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Forum di Myst

 
« E' una scelta tua, Bohemond... »
- Caporale Jones -
 
Il fondo del barile
Zorba Delmontesque
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
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10 Aprile 518
Venerdì 14 Aprile 2023

Plàigheach



L'eco di un grido disperato pervade i sensi che mi restano mentre precipito nel nulla, accompagnandomi in una discesa che sembra non avere fine. Ben presto mi rendo conto che sono io ad urlare, nel tentativo di scacciare il dolore atroce che sconquassa le mie membra a partire dalla gamba destra. E' dunque mia la disperazione che sento? Non dovrebbe essere possibile, non dopo aver dato la vita per rinunciare per sempre a queste manifestazioni di debolezza. Eppure la fitta lancinante che sento è reale, e il sangue che mi resta non ha modo di placarla.

Cosa è successo? Dove ho sbagliato? Cerco invano una risposta nel buio che mi circonda, mentre lotto per non perdere l'ultimo ricordo che ancora resiste avvinghiato alla mia mente: lo scontro con lo Jaeger, il Cacciatore Senza Nome, culminato con l'affondo della sua lama sinistra che mi ha precipitato in questa coltre di tenebra.

Teegan. Un nome che non associo a nessun volto e non credo d'aver mai sentito prima: eppure, le sillabe che compongono questo vocabolo inaudito rimbalzano dentro la mia testa come rocce sospinte da una frana, provocandomi un dolore che non provavo dai tempi in cui ero... Chi ero, prima? Chi sono, adesso?

«Un plàigheach: un essere imperfetto. Questo è ciò che sei.»

Un altro termine che non comprendo. Chi ha parlato? Dove mi trovo? Mi sforzo di rispondere, ma ogni tentativo di proferire parola risulta vano. Ciò che mi ha trascinato qui, qualsiasi cosa sia, mi ha anche privato della facoltà di emettere suoni.

«Ma io posso aiutarti: posso renderti completo.»

La voce, calda e suadente, è di una donna che non ho mai sentito prima. Stavolta però non è seguita dal silenzio, ma da un sinistro e incomprensibile rantolo gutturale che proviene da qualche parte dietro di me.

Procedo a tentoni nella direzione da cui provengono quei suoni. I miei occhi si sforzano inutilmente di distinguere qualcosa, qualsiasi cosa, nei meandri dell'oscurità che mi circonda. Un minuscolo barlume è tutto ciò che mi serve: una singola scintilla su cui poter lavorare. A dispetto di quanto potreste pensare, non siete creature delle tenebre, ripeteva Giersberg durante le adunate di orientamento: al contrario, siete la conferma del trionfo della luce: la notte che avete dentro, e che d'ora in avanti sarà parte di voi, non serve che a far risplendere il vostro sole interiore. La notte che ho dentro, il mio sole interiore. Chi era Giersberg? Chi sono io? Se solo riuscissi a ricordare...

«Tutto ciò che devi fare è ricordare chi sei.»

Frammenti di memoria cominciano a ricongiungersi dentro la mia testa, formando un disegno via via meno abbozzato. Il dolore si fa più intenso: un artiglio infuocato percorre il mio corpo, scavandomi nel cuore e nel cervello alla ricerca di volti, sensazioni, emozioni. Giersberg, me stesso, i miei compagni. E prima di loro le montagne, il villaggio in cui sono nato, l'addestramento per diventare tutto ciò che poi ho scelto di abbandonare. Bandito, questo fu il verdetto: così scelse di definirmi sir Wilson quando la mia rinascita fu completa. Le dita adunche della mano che scandaglia i miei ricordi dissotterrano stralci di conversazioni che io stesso avevo dimenticato. «Ma bandito nel senso che eri a capo di una banda, o che devo stare attenta alla mia borsa?» Nessuno dei due, Ayza: è un altro il significato di quella parola.

«Hai abbandonato la tua stirpe, il tuo destino, la tua libertà, per diventare schiavo del sogno di un altro.»

E' vero, l'ho fatto. Ma non è forse quello il significato della parola libertà? Al termine dell'addestramento mi sono guadagnato il diritto di poter fare una scelta. E anche se la strada che ho scelto di seguire è parsa di segno opposto a chi non ha potuto far altro che disporre il mio esilio, di fatto mi ha portato al medesimo traguardo: sono comunque diventato un mutaforma, un essere dai poteri ancestrali che combatte i soprusi dell'ordine costituito per restituire alla sua gente ciò è stato loro indebitamente sottratto. A cambiare, dopo tutto, è soltanto la forma che ho scelto. Bandito, dunque, per canoni e convenzioni: ma giammai fedifrago o traditore.

«Sei il pallido riflesso di ciò che potevi essere... e che saresti dovuto diventare.»

Non è così! Mi sforzo di rispondere, ma ancora nessun suono fuoriesce dalla mia gola. Un altro ruggito cavernoso risuona intorno a me, come a dar voce alla mia frustrazione. Chi sei? Cosa vuoi da me? Con che diritto stai infestando i miei pensieri? Continuo a scrutare nel vuoto, alla ricerca di un appiglio che mi consenta di individuare la mia interlocutrice.

«Non importa chi sono. L'unica cosa che deve interessarti è che posso farti uscire da qui.»

La falsità che trasuda dalle sue parole è quasi palpabile: non ho idea di cosa sia questo posto, ma sono certo che se sono finito qui è colpa della megera che mi sta parlando. Palesati, strega! provo a esclamare, di nuovo senza alcun esito. Poi, finalmente, comincio a mettere a fuoco qualcosa. Il manto d'ombra che mi circonda inizia a ritrarsi, lasciando affiorare una serie di simulacri diafani: Temu, Jarva, Sami, Nox, Laèl... E poi ancora Mandy, sir Wilson, Aghvan, Giersberg, Manuel, Ayza, Kzar. Ciascuno di loro è circondato da un turbine di immagini, suoni e sensazioni familiari. Le sagome di Manuel e di Kzar cominciano rapidamente a sgretolarsi, come se non avessero la forza di tenersi insieme: le osservo mentre svaniscono, unitamente a quelle degli altri compagni caduti, finché non restano solo i volti con cui ho condiviso l'ultima parte della mia vita.

«Quelle che vedi sono le persone che ti hanno impedito di diventare quello che meriti. Sono loro, i tuoi nemici.»

Stronzate, mormoro senza emettere fiato: tutte le decisioni che mi hanno portato ad essere ciò che sono le ho prese autonomamente e riguardano soltanto me. Se pensi di tenermi rinchiuso in questo posto per convincermi a volgere la spada contro i miei fratelli hai fatto male i tuoi conti, strega maledetta. Un altro rantolo spettrale rimbomba nell'aria, sovrapponendosi ai miei pensieri.

Cerco di utilizzare a mio vantaggio il pallido alone luminoso che tratteggia le forme spettrali che mi circondano: i miei ricordi... il mio sole interiore. Non ho bisogno che di un minuscolo barlume, dopo tutto. La coltre di oscurità arretra ancora, consentendo ai miei occhi di tracciare il profilo di una figura femminile che si staglia proprio di fronte a me.

«Eccoti, finalmente!»

La voce cristallina che risuona nell'aria non è la mia, ma quella di Mandy. Il fantasma con le sue sembianze si anima e prende colore, per poi volgersi in direzione dell'entità che ho appena individuato. Il dolore non accenna ad attenuarsi, ma comincia a diventare meno insopportabile: non ho idea di come la nostra protettrice abbia fatto a raggiungermi, ma sono felice di non essere più solo.

Mandy avanza di un passo, poi un altro, poi un altro ancora, fino a quando l'aura di luce che la pervade non illumina la figura che si staglia di fronte a noi. Il volto che emerge dalle ombre, così come la foggia e i colori dell'abito che indossa, non lasciano alcun dubbio. E' davvero una strega: una strega di Elsenor. E' la prima volta che ne incontro una, ma i lineamenti, meravigliosi e terribili in egual misura, rendono giustizia a tutte le leggende che ho sentito.

Kalya Niadh - Immagine 4

Mentre la osservo, incapace di distogliere lo sguardo, mi tornano alla mente i versi di una filastrocca che gli anziani del mio villaggio erano soliti cantare ai bambini che giocavano ai pirati.

Sei e otto mozzi ai piedi, quattro e due a coprir le spalle,
Tre di guardia al lato a monte, sette son su quello a valle,
nove mani sul timone, un rapace svetta a prora
cinque spade stan nel mezzo: è un vascello di Ilsanòra!


Le incursioni dei predoni Elsenoriti non erano un problema per noi, avevamo persino degli antenati in comune... a patto di garantire il rispetto di un'unica, importantissima regola: non invadere il loro territorio, per nessun motivo.

«Kalya Niadh, suppongo. O preferisci che ti chiami... Kalina?»

A differenza mia, Mandy è in grado di parlare. Il tono della sua voce ostenta una sicurezza che mi riempie di speranza: se quello entro cui ci troviamo è un incubo, lei dovrebbe sentirsi a casa. La nostra ospite, tuttavia, non dà l'impressione di essere preoccupata della sua intrusione. Si limita a guardarci, senza rispondere.

«Lascialo andare», prosegue Mandy, avanzando ancora: «Questo luogo non ti compete». Poi, per la prima volta, si gira verso di me, rivolgendomi un sorriso. Adesso ce ne andiamo, sembra quasi volermi dire. Lo spero davvero. Il suo sguardo indugia per alcuni istanti oltre le mie spalle, e per un attimo ho come l'impressione di vederla avvampare di paura.

«Non sono stata io ad aver oltrepassato il confine per prima», risponde la strega. «Dovresti saperlo... come dovrebbe saperlo lui». L'artiglio infuocato torna a rovistare nel mio cervello, provocandomi nuovamente un dolore atroce. Crollo a terra tra gli spasmi, impossibilitato a urlare, mentre la strega continua a saccheggiare i miei ricordi con la foga di un branco di roditori in un granaio.



«Fermati!» esclama Mandy. «Lui non sa nulla: se stai cercando delle risposte, chiedi a me.»

«E chi ti dice che io intenda parlare con voi?»

«Lo dico io.»

«Tu non sei niente, qui dentro: ti trovi qui soltanto perché io ho deciso di farti entrare.»

«Ah si?», risponde Mandy con aria di sfida: «guardati la mano sinistra, allora».

La strega solleva lentamente il braccio, puntando il pugno verso di noi: quindi lo apre, mostrando una mano di sole quattro dita.

«Ho la tua attenzione, adesso?» Esclama Mandy, visibilmente soddisfatta. «Come vedi, rubare a casa dei ladri non è così facile come pensavi...».

La strega annuisce con un sorriso, poi serra nuovamente la mano a pugno e la riapre: come un assurdo gioco di prestigio, le dita sono di nuovo cinque. Un lampo di paura attraversa il volto di Mandy, subito seguito da una smorfia di dolore: osservo impotente la mia protettrice lanciare un urlo e poi crollare a terra in preda agli spasmi.

«Come ho già detto, non sono io ad aver cominciato. Siete stati voi a non aver rispettato i patti.»

«Posso... spiegarti...» rantola Mandy, cercando di rialzarsi. «Vogliamo... negoziare... una... pace...»

«Risparmia il fiato», la interrompe la strega, muovendo qualche passo in direzione dei simulacri che mi circondano: «ho già appreso tutto quello che volevo sapere.»

«Non.... non sai niente, invece. Ho parlato con... Yara... vogliamo...mmMPfhhh...» La voce di Mandy si trasforma in un un mugolio di suoni incomprensibili: guardandola mi accorgo con orrore che le sue labbra sono scomparse, lasciando il posto a spaventosi lembi di pelle che le serrano la bocca in una maschera di sangue, piaghe e cicatrici.

«Avresti dovuto mantenere la guerra al di là del Traunne. Non lo hai fatto, violando un accordo stipulato da persone più sagge e prudenti di te. Sei tu ad esserti spinta a rubare a casa dei ladri, e lo hai fatto in modo talmente maldestro da distruggerla oltre ogni rimedio. E' troppo tardi per cavartela negoziando una pace, Mandy Sphere: in un modo o nell'altro renderai conto delle tue azioni.»

Mandy scuote la testa, sforzandosi di urlare qualcosa di minimamente comprensibile attraverso il suo grottesco bavaglio di carne: niente da fare. Kalya la osserva per qualche istante, quindi la congeda con un singolo gesto della mano, confinandola al di fuori di questo incubo. Prima di dissolversi, la mia protettrice mi lancia un'ultimo sguardo disperato: non mollare, questo intende dirmi: tornerò. Ma sappiamo entrambi che non andrà così.

La strega torna a rivolgersi nella mia direzione. «Dove eravamo rimasti?»

Scuoto la testa: non contarci, stronza: non importa cosa cercherai di offrirmi.... non mi convincerai mai a tradire i miei compagni. Ma mentre mi sforzo invano di dar voce ai miei pensieri, realizzo con orrore che non sta affatto guardando me: sta guardando dietro di me. Il grugnito oltretombale che risuona ancora una volta alle mie spalle e il ricordo dello sguardo terrorizzato di Mandy mi fanno comprendere che non è dalla mia inaudìbile voce che la strega attende una risposta: non sono io il suo interlocutore... Non lo sono mai stato.

E quando finalmente riesco a voltarmi, ignorando il dolore che torna a tormentare ogni singola fibra del mio corpo, non posso far altro che mettere a fuoco la più grande delle mie paure.


Kraalor - Immagine


L'altro me stesso: la progenie di Kraalor che scalpita nelle mie vene, anelando una libertà che fino ad oggi sono riuscito a negargli. E' lui il plàigheach, l'essere imperfetto che la strega di Elsenor intende rendere completo, provocando un risveglio funesto da scagliare contro i miei compagni analogo a quello verificatosi ad Uryen: sangue per sangue, fioritura per fioritura. E poco importa che io sia o meno il mandante o l'artefice di quella catastrofe: per Kalya Niadh non sono che un ostacolo da oltrepassare per raggiungere la sua vendetta.

E va bene, strega di Ilsanora: prova pure a corteggiare la metà oscura del mio sangue. L'altra metà venderà cara la pelle. Se credi che te la darò vinta così facilmente, ti sbagli di grosso.

Vesa il Bandito - Immagine 2
scritto da Vesa, il Bandito , 03:31 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
14 gennaio 518
Domenica 21 Giugno 2020

Il Viaggiatore

"Mi chiedi chi sono, Colin, e da dove vengo, e so già che faticherai a trovare un senso nella mia risposta. Mi è impossibile tracciare un confine tra la mia natura e il luogo da cui sono stato strappato, così come sarebbe per te impossibile distinguere tra il mare e le onde che lo increspano. Semplicemente io ebbi ad essere là dove il Respiro è ancora impetuoso, oltre i confini di questo mondo ormai arido. Sono giunto qui non per mio desiderio ma trascinato dal fluire del Respiro, e posso ben contarmi tra le vittime della follia di Marv Fedai: il varco che egli volle aprire tra questa realtà morente ed altre più vitali turbò e scosse il Respiro in cui io ero, e qui mi trascinò assieme alle altre cose stolide che intendeva aizzare contro di voi. Non confondermi con quelle bizzarrie, né con la bestia senza mente che si dibatteva nelle acque torbide a Klarheit: in verità in esse vi è assai più della vostra natura che della mia, cose di carne e sangue il cui "dove" è solo un accidente.

Forse vi fu un tempo in cui il Respiro permeava ogni cosa ed ogni luogo, ma se così fu, non ne serbo il ricordo. Forse altri che tu diresti simili a me furono generati QUI prima del mio tempo, quando ancora non vi era altro che QUI. Forse ciò che tu chiami "demone" e ciò che ritieni invece originato dalla Natura a cui ti senti di appartenere sono state una una cosa sola, prima di disperdersi oltre il Respiro. Ti sei chiesto perché sia possibile fare ciò che Marv Fedai e Muireal hanno fatto, e cioè violare i confini invisibili del vostro mondo per trascinarvi dentro bestie di ogni sorta...e me?

Sono un viaggiatore, Colin, portato dalle correnti del Respiro fino a voi, cose di carne e sangue di ogni "dove", per diventare cosa sola con voi, conoscere i vostri desideri e i vostri timori, le vostre virtù e le vostre miserie, i vostri saperi e le vostre ignoranze. Scorro attraverso voi per fare ritorno al Respiro, come un fiume che percorre innumerevoli terre per ricongiungersi al suo mare, portando con me il ricordo di coloro che ho visitato. Non sono vostro nemico più di quanto possa esserlo il piede nei confronti del sentiero che calpesta: conosco l'odio e la malizia solo per tramite vostro, ed essi sono per me come gli usi di una gente straniera, curiosi vezzi che non sento miei. Temi che io possa essere un pericolo per voi, ma la verità è che non ho ragione di nuocere ad alcuno a patto che il mio transito non venga ostacolato.

Ma come vi ho detto, il Respiro è flebile e scarso in questo mondo, e non ho desiderio di rimanervi oltre: farò ciò che devo per proseguire il mio viaggio, e tanto più mi aiuterete, tanto meno incomodo rischierò di arrecarvi."


In seguito alle ripetute interazioni con il "Viaggiatore" e ritornando sui brani specifici dell' "Evocatio Demonorum", Colin è in grado di mettere meglio a fuoco le informazioni che il testo fornisce a proposito dei cosiddetti "philosopher".

Intelligenze incorporee come il Philosopher hanno origine in uno spazio interstiziale tra i mondi caratterizzato da uno Yoki molto alto, e penetrano nelle varie realtà attraverso i varchi che di volta in volta si aprono (ad es. quelli prodotti dalle evocazioni demoniache). Questa entità è una sorta di collettore di informazioni che viaggia di mondo in mondo, legandosi a forme di vita corporee più o meno intelligenti e incamerandone le cognizioni e gli istinti: di fatto si potrebbe dire che il Philosopher non sia altro se non un'espressione dello Yoki in grado di migrare e stabilirsi in creature ospiti diverse. In questo senso il Philosopher non può neppure dirsi una forma di vita, e in quanto tale non deperisce né muore, tuttalpiù disperdendosi qualora non vi siano più le condizioni per la sua sussistenza. Non avendo un ciclo di vita vero e proprio, il Philosopher non ha neppure una funzione riproduttiva ed esemplari distinti "si verificano" come meri fenomeni dello Yoki del luogo da cui originano.

Il Philosopher desidera naturalmente legarsi a creature ospite, assumendone il controllo ma al tempo stesso assorbendone i processi mentali e i ricordi, al punto che la sua "identità" risulta trasformata e arricchita ad ogni passaggio. Sebbene acquisisca le cognizioni linguistiche e il bagaglio di nozioni e competenze del suo ospite, l'entità non ne mutua però le pulsioni, gli obiettivi o l'orientamento morale/religioso: essa resterà sempre amorale e opportunista, incapace di empatia e interessata solo all'esplorazione delle realtà in cui è giunta per il tramite delle creature che lo ospitano. Ciò non significa che un Philosopher non sia in grado di simulare una personalità amichevole quando questo sia strumentale al raggiungimento dei suoi scopi, stratagemma che peraltro usa con grande frequenza. Le pulsioni fisiologiche delle creature viventi sulle prime risultano sgradevoli e persino sconcertanti al Philosopher, che tenderà pertanto a reprimerle ingenerando possibili sospetti e soprattutto mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del suo ospite. E' possibile che la maggiore dimistichezza acquisita ad ogni transito renda più semplice l'adattamento ai bisogni del corpo che occupa, rendendo possibili possessioni sempre più durature (e discrete).

In virtù dello Yoki che lo costituisce il Philosopher è in grado di esprimere effetti telepatici, telecinetici e di interazione dimensionale analoghi a quelli prodotti con i corrispondenti incantesimi dei Maghi, ed è anche in grado di alterare il fluire del Potere nell'ambiente in cui si trova per trarne sostentamento (questo soprattutto nei mondi poveri di Yoki come Sarakon) e per recuperare le forze. Il Philosopher è consapevole della precarietà della sua sussistenza in realtà povere di Yoki e pertanto tenderà a voler fare ritorno nel suo luogo di origine qualora il suo livello di Yoki approssimi la soglia al di sotto della quale sarebbe per lui impossibile aprire un varco verso "casa".
scritto da Muireal (o chi per lei) , 16:58 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
10 novembre 518
Sabato 12 Febbraio 2011

Confusione e dubbi

Se il Santuario è di una dea della natura selvaggia, dell'istinto e del piacere, perché il 1 di novembre? Quando mai poi le feste del Signore dei Corvi hanno portato bene agli Evocatori? Non mi sono mai fidata di certe storie. Il Dio Antico, infuriato, non può essere veramente benevolo verso i nostri tentativi. Prova invidia e odio per noi. E fastidio. Ne sono sicura. Il 6 di gennaio avremmo avuto la protezione di Lei. Tutto sarebbe stato più semplice. Tutto avrebbe avuto successo. E Lei avremmo richiamato per prima, con sicurezza, su questa Sarakon ingrigita e ignorante......
Ma Sand non poteva aspettare. Diceva che io non comprendevo. Lui anziano, io giovane e inesperta. Questa collazione io l'ho fatta al meglio. Tra i Luoghi Impuri e le Antiche Religioni. Ma, insisto, bisognava rispettare le feste della Dea che è non è lecito nominare. Lui aveva fretta, una fretta del diavolo, una fretta pazza, perché c'erano cose più grandi di noi all'opera. Impossessarsi del Santuario prima degli altri e fare tutto quello che serviva. Accelerare le pratiche di Bertrand. Stringere ogni tempo.
E non sono stata brava forse? Capire i Luoghi Impuri è forse facile? Discernere l'esegesi degli scolii nel commentario? Imparare a memoria e mettere in pratica senza errori? "Basta la minima imprecisione..." recitava quella chiosa, malevola.
Maestro mio, forse ci siamo sottovalutati a vicenda.... A te chi ci fosse dietro allo Schermo forse non interessava nulla: uno degli Antichi vale l'altro. Eppure non è così. L'ho sempre pensato e sentito. La Grande Dea si poteva piegare con gli artifizi dell'Evocazione, sedurla e farsi sedurre. Lei e le sue pàredre. Ma quell'oscuro Demone che ci tormentava........no. Era in agguato, aspettava l'occasione propizia e noi gliela abbiamo data. "Va' avanti", avresti detto. "Non ti spaventare come una bambina. Ogni meta è quella vittoriosa. La palingenesi è domani. I deboli saranno rovesciati. I forti, finalmente, vinceranno". Ed io, Maestro Sand, io, sono veramente tra i forti?
"La benedizione di un immenso Yoki", come tu la chiamavi, con ammirazione e (lo so) con invidia, mi sarebbe bastata per sopravvivere e per trionfare il giorno della palingenesi? Sfidando e piegando quel Demone violento e inquieto, ne ho dubitato. Forse, Maestro Sand, è perché tu con Costoro non ti sei mai veramente confrontato? Una filosofia senza esperienza quante probabilità ha di essere fallace? Lui diceva di essere il Signore di questa Terra, di poterla calcare con i suoi piedi di bronzo. Lui sì che aveva un immenso Yoki. E mi disprezzava, come tu Maestro Sand disprezzi, disprezzavi, i deboli. Lui che era immensamente più forte di te, di me, di noi.
Oggi Lui mi ha legata a sé, mi fa dimenticare le feste della Grande Dea, mi desidera, perché desidera la chiave che ho, la chiave che aprirà la sua porta. Mi ha graziata. Mi ha beneficata. Mi ha salvata da morte sicura. Perché mi vuole viva. Lui sa che in questo tempo, per lui un attimo della Sua esistenza immortale, io, io sola forse, ho la chiave. Perché Lui vuole tornare. Ma a fare che? Questo non mi è dato saperlo. E troppa potenza mi incute timore. Questo grande e feroce potere attenua la forza della sua blandizie...fino al nulla. Oltre le Sue stesse aspettative, sa incutere solo paura.
E, poi, quanto male. Quanto orrore. Perché? Ragazze innocenti e morti estratti dalle tombe. Se ha un senso, tutto è lecito. Ma ha un senso? E poi? Se non avesse senso? Se non avesse avuto senso? Avremmo richiamato Lui, il Signore di quella terra, come si chiamava. Il Grande Fabbro. Avrebbe calcato la terra. Evocato da un sacrificio. E che sacrificio.... "Quando giungerai al lembo estremo della tua pazienza e della tua arte involuta, della mia arte involuta; quando dalle infinite trasparenze del velo scorgerai le fattezze dell'Ombra, un'ultima impurità ti squarcerà quella debole placenta e il feto della tua creazione investirà il mondo inferiore. Sangue consacrato inumidirà il ritorto tessuto. L'Occhio Malevolo si volgerà verso il tuo Luogo. Gratitudine e benevolenza....". Con la nota dell'anonimo commentatore: "un consacrato alla Luce; un sacerdote o un paladino. Ma beneficato dalla Fede. Non una veste senza sostanza. Con questo inumidirai il Luogo, sì da renderlo impuro". "Là dove c'è forza dell'evocando e sostanza del contaminabile", ancora Bertrand con la sua prosa sorprendente. La forza della Dea e la sostanza di Pyros, il contaminabile. Il Santuario di Oulpianòs e l'opera benemerita dei Turniani con i loro templi dappertutto. Così adatti per quello che dovevo fare io.....
Ma il consacrato.....
Rimasti soli, chi poteva essere? Quella ragazza.... Non meritava di morire. No. Ma che potevamo fare? A quel punto. Se si è salvata e sono in fondo contenta, questo che vuol dire? Non lo so. Non lo so. Mi sento tanto sola.

Roland, dove sei? Con quel tuo buon senso, solo offuscato dall'amore. Dove sei? Mi manchi. Forse solo tu potresti ora riportarmi sulla retta via. Retta via. Che cos'è? Se la sarà cavata la mia ingenua controfigura? O Dei. Che faccio? Invoco gli Dei? Povera me. Da chi andrò?
Le Locuste mi aspettano...... Ereditare il ruolo di Marc Sand. Il mio sogno. Ma ha senso? Ha avuto senso? Non lo so. Non lo so.
Roland, dove sei? Ci sarai ancora?
Non lo so....
scritto da Micol Semeyr , 20:16 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
8 novembre 518
Lunedì 31 Gennaio 2011

Paura di morire

E' apparsa come una ninfa delle poesie del passato, una Driade tra gli alberi, mentre scrutavo il mio dovere. L'ennesimo dono. Sangue e piacere e vittoria. Folle che sono stato. O Tuo umile servitore? Non potevo fallire. Non potevo rinunciare. L'ho ghermita. Ma lo stregone...... Lo sapevo che sarebbe stato lui a farmi assaporare il sapore della sconfitta. L'ho capito quando ha creato la nube. Troppo vicina. Dannazione, troppo vicina. Per quanto lontano io possa colpire. Gli stregoni mi fanno paura. Non ho vergogna. La paura aiuta a sopravvivere. Anche alle Sorgenti del Tibur. Oh Dèi. Finché si combattono da soli....... Quando ho sentito le rune, un brivido mi è corso sulla schiena. E se ora potesse colpirmi? E se ora non fosse una semplice nube? Infatti..... Uno, due secondi per riflettere. La grotta del vecchio orso. Proteggimi, mia Signora dei boschi e delle foreste! Secondi per correre. Secondi per staccare. Oh, Dea, l'orrore e il dolore. Ho bevuto la mia bile, il mio sangue. La mia gamba.... Cani, poteste morire tutti di stenti. Non so come ho fatto a uscire da lì. Per più di un attimo ho pensato che dovessi morire. La Driade psicopompa mi conduceva alla morte, sinuosa, nel peccato. Bellezza, debolezza e sangue. L'ultimo piacere prima del colpo fatale. Mi hanno braccato come una lepre ferita. Annusando il mio dolore, il puzzo del cuoio che bruciava, come io stesso sarei bruciato. Le frecce proibite. I Denti del Serpente. Ne dovrò rendere conto. Ma la vita, la mia vita, va salvata, ad ogni costo......

Affanno. Mi inseguono ancora? Sì, certo. Assassini. Cani. Loro non sanno che cosa sia la paura e la prudenza. Si giocano il tutto per tutto. Preferiscono morire che restare invendicati. Quanto orrore dovrai ancora sopportare, o mia Signora? Mentre contaminano i tuoi sacri anfratti con le loro evocazioni oscure e le loro volgari benedizioni?
scritto da Gil-Palantir , 01:43 | permalink | markup wiki | commenti (2)
 
10 agosto 518
Giovedì 1 Aprile 2010

Per Lady Solice Foucault

Al castello del Leone
Stanco e triste era il Barone
Perchè aimè la sua consorte
Era a un passo dalla morte.

Magro e smunto era il suo volto
In preghiera ormai raccolto
Finchè un'Azzurra Dama
Lieta fece il suo proclama:

"Di tuo figlio il puro cuore
Donami senza timore
Vita lunga e giovinezza
Ti darà la mia carezza"

"No, giammai, strega crudele
Non berrò il tuo nero miele"
Disse fiera la morente
"Che ti venga un accidente!"

La Dama volse lo sguardo
Sul principino testardo
E tosto il brutto male
Lo ridusse a un vegetale.

"Di tua figlia adesso il cuore
Donami senza pudore
Se non vuoi che la sua vita
Sia da subito sfiorita"

"No di nuovo, odiosa bestia
Via da me la tua molestia
Meglio morta che violata
La mia figlia sfortunata"

Ma la bimba di nascosto
Pregò che a qualunque costo
Le venisse risparmiato
Questo calice dannato.

La Dama udì il suo pianto
E le si sedette accanto
Ebbra di compiacimento
Nel placare quel tormento.

"Il tesoro tuo più bello
Guarirà da ogni flagello
Se mi fai il dono fatale:
La tua anima immortale"

"L'anima e il cuore innocente
il mio corpo e la mia mente
Ti affido e ti consegno
Come eterno e sacro pegno"

Notte scende sul castello
Morte coglie il suo balzello
La promessa è stabilita
Ed il prezzo è la mia vita.
scritto da Lady Emanuelle Beart , 14:33 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
13 maggio 518
Domenica 26 Luglio 2009

Il dolore della contraddizione.

Come possono due cose, entrambe giuste, essere inconciliabili?
Si può essere fedeli a due cause, quando queste si scontrano così drammaticamente? Il giuramento e la fede, l'onore e la pietà divina. I doveri del cavalierato e quelli dell'uomo giusto.
Oggi sono stato costretto a prendere una decisione in fretta, senza il tempo per riflettere. Ho agito d'istinto, insieme ai miei compagni, e l'ho fatto. Ma adesso, a freddo, mentre i servitori strigliano i nostri cavalli e i compagni si fanno medicare le ferite riportate, la mia contraddizione si fa più dolorosa. Sono rimasto illeso nello scontro, ma soltanto nel corpo, non nello spirito. E non ci sono medici qui in grado di curare questo male.

"State combattendo contro la Chiesa".
Con voce limpida la giovane Paladina di Pyros mi ha intimato di deporre le armi.
Io non le ho dato ascolto ed ho incrociato la lama sia con lei che con il suo confratello dell'Ordine di Dytros. Ho strappato un lembo del mantello argentato che identifica i guerrieri del Dio dell'Onore, non ho avuto riguardo per i colori e i simboli della mia stessa Fede. Mi sono accanito sul Paladino ferito, suscitando nella giovane un moto di sdegno, dopo che lei si era mossa di scatto per intercettare una carica contro il suo compagno. Si è gettata volontariamente davanti alla lancia di Silas... Pyros l'ha protetta.E, per quanto assurdo, nel momento in cui ho visto che la carica non l'aveva colpita ho provato sollievo.

Mi hanno insegnato che la prima virtù di un cavaliere è quella di ubbidire agli ordini dei superiori. Ed è quello che ho fatto oggi, e non ho deluso Sir Lerideaux.Ho affrontato due Paladini in combattimento, ed è ben noto quanto siano forti e indomiti i soldati della Fede. Non per mio merito ma per fortuna non sono stato ferito. Dovrei essere contento.

Eppure... eppure sento che c'è qualcosa di enormemente sbagliato e inconciliabile in tutto questo.
Ho fatto un giuramento al mio Capitano, un giuramento vincolante davanti agli Dei. Ma fino a che punto si spinge il dovere di ubbidienza? Fino a che punto sono tenuto a ingoiare ogni rimorso e a svolgere qualsiasi incarico mi venga assegnato?

Mourden è stato un bagno di sangue, sin dall'inizio si era capito che non sarebbe stata una passeggiata. Oh, dal punto di vista strettamente militare sì, non ci vuole molto a stanare contadini, straziare villici, uccidere donne e bambini. Ma è sul piano umano che il peso di ogni giorno si fa più gravoso.
Sir Lerideaux ieri notte, vedendomi incerto e pensieroso dopo il massacro, mi si è avvicinato e mi ha offerto un sollievo per l'anima, una sostanza dolciastra di cui so che fanno uso diversi miei compagni. Ho ringraziato, ma non ho accettato. Non credo che sia il sollievo artificiale, l'oblio indotto da qualcosa di dolce, la risposta alle mie preoccupazioni.
Io voglio venirne a capo sul serio, e farlo con l'animo lucido.

Sono stato educato all'onore militare da mio padre, da mio nonno, dai miei maesti d'armi nel corso di questi anni. Quando ho ricevuto l'enorme privilegio di essere invitato a far parte della guardia scelta di Lord Albert Keitel, tre anni fa, tutta la mia famiglia mi ha appoggiato, ha gioito con me, sognando che questo mi avrebbe portato in alto. E invece... pochi mesi fa la notizia sconcertante, Lord Albert bandito dalla sua terra e noi, che abbiamo deciso di restargli fedeli nella sfortuna così come lo eravamo stati nella gloria, abbiamo dovuto abbandonare tutto.
I miei genitori mi hanno sostenuto anche in questa difficile decisione. La fedeltà al giuramento è più importante di un opportunistico discorso di privilegi, e anche se ormai appartenere alla Squadra dell'Aquila significa essere dei fuori legge nella propria patria, e poco più che mercenari altrove, mi hanno incoraggiato a restare.
Ed eccomi qua.
Logorato dai ripensamenti, dal rimorso. Dal dubbio atroce che in fondo non fosse così sbagliata la decisione del Barone Lord Benedict di bandire suo figlio. Perchè dov'è l'onore e la giustizia nell'uccidere villici inermi? Nel combattere contro Paladini di Pyros e di Dytros, sporcando di sangue i colori davanti ai quali noi stessi abbiamo giurato?

Il cielo mi aiuti, non so che fare. Non so a chi chiedere consiglio, a chi confidare le mie incertezze. Dobbiamo affamare la gente rinchiusa in quella torre, farli uscire, ucciderli... dobbiamo dimenticare ogni pietà umana... e divina. Qual è l'alternativa? Disertare? Oppormi agli ordini del mio Capitano? E cosa rimane, nella mia vita, oltre a questa fedeltà? Avrei dovuto arrendermi oggi, davanti ai Paladini, e deporre le armi. Forse quella è stata l'ultima occasione di salvezza per la mia anima. Ma ho scelto di combattere... e non penso possa esistere misericordia per un uomo come me.
Adesso è la fedeltà terrena agli ordini, allo Squadrone Speciale, tutto ciò che mi resta. Ma non so... non lo so proprio se mi basta.



scritto da Oystein D'Amberville , 19:18 | permalink | markup wiki | commenti (0)