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8 settembre 516
Domenica 20 Ottobre 2013
E' quasi magia...
Se mai arriverò a sentirmi brontolare lo stomaco davanti a un Kreepar, significa che sto a digiuno da troppi giorni.
Sono creature grottesche, simili a gamberi o a insetti, solo molto più grossi. Commestibili, pare, anche se la loro dieta a base di carogne e carcasse di Risvegliati fa sorgere il sospetto che non siano molto salutari.
Ho avuto un incontro ravvicinato con uno di loro qualche giorno fa, all'alba della nostra spedizione sul crinale di Osterch. Si è avvicinato al mio cavallo e l'ha fatto imbizzarrire, e io sono volata schiena a terra. Un gran capitombolo, e per di più quell'essere mi si è avvicinato al viso, mentre ancora ero senza fiato per la botta, e quasi mi toccava con le sue zampette.
Le rune di Luger mi sono salite alle labbra da sole, quasi d'istinto.
Jek-Ak!
Ed ha funzionato! Il Kreepar si è illuminato di un chiarore violaceo, forse si è spaventato, fatto sta che si è allontanato da me per andare a rintanarsi in qualche buco nel terreno.
Non c'ero mai riuscita, non così bene. Ancora l'effetto dura pochi istanti, appena mi distraggo svanisce, ma sono contenta di vedere che il miglioramento prospettato da Mastro Luger è reale, esiste.
Qualche giorno prima Sven, vedendo che mi esercitavo senza grossi risultati sulla lama del mio pugnale, mi ha chiesto a cosa servisse questo incantesimo.
Certamente non è utile per farti crollare addosso una collina, o per creare dal nulla nubi fetide e urticanti in grado di soffocare i nemici. Ma questa è una scienza che si acquisisce per gradi, richiede pazienza e dedizione, e nessuno può sapere in anticipo quali usi e quali sviluppi una certa disciplina potrà portare in futuro.
Ci vuole molto esercizio.
Una volta tornata ad Alma Mater, appena mi sono potuta alzare dal letto, ho chiesto al Tenente Vonner una cavia su cui esercitarmi, uno dei prigionieri di Ghaan.
E' stata una richiesta troppo cinica?
Me l'hanno portato già sfondato, coi segni evidenti delle torture, un fantoccio insanguinato e tumefatto che solo a vederlo smuoveva lo stomaco. Per un momento ho esitato. In fondo, mi sono detta, è pur sempre una persona.
Ma se in guerra inizi a ragionare così è finita.
Soldato di Ghaan. Il tuo commilitone Mago ci ha fatto franare una collina in testa, ci ha intossicati, e chissà quante colline ha fatto franare, prima di diventare così bravo. Chissà quanta gente ha dovuto intossicare, prima di padroneggiare così bene un simile incantesimo.
Soldato di Ghaan. Io ti faccio soltanto risplendere di una luce innaturale. Sei condannato a morte, stai per morire comunque.
Per un attimo brillerai a causa mia. Ed io, grazie a te, farò un piccolo passo in avanti. Devo sentirmi in colpa?
No, Soldato di Ghaan. Anzi, ti sto dando uno scopo, una ragion d'essere, prima dell'inevitabile fine.
Con me, ad esercitarsi, è venuto anche un certo William, un soldato originario di Greyhaven che sembra sia anche lui capace di fare qualche incantesimo.
Non si può dire che abbia brillato, al contrario ho sentito provenire da lui solamente uno sbuffettino di Potere Magico, senza che si sia visto alcun effetto. Probabilmente si è imbarazzato ad esercitarsi davanti al Tenente Vonner e al Caporale Kar-Man-Dur.
Anche io per la verità ero infastidita da tutto quel pubblico, ma capisco che i nostri superiori vogliano sincerarsi di quel che sappiamo fare: i nemici hanno maghi capaci di tirare giù le colline. Noi sappiamo far luccicare appena qualche bersaglio legato e immobile.
La nostra... è quasi magia, William.
Abbiamo ampi margini di miglioramento, questa è la verità.
Nel frattempo, visto che non bisogna mai combattere magicamente maghi più forti di noi - ovvero praticamente tutti - è necessario esercitarsi molto con le armi tradizionali. Perchè lo stregone di Ghaan, bisogna dirlo, oltre che saper fare quei prodigi picchiava anche tantissimo, e se non avessi avuto Boar al mio fianco me la sarei vista brutta.
Ma è il bello di combattere in un esercito, avere qualcuno su cui contare.
Sono creature grottesche, simili a gamberi o a insetti, solo molto più grossi. Commestibili, pare, anche se la loro dieta a base di carogne e carcasse di Risvegliati fa sorgere il sospetto che non siano molto salutari.
Ho avuto un incontro ravvicinato con uno di loro qualche giorno fa, all'alba della nostra spedizione sul crinale di Osterch. Si è avvicinato al mio cavallo e l'ha fatto imbizzarrire, e io sono volata schiena a terra. Un gran capitombolo, e per di più quell'essere mi si è avvicinato al viso, mentre ancora ero senza fiato per la botta, e quasi mi toccava con le sue zampette.
Le rune di Luger mi sono salite alle labbra da sole, quasi d'istinto.
Jek-Ak!
Ed ha funzionato! Il Kreepar si è illuminato di un chiarore violaceo, forse si è spaventato, fatto sta che si è allontanato da me per andare a rintanarsi in qualche buco nel terreno.
Non c'ero mai riuscita, non così bene. Ancora l'effetto dura pochi istanti, appena mi distraggo svanisce, ma sono contenta di vedere che il miglioramento prospettato da Mastro Luger è reale, esiste.
Qualche giorno prima Sven, vedendo che mi esercitavo senza grossi risultati sulla lama del mio pugnale, mi ha chiesto a cosa servisse questo incantesimo.
Certamente non è utile per farti crollare addosso una collina, o per creare dal nulla nubi fetide e urticanti in grado di soffocare i nemici. Ma questa è una scienza che si acquisisce per gradi, richiede pazienza e dedizione, e nessuno può sapere in anticipo quali usi e quali sviluppi una certa disciplina potrà portare in futuro.
Ci vuole molto esercizio.
Una volta tornata ad Alma Mater, appena mi sono potuta alzare dal letto, ho chiesto al Tenente Vonner una cavia su cui esercitarmi, uno dei prigionieri di Ghaan.
E' stata una richiesta troppo cinica?
Me l'hanno portato già sfondato, coi segni evidenti delle torture, un fantoccio insanguinato e tumefatto che solo a vederlo smuoveva lo stomaco. Per un momento ho esitato. In fondo, mi sono detta, è pur sempre una persona.
Ma se in guerra inizi a ragionare così è finita.
Soldato di Ghaan. Il tuo commilitone Mago ci ha fatto franare una collina in testa, ci ha intossicati, e chissà quante colline ha fatto franare, prima di diventare così bravo. Chissà quanta gente ha dovuto intossicare, prima di padroneggiare così bene un simile incantesimo.
Soldato di Ghaan. Io ti faccio soltanto risplendere di una luce innaturale. Sei condannato a morte, stai per morire comunque.
Per un attimo brillerai a causa mia. Ed io, grazie a te, farò un piccolo passo in avanti. Devo sentirmi in colpa?
No, Soldato di Ghaan. Anzi, ti sto dando uno scopo, una ragion d'essere, prima dell'inevitabile fine.
Con me, ad esercitarsi, è venuto anche un certo William, un soldato originario di Greyhaven che sembra sia anche lui capace di fare qualche incantesimo.
Non si può dire che abbia brillato, al contrario ho sentito provenire da lui solamente uno sbuffettino di Potere Magico, senza che si sia visto alcun effetto. Probabilmente si è imbarazzato ad esercitarsi davanti al Tenente Vonner e al Caporale Kar-Man-Dur.
Anche io per la verità ero infastidita da tutto quel pubblico, ma capisco che i nostri superiori vogliano sincerarsi di quel che sappiamo fare: i nemici hanno maghi capaci di tirare giù le colline. Noi sappiamo far luccicare appena qualche bersaglio legato e immobile.
La nostra... è quasi magia, William.
Abbiamo ampi margini di miglioramento, questa è la verità.
Nel frattempo, visto che non bisogna mai combattere magicamente maghi più forti di noi - ovvero praticamente tutti - è necessario esercitarsi molto con le armi tradizionali. Perchè lo stregone di Ghaan, bisogna dirlo, oltre che saper fare quei prodigi picchiava anche tantissimo, e se non avessi avuto Boar al mio fianco me la sarei vista brutta.
Ma è il bello di combattere in un esercito, avere qualcuno su cui contare.
24 agosto 516
Lunedì 7 Ottobre 2013
Codice 47
"Problemi di che genere?"
"Speriamo bene... parlavano di un.. codice 47"
"Cioè?"
"Risvegliati"
Strano come in certi momenti i miei pensieri seguano una logica tutta loro, autonoma e priva di ogni umanità.
Mentre Boar, con gli occhi sbarrati e la paura in volto, mi parlava del "codice 47", il mio primo pensiero è stato chiedermi a cosa possano corrispondere gli altri 46 "codici".
Almeno altri 46, se i Risvegliati sono il numero 47.
Quanto può essere sventurata questa terra, se i Risvegliati arrivano al quarantasettesimo posto?
Holov è perduta.
Annie, molto probabilmente, è morta. Come sono morti il piccolo Petah e sua sorella Tora, in un piccolo sbuffo di Magia che si disperde nel nulla, insieme ai sogni e alle visioni. Il capo del villaggio, Braun, anche lui è morto.
Mirai... chissà.
Non bisogna saltare a facili conclusioni, è bene resistere alla tentazione di riportare tutto alle nostre poche esperienze dirette. A Holov c'erano tante persone, quasi tutta gente con cui non abbiamo mai scambiato una parola: è possibile che qualcuno tra loro abbia tradito, per qualche motivo estraneo alle nostre indagini.
Qualcuno ha manomesso i cancelli, permettendo l'ingresso a sorpresa dei Risvegliati. Qualcuno: non abbiamo prove che si sia trattato di Mirai. Eppure.
La Magia è un dono pericoloso, mi mette un po' di ansia pensare che io stessa, anni fa, abbia avuto le stesse visioni di Petah, di Mirai e chissà di chi altri. I ricordi sono vaghi perchè fortunatamente non è più successo da quando ero bambina, ma non è bello ripensarci.
La Magia è come una porta socchiusa ai confini dell'anima, da cui a volte si sente filtrare un vento strano.
Un vento che viene dal mare, in questo caso, carico di pericoli. Il vento che abbiamo sentito durante il viaggio, il vento di cui mi ha parlato Braun.
E' bastato un momento di debolezza, forse, a permettere che le difese di Mirai cedessero e che la sua porta nascosta venisse aperta da qualcosa di maligno. Il Signore di Gahan adopera forze davvero terribili nella sua guerra, schiavo dei suoi stessi mostruosi alleati. In agguato, pronto a sfruttare ogni spiraglio.
Quanto vorrei poter parlare oggi con Franziska, chiederle di mio nonno e di quel che sapeva su quelle creature. Ma ai bambini non si dice mai tutta la verità, purtroppo. E le poche cose che mi disse allora sono adesso di ben poco aiuto. Yshtav... Vihamel... di tante menzogne che ha detto Mirai, ho l'impressione che questa sia una briciola di verità. I loro nomi mi sembrano ragionevoli, quasi familiari, anche se non li ho mai uditi prima d'ora.
Ma basta suggestionarsi, la situazione fa già abbastanza paura.
Alma Mater, la fortezza di Uryen al di qua del Traunne, è orgogliosa e forte, sfida il nemico con la sua stessa presenza. Si respira aria di guerra, di guerra vera, di scontro all'ultimo sangue.
Ho fatto una domanda a Mikhail. Gli ho chiesto se avremmo fatto la differenza, a Holov, qualora non fossimo dovuti venire via. Lui mi ha dato una risposta che sulle prime ho trovato irritante, ma che poi ho capito.
Può fare la differenza il fatto che siamo ancora vivi.
Possiamo fare la differenza in questa guerra, possiamo cambiare qualcosa, essere utili, difendere la nostra civiltà davanti all'avanzare del caos.
Inutile perdersi in rimpianti, piangere, abbattersi. Per rispetto dei nostri compagni caduti, per rispetto di Annie, di tutte le brave persone di Holov e di tantissimi altri innocenti, dobbiamo restare concentrati su quel che c'è da fare.
Codice 47. E' soltanto un numero. Ma forse non è così disumano il fatto che mi distragga dai pensieri tristi, dalla paura e dal dispiacere. Forse l'approccio giusto è proprio questo, a qualsiasi costo.
Spero solo di avere abbastanza coraggio.
"Speriamo bene... parlavano di un.. codice 47"
"Cioè?"
"Risvegliati"
Strano come in certi momenti i miei pensieri seguano una logica tutta loro, autonoma e priva di ogni umanità.
Mentre Boar, con gli occhi sbarrati e la paura in volto, mi parlava del "codice 47", il mio primo pensiero è stato chiedermi a cosa possano corrispondere gli altri 46 "codici".
Almeno altri 46, se i Risvegliati sono il numero 47.
Quanto può essere sventurata questa terra, se i Risvegliati arrivano al quarantasettesimo posto?
Holov è perduta.
Annie, molto probabilmente, è morta. Come sono morti il piccolo Petah e sua sorella Tora, in un piccolo sbuffo di Magia che si disperde nel nulla, insieme ai sogni e alle visioni. Il capo del villaggio, Braun, anche lui è morto.
Mirai... chissà.
Non bisogna saltare a facili conclusioni, è bene resistere alla tentazione di riportare tutto alle nostre poche esperienze dirette. A Holov c'erano tante persone, quasi tutta gente con cui non abbiamo mai scambiato una parola: è possibile che qualcuno tra loro abbia tradito, per qualche motivo estraneo alle nostre indagini.
Qualcuno ha manomesso i cancelli, permettendo l'ingresso a sorpresa dei Risvegliati. Qualcuno: non abbiamo prove che si sia trattato di Mirai. Eppure.
La Magia è un dono pericoloso, mi mette un po' di ansia pensare che io stessa, anni fa, abbia avuto le stesse visioni di Petah, di Mirai e chissà di chi altri. I ricordi sono vaghi perchè fortunatamente non è più successo da quando ero bambina, ma non è bello ripensarci.
La Magia è come una porta socchiusa ai confini dell'anima, da cui a volte si sente filtrare un vento strano.
Un vento che viene dal mare, in questo caso, carico di pericoli. Il vento che abbiamo sentito durante il viaggio, il vento di cui mi ha parlato Braun.
E' bastato un momento di debolezza, forse, a permettere che le difese di Mirai cedessero e che la sua porta nascosta venisse aperta da qualcosa di maligno. Il Signore di Gahan adopera forze davvero terribili nella sua guerra, schiavo dei suoi stessi mostruosi alleati. In agguato, pronto a sfruttare ogni spiraglio.
Quanto vorrei poter parlare oggi con Franziska, chiederle di mio nonno e di quel che sapeva su quelle creature. Ma ai bambini non si dice mai tutta la verità, purtroppo. E le poche cose che mi disse allora sono adesso di ben poco aiuto. Yshtav... Vihamel... di tante menzogne che ha detto Mirai, ho l'impressione che questa sia una briciola di verità. I loro nomi mi sembrano ragionevoli, quasi familiari, anche se non li ho mai uditi prima d'ora.
Ma basta suggestionarsi, la situazione fa già abbastanza paura.
Alma Mater, la fortezza di Uryen al di qua del Traunne, è orgogliosa e forte, sfida il nemico con la sua stessa presenza. Si respira aria di guerra, di guerra vera, di scontro all'ultimo sangue.
Ho fatto una domanda a Mikhail. Gli ho chiesto se avremmo fatto la differenza, a Holov, qualora non fossimo dovuti venire via. Lui mi ha dato una risposta che sulle prime ho trovato irritante, ma che poi ho capito.
Può fare la differenza il fatto che siamo ancora vivi.
Possiamo fare la differenza in questa guerra, possiamo cambiare qualcosa, essere utili, difendere la nostra civiltà davanti all'avanzare del caos.
Inutile perdersi in rimpianti, piangere, abbattersi. Per rispetto dei nostri compagni caduti, per rispetto di Annie, di tutte le brave persone di Holov e di tantissimi altri innocenti, dobbiamo restare concentrati su quel che c'è da fare.
Codice 47. E' soltanto un numero. Ma forse non è così disumano il fatto che mi distragga dai pensieri tristi, dalla paura e dal dispiacere. Forse l'approccio giusto è proprio questo, a qualsiasi costo.
Spero solo di avere abbastanza coraggio.
13 marzo 500
Venerdì 13 Settembre 2013
l'Amico del nonno
Stasera l'ho visto di nuovo.
Era da poco finita la funzione: Okton, Marystelle ed io precedevamo di alcuni passi Zio Karol in direzione di casa. Mia sorella aveva decretato che valevano soltanto i sassi chiari, e nostro fratello ci guardava divertito vedendoci saltellare al ritmo degli ultimi rintocchi delle campane. Zio Karol parla poco e, al contrario di papà, non alza mai la voce. Quando siamo con lui possiamo giocare quanto vogliamo.
Al termine di ogni salto il tuo piede deve trovarsi interamente dentro al sasso: se tocchi la terra o un altro sasso, devi contare. Quando le campane si fermano, chi ha contato di più paga pegno. Pagare pegno non piace a nessuno: per questo, dal momento in cui salti a quando atterri, lo sguardo è quasi sempre rivolto verso il terreno.
Non ricordo quando ho alzato lo sguardo o perché, fatto sta che lui era lì. Nascosto dietro il fienile dei Kohler, intento ad osservarci. No, intento ad osservare... me.
...
"Kailah! Kailah, mi senti?"
Ricordo la voce di Marystelle, un velo che mi si abbassa sugli occhi. Quando li riapro lui , quella cosa, non c'è più: mi volto verso mia sorella, che mi osserva spazientita.
"Marystelle! L'hai... l'hai visto?"
"Certo che l'ho visto!", risponde puntando il dito in direzione del mio piede. "Devi contare!"
...
E' quasi notte quando busso alla porta di Franziska. Il villaggio è pieno di luci che si aprono sopra pozzi di ombra nera dove potrebbe nascondersi lui. Dire che non avevo appetito è stato facile, trovare il coraggio di uscire dalla casa e dal giardino molto meno. Ma tanto anche la casa e il giardino sono pieni di pozzi di ombra nera...
"Chi... Kailah? Tesoro mio, che fai in strada a quest'ora?"
Franziska non ha paura di niente. Apre la porta senza chiedere chi è, come mio zio. Non c'è niente da temere in questo villaggio, mi ha detto una volta: spero tanto che sia come dice lei. Le faccio cenno che voglio entrare.
"Ma lo sanno che sei qui?"
Scuoto la testa, le dico che farò in fretta. Mi fa entrare, poi mi precede verso la sala da pranzo. Questa è l'ultima casa dove mio nonno ha vissuto, dove è stato a lungo nascosto. Il pavimento scricchiola, le pareti odorano di legno stagionato. I vecchi mobili del corridoio sembrano quasi assorbire i pozzi d'ombra che sgorgano dalla lanterna di Franziska e mi fanno sentire più sicura.
Mi fa sedere, mi chiede di raccontarle tutto: così faccio. Le parlo di quello che ho visto stasera, e anche di tutte le altre volte. Le racconto di come nessun altro bambino riesca a vederlo... neppure i miei fratelli.
"Ho capito", annuisce. "Quindi lo hai visto anche tu".
Non capisco. "Anche io? Vuoi dire che...".
Annuisce di nuovo. "Aspetta un momento" dice poi. La osservo mentre raggiunge un foglio di pergamena e una penna d'oca. Poi torna a sedersi, inumidisce la punta e comincia a tracciare alcune linee. Quando mi mostra il risultato mi sento quasi svenire.
Dimmi, Kailah... è questo il volto che hai visto?
Annuisco, in preda al terrore. Con mia grande sorpresa, la vedo sorridere.
Non devi preoccuparti, allora...", esclama con aria sollevata. "non è niente di brutto. Al contrario, è una sorta di... spirito protettore, diciamo così". Fa una pausa, osservando il mio volto ancora incredulo, poi continua.
"Tuo nonno... beh, mi disse che sarebbe potuto succedere, prima o poi."
"Mio nonno? Vuoi dire che... Anche mio nonno riusciva a vederlo?"
Franziska mi sorride. "...Eccome se ci riusciva. E' una cosa legata a un episodio che gli è capitato alcuni anni prima di...". Fa una pausa, poi riprende. "E diceva di esserne anche lui terrorizzato, altroché... finché non ha scoperto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Lui lo chiamava... l'Amico, addirittura."
Mentre l'ascolto, mi faccio coraggio: non è la mia immaginazione, dunque! Anche il nonno riusciva a vederlo. Ne ero certa. Le chiedo di parlarmi ancora del nonno e del suo misterioso Amico, ma Franziska mi ricorda che è tardissimo e che devo tornare a casa. Si offre anche di riaccompagnarmi, visto che è buio.
"Prima di andare, però, lascia che ti mostri una cosa".
Intinge nuovamente la penna d'oca, volta il foglio e riprende a disegnare: stavolta la sua espressione si fa seria. "Come ti ho detto, questo Amico non è pericoloso, ma... tuo nonno mi ha parlato anche di un'altra cosa, diversa, e dalla quale è necessario guardarsi con molta attenzione."
Sento il sangue gelarsi nelle vene.
"...Q....Questo è cattivo?" riesco appena a mormorare.
"Si, lo è. Ma non preoccuparti: non ti capiterà mai di vederlo! Non finché resterai una brava bambina. Adesso, però, è ora di tornare a casa: risparmiamo a tuo padre una preoccupazione."
Annuisco, restando in silenzio. Prendo la mano di Fransizka, che mi conduce verso la porta. Stavolta nè il corridoio nè i suoi mobili antichi riescono a tranquillizzarmi. Spero che non si accorga che sto tremando. Spero che non si accorga che... Non ho mai visto l'Amico del nonno, mai. Neppure una volta. Sarò una brava bambina. Sarò una brava bambina. Lo giuro.
Era da poco finita la funzione: Okton, Marystelle ed io precedevamo di alcuni passi Zio Karol in direzione di casa. Mia sorella aveva decretato che valevano soltanto i sassi chiari, e nostro fratello ci guardava divertito vedendoci saltellare al ritmo degli ultimi rintocchi delle campane. Zio Karol parla poco e, al contrario di papà, non alza mai la voce. Quando siamo con lui possiamo giocare quanto vogliamo.
Al termine di ogni salto il tuo piede deve trovarsi interamente dentro al sasso: se tocchi la terra o un altro sasso, devi contare. Quando le campane si fermano, chi ha contato di più paga pegno. Pagare pegno non piace a nessuno: per questo, dal momento in cui salti a quando atterri, lo sguardo è quasi sempre rivolto verso il terreno.
Non ricordo quando ho alzato lo sguardo o perché, fatto sta che lui era lì. Nascosto dietro il fienile dei Kohler, intento ad osservarci. No, intento ad osservare... me.
...
"Kailah! Kailah, mi senti?"
Ricordo la voce di Marystelle, un velo che mi si abbassa sugli occhi. Quando li riapro lui , quella cosa, non c'è più: mi volto verso mia sorella, che mi osserva spazientita.
"Marystelle! L'hai... l'hai visto?"
"Certo che l'ho visto!", risponde puntando il dito in direzione del mio piede. "Devi contare!"
...
E' quasi notte quando busso alla porta di Franziska. Il villaggio è pieno di luci che si aprono sopra pozzi di ombra nera dove potrebbe nascondersi lui. Dire che non avevo appetito è stato facile, trovare il coraggio di uscire dalla casa e dal giardino molto meno. Ma tanto anche la casa e il giardino sono pieni di pozzi di ombra nera...
"Chi... Kailah? Tesoro mio, che fai in strada a quest'ora?"
Franziska non ha paura di niente. Apre la porta senza chiedere chi è, come mio zio. Non c'è niente da temere in questo villaggio, mi ha detto una volta: spero tanto che sia come dice lei. Le faccio cenno che voglio entrare.
"Ma lo sanno che sei qui?"
Scuoto la testa, le dico che farò in fretta. Mi fa entrare, poi mi precede verso la sala da pranzo. Questa è l'ultima casa dove mio nonno ha vissuto, dove è stato a lungo nascosto. Il pavimento scricchiola, le pareti odorano di legno stagionato. I vecchi mobili del corridoio sembrano quasi assorbire i pozzi d'ombra che sgorgano dalla lanterna di Franziska e mi fanno sentire più sicura.
Mi fa sedere, mi chiede di raccontarle tutto: così faccio. Le parlo di quello che ho visto stasera, e anche di tutte le altre volte. Le racconto di come nessun altro bambino riesca a vederlo... neppure i miei fratelli.
"Ho capito", annuisce. "Quindi lo hai visto anche tu".
Non capisco. "Anche io? Vuoi dire che...".
Annuisce di nuovo. "Aspetta un momento" dice poi. La osservo mentre raggiunge un foglio di pergamena e una penna d'oca. Poi torna a sedersi, inumidisce la punta e comincia a tracciare alcune linee. Quando mi mostra il risultato mi sento quasi svenire.
Dimmi, Kailah... è questo il volto che hai visto?
Annuisco, in preda al terrore. Con mia grande sorpresa, la vedo sorridere.
Non devi preoccuparti, allora...", esclama con aria sollevata. "non è niente di brutto. Al contrario, è una sorta di... spirito protettore, diciamo così". Fa una pausa, osservando il mio volto ancora incredulo, poi continua.
"Tuo nonno... beh, mi disse che sarebbe potuto succedere, prima o poi."
"Mio nonno? Vuoi dire che... Anche mio nonno riusciva a vederlo?"
Franziska mi sorride. "...Eccome se ci riusciva. E' una cosa legata a un episodio che gli è capitato alcuni anni prima di...". Fa una pausa, poi riprende. "E diceva di esserne anche lui terrorizzato, altroché... finché non ha scoperto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Lui lo chiamava... l'Amico, addirittura."
Mentre l'ascolto, mi faccio coraggio: non è la mia immaginazione, dunque! Anche il nonno riusciva a vederlo. Ne ero certa. Le chiedo di parlarmi ancora del nonno e del suo misterioso Amico, ma Franziska mi ricorda che è tardissimo e che devo tornare a casa. Si offre anche di riaccompagnarmi, visto che è buio.
"Prima di andare, però, lascia che ti mostri una cosa".
Intinge nuovamente la penna d'oca, volta il foglio e riprende a disegnare: stavolta la sua espressione si fa seria. "Come ti ho detto, questo Amico non è pericoloso, ma... tuo nonno mi ha parlato anche di un'altra cosa, diversa, e dalla quale è necessario guardarsi con molta attenzione."
Sento il sangue gelarsi nelle vene.
"...Q....Questo è cattivo?" riesco appena a mormorare.
"Si, lo è. Ma non preoccuparti: non ti capiterà mai di vederlo! Non finché resterai una brava bambina. Adesso, però, è ora di tornare a casa: risparmiamo a tuo padre una preoccupazione."
Annuisco, restando in silenzio. Prendo la mano di Fransizka, che mi conduce verso la porta. Stavolta nè il corridoio nè i suoi mobili antichi riescono a tranquillizzarmi. Spero che non si accorga che sto tremando. Spero che non si accorga che... Non ho mai visto l'Amico del nonno, mai. Neppure una volta. Sarò una brava bambina. Sarò una brava bambina. Lo giuro.
24 luglio 516
Giovedì 11 Aprile 2013
Scuola di tiro
Il Sergente Ivàn mi ha richiamata alla Torre Nove con l'incarico di formare una piccola squadra di arcieri.
Ho preso parecchio sul serio questa cosa, al punto che domani si terrà ufficialmente la prima gara di tiro della Torre Nove. Ho costretto i soldati ad esercitarsi ogni giorno: alcuni sono piuttosto portati, specialmente il Beccamorto, che ha una mira naturale impressionante.
Ottima cosa, tutti contenti... tranne me, devo ammettere. Infatti i miei "allievi" hanno preteso che il premio in palio per il vincitore del torneo fosse... un mio bacio!
Il Sergete Ivàn si è messo a ridere quando sono andata a dirglielo, imbarazzata fino alla cima dei capelli.
"Non prendertela, Kailah", mi ha detto, "è uno scherzo innocente! Qui alla Torre Nove siamo un po' a corto di principesse..."
Ho provato a insistere che non era il caso, che mi sentivo a disagio, che non ha senso... ma il Sergente non mi ha presa molto sul serio, forse si diverte pure lui a vedermi diventare rossa, o forse non ha niente di meglio da offrire come premio per il vincitore. Alla fine ho dovuto lasciar perdere e acconsentire a questa assurdità, un bacetto sulla guancia cosa sarà mai?
Eppure sto qui a rigirarmi nella mia branda, unica ragazza in questa maleodorante camerata di soldati, e penso a domani con terrore. Il più bravo con l'arco, tra i miei allievi, è certamente il Beccamorto. E io dovrei... baciare quel... quel....
Mamma mia, non ci posso pensare!
E tutti rideranno, strepiteranno, batteranno le mani... accidenti che Stryker è partito per la missione alle Falesie degli Orchi, almeno avesse vinto lui la gara... ma cosa vado a pensare!! Kailah, vergogna!
Povera me... che situazione imbarazzante... se ci fosse Padre Engelhaft, lui magari con le sue tediose prediche avrebbe fatto desistere i miei commilitoni da questa ridicola idea. Mi rendo conto che si tratta davvero di una sciocchezza, razionalmente lo capisco che è solo un gioco, un modo per sdrammatizzare un po' il fatto che siamo in guerra, che la situazione è brutta, che ogni giorno si rischia di morire per un motivo o per l'altro. Però ciò non mi impedisce di farmi rimanere sveglia a rigirarmi nella branda, logorata dall'imbarazzo! Proprio a me doveva capitare....
Ho preso parecchio sul serio questa cosa, al punto che domani si terrà ufficialmente la prima gara di tiro della Torre Nove. Ho costretto i soldati ad esercitarsi ogni giorno: alcuni sono piuttosto portati, specialmente il Beccamorto, che ha una mira naturale impressionante.
Ottima cosa, tutti contenti... tranne me, devo ammettere. Infatti i miei "allievi" hanno preteso che il premio in palio per il vincitore del torneo fosse... un mio bacio!
Il Sergete Ivàn si è messo a ridere quando sono andata a dirglielo, imbarazzata fino alla cima dei capelli.
"Non prendertela, Kailah", mi ha detto, "è uno scherzo innocente! Qui alla Torre Nove siamo un po' a corto di principesse..."
Ho provato a insistere che non era il caso, che mi sentivo a disagio, che non ha senso... ma il Sergente non mi ha presa molto sul serio, forse si diverte pure lui a vedermi diventare rossa, o forse non ha niente di meglio da offrire come premio per il vincitore. Alla fine ho dovuto lasciar perdere e acconsentire a questa assurdità, un bacetto sulla guancia cosa sarà mai?
Eppure sto qui a rigirarmi nella mia branda, unica ragazza in questa maleodorante camerata di soldati, e penso a domani con terrore. Il più bravo con l'arco, tra i miei allievi, è certamente il Beccamorto. E io dovrei... baciare quel... quel....
Mamma mia, non ci posso pensare!
E tutti rideranno, strepiteranno, batteranno le mani... accidenti che Stryker è partito per la missione alle Falesie degli Orchi, almeno avesse vinto lui la gara... ma cosa vado a pensare!! Kailah, vergogna!
Povera me... che situazione imbarazzante... se ci fosse Padre Engelhaft, lui magari con le sue tediose prediche avrebbe fatto desistere i miei commilitoni da questa ridicola idea. Mi rendo conto che si tratta davvero di una sciocchezza, razionalmente lo capisco che è solo un gioco, un modo per sdrammatizzare un po' il fatto che siamo in guerra, che la situazione è brutta, che ogni giorno si rischia di morire per un motivo o per l'altro. Però ciò non mi impedisce di farmi rimanere sveglia a rigirarmi nella branda, logorata dall'imbarazzo! Proprio a me doveva capitare....
28 maggio 516
Giovedì 17 Gennaio 2013
Bagno di fango... e di realismo
L'esercizio è fondamentale. Il fatto di dover sempre sperimentare tutto al momento del bisogno, e di non avere tempo per allenarmi in condizioni di tranquillità, è un problema che in qualche modo dovrò risolvere. Altrimenti è davvero difficile ottenere risultati apprezzabili.
D'altronde dove la trovo una cavia disposta a farsi venire dei crampi per darmi occasione di fare esercizio?
Qui a Lagos vige la schiavitù.
Se soltanto fossi appena un tantino più spregiudicata... però magari qualcuno disposto a farsi venire un crampo in cambio di pochi spiccioli lo trovo. Certo, nemmeno io ormai navigo nell'oro, ma qui la miseria è tale che probabilmente un tentativo o due posso permettermelo senza andare rovinata.
Non ci sono conseguenze negative, un crampo fa malissimo lì per lì, poi passa. Però non mi va di farlo a tradimento a gente inconsapevole, non mi sembra giusto.
Nella torbiera ho fatto un volo nel fango che me lo ricorderò. Se non ci fosse stato Brian a rialzarmi starei ancora lì a far compagnia alle ranocchie e alle libellule... colpa di quegli stupidi moscerini che mi sono finiti in bocca.
Fa sempre un po' ridere quando la gente cade, fa ridere pure se ti fai male.
Mi chiedo cosa succederà nelle prossime settimane. A parte il capo e quell'altro, è probabile che i quattro briganti superstiti finiranno per essere reclutati a forza nell'esercito di Uryen. E' imbarazzante. Ce li troveremo insieme alla Rocca di Tramontana, diventeranno nostri alleati, magari finiremo anche per farci amicizia. Oggi carcerieri e domani compagni d'arme. Fa strano, ma bisogna abituarcisi: è un po' quel che è successo con Greg, ed anche coi soldati della Chela, sir Madsen e compagnia bella.
Mentre combattere contro "mostri" è qualcosa che mette tutti d'accordo, la velocità con cui gli ex nemici diventano commilitoni mette un po' di dubbi addosso.
Ogni volta che si incocca l'arco, che si incrocia la spada con qualcuno, bisognerebbe dirsi "niente di personale". Perchè spesso è così: non c'è niente di personale. Ognuno sta nello schieramento che gli è capitato, ognuno cerca di portare la pelle a casa.
Pericoloso relativismo.
Una cosa per volta, meglio non confondersi con simili considerazioni. Andiamo a fare la spesa, c'è un po' di gente da comprare.
D'altronde dove la trovo una cavia disposta a farsi venire dei crampi per darmi occasione di fare esercizio?
Qui a Lagos vige la schiavitù.
Se soltanto fossi appena un tantino più spregiudicata... però magari qualcuno disposto a farsi venire un crampo in cambio di pochi spiccioli lo trovo. Certo, nemmeno io ormai navigo nell'oro, ma qui la miseria è tale che probabilmente un tentativo o due posso permettermelo senza andare rovinata.
Non ci sono conseguenze negative, un crampo fa malissimo lì per lì, poi passa. Però non mi va di farlo a tradimento a gente inconsapevole, non mi sembra giusto.
Nella torbiera ho fatto un volo nel fango che me lo ricorderò. Se non ci fosse stato Brian a rialzarmi starei ancora lì a far compagnia alle ranocchie e alle libellule... colpa di quegli stupidi moscerini che mi sono finiti in bocca.
Fa sempre un po' ridere quando la gente cade, fa ridere pure se ti fai male.
Mi chiedo cosa succederà nelle prossime settimane. A parte il capo e quell'altro, è probabile che i quattro briganti superstiti finiranno per essere reclutati a forza nell'esercito di Uryen. E' imbarazzante. Ce li troveremo insieme alla Rocca di Tramontana, diventeranno nostri alleati, magari finiremo anche per farci amicizia. Oggi carcerieri e domani compagni d'arme. Fa strano, ma bisogna abituarcisi: è un po' quel che è successo con Greg, ed anche coi soldati della Chela, sir Madsen e compagnia bella.
Mentre combattere contro "mostri" è qualcosa che mette tutti d'accordo, la velocità con cui gli ex nemici diventano commilitoni mette un po' di dubbi addosso.
Ogni volta che si incocca l'arco, che si incrocia la spada con qualcuno, bisognerebbe dirsi "niente di personale". Perchè spesso è così: non c'è niente di personale. Ognuno sta nello schieramento che gli è capitato, ognuno cerca di portare la pelle a casa.
Pericoloso relativismo.
Una cosa per volta, meglio non confondersi con simili considerazioni. Andiamo a fare la spesa, c'è un po' di gente da comprare.
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