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Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
creato il: 20/05/2005   messaggi totali: 91   commenti totali: 32
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Scritto il 09/02/2007 · 27 di 91 (mostra altri)
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7 Maggio 517
Venerdì 9 Febbraio 2007

Il primo giorno

Il pugno lo colpì al viso con una forza tale da sbilanciarlo: immediatamente dopo un altro lo raggiunse alla bocca dello stomaco, costringendolo ad accasciarsi al suolo. Lo sconosciuto che mi aveva detto di chiamarsi Jack riprese lentamente fiato, mettendo una mano sull'elsa della spada.

"Sfoderala", gli disse sir Thomas con aria di sfida, facendo altrettanto.
"Avanti, sfoderala. Un pretesto è tutto ciò che mi serve".

Il mio assalitore si guardò intorno, contando i tre uomini intenti a circondarlo, quattro considerando il loro capitano. Sir Thomas era comparso meno di un minuto prima dietro le sue spalle; con un forte strattone lo aveva costretto ad abbandonare la presa su di me, per poi affrontarlo a mani nude. Lo scontro, se cosi' si poteva chiamare, era durato poco: il capitano della guardia di mio padre, considerato uno dei più abili combattenti di Beid, viveva all'altezza della sua fama.

"Non intendo battermi" disse Jack, sputando sangue. "Ritieniti fortunato".

"Alzati".

Abbozzò un sorriso. "Vuoi picchiarmi ancora?"

"Hai tre scelte di fronte a te", continuò sir Thomas ignorando la domanda. "Combattere da uomo, morire o arrenderti. E ti prometto una cosa, non sarai in grado di distinguere la prima dalla seconda".

Jack si alzò, lentamente. Nel giro di pochi secondi gli uomini di mio padre gli furono addosso, disarmandolo e privandolo dello scarso equipaggiamento che aveva indosso. In terra, oltre alla sua spada vennero gettati un sacchetto di monete, una pergamena sigillata e... una carta da gioco?

"Tutto bene?" La voce di sir Thomas mi distrasse di colpo da quegli oggetti.

"Si, io... vi ringrazio", fu tutto quello che riuscii a dire. Malgrado la mia risposta vidi che continuava a fissarmi negli occhi, con espressione poco convinta.

"Siete certa di stare bene?" mi chiese nuovamente, osservandomi da capo a piedi alla ricerca di possibili ferite. Istintivamente feci un passo indietro ma sir Thomas mi fermò all'istante.

"Attenta!" disse, indicando qualcosa che si trovava dietro di me. Seguendo con lo sguardo la traiettoria tracciata dal suo dito mi resi conto con orrore che si trattava dell'esito del conato avuto pochi minuti prima.

Per una frazione di secondo pensai che quella scena quasi surreale avrebbe fatto ridere moltissimo in un contesto diverso, magari raccontata attorno al tavolo di una locanda insieme alla mia amica Julie e agli altri ragazzi di Caen: Julie, Guelfo, Loic... Ricordi di pochi giorni prima, che in quel momento sembravano infintamente distanti.

Le immagini dei miei compagni svanirono l'istante successivo, quando i ricordi legati alle rivelazioni del cavaliere misterioso tornarono ad affacciarsi violentemente sulla mia mente.

"Rosalie", dissi a sir Thomas, "Quell'uomo è coinvolto in un progetto di rapimento che riguarda Rosalie Lambert! Dobbiamo trovarla, si trova in grave pericolo! Mi ha mostrato una sua lettera, forse in questo momento si trova..."

Mi fermai di scatto: ero talmente concentrata sulle mie parole da aver notato con colpevole ritardo l'espressione di tristezza che, con mio grande stupore, si era formata sul volto del capitano a seguito delle mie parole.

"Che... che succede?" chiesi, cercando di decifrare quello sguardo. Poi capii.

"Voi...voi lo sapevate?"

"Mi dispiace", disse chinando il capo. "Mi è stato esplicitamente ordinato di non dirvi nulla".

"Come avete potuto? Chi è stato a costringervi a fare una cosa del genere?"

Mentre parlavo sentivo tornare la disperazione, ma questa volta non portava con sè il pianto; era più simile a una spenta tristezza, che gelava il cuore invece di infiammarlo.

"E' stato mio padre?"

Sir Thomas annui'. "Il marchese ha preferito contenere la notizia affinché non avesse impatti negativi sui festeggiamenti. Puo' sembrare una scelta spietata e in cuor mio non la condivido, ma vi garantisco che la comprendo se penso alla posizione che ricopre. In ogni caso, il mio parere non conta: non ho altra scelta se non quella di onorare il giuramento che ho prestato. Sappiate soltanto che ha incaricato uno dei migliori uomini di Valamer di ritrovarla, un vecchio amico di suo padre".

Non appena ebbe pronunciato queste parole, tornò a voltarsi in direzione del prigioniero.

"Ti vedo bene insieme a lei", disse Jack mascherando con un sorriso l'espressione di dolore provocata dalle corde che i soldati gli avevano nel frattempo stretto ai polsi. "A conti fatti, siete due vittime di un giuramento. Beh, ho una brutta notizia per te: stai per giocarti l'unica possibilità che hai per continuare a onorare il tuo".

"Dove si trova Rosalie Lambert?"

"Che senso ha rispondere? Mi torturerete comunque, preferisco spendere il poco che so nel corso dell'interrogatorio cosi' da non farvi pensare che ci sia dell'altro, perchè credimi, non c'è".

"Parla ora" rispose sir Thomas, "aiutaci a ritrovarla sana e salva e faro' in modo di non farti torturare. Ma se non parli", aggiunse, "sarò io stesso a farlo". Potevo sentirlo, diceva la verità.

"Un'ora con lei", disse il prigioniero, fissandomi. "Ho bisogno di parlarle, da solo. Concedetemi questo e vi darò ogni informazione in mio possess.." un forte quanto improvviso manrovescio gli spezzò la frase, impedendogli di continuare.

Sir Thomas si avvicinò al suo volto, guardandolo negli occhi. "Non provare neppure a pensare di poter contrattare qualcosa nelle tue condizioni. Tu mi dirai quello che voglio sapere, o la tua testa rotolerà prima della fine della primavera".

"Forse", rispose Jack. "Ma tu non sarai li' a vederla, visto che sarai morto nel giro di sette giorni". Il suo tono era sprezzante ed evidentemente di scherno, tuttavia quando ascoltai quelle parole avvertii una strana sensazione... Che potesse esserci del vero?

"Portatelo via", sentenziò sir Thomas. "Non intendo mostrare a lady Solice uno spettacolo inadeguato alla sua vista". I soldati ubbidirono, trascinandolo fuori dal giardino.

"Un'ora, Joan" esclamò Jack mentre lo spingevano verso l'esterno. "Ti chiedo solo un'ora, e saranno tutti salvi!".

Sir Thomas si chinò a terra, raccogliendo la pergamena e la carta da gioco. Passò alcuni istanti a osservare il disegno di quest'ultima, in silenzio.

"Fante di quadri", disse dopo un po'. "Un portafortuna, forse".

Annuii, con poca convinzione. In realtà l'unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi era su Rosalie, e su mio padre... Perchè tenermi nascosta una faccenda tanto grave? Aver temuto per i festeggiamenti era una spiegazione plausibile, in quelle circostanze una notizia tanto spiacevole avrebbe scatenato il panico specie considerando la storia della famiglia di Rosalie... Ma perchè non dirlo a me, sua figlia? Quale lo scopo di tenermi all'oscuro?

"Dovete dirmi chi ha il comando della spedizione di ricerca", chiesi a sir Thomas. Ho intenzione di partecipare, metterò al suo servizio la mia spada e le mie capacità".

Il capitano scosse la testa. "Mi spiace, ma questo non è possibile".

"Perche'? E' come una sorella per me, sono intenzionata a compiere tutto quello che serve per riaverla".

Sir Thomas mi guardò con espressione triste. "Sono partiti da due giorni", disse poi. "C'e' la possibilità che abbiano trovato alcune possibili tracce. Nessuno è in grado di dire esattamente qual è la loro posizione attuale, e qualsiasi nuova aggiunta non farebbe altro che rallentarli... inoltre suo padre mi ha raccomandato di vegliare su di voi, ed è quello che intendo fare".

"Vi ringrazio di nuovo, ma non voglio essere un peso per voi, non dentro le mura di questa casa".

"Credetemi, non siete affatto un peso. In ogni caso, fino a quando sarete a Beid sarà mio compito proteggervi: ovunque avrete intenzione di andare", aggiunse con un sorriso, "non sperate di liberarvi di me".

Annuii, riproponendomi di tentare quel discorso più tardi, magari con mio padre. "La lettera è sigillata?" chiesi poi.

"Sembra proprio di si. Mi chiedo che senso abbia, di certo non ha avuto modo di leggerla a meno che non sia lui stesso l'autore".

"Avete intenzione di aprirla?" Chiesi guardando il sigillo da una certa distanza: sembrava piuttosto anonimo, senza incisioni o stemmi particolari ad eccezione di un simbolo dall'aspetto piuttosto elementare.

Sir Thomas mi guardò. "Non posso fare altrimenti: se c'è anche solo una minima speranza che possa aiutarci a ritrovare Rosalie o a spiegare le motivazioni dietro all'aggressione che avete subito, ho bisogno di saperlo al piu'presto... A meno che un paladino non me lo impedisca".

"Non lo farò", dissi scuotendo la testa. "Ma, se non posso muovermi liberamente, vi prego almeno di consentirmi di prendere parte allo studio e alla lettura di queste informazioni".

"Non credo sarebbe una buona idea; potreste aver modo di leggere informazioni crudeli o difficili da digerire, gli dei ce ne scampino".

"Non ho paura della verità", dissi.

"Molto bene allora. Se è così che dev'essere, così sarà". Cosi' dicendo, mi porse la mano contenente la carta da gioco.

Lo guardai con aria interrogativa. "Non mi sembra di aver chiesto quella..."

"Il contenuto della pergamena potrebbe essere pericoloso per più di un motivo", mi spiegò, notando il mio sguardo perplesso. "Per quanto improbabile, ritengo sia piu' sicuro controllarla con attenzione prima di affrontarne la lettura diretta. Fortunatamente" aggiunse con un sorriso "non c'è questo rischio per le carte da gioco... anche se mi rendo conto che sia un indizio di portata assai minore".

Il tono spavaldo dell'ultima frase tradiva il reale significato delle sue parole. Era preoccupato per me, temeva ancora che il contenuto di quella pergamena avrebbe potuto sconvolgermi o mettermi in una condizione ancora piu' difficile.

"Ho intenzione di leggere comunque quella pergamena non appena l'avrete controllata. Qualsiasi sia il contenuto". Cosi' dicendo, presi la carta dalle sue mani.

"E sia."

"Dite davvero?"

"Non temete", aggiunse notando la mia espressione incredula, "onorerò la parola data. In fondo, possedete una conoscenza dei testi scritti di molto superiore alla mia, siete senz'altro piu' indicata di me ad affrontarne la lettura. Ora vi chiedo di scusarmi, ma ho bisogno di parlare ancora un pò con il nostro nuovo ospite".

Annuii, salutandolo mentre si allontanava. Sapevo bene cosa andava a fare, e non si sarebbe trattato certo di una chiacchierata: d'altronde, sapevo di non avere alcuna autorità per poter assistere a quel primo interrogatorio o per impedire che avesse luogo.

Tirai un profondo sospiro: per quanto breve, quella discussione era riuscita a distrarmi dalla tragicità delle rivelazioni di poco prima.

Rimasta sola, abbassai lo sguardo verso la carta da gioco ospitata dal palmo della mia mano. A giudicare dallo stile e dal tratto, il disegno sembrava particolarmente vecchio, forse addirittura antico... Ma era in ogni caso una semplice carta da gioco, che di certo non mi avrebbe fornito alcuna informazione.

"Fante di quadri", dissi ad alta voce. "Scommetto che avresti un sacco di cose da raccontarmi, se soltanto potessi parlare".

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Scritto il 09/02/2007 · 27 di 91 (mostra altri)
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