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- Daryl Jens -
 
Il fondo del barile
Armando
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
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1 novembre 517
Domenica 28 Ottobre 2018

L'Ammazzasette



Non credo di averne mai visti così tanti: per ogni testa che spacco ne spuntano tre. Arrivano da tutte le parti, ancora memori del richiamo del risvegliato di Shaalaren: avanzano tutti verso la stessa direzione, come se a guidarli fossero i battiti ormai sempre più rarefatti del cuore pulsante di Claire.

Mi sarebbe piaciuto conoscerti, Claire: dovevi essere una tipa davvero cazzuta. Anche il tuo nome di battaglia lo era: "Claire dell'Uragano", così ti chiamavano. Non si scherza con gli uragani! E poi anche quell'altro che avevi... "Il Secondo dei Sette". Io, a forza di ammazzare Risvegliati, sono diventata "la Sterminatrice". Niente male per la figlia di un mugnaio, intendiamoci: ma di sterminatori ce ne sono tanti, mentre gli uragani come te sono, anzi erano, soltanto sette.

Appena Manuel mi rivelò il tuo nome, gli chiesi se conosceva anche quelli degli altri sei: incredibilmente li sapeva tutti... probabilmente li aveva sentiti da Aghvan.

Aghvan l'Invitto, Primo dei Sette
Claire dell'Uragano, Secondo dei Sette
Levon dagli Occhi purpurei, Terzo di Sette
Horace il Corrotto, Quarto dei Sette
Shade, Quinto di Sette
Lysia delle Acque Scure, Sesto di Sette
Elmer l'Immortale, Ultimo dei Sette


Claire Hymn - Immagine 2

"Serrate i ranghi! Toglietevi da lì!". Le grida di Dharkan riportano i miei pensieri a rimbalzare da un Risvegliato all'altro come la mia spada. Mi basta una torcia accesa nelle vicinanze per vederla bene, anche nel buio pressoché totale che ormai ci circonda: il problema è avere il tempo di accenderle, le torce. Da quante ore stiamo combattendo, esattamente? Quanti di noi sono già morti, e quanti moriranno prima che sorga il sole?

La voce di Dharkan arriva da lontano, a portarla è questo vento freddo che ci accompagnerà fino al termine di questa ennesima lunga notte. Al suo fianco riesco a sentire Khzar, immerso nella sua imperturbabile tranquillità. A quanto pare, quel lato regge.

Un Antar, sperando di confondersi nel frastuono, spicca un salto da un albero vicino: vorrebbe atterrare sul braciere con l'intento di rovesciarlo... Invece, con sua sorpresa, finisce sulla punta della mia spada. Non pensarci neppure, secco: queste fiamme ci servono ancora.

Per un istante il suono di un corno squarcia l'aria, strozzandosi in un modo che non lascia presagire nulla di buono: è la squadra di Ronnie, a guardia dell'entrata secondaria.

"Ayza, vieni con me!" grida Manuel. "Ripieghiamo verso il segnale". La sua sagoma mi precede nell'oscurità, facendosi strada a colpi di spada: nell'istante che impiego a raggiungerlo fa in tempo ad abbattere un Rannar con un fendente. Come accidenti fa a vederci lo sa soltanto lui: non è un innalzato e non ha alcun potere, ma combatte come noi... no, meglio di noi. Persino di notte.

"E' che siete giovani, vi manca esperienza: tra qualche anno mi farete un culo così". Questa frase me l'hai detta la prima volta che siamo andati a letto insieme: una bugia per farmi stare bene quando non sapevo ancora che quegli anni non li avrei mai visti. Quando non sapevo ancora che eri il più grande bugiardo di Ghaan.

Dopo poche decine di metri prendiamo alle spalle un gruppetto di brocchi che incede lungo il sentiero: ne uccido quattro nel tempo in cui lui ne riesce a decapitare uno. Il suo cuore batte forte: comincia ad essere stanco.

L'entrata secondaria è in realtà una uscita, aperta dai soldati di Uryen per portare in salvo la druida. Madre Magdalene... se soltanto fossimo riusciti a prenderla forse avremmo potuto escogitare un piano un pò meno schifoso di questo e non esporre i nostri compagni a morte quasi certa. Con lei all'interno, i risvegliati non sarebbero potuti entrare. Ma è andata così, segno che così doveva andare.

Raggiungiamo il gruppo di Ronnie, o quel che ne resta. Manuel non può rendersi conto della scena per via del buio, ma gli è sufficiente avvicinare la torcia alla mia faccia per comprendere l'entità di quello che vedo. Che disastro: sembra che sia passata un'orda, invece è opera di due sagome minacciose che camminano lentamente verso la spaccatura. "Armiger", esclamo, indicando la direzione: "un paio".

I Risvegliati che si ricordano come usare le armi sono spesso degli ossi duri anche per me: non sentono il bisogno di attaccarmi, ma gli scampoli di memoria che ancora vagano nelle loro teste di rape putrefatte li spingono a rispondere agli attacchi come facevano quando erano soldati... E a contrattaccare. L'unica buona notizia è che camminano lentamente, cosa che ci consente di tagliar loro la strada a qualche metro dall'inizio della caverna di Claire. Lo scontro non è immediato, ma alla fine riusciamo ad avere la meglio su entrambi.

"Sai per caso a che punto stiamo?" Mi chiede Manuel, ravvivando la torcia.

Scuoto la testa. "Questa stupida grotta non mi fa capire niente... Non ci resta che sperare che Aghvan ci abbia preso".

"Lo sai che è così. E' sempre così".

E' vero: il Gran Mentecatto non sbaglia mai. Anche per questo non lo sopporto. L'incapacità di commettere errori è un limite, un simbolo di mancanza di umanità. Se c'è una cosa che rimpiango di come ero prima sono le decisioni impulsive e avventate che potevo permettermi di prendere: adesso le arrabbiature, così come qualsiasi altra emozione forte, mi costano troppo. Quella stupida filattiera s'è presa le mie urla e le ha trasformate in sbadigli. Stupida, stupida filattiera.

"Sarà. Ma aveva anche detto di tenersi a una certa distanza da Claire", aggiungo. "O ricordo male?"

La mia risposta arriva correndo sulle gambe di un Rannar, che punta dritto verso la spaccatura. Il suo tentativo si infrange sulla spada di Manuel. "Vedi alternative? Se anche uno di loro entra in questa grotta rischiamo di ritrovarci con un nuovo Araldo".

Annuisco. "Potevamo farla difendere ai suoi abitanti, però: non so se mi piacerebbe crepare su quest'isoletta per difendere questo santuario, quando persino la padrona di casa è scappata a gambe levate...".

"Sai bene che da soli non ce l'avrebbero mai fatta. E comunque, certo che ti piacerebbe. Vuoi una morte eroica, come Ilmatar... come tutte le ragazze combattenti delle lande".

Alzo le spalle. "Guarda che Ilmatar non muore. Devi leggerlo meglio, quel libro... o fartelo raccontare".

"Non l'ho mai letto: da ragazzino non sapevo come fare. Guardavo i disegni e i bassorilievi... e le statue. Soprattutto le statue. Ce n'era una, a Feith, che aveva due bocce così".

"Te ne approfitti perché sai che non mi posso più arrabbiare."

Poi avverto qualcosa di molto sgradevole, e la voglia di scherzare mi passa subito.





"Altri Risvegliati?" Mi chiede Manuel.

Scuoto la testa, poi corro verso il corpo ormai esanime di Ronnie. "Ha mormorato qualcosa, prima di...".

"Cosa?"

"Uno... dentro".

Manuel si volta verso la fessura nella roccia: un istante fa sembrava sottile, adesso appare improvvisamente gigantesca.

"Cazzo... quindi erano in tre".

Annuisco. "Purtroppo là dentro non sento niente. In compenso, dalla boscaglia ce ne sono altri che vengono dritti verso di noi".

"Non fa niente", mi dice: "vado io".

"Da solo? Non mi sembra proprio una buona idea".

"E' soltanto uno: gli altri li terrai a bada tu".

"Aghvan ha detto di non entrare: nessuno di noi".

"Aghvan dice un sacco di stronzate".

"Tranne quando non sbaglia mai".

"Vedi alternative?" La mia risposta non gli interessa: ha già deciso.

Scuoto la testa: "è troppo rischioso. Suona il corno, chiama qualcuno".

"Non farebbero mai in tempo: la risolvo io. Tu pensa a tenermi fuori gli altri". Così dicendo, scompare nella fessura di fronte a noi: un angusto buco nero dove io non posso entrare.

Alzo le spalle. Resta calma, Ayza. In fondo è soltanto uno. Pensa piuttosto a non farne entrare altri. Ma capisco presto che è molto più facile a dirsi che a farsi. Una picca di ferro scuro sbuca dalla boscaglia, seguita da una coppia di lance e scudi. Sull'estremità dell'asta penzola sinistro lo stendardo di Feith, ancora gocciolante per la traversata... Chissà, magari è arrivato a nuoto dalla città sacra.

Normalmente, affrontare tre Armigeri non sarebbe un problema: uno scontro lento ed estenuante tra creature che non si stancano, fino a quando una di loro non avrà la meglio... idealmente, io. Sono lenti, posso tenerli a bada. Il problema sono i Rannar che cominciano a spuntare di lì a poco: loro sono tutto fuorché lenti. I primi due li riesco a respingere, il terzo lo inchiodo a un passo dall'ingresso. Ma poi gli Armiger mi raggiungono, e mantenere la mobilità diventa un problema sempre più grosso: prima uno, poi due, poi tutti e tre. Non gliene frega niente di uccidermi, vogliono solo tenermi bloccata per dare ai loro "compagni" la possibilità di entrare.

Con uno sforzo sovrumano riesco ad abbatterne uno, ma gli altri due mi tengono ferma quel tanto che basta da consentire a un quarto Rannar di varcare la soglia. Lancio un primo grido di avvertimento a Manuel. Poi un secondo, e poi ancora un terzo. Tre Rannar, oltre all'Armiger davanti a lui... Può ancora farcela. Poi vedo, e prima ancora sento, l'Antar che si prepara a saltare dentro: eh no, quello non posso proprio farlo entrare. Salto anch'io con l'intenzione di colpirlo a mezz'aria, ma un Armiger mi colpisce al ventre con lo scudo, sbattendomi con forza all'interno della grotta. Accidenti e accidentacc...

Dolore.

Dolore immenso.

Sento il sangue diventare fuoco nelle mie vene. Mi rotolo a terra cercando di spegnerlo, mentre l'Antar mi passa accanto, correndo dentro la grotta.

Dolore inaudito, indicibile, insopportabile.

Come aghi che mi trafiggono gli occhi, come melodie stridule e graffianti che mi penetrano nelle orecchie, come gocce di acido in bocca, come lava bollente nel naso. Insomma, fa tanto, ma proprio tanto tanto male.

Riesco in qualche modo a rotolare fuori, dove gli armigeri mi aspettano per riempirmi di botte. Sento una lancia trafiggermi la schiena, mentre la lama della picca si solleva implacabile sopra la mia testa.

"Una morte eroica, come Ilmatar".

No, non stanotte. Lascio che il sangue degli Antecessori invada il mio corpo e poi spicco il volo, librandomi con un balzo nel cielo sopra alla picca dell'Armigero che si schianta violentamente al suolo. Osservo la lancia che fino a un istante fa si trovava dentro al mio costato e penso che, tutto sommato, rispetto al dolore di prima non sento quasi niente.

Atterro sull'Armiger che mi voleva decapitare. Com'è che si dice? Chi di spada ferisce... Non so dov'è finita la mia spada ma non mi importa, non mi serve: afferro l'elmo con le mani, mentre i miei artigli squarciano i guanti dell'armatura: sento il rumore del ferro che si spacca. Infilzo e giro, quindi tiro forte finché non si spacca anche tutto il resto. Il prossimo.

Le parole di Manuel mi risuonano in testa: "Combattere a mani nude contro i Risvegliati non è mai una buona idea, Ayza: per quanto forte tu possa essere, rischierai sempre di prendere il morbo". Quanto tempo è passato? Mesi? Anni?

Raccolgo la picca: non credo di averne mai usato una, ma c'è sempre una prima volta. Il mio secondo avversario deflette con lo scudo i primi due colpi, il terzo lo colpisce al ventre, il quarto subito sotto alla gorgera dell'elmo, che schizza via dal collo portandosi dietro il cranio. Il prossimo.

Il terzo mi agguanta, cercando di immobilizzarmi. Doveva essere abituato a combattere con le donne. Un tempo questa mossa era il mio punto debole: adesso, per sua sfortuna, sono più forte io. A questa distanza la picca serve a poco, ma la punta dello stivale si rivela una valida alternativa. Mentre lo prendo a calci, sento Khzar avvicinarsi con il suo gruppo.

Khzar e Dharkan - Immagine

"Manuel?" Mi chiede Dharkan: gli basta vedere dove punta il mio sguardo per capire quello che bisogna fare. "Avanti, tutti dentro!" esclama, correndo verso la spaccatura.

"L'entrata principale?" chiedo, preoccupata che altri possano essere entrati da lì.

"L'abbiamo fatta franare insieme ai soldati del Santuario", risponde Khzar, avvicinandosi a me. "Dovrebbe reggere: comunque, ci stanno loro".

D'improvviso, la terra comincia a tremare. Lampi di luce balenano nel cielo, mentre una fitta pioggia comincia a cadere sulle nostre teste.

"Ci siamo", esclama Khzar. "Proprio come diceva Aghvan".

Già. Il Gran Mentecatto non sbaglia mai.



Dharkan sa bene che abbiamo i minuti contati, ma il pensiero di abbandonare Manuel non lo sfiora neppure. Lo osservo mentre entra nella fessura, seguito da altri sei dei nostri. Gli ultimi rimasti, temo. Sanno che Aghvan ci ha detto di non entrare, e invece stanno entrando tutti: bene così. Chissà se avremo occasione di sfruttare questa disubbidienza? Il cielo, la terra, la pioggia, il vento: non c'è elemento della natura che non ci stia urlando in faccia la sua risposta.

Osservo Khzar, l'unico che resta fuori oltre a me. Tra poco, quando sarà il momento, lui prenderà Dharkan e io Manuel: nessun altro ce la farà. E se qualcosa andrà storto, neppure noi.

Il tempo passa.

"Riesci a sentire qualcosa?" Mi chiede: la sua voce è totalmente priva di emozioni, ma si sente che è preoccupato.

"Nulla. E' come se quel luogo non esistesse".

Annuisce. Un poderoso fulmine cade a poca distanza da noi, schiantandosi su un albero.

"Da piccolo mi terrorizzavano", mi dice. "Adesso, neanche me ne accorgo".

"Se ti prende, vedrai che te ne accorgi".

Gli attimi che passano ci sembrano ore, mentre il tremore della terra si fa più intenso e i lampi intorno a noi si intensificano. Poi, improvvisamente, li sentiamo: una moltitudine di anime spente che emergono dalle acque gelide e risalgono lungo i confini dell'isola come una marea. Sono tantissimi: troppi, persino per due innalzati ultra-simpatici come noi. Avanzano compatti verso i due accessi della grotta, senza più alcun ostacolo in grado di fermarli o rallentarli.

Khzar fa qualche passo verso la spaccatura. "Dobbiamo allontanarci appena escono i nostri". Annuisco, avvicinandomi a mia volta. La luce dei lampi è più che sufficiente per guardarci negli occhi. Nessuno dei due ha intenzione di andarsene da solo: ci salveremo in quattro, oppure non si salverà nessuno.

La terra trema ancora, stavolta in modo più intenso: tra poco restare in piedi sarà impegnativo anche per noi. Alcune rocce si staccano dalla volta della spaccatura, rischiando di chiudere la via d'uscita ai "nostri", come li chiama Khzar: e la cosa peggiore è che non possiamo fare niente, a parte ascoltare l'incedere inesorabile della morte che, sempre più vicina, cammina intorno a noi. Il tremore cresce fino a diventare un terremoto, mentre lampi e fulmini danzano nel cielo, si nascondono tra la pioggia e colpiscono a morte gli alberi intorno a noi.

Poi, proprio mentre i Risvegliati cominciano ad affacciarsi sul limitare degli alberi, tre dei "nostri" emergono dall'oscurità sorreggendosi a vicenda: sono Dharkan, Alan e Manuel. Non c'è tempo di vedere come stanno, dobbiamo and...

Le nostre azioni vengono interrotte da un frastuono micidiale, simile a una esplosione, che sembra scaturire dalle viscere della terra.

Un fortissimo getto d'aria bollente ci investe, togliendoci il fiato e sbattendoci violentemente contro gli alberi, nel cuore della marea di Risvegliati. Sento i loro piedi sulla schiena, mentre mi travolgono uno dopo l'altro. E' finita, penso: nessuno di noi ce la farà. Ma questa certezza non mi impedisce di incendiare nuovamente le mie vene del sangue degli Antecessori, di roteare la spada all'altezza delle loro teste, di ucciderne più che posso, di cercare di recuperare i miei compagni. Hai ragione, Manuel: forse una morte eroica non mi farebbe poi così schifo, ma prima di trovarla mi piacerebbe portare a termine quello che abbiamo iniziato. Cominciamo a regalarla al Gran Mentecatto, la morte eroica: poi si vedrà. Khzar mi si affianca, anche lui non ha intenzione di mollare.

"Li vedi?" Grido, cercando di sovrastare il rombo inaudito che gorgoglia tutt'intorno a noi. Annuisce, me li indica. E' notte, ma qualcosa sta illuminando a giorno questo fazzoletto di terra in mezzo al fiume. Li vedo. Per qualche assurdo e fortunato scherzo del destino, sembra che i Risvegliati non se la stiano prendendo con i nostri compagni: stanno correndo tutti verso la spaccatura, precipitandosi verso l'interno, come a cercare riparo dalle lingue di fiamme che precipitano intorno a loro. I miei occhi si inerpicano lungo quegli strali di fuoco e incontrano il miracolo di distruzione che si sta compiendo tra la terra e il cielo. L'apocalisse. La fine del mondo. L'inferno di fuoco sulla terra. La volta celeste che sanguina stelle infuocate, precipitandole verso di noi. Accidenti, Claire: e io che pensavo che il tuo Uragano fosse quello di poco fa!

Sia io che Khzar sappiamo cosa fare: farci largo tra le schiere dei Risvegliati, prendere l'unica persona che possiamo ragionevolmente salvare, correre a perdifiato, raggiungere il promontorio sperando che non sia franato e poi, una volta lì, spiccare il salto più alto e più lungo che possiamo compiere, sperando di riuscire a ripetere la prodezza compiuta ieri nell'unica prova che siamo riusciti a fare...

...E poi giù, nell'acqua, sperando in un miracolo.

Abbiamo soltanto una possibilità.

O la va, o la spacca.

[...]



[..]

"No, non se ne parla. Non lo permetterò".

Dharkan ripete ad alta voce quello che pensiamo tutti: l'unica differenza è che lui può farlo con l'emozione giusta, accompagnando quel diniego con tutta la rabbia che questa situazione merita.

"Lo sapete pure voi che è la cosa migliore da fare. E' l'unico modo per trasformare questa... cosa... in un'opportunità". Manuel parla lentamente, senza tradire alcuna emozione. Scandisce le parole una ad una: mentre parla osservo la sua mano destra, stretta con forza intorno al collo, premuta contro quell'assurdo squarcio a cui la parola ferita non renderebbe alcuna giustizia.

Dharkan scuote nuovamente la testa. Anche lui tiene la mano stretta, serrata in un pugno che sembra non vedere l'ora di schiantarsi su qualcosa. "Anche se volessi, non riuscirei mai a farlo. Non riuscirei a mentire in modo credibile... non su questa cosa".

"Ce la farai. E poi... è quasi la verità, in fondo".

"Passerai alla storia come il braccio destro di Aghvan. Penseranno che eri un pazzo esaltato come lui".

Manuel tossisce sangue, sforzandosi di sorridere. "Anche questa... sarebbe quasi la verità, in fondo".

"Dharkan ha ragione", esclama Khzar. "Hanno il diritto di sapere da che parte stavi, alla fine. E poi, nessuno di noi avrebbe potuto fare quello che hai fatto tu in tutto questo tempo: sono anni che ci stai lavorando. Il nostro obiettivo non avrebbe alcuna credibilità se non spiegassimo anche il ruolo che...".

"Cazzate", lo interrompe Manuel. "Le persone che vi ascolteranno non sanno niente di Ghaan e di chi ha fatto cosa. Ma questa faccia... la mia faccia, se la ricordano bene. E tutto quello che sanno di me confermerà pienamente la versione che gli darete".

Manuel Raven - Immagine

"Dai per scontato che ci vorranno parlare e che ci ascolteranno..." Le parole mi escono da sole: non tradiscono alcuna emozione, come quelle di Khzar. Manuel sta morendo davanti a me e io non provo assolutamente niente. Ironia della sorte, l'unico che riesce ancora a sentire qualcosa sarà la persona che dovrà tirare la sua testa fuori da un sacco e mostrarla alle persone che dovremo cercare di convincere, consegnandolo alla loro memoria come il fedele scherano di un pazzo indemoniato.

"Credimi, Dharkan... Non appena vedranno la mia testa... diventerete i loro migliori amici".

"E quella ragazza, Annie?" Chiede Khzar. "Lei lo sa, che l'hai risparmiata. Che l'hai protetta..."

"Protetta?" Manuel tossisce ancora. "Non farmi ridere. Ho solo impedito che qualche idiota le mettesse le mani addosso. Per il resto, è stata segregata per settimane in mezzo ai topi... Per mia volontà...".

"Non l'hai consegnata ad Aghvan, quando te l'ha chiesta".

"Dan ha raccontato loro la stessa cosa che ho raccontato io ad Aghvan: la Mantide non lo avrebbe mai permesso. E in fondo, era grossomodo la verità... aveva detto... di non ucciderla...".

"L'hai liberata, gliel'hai riconsegnata: hai organizzato lo scambio...".

"Roba normale... in guerra", taglia corto Manuel. "L'ho semplicemente trattata... come un normale prigioniero... come tutti gli altri. Smettila di dire str..." Si interrompe, tossisce ancora: la mano comincia ad allentarsi, mentre i rivoli di sangue si moltiplicano lungo la sua armatura. "Sta morendo", dico rivolgendomi a Dharkan: "hai intenzione di fare come dice, o preferisci aspettare che si risvegli?"

"Non... v'azzardate..." Mormora con un rantolo. Se ne sta andando. Se ne sta davvero andando.

Accidenti e accidentaccio.

"Manuel!", esclamo, cercando di tenerlo sveglio. Voglio tenerlo sveglio.

"...Ayza..." mi guarda, ma non so se riesce a vedermi. E' notte, la luce del fuoco è debole, e ha perso davvero troppo sangue. "...Dimmi..."

"... E' vero che l'hai uccisa?"

Mi guarda sorpreso, non sembra capire. "...Chi? ...Annie? ...no..."

Sorrido. "No... Claire. Dharkan mi ha detto che l'hai trafitta con la tua spada, un attimo prima che..."

Scuote la testa. "...che dici... non..." Per un attimo, sembra che sorrida anche lui.

"... Ah no? Beh, mi sa tanto che lo racconteremo lo stesso. Del resto, se ti piace l'idea di farci dire le bugie..."

Mi guarda, continuando a scuotere la testa: cerca di dire qualcosa, ma il sangue in gola glielo impedisce. Nonostante tutto, però, sorride. Mi chino su di lui, così da assicurarmi che mi possa sentire. "Congratulazioni, Tenente Comandante Raven. Hai ucciso Claire l'Uragano, Seconda dei Sette. Lo sai questo cosa fa di te?"

Osservo per l'ultima volta i suoi occhi spenti: adesso non potrebbe vedermi neanche in pieno sole. Mi avvicino ancora: i miei capelli scivolano a nascondergli il viso, mentre scendo a sussurrargli all'orecchio un'ultima parola. La sente, prova invano a dire qualcosa... ma escono solo sangue e colpi di tosse. Poi china la testa su un lato, privo di sensi. Di colpo, non sento più il cuore.

"Credo sia morto", dico. Khzar annuisce.

Mi allontano: ho il suo sangue addosso. Il primo pensiero è quello di lavarlo via: potrebbe essere infetto. Questo è ciò che sono diventata. Stupida, stupida filattiera.

Poi giro lo sguardo su Dharkan.

"Devi farlo", esclamo.

Sospira. "Adesso ti ci metti anche tu?"

Indico Manuel: "devi farlo per lui". Poi indico il corpo di Alan, riverso al suolo in una pozza di sangue semicongelata: "devi farlo per lui". Infine indico la palla di fuoco che brilla in mezzo al fiume, a poche centinaia di metri da noi. "E devi farlo per loro".

Dharkan mi guarda, senza dire niente.

"E ti dovrai pure impegnare", aggiungo. "Ci dovremo impegnare tutti: quando sarà il momento di tirarla fuori lo faremo sfoderando un bel sorrisetto, come se mostrassimo la testa di un manigoldo qualsiasi...".

Dharkan scuote la testa.

"... Una canaglia della peggior specie. Un masnadiere senza scrupoli, un farabutto che...".

"Va bene, va bene: piantala con questi insulti stupidi". Sospira. "Ho capito".

"Ha ragione", aggiunge Khzar: "è l'unico modo per non rendere la sua morte totalmente inutile".

"Guardate che è normale che la morte sia inutile, eh? A non essere normale è la volontà di farla servire a qualcosa! Ah, ma che parlo a fare di queste cose, con voi. La verità è che vi state perdendo, tutti e due. Che Dio ci salvi tutti."

Io e Khzar lo guardiamo mentre si allontana.

"Dio? Quale Dio?"

Khzar scuote la testa. "Lascia perdere... Gli passerà presto".

"Prima che Manuel si risvegli, spero".

"Tranquilla. Ha capito, gli serve solo un momento".

Annuisco, poi indico il corpo riverso di Alan. "Mi spieghi come hai fatto a trasportare anche lui? Io non ci sarei mai riuscita..."

"A dire il vero, non lo so: credo che sia stato lui ad aggrapparsi a me... Davvero un peccato che non ce l'abbia fatta".

"Già".

Mi chino a osservarlo. Povero Alan, e dire che eri uno dei pochi ad aver pescato la pagliuzza fortunata: saresti dovuto restare a guardia del ponte, senza bisogno di venire a crepare sull'isola insieme a noialtri. Se fossimo riusciti a prendere la druida non avremmo avuto bisogno di te e magari adesso saresti ancora vivo insieme a qualcun altro... E forse anche Manuel.

Ma è anche vero che avremmo corso altri rischi, forse persino peggiori. A ben vedere, non c'è davvero nulla da recriminare: c'è solo da andare avanti e vedere che di che morte varrà la pena morire.


Ayza Reich - Immagine
scritto da Ayza Reich , 06:42 | permalink | markup wiki | commenti (2)
Scritto il 28/10/2018 · 31 di 36 (mostra altri)
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