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Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
creato il: 20/05/2005   messaggi totali: 91   commenti totali: 32
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Scritto il 23/09/2007 · 53 di 91 (mostra altri)
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7 Agosto 517
Domenica 23 Settembre 2007

Teatro dei Nomadi

Questa sera la mia preghiera è stata solitaria.

Ciascuno di noi ha trovato nell'arco della giornata i tempi e i modi per rendere grazie agli Dei: alcuni hanno scelto di recitare le loro preghiere insieme alla città, nel corso di una o di entrambe le funzioni celebrate da Padre Gabriel in memoria dei defunti; altri, impossibilitati a muoversi, si sono inginocchiati alla base del letto insieme a Ludmilla; altri ancora, raccolti nei loro pensieri, hanno scelto di pregare rivolgendo il loro animo agli Dei e cercando da soli una risposta alle loro domande.

L'arrivo del Paladino Nicolas Long e le notizie da lui comunicate circa Padre Lorenzo Quart ci hanno spinti ad andare a letto presto, rimandando a domani i saluti e gli ultimi preparativi. Nessuno ha sentito il bisogno di celebrare il vespro perché tutti, a loro modo, sentivano di averlo già onorato. E avevano ragione: l'ultima giornata che abbiamo passato a Laon si è svolta come un'unica, lunga preghiera. Canti di raccoglimento, come il lungo funerale mattutino che ha riunito una città intera intorno a chi ha dato la vita per difendere valori di verità e giustizia; canti di pentimento, come la breve funzione celebrata in memoria dei prigionieri defunti che troveranno nel giudizio di Pyros il perdono per le loro azioni o la dannazione eterna; canti di misericordia, come le parole con cui Benton ha ricordato a sé stesso ancora una volta le sue esperienze passate e la sua volontà di affidarsi alla luce degli Dei; canti di speranza, come il sorriso di Nickel alla vista di Codino, come l'arrivo di Nicolas Long e l'imminente incontro con Padre Lorenzo Quart.

"Pregare non significa chiedere": questa frase è l'estrema sintesi dell'insegnamento che ho ricevuto durante il mio primo anno a Foucault: dietro queste parole si nasconde un concetto apparentemente semplice, al punto che lo si insegna in tenera età. Ma non c'è niente di semplice quando la paura ti attanaglia lo stomaco, impedendoti di pensare: perché a quel punto, quando le ginocchia tremanti si piegano fino a toccare il suolo e le mani si stringono a farsi coraggio l'un l'altra mentre la fronte si china a raggiungerle, è difficile astenersi dal chiedere quello che ci serve. Coraggio, Forza d'Animo, Risolutezza, e ancora Speranza, Misericordia, Cessazione del Dolore. Che sia per noi, per i nostri cari o per una città intera, in quel momento dimentichiamo la nostra umiltà e chiediamo a gran voce un segno, un messaggio, un aiuto: a tale scopo vincoliamo il nostro voto, a tale richiesta consacriamo la nostra preghiera. "Pregare significa chiedere", questo fu l'insegnamento del secondo anno. Una frase decisamente più complessa, solo apparentemente antitetica rispetto alla precedente: chiedere a se stessi, impostare la propria vita secondo i valori e i dogmi mostrati dagli Dei. Soltanto questo può liberarci delle nostre paure e aiutarci nella lotta contro i nostri nemici.

Al termine della mia preghiera ho spento la lanterna, per poi coricarmi insieme alle mie compagne di stanza. Credo di aver resistito per qualche minuto prima di riaccenderla, illuminando nuovamente le sagome delle mie amiche addormentate: quei minuti passati nel buio più completo mi sono sembrati un'eternità. E' buffo vedere come Nickel riesca a dormire senza problemi: il suo cuore è ancora ferito e scosso, eppure in lei non alberga alcuna paura.

Domani all'alba lasceremo questa città: i quattro giorni che ci lasceremo alle spalle hanno cambiato per sempre la vita di molte persone. Abbiamo portato giustizia ma anche la consapevolezza che il male è subdolo e recidivo, e che le sue spire arrivano a corrompere persino le famiglie più importanti del feudo. Molti degli eventi occorsi in questi quattro giorni resteranno per sempre impressi nella mia memoria: i due colpi inferti prima a Nickel e poi al Monaco, sferrando i quali ho avuto per la prima volta paura della spada che porto; le due ferite ricevute da Jarel, l'una dovuta ai suoi incantesimi, l'altra alle parole volte a giustificarne lo studio; e infine lo sguardo velenoso della figlia del Barone, che mi ricorderà sempre quanto possano rivelarsi intoccabili alcuni dei nostri nemici.

Osservo le ombre danzare sulle pareti, frutto della mia mano che passa davanti alla lanterna: il Teatro dei Nomadi, così lo chiamava Yera. Provo a fare qualcuna delle facce e degli animali che mi faceva sempre prima che mi addormentassi: alcune mi riescono, altre no.

Non vedo l'ora di incontrare nuovamente Lorenzo Quart e di metterlo al corrente dei risultati del nostro lavoro: lui saprà fugare le mie paure e e aiutarci a continuare così, seguendo il cammino tracciato dagli Dei: un solo giorno e potremo parlare con lui.

E' con questo pensiero che spengo la luce, abbandonandomi finalmente all'abbraccio di Kayah.

Ombre Cinesi
scritto da Solice , 08:19 | permalink | markup wiki | commenti (0)
Scritto il 23/09/2007 · 53 di 91 (mostra altri)
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