcarsi nei guai. E tuttavia... non ha esitato a rischiare la vita per venire in soccorso di noialtri che pur conosce a malapena, dimostrando che cuore e fegato non le mancano. Lo stesso non si potrebbe dire di molti veterani.
Più ci penso, in effetti, e più mi viene il dubbio che la mela marcia, qui in mezzo, rischio di essere io. Da quando ho lasciato il Tempio del Valore Inesausto in Ammerung mi sono chiesto molte volte perchè sono stato scelto proprio io, per un incarico come questo. Conosco Paladini molto più esperti, molto più rigorosi, molto più...sicuri, di me. Volevano mettermi alla prova, darmi l'opportunità di dimostrare che ho la stoffa per diventare Custode della Fede? O magari intendevano sbarazzarsi di me, come già fece mio padre (non che li biasimerei, viste le grane che ho piantato), scaraventandomi in un territorio vasto e ostile con una missione tanto vaga quanto pericolosa? No, non è nel nostro stile: chi serve Dytros affronta sempre i suoi nemici a viso aperto, con o senza cappa a ruota. Forse, più semplicemente, hanno mandato me ad aprire la strada proprio per consentirmi di capire cosa voglio, perchè combatto, e in cosa credo veramente...di riflettere su cos'è davvero la Giustizia di Dytros, e di farlo proprio in una terra che di quella Giustizia ha una sete disperata.
Eppure, quel padre Engelhaft...
E' strampalato, petulante, e talvolta persino un po' sinistro... 'nu schiattamuorto, direbbero giù dalle mie parti. Ma diamine, è come se avesse sentito puzza di marcio prima ancora di mettere piede in quella corte, e come mi ha messo la mano sulla spalla, sussurrando un tetro avvertimento, mi si sono aperti gli occhi: ho capito, come l'aveva già capito lui, che non eravamo finiti per caso, in quella corte, e che Lassù ci si aspettava che qualcuno mettesse un punto alle angherie di Jones e dei suoi sgherri. Dovrò dare più peso a quel che dice, e soprattutto, vegliare su di lui: quale che sia l'opera che gli Dei lo hanno mandato a sbrigare in questa terra, è bene che campi abbastanza da portarla a compimento.
Ho fatto lo smargiasso, al solito mio, e anche stavolta c'è mancato poco che ci rimettessi il collo. Non sono disprezzabile a tirar di spada, ma Jones nella sua carriera di soldato deve averne date e ricevute parecchie più di me, e mi ha subito messo al posto mio. E' stato Dytros a concedermi di piazzare in corpo a quel brigante un paio di fendenti di quelli buoni, prima che fosse lui a farmi a pezzi? O è piuttosto la fortuna che dovrei ringraziare, o forse i trucchi di Mastro Anton, che mi insegnò praticamente tutto quel che so di come si maneggia il ferro? "Mai dare quartiere Bohemond, puoi dare il tuo avversario per sconfitto solo quando quello ha le mani impegnate a reggersi le budella" mi ripeteva sempre... vecchio bastardo, chissà se Kayah se l'è preso. In ogni caso quel che c'era da fare è stato fatto, ciò che chiedeva il Dio è stato compiuto, il resto conta poco.
Fuori dalla Torre Nove il vento ulula minaccioso. Ivàn ci ha appena dato una nuova consegna, dovremo indagare sulle dicerie di una fantomatica bestia che fa strazio dei viandanti, e che pare si rintani nel Bosco dei Mirtilli. Sarò sempre io a guidare la nostra esigua compagnia, "privilegio" concessomi per aver avuto la meglio su Sven in combattimento...da quando ho messo piede nell'Anterlig mi sta toccando in sorte un duello a settimana, neanche mi fossi arruolato nella guardia di Achenar.
Che dire, questa promozione probabilmente mi causerà solo rogne, ma può anche avere una sua utilità: l'Anterlig è una terra difficile, prostrata da decenni di guerra, ed è in posti come questi che gli uomini finiscono per dare il peggio di sè; la poca autorità che posso esercitare sui miei compagni mi consentirà di evitare che, a forza di vivere di spada, mi diventino delle canaglie come Jones. Via, non avrò molto da penare... Sven è un soldato capace e un uomo d'onore, per certi versi più di me stando a come prende sul serio la parola data, non importa se ad un contadino trafficone con un'idea tutta sua dell'onestà. Di Padre Engelhaft mi preoccupa solo la vocazione al martirio, e anzi, non mi dispiacerebbe che nel corso della ferma si smalizi un poco. Connor poi, cagionevole com'è , ho la mezza impressione che finirà presto a pelar patate nelle cucine della fortezza di Uryen. Infine c'è Kailah. Ha preferito le difficoltà di una vita girovaga agli agi di casa, smaniosa com'è di dimostrare al mondo che può camminare sulle sue gambe. E' ambiziosa, e questo è un male, e per di più è ancora molto ingenua, sarebbe facile per un altro Melkor indurla a ficcarsi nei guai. E tuttavia... non ha esitato a rischiare la vita per venire in soccorso di noialtri che pur conosce a malapena, dimostrando che cuore e fegato non le mancano. Lo stesso non si potrebbe dire di molti veterani.
Più ci penso, in effetti, e più mi viene il dubbio che la mela marcia, qui in mezzo, rischio di essere io. Da quando ho lasciato il Tempio del Valore Inesausto in Ammerung mi sono chiesto molte volte perchè sono stato scelto proprio io, per un incarico come questo. Conosco Paladini molto più esperti, molto più rigorosi, molto più...sicuri, di me. Volevano mettermi alla prova, darmi l'opportunità di dimostrare che ho la stoffa per diventare Custode della Fede? O magari intendevano sbarazzarsi di me, come già fece mio padre (non che li biasimerei, viste le grane che ho piantato), scaraventandomi in un territorio vasto e ostile con una missione tanto vaga quanto pericolosa? No, non è nel nostro stile: chi serve Dytros affronta sempre i suoi nemici a viso aperto, con o senza cappa a ruota. Forse, più semplicemente, hanno mandato me ad aprire la strada proprio per consentirmi di capire cosa voglio, perchè combatto, e in cosa credo veramente...di riflettere su cos'è davvero la Giustizia di Dytros, e di farlo proprio in una terra che di quella Giustizia ha una sete disperata.
Febbraio 516
Martedì 24 Gennaio 2012
Uno dei Primi
Feidelm. Fondata un secolo e mezzo fa o giù di lì come avamposto fortificato delle milizie degli Ohnelanders, lanciati alla conquista del Khanast di Ledhar. Sta iniziando a nevicare. Difficile distinguere quel che resta della cinta muraria dal cumulo di baracche che vi si sono accatastate contro, una sull'altra, come funghi su un tronco marcio. Per arrivare alle sue porte dobbiamo attraversare uno spaventoso accampamento che si estende tutto intorno, quasi a perdita d'occhio. Una selva di tende luride che a malapena riparano dal vento i meschini che le abitano, tuguri semi-crollati che spuntano dalla fanghiglia e sembrano più tane di animali che case d'uomo. La carovana si fa strada a fatica tra la folla di mendicanti affamati che ci si è fatta intorno; bambini cenciosi e malnutriti, vecchi sdentati che si trascinano a fatica su gambe sbilenche, donne sfigurate dalla miseria, dalla fame, dalle altre pene indicibili che la guerra ha imposto loro. Incrocio lo sguardo di una di queste sventurate, e nei suoi occhi posso leggere tutto lo sconforto che un'anima possa mai sopportare. "Dove eri tu?" sembrano dirmi quegli occhi, "dove eri mentre le nostre case venivano bruciate? Dove eri, mentre i Demoni del nord macellavano i nostri figli come maiali, mentre i nostri mariti sprofondavano nelle gelide acque del Mannannan?" Me ne resto lì, pietrificato, a chiedermi che razza di risposta potrei mai darle, finchè una guardia della carovana la spinge via malamente con l'asta della lancia. "Largo! Largo, per gli Dei! Levatevi di mezzo, se ci tenete alla vita!" Stringo i pugni e ingoio a fatica la rabbia quasi che fosse un boccone amaro e bollente; ce ne saranno molti altri prima che questo viaggio sia finito. "Tu fai parte dei Primi, Bohemond...non dimenticarlo mai." Resto impassibile ad osservare il mare di disperazione che i nostri carri stanno solcando lentamente, i soldati che dispensano generosamente calci, sputi e bastonate a chi vorrebbe solo chiedere un pezzo di pane, uno straccio con cui ripararsi dal freddo. La guardia di prima mi nota mentre si aggrappa al carro per poi saltare sulla pedana. Vorrebbe abbozzare un sorriso, ma sul suo viso non compare che una smorfia di desolazione. "Campo di Sventura, lo chiamano. Vogliano gli Dei mostrare un po' di pietà per questi poveretti, che noialtri abbiamo a malapena di che far star buoni i nostri stomaci." Annuisco lentamente. Mi fissa per un istante, annuisce a sua volta, poi riprende a sbraitare all'indirizzo della folla. "Largo! Largo!"
Quando mi hanno detto che sarebbe stato un incarico difficile, non si sbagliavano di certo.
Quando mi hanno detto che sarebbe stato un incarico difficile, non si sbagliavano di certo.