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Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
creato il: 20/05/2005   messaggi totali: 91   commenti totali: 32
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Scritto il 20/02/2007 · 28 di 91 (mostra altri)
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8 maggio 517
Martedì 20 Febbraio 2007

Il secondo giorno

Mancano soltanto 6 giorni al grande evento che tutti aspettano con ansia: il 14 Maggio dell'anno 517 mio fratello Ryan prenderà in sposa lady Amy Ripley, sancendo l'unione tra le nostre due famiglie.

In tutta la città si riesce a percepire un clima di festa e di gioia, e i fatti relativi alla mia insolita esperienza non sono stati di certo sufficienti a rovinarlo.

Mio fratello, non appena informato dell'incidente, si è precipitato nelle mie stanze: ha voluto che gli raccontassi tutto con dovizia di particolari, poi mi ha tenuta stretta per tutta la sera senza dire nulla, rifiutandosi di andare via anche quando vennero a chiamarlo per il banchetto del vespro. Abbiamo pregato insieme e parlato tantissimo, ed è stato grazie a lui che sono riuscita ad allentare la presa che la strana serie di eventi aveva cominciato a esercitare sulla mia mente. Ha insistito perché gli raccontassi le mie ultime esperienze a Focault e con i miei amici, ed è stato molto sorpreso di sentire che non si trattava di uomini di chiesa. Spiegargli tutto ha richiesto molto tempo, ma alla fine mi ha visto convinta della nobiltà d'animo dei miei nuovi compagni e credo che abbia deciso di fidarsi di me. La cosa che più mi è dispiaciuta è stata il non potergli dire della promessa fatta a padre Lorenzo: provo un sentimento di disagio a tenergli nascosto qualcosa, ma tale è il volere degli dei e ho tutta l'intenzione di onorare il mio giuramento e la fiducia che mi è stata accordata.

Ryan mi ha anche confidato tutte le sue paure a proposito del matrimonio: la sua paura di sentirsi inadeguato o inadatto al ruolo di consorte e di futuro feudatario ricorda molto da vicino i miei timori nei confronti della fede nel dio della Luce e della Verità. Ho cercato di trovare le parole giuste per rassicurarlo, spero tanto di essere riuscita a ricambiare parte dell'aiuto che mi ha dato.

Il sogno che ho fatto quella notte mi ha lasciata molto turbata. Probabilmente è stata l'impressione per i fatti avvenuti nel pomeriggio, ma mi è capitato di sognare Jack.

In realtà non lo vedevo, ma al tempo stesso ero consapevole della sua presenza durante tutto il sogno. Sapevo che mi osservava, forse nascosto da qualche parte, ma non riuscivo a capire dove: questo pensiero mi metteva addosso una certa ansia e mi impediva di fare qualsiasi cosa fuorché cercarlo. Inizialmente ero convinta di trovarmi nel palazzo di mio padre qui a Beid, ma man mano che aprivo le porte delle varie stanze il corridoio diventava via via più simile a quello del monastero di Focault.

D'un tratto, spalancando l'ennesima porta, mi trovai di fronte la stessa stanza che per molti mesi ebbi modo di condividere con Rosalie e Valerie. Ripensai a come, sia pure per motivi diversi, entrambe abbandonarono quel luogo molto prima di me, e a quanto mi fossero mancate durante l'ultimo periodo della mia permanenza li'. Eravamo molto legate: io ero la piu' piccola delle tre, e non capivo come mai quella stanza per loro fosse così stretta.

"ma ora lo sai, no?"

A parlare era Jack, seduto su quello che una volta era stato il letto di Valerie. Aveva ragione, col tempo l'avevo capito. Durante le cinque settimane in cui convinsero padre Fran a farle uscire dal monastero fecero di tutto per portarmi con loro, ma io sapevo di non poterlo fare: avrei disonorato la mia fede e la mia famiglia.

"quindi le tue compagne hanno disonorato la loro fede e la loro famiglia".

No, erano più grandi di me e in ogni caso non hanno fatto nulla di male.

"se non hanno fatto nulla di male, potevi uscire anche tu". No non potevo, mi sarei persa e in ogni caso non ne avevo l'intenzione. "non ne avevi l'intenzione o non ne avevi il coraggio?" avevo promesso di non uscire mai. "quindi le tue compagne hanno infranto una promessa?" avevano ricevuto l'incarico da un sacerdote "lo sai benissimo come Rosalie ha ottenuto quell'incarico" no non lo so "si lo sai" no non lo so "si che lo sai" ho detto che NON LO SO "non lo sai o non lo vuoi sapere" NON LO SO!!! "non dovresti dire le bugie a quel punto tanto valeva uscire e andare a divertirsi" sono sempre tornate al monastero sempre sempre "e ti raccontavano cosa avevano fatto cosa avevano visto" non ascoltavo quei discorsi "si che lo facevi" non ascoltavo quei discorsi "volevi uscire" non volevo uscire "si che volevi uscire" NO NON VOLEVO USCIRE "non c'è niente di male a voler uscire" NON VOLEVO USCIRE NON VOLEVO USCIRE "non c'è niente di male a uscire" BENE ALLORA ESCI DALLA MIA TESTA

... e fu a quel punto che mi svegliai. Li' per li' ero terrorizzata, ma piano piano riuscii a calmarmi ascoltando i miei stessi respiri al buio; nessuno mi osservava.

Cominciai a pregare, poi mi assalì il pensiero di Rosalie e della sua lettera: piansi un po',per poi pregare ancora. Non potevo proprio fare nulla per lei a parte pregare? L'unica speranza era appesa al filo portato dai soldati di Beid incaricati di ritrovarla. Sir Thomas mi aveva detto che si trattava di persone che conoscevano suo padre, avrebbero fatto di tutto per ritrovarla.

Dopo essermi calmata del tutto, mi alzai dal letto alla ricerca di un pò d'acqua. In camera non ne avevo, così aprii la porta e mi incamminai nel corridoio in direzione delle scale. Passando di fronte allo studio, fui sorpresa di vedere la luce accesa malgrado l'ora tarda; quasi involontariamente mi fermai ad ascoltare la discussione che stava avendo luogo proprio in quel momento, dietro quella porta.

"Quanti ha riferito di averne contati?"

"Tre plotoni completi, in arme".

"Non avrebbe senso... non in uniforme. Non sarebbe la prima volta, ma... non in uniforme".

"Così ha detto di aver visto. E' possibile che si sia sbagliato".

"Quanti ne sono al corrente?"

"Soltanto il mio secondo, signore, al quale ho impartito l'ordine di non dire una parola".

"E la manterrà? Non ho intenzione di far si' che il panico comprometta la cerimonia".

"Con tutto il rispetto, signore... Dobbiamo anche pensare a cosa questo può significare. Non siamo amati al di là del confine, e in quattro giorni..."

"Non ho intenzione di discutere ulteriormente. Avete l'autorità necessaria per fare luce sulla vicenda senza disturbare mio figlio".

"Lord Ryan resta comunque il secondo in comando, io penso che aiuterebbe molto una sua..."

"Sir Thomas, siete troppo abile con la spada per essere sordo. Devo dedurre che siete stanco, il che mi sembra un ottimo motivo per concedervi di ritirarvi".

"Ma..."

"Potete andare".

Ebbi appena il tempo di scostarmi dall'area di apertura della porta, prima che sir Thomas Keen uscisse a passo veloce dallo studio di mio padre. Il Capitano della Guardia scese rapidamente le scale, poi picchiò violentemente con il pugno guantato sul muro, producendo un rumore secco che svegliò Sigmund, lo stalliere che dormiva lì nei pressi.

"Comandi!" disse sobbalzando, ancora mezzo addormentato.

"Spada e cavallo. Subito. E sveglia Yurae e Varal, di' loro che li aspetto all'uscita delle stalle."

Sigmund si limitò ad annuire, ripedendo frammenti di parole: poi si precipitò ad eseguire gli ordini. Sir Thomas sembrava davvero preoccupato, d'altro canto la conversazione che avevo appena ascoltato non lasciava molti dubbi su quello che poteva essere il suo umore.

Come avrei dovuto interpretare quelle parole? Il loro significato mi sembrava fin troppo evidente: ma cosa potevo fare? Se mio padre voleva tenere all'oscuro persino Ryan fino al termine delle nozze, di certo non avrebbe detto nulla a me; avrei potuto parlarne con sir Thomas al suo ritorno, ma non avevo alcuna garanzia che avrebbe acconsentito: inoltre, l'indomani sarebbe stato il giorno dell'interrogatorio di Jack.

Jack... continuai a pensare a quel nome mentre tornai a rapidi passi verso la mia camera: il suo arrivo stava cominciando a coincidere con troppi eventi insoliti. Forse avrei dovuto provare a convincere sir Thomas a farmici parlare: malgrado l'assurdità e l'inspiegabilità del suo gesto, a tratti mi sembrava insolitamente sincero. O forse ero ancora influenzata da quello strano sogno... Difficile dirlo.

Tornai sotto le coperte. Avevo dimenticato l'acqua: meglio cosi', pensai, non avevo molta voglia di sognare ancora e la sete mi avrebbe tenuta sveglia fino all'indomani. Nell'atto di spegnere la lanterna, la mia mano sfiorò la carta da gioco che avevo lasciato vicino al tavolo posto di fianco al letto. Per un attimo mi venne un pensiero assurdo, ma subito lo scacciai scuotendo la testa, con una risata. Non poteva certo essere...


E cosi', torniamo a oggi. Mi sono "svegliata", se cosi' si puo' dire, molto presto. Ho incontrato mio padre per colazione, apprendendo una notizia che già sapevo: sir Thomas, Yurae e Varal erano andati a compiere un giro di perlustrazione. Ho provato per qualche minuto ad annuire soltanto, ma poi guardandolo negli occhi non ce l'ho piu' fatta: era mio padre, doveva sapere che sapevo.

"Ne sono a conoscenza. Li ho visti partire, ieri notte".

"Davvero? Sono sorpreso, pensavo fossi tra le braccia di Kayah".

"Non riuscivo a dormire. Ho fatto uno strano sogno, quindi sono uscita e vi ho sentito discutere..."

Pronunciai quelle parole guardando negli occhi mio padre, Lord Elias Kenson. Mi aspettavo un rimprovero, una giustificazione... Non ci fu niente di tutto questo.

"Non sono piu' una bambina, papà. Se qualcosa vi preoccupa, voglio saperlo".

"Non c'è nulla che mi preoccupa, piccola mia. Qualche soldato di Keib ha oltrepassato il confine, e allora? Lo fanno da anni. I nostri soldati ci sono apposta per impedire che possano fare qualcosa di piu' che rubarsi qualche pecora o tagliare un albero o due".

"Sir Thomas sembrava preoccupato".

"Sir Thomas è ancora un ragazzo, il suo sangue è caldo: se avesse una donna al suo fianco, non vedrebbe battaglie imminenti dove non ve ne sono".

"Padre", dissi nel modo piu' rispettoso che potevo, "non è mia intenzione mancarvi di rispetto: voglio che voi sappiate che, se ci fosse qualcosa che vi dovesse turbare, sono pronta a saperlo. Mi avete protetta a sufficienza dalle insidie del mondo, è giusto che impari a conoscere cosa minaccia la nostra terra".

Lui mi guardò sorridendo. "Piccola mia. Sei cresciuta cosi' tanto... Mi ricordi tua madre, faceva gli stessi discorsi. Ti ringrazio per la tua buona volontà", aggiunse, "ma ti assicuro che non abbiamo niente da temere. In ogni caso, sir Thomas sta controllando le testimonianze di chi dice di aver visto questi soldati. Presto sapremo quante pecore hanno rubato i nostri simpatici cugini".

Cugini. Era questo l'epiteto con cui gli abitanti di Beid e Keib si chiamavano l'un l'altro, fingendo di considerare le violente e sanguinose guerre occorse nell'ultimo secolo come una antipatica lite familiare. Non avevo mai visto i miei cugini, i miei fratelli mi dicevano sempre che era un bene, visto che ci avrebbero voluti vedere tutti quanti morti. Ryan, lui a volte li aveva incontrati: era stato inviato in piu' di un'occasione al castello di Adare, in rappresentanza di mio padre. Ad accompagnarlo c'erano sempre stati anche sir Thomas, Yurae, Varal e anche zio Jerome, Malaki, Jen e molti altri.

Fu con quei pensieri che mi congedai dal tavolo di mio padre. Jack e le sue frasi enigmatiche e minacciose, i soldati in uniforme, il mio sonno agitato: cominciavo a pensare che qualcosa di molto, molto grosso sarebbe accaduto di li' a poco.

Ma cosa?
scritto da Solice , 02:47 | permalink | markup wiki | commenti (0)
Scritto il 20/02/2007 · 28 di 91 (mostra altri)
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