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Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
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Scritto il 23/01/2007 · 26 di 91 (mostra altri)
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7 Maggio 517
Martedì 23 Gennaio 2007

Il cavaliere misterioso (terza parte)

La grafia della lettera non lasciava dubbi. La mano le tremava, e volte l'inchiostro si confondeva allargandosi dentro piccole macchie scure che sembravano lacrime, ma era lei. "Rosalie", pensai mentre leggevo quelle poche righe. "Cosa ti hanno fatto?"

"Come vedi," disse impassibile il mio interlocutore, "le manchi molto. Del resto non credo abbia molta voglia di stare li' dove si trova. Ogni mattina..."

"Accetto".

Fece una pausa, guardandomi negli occhi. Poi riprese a parlare, ignorandomi. "Ogni mattina, un cavaliere dall'armatura del colore dell'ebano viene a farle visita. Il primo giorno le ha strappato i vestiti, dopo non è stato piu' necessario, non li aveva piu'. Il secondo giorno ha cominciato a picchiarla..."

"Ho detto che accetto". Mi chinai lentamente, posando il liuto sul prato del giardino. Respirai profondamente, augurandomi di rivederlo in futuro.

"Non credo tu abbia capito", continuo' lui. "Dopo averla violata, ha cominciato a picchiarla. Credo che abbia una predilezione per le paladine che piangono, a giudicare dalle urla che si sentivano". Poi mi guardo' negli occhi, sorridendo. "Sai, non credo che gliene freghera' niente del fatto che sei una lady. Potrà solo eccitarlo di piu'".

Non riuscivo a capire. Per quale motivo mi stava dicendo quelle cose? Sapevo che le conseguenze dela decisione che ero costretta a prendere sarebbero state tragiche, ma quelle parole non erano certo quello che ci voleva per convincermi. Lentamente, sentii le mie gambe mentre incominciavano a tremare. Per quanto ci provassi, non c'era alcun modo di fermarle. Cosa mi stava succedendo? Pensai a Rosalie, alle sofferenze che quell'individuo abominevole mi stava descrivendo cosi' dettagliatamente; la cosa peggiore era riuscire a percepirne la sincerita', la veridicità.

Il mio interlocutore continuò a parlare, descrivendo violenze oscene quanto empie. Mentre apprendevo i dettagli delle torture subite da Rosalie, qualcosa iniziava lentamente a contorcersi dentro di me. Ora che avevo accettato, avrei subito io quelle violenze? Le parole, le situazioni che stavo ascoltando erano vere. Mostruosamente vere. Non ero mai arrivata cosi' vicina a detestare il dono che Pyros mi aveva dato. Lo stomaco mi faceva male. Cominciai rapidamente a non volerle piu' sentire: non volevo sapere la verita', non volevo sapere niente.

"Ogni notte la morde in un posto diverso, staccando dal suo corpo lembi di pelle. La divora lentamente, succhiandone poi il sangue dalle ferite. Com'e' il tuo sangue, Joan? Scommetto che e' dolce..."

Pochi istanti dopo caddi in ginocchio, stringendo la mia testa con le mani all'altezza delle orecchie piu' forte che potevo, singhiozzando. No, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, NO! Non volevo sentire. Soffrivo per l'amica a cui volevo bene come a una sorella, ma piu' di ogni altra cosa - Pyros, perdonami - soffrivo per la sincerità di quelle parole: avrei preso io il posto di Rosalie. Il suo inferno sarebbe terminato, il mio stava per iniziare. Lo volevo davvero? ero abbastanza forte per volerlo? Immagini partorite dalle parole che avevo appena sentito cominciarono a infestare il mio cervello. Vidi gli occhi terrorizzati di Rosalie, spalancati e colmi di lacrime... Poi mi accorsi che non erano i suoi occhi. Erano i miei. Cominciai a tossire violentemente, dagli occhi, dal naso, dalla bocca. Facevo schifo. Facevo schifo. Pensavo di farcela, ma mi sbagliavo. Mi facevo schifo.

Il mio interlocutore mi osservò a lungo, guardandomi dall'alto verso il basso. Ebbe cura di fornirmi qualche altro dettaglio, poi mi guardò vomitare.

Aspettò pazientemente che riprendessi fiato. "Non preoccuparti, Joan", disse sorridendo: "capisco perfettamente come ti senti. In realta', a dispetto di quanto tu creda..."

"...."

Si fermo'. "Cosa?"

Dicono che non si smette mai di scavare. Quel giorno capii quanto questo non fosse vero. Avevo tradito Pyros, avevo tradito Rosalie. Se quel pozzo aveva un fondo, ero riuscita a forarlo, e in quel momento mi trovavo in bilico su un baratro entro il cui abisso infinito avrei continuato per sempre a sprofondare. Null'altro avrebbe potuto rendermi piu' vile, piu' vigliacca, piu' meschina. Non mi avrebbero mangiata, ma da quel momento in avanti non avrei meritato altro. Non avrebbero bevuto il mio sangue, lo avrei reso per sempre avvelenato. Neppure la morte avrebbe potuto lavare la mia coscienza, nessuno - ne' Pyros, ne' Rosalie - sarebbe mai riuscito a perdonarmi. Sarei morta in ogni caso, non avrebbe fatto alcuna differenza. In quel momento capii di non avere altra scelta.

"A..Accett..to", dissi lentamente. Per due volte tentai di rialzarmi ma le mie gambe non furono in grado di sorreggermi, facendomi cadere con la faccia riversa sul prato.

Il mio interlocutore mi guardò sorpreso. "Non stai dicendo sul serio", disse preoccupato. Non capii il senso di quella domanda, ma non mi importava.

"Accetto", dissi ancora. Stavolta riuscii ad alzarmi in piedi. Cercai di ripulirmi con la mano. "Sul mio onore di Paladina, prendo l'impegno di mantenere la mia parola."

Scosse la testa, arretrando di un passo. Il modo con cui mi guardava era strano, non riuscivo a capire. Non gli stavo forse dando ciò che aveva detto di volere fin dall'inizio?

Balbetto' alcune parole che non avevano alcun senso. "... avevano ragione. Sei davvero... l'innocenza". Dopo pochi istanti riusci' a riprendere il controllo, ed il suo sguardo riacquistò lentamente colore.

Ripresi a parlare. "Voglio che tu mi dica l'ora e il luogo in cui lascerete andare Rosalie. Avra' bisogno di cure. Non appena sara' al sicuro, faro' cio' che vuoi".

Impallidii quando lo vidi scuotere la testa. "Mi spiace", disse con voce piatta. "Non accadrà".

"Cosa vuoi dire? Abbiamo fatto un patto! Ho accettato le tue richieste, verrò con te!" Non riuscivo a crederci: come mai si stava tirando indietro? Le sue parole erano veritiere, la lettera era veritiera. Rosalie si trovava nelle loro mani. Cosa stava succedendo?

"Non immaginavo che avresti accettato. Ero quasi certo che la profezia si sbagliasse, ma era necessario avere la conferma. Ora ce l'ho, la conferma che ero nel torto. E che loro hanno ragione." La sua espressione si rabbuiò.

"Non... Non lascerete andare Rosalie, non è cosi'?"

Con mio sommo sconforto, scosse la testa. "Rosalie è già in viaggio", disse poi. "E ora ho la certezza che avevano ragione anche su di lei."

"Di cosa stai parlando!" gridai, in preda al dolore. Piu' parlava, piu' mi sentivo cieca. "Perche' state facendo questo? Chi siete? Chi sono loro?"

"Noi non siamo niente: e' questo il problema. Ma tu", disse, indicandomi, "sei in grave pericolo. La profezia ha iniziato a compiersi, e tu ne prenderai parte come gli altri".

"Chi sono gli "altri"?" Non capivo. Non capivo nulla. "Dimmi cosa devo fare per salvarla, dimmi cosa vuoi che faccia!"

Ancora una volta scosse la testa. "Non c'e' nulla che tu possa fare. Non lo capisci?" Un attimo dopo mi fu addosso. Non me l'aspettavo; prima che potessi reagire mi afferrò saldamente per la spalla, scuotendomi.

"Lasciami!", dissi, cercando di scuotermi dalla morsa.

"Non lo capisci?" ripetè. Riuscivo a leggere la frustrazione, la rabbia nei suoi occhi. "Presto sarai morta. Faranno tutto quello che serve affinche' questo accada, lo capisci?" Si guardò intorno, per poi posare ancora lo sguardo su di me. "Verranno qui, e non si fermeranno di fronte a niente. Ci sarà una guerra, se sarà necessario."

Qualunque cosa stesse dicendo, potevo sentire che era convinto di dire la verità. "Chi sono "loro"? Chi verrà qui?" Continuai a chiedergli, ma era evidente che non aveva alcuna intenzione di rispondermi.

Poi, ad un tratto, accadde qualcosa che ne' io ne' lui avevamo previsto.

[continua]

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Scritto il 23/01/2007 · 26 di 91 (mostra altri)
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