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Forum di Myst

 
« Tra tre lune io ventinove cicli, io grande festa. Io nato giorno di.... luna gigante »
- Aiden Marnach -
 
Il Valvassore
Guelfo da Flavigny
 
creato il: 20/05/2005   messaggi totali: 60   commenti totali: 79
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26 Aprile 517
Domenica 28 Maggio 2006

Fedeltà

Julie è nelle mani del nemico. Nel Meistwode l'aveva scampata, ma adesso abbiamo a che fare con un ragno astuto e paziente che tesse la sua trama nel buio, per poi avventarsi senza alcuna pietà sull'ignara preda che vi incappi. Bart si illude se spera che questa gente ci metterà in condizioni di tentare un recupero in extremis del prigioniero Q. Hanno organizzato tutto con meticolosa precisione, sembra che ci conoscano bene, e sicuramente sanno che proveremo a fregarli. Anzi, non mi stupirei se nel cimitero di Rigel ci fossero già delle fosse pronte ad accogliere le nostre carcasse di traditori.

Ma non è questo il punto.

Il punto è che mesi fa ho pronunciato un giuramento. Un giuramento sacro.
Ho giurato di fronte agli Dei, ho giurato in nome del mio avo e di mia madre, morti a Caen per mano dell'Ordine Nero. Ho giurato in nome del mio padre putativo, affinchè in me riverberasse la luce del suo sacrificio.

Penso a cosa farebbe lui, in questa situazione. Penso a cosa direbbe Abel.
Mi dispiace, Julie. Non posso consentire che questo scambio avvenga. Verremo a prenderti alla vecchia maniera, e che gli Dei ti proteggano.

Rosa Bianca - Immagine 1
scritto da Guelfo da Flavigny , 23:10 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
Aprile 517
Mercoledì 3 Maggio 2006

Proprio non ci riesco a mantenere la copertura. Se non ci fossero anche i ragazzi di Caen probabilmente non avrei avuto difficoltà a farmi passare subito per François Marinì, ma con loro in giro mi è impossibile non ricorrere al vecchio nome. Maledetti impostori del Sacro Bracere! Grazie agli Dei Quixote sembra una persona fidata, con la testa sulle spalle e uno spiccato senso di responsabilità. Su Bartholomeus ho qualche perplessità... lo liquiderei come un novizio ingenuo e un po' sprovveduto ma ho l'impressione che, un po' come la nostra Solice, possa vantare qualche appoggio politico importante. Solo che Solice è fatta di ben altra pasta, e ormai è dei nostri a tutti gli effetti; Barth invece potrebbe essere un pupazzo in mano a chissà chi. Mah, mi sarò lasciato impressionare dall'indovinello di Quarth...ma diamine, vorrei davvero poter dare un'occhiata alle sue lettere di presentazione!

Come avevo previsto la scomparsa di Abel ha influito negativamente sulla nostra focalizzazione. Sono passati pochi giorni e già mille pensieri ci distraggono. Certo, il nostro cammino è funestato da segni inquietanti, e questo Padre Flaubert non ha fatto altro che peggiorare la situazione, alludendo a fantomatiche missioni divine. In ogni caso devo ammettere che il sogno di Quixote è quanto mai bizzarro; la chiave di cui è entrato in possesso induce a riconoscere che sono all'opera dei prodigi. Sarebbe poi da sciocchi non dare importanza al macabro rituale della lupa squartata, all'incendio dell'edicola di Pyros, senza dimenticare i nostri misteriosi inseguitori. Ah, se Abel fosse qui! Barth, poveretto, cerca di dimostrarsi all'altezza della situazione, ma qui serve un Paladino vero!
In ogni caso non dobbiamo perdere di vista il motivo per cui siamo in viaggio, e la Dea m'è testimone, non permetterò che si ripetano gli errori del nostro primo viaggio ad Est.

Etemenanki - Immagine 1
scritto da Guelfo da Flavigny , 23:47 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
Aprile 517
Mercoledì 3 Maggio 2006

Messer Luran,

Nonostante il poco tempo che i miei viaggi mi consentono di dedicare allo studio della Vostra scienza, devo ammettere che sto cominciando ad apprezzarne l'eleganza delle proposizioni. Chi vi si accosti dopo aver conosciuto approcci differenti deve mettere da parte la vecchie disposizioni dell'intelletto e astenersi dall' applicare le familiari categorie di pensiero ai nuovi oggetti di studio (o dovrei piuttosto dire ai medesimi oggetti, resi nuovi dalla radicale differenza di prospettiva): senza uno sforzo in tal senso anche la conoscenza più elementare si rivela un traguardo impossibile da raggiungere.

Fino al nostro prossimo incontro avrò cura di dedicarmi con il necessario zelo a quanto Voi mi avete proposto, sebbene debba rilevarne la sostanziale sterilità sul piano pratico. Come ben sapete questi sono tempi in cui la ricerca per puro amor di scienza è, ahimè, un lusso quasi immorale. Il Secolo ci chiama ad un impegno sul campo, e questo impegno è da sempre la mia vocazione secondo la volontà di chi per primo mi istruì.
Confido pertanto nella Vostra saggezza, che senza dubbio dimostrerete selezionando argomenti di studio che io possa mettere a maggior profitto; e in tal caso potrò assisterVi con rinnovato entusiasmo nelle ricerche che tanto Vi premono.

In Fede,

François Marinì

Luran Belkar  - Immagine 1
scritto da Guelfo da Flavigny , 18:05 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
Marzo 517
Martedì 25 Aprile 2006

Minacce dal Meistwode

Mi sento in colpa. Ho trascorso quasi tre mesi a fare la bella vita mentre i miei compagni affrontavano pericoli tremendi. Dannazione! L'Ordine Nero è come quel mostro leggendario a cui spuntano due teste in luogo dell'ultima mozzata... i nostri ranghi invece si assottigliano, perdita dopo perdita. Basta un'occhiata al volto preoccupato di Padre Quart per capire che le cose si stanno mettendo assai male. Solice mi ha raccontato
dei numerosi prodigi a cui ha potuto assistere durante la spedizione nel Bosco delle Nebbie. Una cittadella di Nani sull'orlo di un abisso senza fondo, assediata da adoratori di Yog-Shoggoth legati all'Ordine Nero... che razza di diavoleria è mai questa? Davvero spiriti folli e creature mostruose di ogni sorta infestano la foresta? E se è così, che siano il frutto delle diaboliche evocazioni vagheggiate nel Logaeth? Il nemico è davvero in grado di usare queste forze immonde contro di noi?
Mi conforta apprendere che gli alleati della Rosa nel Ducato di Surok, Paladini dell'Ordine di Kayah e studiosi di Magia, già da tempo stanno affrontando come possono questi mali. Al ritorno da Krandamer chiederò a Quart di mettermi in contatto con loro, e lo stesso Luran potrebbe essere coinvolto attivamente in questo senso... se è vero che parte dei fenomeni occulti riguarda spettri misteriosi il suo parere risulterà prezioso.

Paludi del Miestwode - Immagine 1
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Febbraio 517
Lunedì 24 Aprile 2006

Avventure nella Città dei Cento Torrenti

L'altra notte mi sono piacevolmente intrattenuto al "Palo della Cuccagna", una bettola che ho conosciuto anni fa, durante il mio primo soggiorno ad Amer. E' rimasta esattamente come l'ho lasciata l'ultima volta: tre cantine malamente illuminate, con la segatura sul pavimento e le pareti di pietra a nudo su cui si possono ammirare variopinte costellazioni di muffa; tre dozzine di tavoli affollano le prime due sale, e c'è una fila di vecchie botti a fare da bancone nell'ultima.

A mandare avanti la baracca è tale Alphonse LaPierre, un omaccione con la testa bozzuta come una mela cotogna; deve essere un luogo assai inospitale, perchè vi sopravvivono giusto una manciata di peli ispidi, abbarbicati disperatamente a quelle protuberanze come certi arbusti di montagna. Ha altre qualità, il buon Alphonse: una meretrice che conosco giura che quanto a virilità l'oste può ben dirsi proprietario del "Palo della Cuccagna", e che sa amministrarlo con profitto suo e soddisfazione della clientela.

Il Palo (la bisca, intendo) è un ritrovo tradizionale di goliardi. Frotte di studenti squattrinati vengono qui a svuotare i già magri borselli per la gioia dei ruffiani e dei biscazzieri. I primi se ne rimangano seduti insieme alla loro mercanzia: quando qualche sbarbatello vince una mano al "Tarocchino" ecco che invariabilmente la Madame Verdiana di turno lo raggiunge, e allora giù di lusinghe, moine, ammiccamenti, finchè lo sprovveduto non può fare a meno di togliersi lo sfizio. Felice destino, rispetto a quello che tocca a chi cade preda dei secondi. I "Lupi di Gargutz" non abbordano le loro vittime al Palo, le portano qui per sbranarle in tutta comodità.

La caccia inizia in posti apparentemente meno equivoci, taverne e locande frequentate da piccoli mercanti di fuori e soprattutto dai loro figli scapestrati. Gli osti sono al corrente della situazione e non si fanno scrupoli a guardare dall'altra parte: il silenzio, si sa, è d'oro.
Questi tipi dall'aria affabile e con la battuta sempre pronta girano da soli, al più si fanno assistere da una dama prezzolata per meglio ingraziarsi "l'agnellino". Se lo fanno amico e tra un bicchiere e l'altro gli propongono una vera notte di baldoria amerita in cui, se la fortuna arride, corone e sottane non mancheranno.

E così il danaroso imbecille finisce a giocare a "Tarocchino" ad uno dei cinque tavoli che LaPierre affitta ai "Lupi", e in un paio d'ore diventa un imbecille senza il becco di un quattrino. Meglio che la prenda sportivamente, come a suo tempo ho fatto io, perchè i "Lupi" quello che non guadagnano con le carte sono inclini a prenderselo col coltello.
Eh sì, son capitato qui al Palo da "agnellino", e nonostante la batosta l'ambiente m'è piaciuto al punto da farmici tornare ogni volta che i miei studi o gli affari di Dillon mi riconducevano nella Città dei Cento Torrenti. Oramai per i biscazzieri sono un "Corvo", uno che lavora in proprio. Si gioca tra di noi, o al massimo con qualche "agnellino" che dopo essersi fatto spolpare a dovere dai "Lupi" cerca di rifarsi ad un tavolo più abbordabile finendo per rimetterci i pochi spicci che gli restano.

E insomma, l'altra notte ho giocato al Palo fino a tardi, spassandomela alla vecchia maniera. Ho messo da parte una dozzina di Corone d'Argento,
quanto basta per accedere alle grazie di Corinna, una bellezza bruna dall'aria schiva che m'ha sempre intrigato e che malgrado gli anni e gli strapazzi s'è conservata intatta. Se ne stava lì al bancone con quel suo broncio annoiato che mi manda ai matti... per gli Dei! me la sarei proprio goduta.

Il ruffiano (un vile di cui non rammento il nome che, d'altro canto, non ha più molta importanza) era lì accanto, intento a darsi arie da gentiluomo assieme a due balordi suoi pari.
Mi sono accostato a lei e le ho offerto una coppa di vino per non dover arrivare brutalmente al nocciolo, per così dire, della transazione... e apriti cielo! quel miserabile si deve essere risentito, senza neanche un fiato mi ha afferrato per la giubba scaraventandomi sul pavimento. Maledetto, strappare così una giubba decentissima! Che dire poi della mia figura, imbrattato dalla testa ai piedi di quella poltiglia immonda di segatura, vino e vomito rappreso!

Non ho fatto in tempo a rialzarmi che già s'era formato un capannello di curiosi, e ai motti osceni dei goliardi s'eran sostituite grida di scherno e incitazione. Il bastardo se ne stava ritto in piedi, a gambe larghe e con le mani sui fianchi, tutto compiaciuto. "Impara a portare rispetto, porcaro!" ha sibilato, godendosi l'approvazione della calca.
Prima che potessi porre mano alla daga Alphonse s'è fatto largo tra ruffiani e protette ed è piombato in mezzo a noi. Brandiva una mazza nodosa (piuttosto simile al suo capoccione, ma non ho osato farglielo notare) e senza perdere tempo ci ha intimato di sistemare la questione fuori. E così abbiamo fatto.

Quattro "Lupi", snudati i lunghi coltelli, ci hanno accompagnato all'esterno. Mentre salivo le scalette che portano alla strada mi rimbombavano in testa le risa stridule delle puttane, quelle gioviali dei goliardi, i ragli rancorosi degli altri ruffiani. Chissà, forse persino gli "agnellini" si sono dimenticati per un attimo delle loro sventure vedendo il modo in cui ero conciato. In verità non mi bruciava la pubblica derisione quanto l'idea che i miei commerci (ci avevo fatto la bocca, ormai)con Corinna sfumassero così. Mi sono voltato per lanciarle un'ultima occhiata malinconica, e ho colto sul suo viso sempre altero un sorrisetto impertinente, pieno di scherno. A quel punto che non ci ho visto più. "Con te ce la vediamo dopo che ho spanzato il tuo amichetto, stanne certa!" ho pensato, disponendomi ad un duello che altrimenti avrei evitato più che volentieri.

I "Lupi" ci hanno accompagnato al Vicolo di San Trifone, un budello che si apre tra l'omonima chiesa ormai in disuso e il muro di cinta del relativo campo santo. Non c'è mai anima viva in giro, e tantomeno finestre da cui qualcuno possa impicciarsi di ciò che avviene giù in strada; di giorno i bottegai lo usano come latrina, di notte ci bazzicano i malfattori, che vengono lì a spartirsi il bottino delle loro ruberie. Non c'è in Amer posto più discreto per, chi abbia di quei conti che si possono regolare solo con l'acciaio.

I duelli non sono mai un bell'affare, lo so bene dai tempi di Achenar. Ammetto che in questo frangente il supporto di Loic non mi sarebbe affatto dispiaciuto, al diavolo l'onore, combattere in mezzo al piscio secco per aver accostato una puttana senza il permesso del suo ruffiano non aveva proprio niente a che vedere con l'onore. Ma tant'era... e non avrei neppure potuto far ricorso alla Magia, mi sarei ritrovato con un palmo d'acciaio in corpo prima di poter dire "Bes!". Bisognava battersi.

I "Lupi" ci hanno lasciati soli senza dire una parola, e in verità non ci siamo persi in convenevoli neanche noi. Il ruffiano mi si è subito avventato addosso. Era svelto di gambe e maneggiava il suo punteruolo con una certa destrezza, ritraendosi come un gatto al balenare dalla mia daga per poi rifarsi avanti più velenoso di prima; questo dannato vicolo poi era troppo stretto per consentirmi di girargli intorno, sicchè poteva tenermi a bada con facilità in virtù della superiore lunghezza del suo ferro (non sono abbastanza stimato al Palo da potermi presentare con la spada, mentre il ruffiano lì era di casa.)

Insomma, me la sono vista proprio brutta. Sette scambi infruttuosi, e il mio avversario continuava a giocare al gatto e al topo. La cosa sarebbe andata per le lunghe, e non certo a mio favore. Fortunatamente quest'anno di avventure assieme ai ragazzi di Caen è assai giovato alla mia scherma, e sono riuscito a deviare (non senza difficoltà) gli affondi del suo stocco con la daga. Di questo passo non avrei mai accorciato le distanze, e presto o tardi l'infame mi avrebbe infilzato. E così ho giocato d'azzardo.

Ho evitato di un soffio che mi aprisse un terzo occhio sullo zigomo schivando il punteruolo all'ultimo secondo, e contemporaneamente mi sono allungato per avere le sue trippe a portata di affondo. E per gli Dei, se le ho trovate! Il ruffiano ha lasciato cadere lo stocco, s'è portato le mani all'inguine e ha bestemmiato Dytros non senza una certa solennità. Non gli ho dato il tempo di fare altro: pochi istanti dopo l'ho abbandonato lì, con il sangue che fluiva copioso dal basso ventre (e dalla gola convenientemente squarciata).

Eccomi di nuovo al Palo, ancor meno presentabile di come ne ero uscito. Sembrava che avessi fatto il bagno nel sangue del ruffiano, e la povera giubba era un disastro, ma nessuno ha voluto farci troppo caso: quello che succede fuori dal Palo resta fuori dal Palo, la filosofia di Alphonse è questa e, diversamente da quella di Luran, non ammette discussioni.

L'infelice Corinna era ancora al bancone in balia dei due compari del defunto protettore. Non oso pensare a quali inauditi vaniloqui l'abbiano sottoposta, fatto sta che quando mi ha visto il suo bel viso bruno s'è illuminato in un sorriso che, una volta tanto, ho trovato sincero. Mi è stato facile strapparla all'indegna compagnia; se la sono fatta sotto, i due balordi, a vedermi rosso del sangue del loro amico.

L'indomani ho lasciato la casa di Corinna con indosso un vestito del ruffiano, piuttosto dozzinale in verità. Ma pazienza, almeno quello non ho dovuto pagarlo.

Taverna - Immagine 1
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