Messaggioda Elmer's pupil » 06/06/2008, 23:30
Riproduco qui in frammenti e con sottolineature le notizie essenziali su Olag-U-Dur tratte dal diario dell'avventura e dalla voce di Ela sulla Cyclopedia:
"TI ABBIAMO PORTATO UN DONO". E uno dei due porge a Cormac lo zweihander, interamente di acciaio, da cui si sprigiona un vago luccichio azzurro.
Insieme i due osservano l'arma, che è molto insolita: è interamente di metallo, anche l'elsa, che rappresenta un leone rampante, simile ad un drago, che aggredisce la lama. Su di essa sono incisi misteriosi caratteri, simbologie arcane.
Olag-U-Dur sfavilla di una luce splendente, mentre d'intorno dalle campagne si sente un cupo rombo che echeggia: "OLAG-U-DUR! OLAG-U-DUR!"
Si sofferma a leggere le scritte sulla lama, che sono nell'antica lingua di Turn e sembrano nomi propri; dice poi che non ne comprende il significato, ma che il loro suono è malvagio, come il nome della spada, Olag-U-Dur, che è bene non pronunciare. Ela sembra molto spaventata, mentre il prete esamina la lama, che nel frattempo, agli occhi di Cormac, emette una sinistra luce azzurrina.
Tra un incubo e l'altro si sveglia, finchè non nota che Olag-U-Dur sta brillando di una luce sinistra. Si alza, afferrando la spada, la cui luminescenza aumenta.
Passa qualche minuto, l'aspetto di Cormac torna quello consueto e Olag-U-Dur cessa di splendere.
Ela quindi tende la mano a Cormac, per farsi dare da lui Olag-U-Dur: lui sfodera la spada e glie la porge, ma al momento di farlo si sente molto combattuto, la voce della spada maledetta gli risuona nella testa chiedendogli di non consegnarla alla donna, la fronte di Cormac si imperla di sudore, ma infine il giovane riesce a separarsi della spada, porgendola a Ela. La fanciulla prende per un solo istante lo zweihander, che brucia tra le sue mani, ed è costretta a lasciarlo cadere.
La voce dello Zweihander lo perseguita, lo minaccia, e la sola vista della pericolosa arma tra le mani di Alice preoccupa moltissimo Cormac, che infine, con tono imperativo, ordina alla ragazza di restituirgli lo spadone.
Al mattino Aska racconta a Cormac di aver avuto un sogno, nel quale vedeva Zoì e il Duca finalmente insieme, sereni per l'eternità: si scusavano con lei e Cormac per tutto il male arrecato loro e dicevano che Olag-U-Dur odia i generali che l'hanno rubata, e che brama di rispedirli all'inferno ghiacciato.
I cavalieri neri si fermano, interrompono la loro corsa verso la pianura e si voltano verso Cormac, levando in alto le loro spade di luce biancastra. Iniziano cupamente a salmodiare, e Olag-U-Dur prende a tingersi di rosso.
Cormac pianta Olag-U-Dur nel terreno, da cui sprizza sangue. Ma la luce della spada torna azzurra e pian piano finalmente si spegne: "L'ANGELO DI AZATHOT RIPORTA I LADRI DI OLAG-U-DUR ALL'INFERNO DI GHIACCHIO", sono le sue ultime, cupe parole.
Poi Ela continua a scrivere della trasformazione di Cormac, degli spiriti scheletrici tornati a vivere, antichi mercenari del primo Duca, che riconoscevano il loro capo in "Caergoth", il padrone di Olag-u-dur. Scrive ancora della tenda del Duca Niképhoros II, di come l'anziano consigliere di quest'ultimo riuscì a decifrare l'iscrizione sull'elsa. Ela resta a lungo immobile senza scrivere. E' come se la mente non volesse ricordare. Poi "Ekmatyar mi fece". Ela non riesce a contenere un tremito che l'avvolge. Tornata in sé, Padre Kyrìllos le chiede di descrivere la spada. Il Leone-Drago sbalzato nel ferro che divora la lama, l'impugnatura un tutt'uno con la lama, la luce azzurrina cupa e tenebrosa.
Poi, senza essere interrogata, riprende e scrive lentamente l'inseguimento degli spettri, le preghiere incessanti a Dytros da parte sua e di Cormac, il duello, le spade biancastre degli spiriti, Olag-u-dur che si tinge di rosso. Cormac che cresce, le sue parole. "Olag-u-dur ricaccia Surok all'Inferno", "Amilanta muore", "Ekmatyar", "E' giunto l'Angelo di Azatoh", il prodigio della terra che sprigiona sangue. la nuova trasformazione di Cormac, "L'Angelo di Azatoth riporta i ladri di Olag-u-dur all'Inferno di Ghiaccio". Ora Ela è come assopita, stremata all'orrendo ricordo.
Si ridesta lentamente sentendo le sibilanti parole di Padre Baanes: "Gli spiriti fuoruscirono per combattere la guerra del Duca, figli di sedizione più antica e insaziati....con loro fuoruscì la spada, forgiata nell'Abisso, ma essa non seguiva la loro stessa strada. Ciò è mistero....". Un nuovo silenzio, interrotto da preoccupati mormorii invade la Sala. Padre Kyrìllos sta per levare il dito che dichiara chiusa la seduta del Venerando Capitolo, quando un giovane Monaco biancovestito si alza dagli scranni più lontani e dice a voce alta: "Guardate, Reverendi Confratelli, l'affresco sulla colonna!". C'è una sola colonna nella Sala del Capitolo, al centro, per sorreggerla, e anch'essa è totalmente affrescata. Il dito del giovane Predicatore punta un'immagine che raffigura Dytros, mentre strangola mostri ancestrali con le mani nude e dietro i suoi bianchi Angeli armati e uno, con gli occhi gialli che guardano oltre l'affresco, inquietanti: porta un'ascia adagiata sopra un manto di porpora, proprio alle spalle del Dio. Un grido di stupore si leva nella Sala, Padre Kyrìllos si alza di scatto: "Il Fabbro senza nome!".