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Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
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Scritto il 03/04/2007 · 33 di 91 (mostra altri)
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11 maggio 517
Martedì 3 Aprile 2007

Il quinto giorno

Il sole era ormai prossimo al tramonto quando Jen decise di fermare il cavallo, indicandoci un avvallamento distante un centinaio di metri dal sentiero che stavamo percorrendo. Non sembrava comodo, ma se non altro avrebbe fornito un riparo abbastanza sicuro.

"C'è anche un torrente da quelle parti" esclamò con un sorriso, notando la mia espressione perplessa. "E' l'ideale, ha tutte le comodità". Così dicendo scese dalla sua cavalcatura con l'intenzione di piantare le tende finché c'era luce. Prima che io e suo fratello potessimo seguirla era già a una ventina di metri.

"Avanti, pelandroni!" disse voltandosi a guardarci.

"Non provocarmi, rospetta" le rispose Malaki, "quando deciderò di muovermi alla svelta non ci capirai niente. E cerca non allontanarti da noi in questo modo, ricorda quello che stiamo facendo".

Jen alzò le spalle, guardandosi intorno: "conosco questo sentiero come le mie tasche: vengo spesso da queste parti quando ho voglia di stare un pò da sola o per allenarmi con la spada o a cavallo, e posso assicurarvi che non ho mai incontrato anima viva".

Probabilmente aveva ragione: la zona ovest delle colline Khadan era saldamente sotto il controllo dei soldati di Beid da diversi anni: inoltre, le torri d'avvistamento costruite dagli uomini di mio padre fornivano una visibilità sufficiente a rendere poco prudente un'avanzata ostile. Eppure, stando a quanto dichiarato dall'uomo-dal-nome-impronunciabile, Rosalie si trovava in un luogo ancora più vicino alla mia città natale: una caverna in cui lui stesso era stato imprigionato, senza peraltro conoscerne l'ubicazione. Lo avevano bendato, cosi' aveva detto.

...

"Come osi pronunciare simili menzogne davanti a un paladino di Pyros? Sir Thomas sarebbe pronto a dare la vita per la sua città e per mio padre!" La voce uscì dalla gola rapida come il vento prima che potessi spogliarla dell'ira che, vincendo per un istante il mio controllo, era riuscita a spillare il suo veleno nelle mie vene.

"A giudicare da questa reazione", commentò l'individuo dietro le sbarre, "qualsiasi monito sarebbe inutile. Non temete milady, non ho intenzione di infrangere un'altra volta il mio giuramento al vostro cospetto: il vostro cavaliere possiede verso la vostra terra una fede forte almeno quanto quella che voi stessa riponete in lui. Ed è proprio per questo, e per le sue abilità di comandante e di uomo d'armi, che hanno deciso di farlo a pezzi. E credetemi se vi dico", aggiunse poi scostandosi i capelli dal collo, "che non è uno scontro che si possa vincere con le armi che quelli come lui e come me siamo soliti impugnare".

Feci per parlare, ma la bocca rifiutò di muoversi, restando semiaperta di fronte alla ferita che l'individuo di fronte a me aveva deciso di mostrarmi attraverso le sbarre. Arretrai, terrorizzata: sebbene non l'avessi mai vista prima, ricordavo fin troppo bene le parole di chi aveva provato a descrivermela; artigli profondi come quelli impressi in quella ferita avevano già incominciato a scavare nel mio passato.

L'uomo di Focault. Il misterioso individuo che tutti avevano sentito e che nessuno aveva visto, che secondo il racconto di Valerie ci aveva protette da un grande pericolo per poi svanire nell'oscurità della notte dopo aver riportato una gravissima ferita al collo. "Pesanti artigliate, come quelle di un enorme lupo: il marchio del Caos Primitivo": queste erano state alcune delle parole della mia amica. La mia mente sapeva che poteva trattarsi di una coincidenza, ma lo sguardo con cui l'individuo dietro le sbarre osservava il mio sgomento sembrava asserire il contrario in modo altrettanto deciso.

"Cosa... cosa significa?" mi limitai a balbettare, confusa e spaventata.

"Che Sir Thomas è il primo della lista", rispose. "Lo toglieranno di mezzo prima del matrimonio, nei giorni in cui Beid sarà troppo occupata a guardare altrove per dar peso alla sua scomparsa... Passeranno alcuni giorni, troppi: poi alla festa seguirà il dolore, ma a quel punto sarà troppo tardi".

Come lava che sgorga fuori dalla bocca di un vulcano quel fiume di parole ardeva senza produrre fuoco, incenerendo l'aria intorno a me senza lasciar intravedere alcuna traccia della luce di Pyros, impedendomi di respirare. Sir Thomas era il primo della lista: chi sarebbe venuto dopo? Mio padre? Mio fratello?

Accortosi delle mie difficoltà ad accettare tale rivelazione, Malaki si affrettò a intervenire. "E sentiamo, genio della lampada", esclamò, "quale plotone di soldati di Keib ha deciso di andare incontro a morte certa volgendo le armi contro sir Thomas e i suoi uomini?"

E fu a quel punto che l'uomo fece per la prima volta quel nome: il Caos Primitivo. Ci parlò di uno strumento di morte, le cui corde erano manovrate dall'immonda divinità il cui nome atroce non è degno di essere pronunciato. Uno strumento giovane e potente, la cui anima corrotta è stata ricompensata con doni tali da renderlo pressoché invincibile. "Nell'istante stesso in cui l'ho affrontata", aggiunse, "ho capito che non possedevo la fede sufficiente per averne ragione. Le omissioni simili a menzogne che ero stato costretto a adoperare per arrivare a lei giustificavano forse il mio fine, ma avevano finito col togliermi l'unica cosa che avrebbe potuto garantirmi la vittoria".

"Questo non mi stupisce affatto", aggiunse Malaki, "considerando il casino che sei riuscito a fare qui da noi".

Dopo quella rivelazione, l'interrogatorio si avviò rapidamente alla sua conclusione: avevo bisogno di molte altre risposte, ma le dichiarazioni sul pericolo corso da sir Thomas e da Beid richiedevano un'immediata conferma o smentita: non c'era tempo da perdere.

Fu con il cuore gonfio di quelle parole gravi che io e Malaki spendemmo le successive due ore scendendo per il ripido sentiero che da Valamer ci avrebbe riportati a Beid: la storia di June e Joan era servita per allontanare temporanemente quella tensione, ma Malaki sapeva che non era certo un rimedio momentaneo quello che avevo intenzione di ottenere quando gli chiesi di aiutarmi a compiere ciò che sentivo di dover fare.

"Fatemi indovinare. Noi due da soli sulle colline Kadhan all'inseguimento di Sir Thomas, per avvertirlo del pericolo imminente e riportarlo a palazzo sano e salvo. Sapete, c'è una cosa che devo proprio insegnarvi sulle favole: hanno il brutto vizio di funzionare molto meglio quando è il cavaliere a salvare la principessa, e non il contrario...".

"Non si tratta di salvarlo, ma di andare in suo aiuto. Non da soli, certo: se facciamo in fretta possiamo organizzare due o tre gruppi e partire domattina all'alba. In ogni caso, io farò parte di uno di loro; che tu lo voglia o no io non sono una principessa, ma una semplice Paladina con il dovere di farlo".

"Con tutto il rispetto", mi rispose scuotendo la testa, "Voi avete soltanto il dovere di avvisare vostro padre: non siete un soldato. Avete molte qualità e coraggio da vendere, ma vi ho osservato quanto basta per sapere che c'è una cosa che non sapete fare".

"Se vi riferite al combattere", lo interruppi, "vi state sbagliando: ho imparato a utilizzare la spada tanto in caserma quanto in seguito, sul camp..."

Ero talmente concentrata a difendere le mie ragioni che non lo sentii neppure arrivare: il fendente sfiorò il mio volto cona rapidità impressionante, quasi invisibile.

"Ed era nel fodero", disse Malaki, con un'espressione grave. Con un rapido movimento del polso cambiò leggermente l'impugnatura della spada, poi si proiettò addosso a me con tutto il suo peso: questa volta riuscii a schivarlo, ma non ad allontanarmi quanto bastava per sottrarmi alla sua presa. La sua mano guantata mi strinse il collo, spingendomi per un paio di metri fino a piantarmi con le spalle contro un albero. Non potevo vederla, ma sentivo la punta della sua spada sfiorarmi appena il petto, all'altezza del cuore.

"Voi avete coraggio e siete molto convincente", disse poi, guardandomi negli occhi: "ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".

Restò per alcuni secondi a guardarmi: poi mi lasciò, volgendomi le spalle. Non gli piaceva vedermi piangere. Ma questa volta le lacrime restarono prigioniere dei miei occhi. Erano tante, troppe per farle uscire ora: le avrei liberate soltanto dopo, da sola.

"Non mi importa", dissi.

"Beh, a me si: non intendo portarvi al macello per sostenere la vostra ostinazione a portare alla cinta uno strumento di morte che riuscite a malapena a sguainare. Organizzeremo quei gruppi, ma voi non verrete con noi: qualcuno deve portare la notizia a vostro padre nel caso in cui non dovessi torn... ehm, trovare Sir Thomas".

"Non mi importa di essere inutile", esclamai con maggior forza. "Mi limiterò a difendermi, evitando i colpi dei miei nemici senza aprire la mia guardia, aspettando il vostro aiuto. E se non vorrete che impugni questa spada, ebbene non la impugnerò, ma in ogni caso mi recherò su quelle colline: il sacerdote con cui ho parlato mi considerava un soldato degli Dei, e ho intenzione di adempiere al mio incarico. Inoltre non ci recheremo lassù per combattere, ma solo per avvisare Sir Thomas e i suoi uomini della minaccia imminente. Quanto alla notizia a mio padre sarò io stessa a dargliela, ma non sarete nè tu nè lui a impedirmi di partecipare".

La giornata proseguì senza sosta: Malaki parlò con alcuni soldati di sua conoscenza mentre io mi recai alla chiesa di Pyros, rivelando le informazioni apprese sulla possibile presenza del Caos Primitivo all'interno delle colline Khadan: come risultato dei miei sforzi, due paladini chiesero e ottennero l'onore di accompagnare i gruppi che Malaki stava organizzando. Il sole era già calato quando ci radunammo per contarci: dodici uomini. Il piano di Malaki prevedeva di battere la zona collinare più vicina a Beid in quattro gruppi da tre alla ricerca di tracce, per poi unirsi in due gruppi da sei prima di addentrarsi nella zona più confinante con Keib: i miei due compagni sarebbero stati Malaki e sua sorella Jen, buona combattente e ottima esploratrice.

La cosa più difficile quel giorno fu convincere mio padre: il nostro colloquio durò diverso tempo, nel corso del quale gli spiegai quanto la mia presenza fosse necessaria. Ad essere minacciate erano le nostre terre, e nè lui nè Ryan avevano modo di allontanarsi in quei giorni tanto importanti quanto delicati. Questo faceva di me l'unica rappresentante della famiglia in grado di prendere parte attiva all'impresa; lo pregai di mantenere l'impegno preso il giorno precedente nel consentirmi di esercitare il mio compito di Paladina. E alla fine, malgrado le forti resistenze, riuscii ad ottenere il suo permesso.

Una volta nelle mie stanze, decisi di liberare la mente e allontanare ogni pensiero che potesse portarmi sogni o visioni: avevo bisogno di recuperare le forze, e per far questo era necessario riempire la mente di volti amici e ricordi felici. Con questo spirito decisi di scrivere una lettera alla mia amica Julie, indirizzandola al luogo dove l'avevo lasciata l'ultima volta. Il pensiero rivolto agli amici di Caen riuscì effettivamente a liberare la mia mente, che quella notte non fu oggetto di sogni o visioni. Ma quella vittoria fu l'ultima che ottenni: il sonno decise ancora una volta di ignorare le mie preghiere, limitandosi a cullarmi per due o tre ore lontane tra loro.

...

Il campo era solido e ben riparato, proprio come aveva detto Jen. La nostra cena fu un pasto frugale a base di pane, frutta e noci: il giorno seguente, tempo permettendo, sarebbe stata la volta della carne. Prima di coricarci per la notte tirammo a sorte per stabilire i turni di guardia. A me toccò il primo. Lo passai in silenzio, osservando a tratti i due fratelli addormentati: sarei riuscita a fare la mia parte per proteggerli, o ero davvero destinatata ad essere un peso? Ripensai alla conversazione avuta con Malaki, alla sua spada puntata sul mio cuore. No, non sarei riuscita a fare la mia parte: non sarei mai riuscita a proteggerli, nè loro nè tantomeno Julie e gli altri amici di Caen; non con la spada che portavo al fianco.

La luna mi guardava, dall'alto: ripensai ad Abel, al modo in cui sapeva infondere sicurezza e fiducia nei momenti in cui tutto sembrava perduto; al ruolo insostituibile che aveva, al vuoto che aveva lasciato e che mai nessun altro sarebbe riuscito a colmare. Mai come in questo momento mi mancavano la sua forza e il suo coraggio. "Perchè, Abel?", mormorai. "Perchè te ne sei andato?"

Questa volta le lacrime non vollero sentire ragioni; misi una mano davanti agli occhi e le lasciai cadere, abbandonandomi lentamente ad esse.


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Scritto il 03/04/2007 · 33 di 91 (mostra altri)
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