Cerca nel Sito

NomeKeywordsDescrizioneSezioniVoci correlate

Forum di Myst

 
« Annie, bravissima, continua così, fai la difficile »
- Sven Herzog -
 
Voci di Tramontana
Le cronache degli eroi che salveranno il mondo
Brad Robnoff
Il soldato che sa scrivere è pregato di aiutare quello che non sa scrivere. Si prega di non riempire la bacheca di messaggi personali o che non siano di pubblica utilità. Non scrivete sugli altri nulla che non vorreste leggere su di voi.
creato il: 23/06/2014   messaggi totali: 24   commenti totali: 69
105206 visite dal 23/06/2014 (ultima visita il 24/04/2024, 15:40)
26 novembre 517
Sabato 11 Gennaio 2020

Piccoli passi



"Non manca molto all'accampamento".

Con un cavallo, forse: o un carro. O una nave. A piedi, con questo freddo e la neve ovunque, è praticamente all'altro capo del mondo.

Abbiamo camminato tutta la notte e il giorno successivo. I pochi raggi di sole che hanno fatto capolino dalle nuvole non sono serviti a molto: com'è che faceva quella canzone?

"L'inferno di ghiaccio arriva strisciando, congela la vita che incontra soffiando"...

Niente, non me la ricordo più: la mia testa funziona sempre peggio e così la mia memoria. Comunque il succo è quello: l'inverno è arrivato col suo mantello bianco di neve e non vuole saperne nulla di chi è così scemo da mettersi a camminare in queste condizioni.



L'inferno di ghiaccio arriva strisciando,
congela la vita che incontra soffiando,
né fuoco né sangue lo posson placare
ma a noi non importa, siam qui per restare




Ali non vuole darlo a vedere, ma è esausta. Lo sento dal respiro, dal battito del cuore. Dal rumore con cui il sangue scorre dentro le sue vene. Da quanto tempo sono in grado di percepire queste cose? Sembra incredibile, eppure è così: in compenso i ricordi vacillano di più ogni giorno che passa. Un'esistenza senza passato e senza futuro, un eterno presente fatto di suoni, odori e paesaggi lontani che mi si parano innanzi di giorno e di notte, a volte persino attraverso le palpebre che mi ostino a sbattere... anche se ormai non serve più.

E io, servo ancora a qualcosa?

"Certo che sì", sembra dirmi la schiena di Ali che dovrebbe essere in procinto di spaccarsi e invece no, sta dritta di fronte a me da chissà quante ore sforzandosi di precedermi ad ogni costo. "A lagnarti in continuazione: a cos'altro, se no?"

Stupida schiena, continua a spolverare il nevischio da terra con quel mantello nero e fatti gli affari tuoi.

"Ali, ma quel mantello ce l'hai sempre avuto?"

"No... è di Roy".

Annuisco. "E l'armatura? Non è quella tua solita..."

"E' quella di Vasq: la mia ce l'ho sotto".

"..."

Roy e Vasq, le ultime due vittime di William. A quanto pare ha scelto di portarseli addosso, accettando l'abbraccio di un ricordo che riscalda e fa male allo stesso tempo. Io detesto farmi abbracciare, eppure una parte di me brama ancora quel calore. E quel dolore.

Di punto in bianco finiamo di girare attorno a una collina e ci troviamo di fronte a un grappolo di luci, disordinatamente disposte intorno alla torre sei.

"Siamo arrivate!" esclama Ali, dosando attentamente gli ultimi scampoli di fiato che le restano.



L'inferno di ghiaccio arriva domani
congela le orecchie, i piedi e le mani
le foglie morenti recide dal ramo
ma a noi non importa, uniti marciamo




Quella che ci attende mentre i nostri passi affamati divorano lo spazio che ci separa da quelle tende è una vista che scalda il cuore: cinquanta, forse cento uomini si preparano a passare la notte all'addiaccio, sulle rive del Traunne; a ridosso del Bulvark, a un urlo di distanza da quel ponte maledetto che non siamo mai riusciti a costruire. Il nostro esercito... o quel che ne resta. La parte che non è riuscita a restarsene coi piedi al caldo nella Rocca di Tramontana, che non ha voluto voltare le spalle al Capitano Barun.

Il mio sguardo rimbalza da una tenda all'altra, felice di poter distinguere dozzine di volti familiari: quel gigante intento ad accendere il fuoco è il tenente Ramsey; intorno a lui riconosco i volti dei compagni del plotone 12. A un tiro di fionda da loro, il tenente Mikhal Savant sta discutendo animatamente con Ayker Madsen, dominus della Chela. Poco più in là il sergente maggiore Radom Ruud, che non penso di aver mai visto fuori dalla Rocca, sta facendo vedere a un paio di soldati come si monta una tenda con questo vento: con loro ci sono anche delle donne e dei bambini... Possibile? E che mi prenda un colpo se quello non è Rodney Balson, lo zio di Gannor... E dietro a lui i plotoni 10 e 11 di Ivan Reiner, e poi ancora il sergente del 18 con Jude Lincoln e Teddy Spaccalegna, e...

Soldati di notte - immagine

"Guardali bene", mi dice Ali. "Tutti quelli che vedi qui sono qui per loro scelta: perché credono in Barun... e in te. Sono pronti a fare una cosa che hanno già fatto tante altre volte, ma che domani assumerà un significato molto diverso".

"Cosa?"

"Un ultimo passo al di là del Traunne".

Annuisco.

Ali starnutisce, poi indica con il volto quella moltitudine operosa di fronte a noi e mi lancia un'occhiata di sfida. "Avanti, Ani: guardali adesso, questi pazzi scatenati, e dimmi se davvero riesci a non provare niente dentro quel muscoletto mezzo risvegliato che ti batte in petto". Ha la voce roca, come quella del sergente Rock.

Guardo quella manciata di tende e soldati e per l'ennesima volta mi viene voglia di prendermi a schiaffi: stavolta di gioia, però, per sincerarmi che non sto sognando. Perché finalmente, dopo tanti giorni di niente, guardando queste persone che si preparano a marciare tutte insieme al di là del Traunne, riesco a sentire qualcosa: sento che...

"Li amo tutti", esclama Ali. Sono le ultime parole che le sentirò pronunciare fino a domani. Non ne servono altre. Amen.



L'inferno di ghiaccio arriva tra poco
col bianco mantello di gelido fuoco
ricopre di neve le spighe di grano
ma a noi non importa, noi non ci pieghiamo




Ali mi indica una direzione e mi fa cenno di andare, poi si allontana: la seguo con lo sguardo, oltre la torre, finché non la vedo raggiungere un gruppo di altre tende sulle quali sventola lo stemma di Greyhaven. Un uomo la accoglie tra le braccia: lei li ama tutti, ma forse ce n'è uno che ricambia più degli altri. E' uno dei soldati dello squadrone Wachter, credo si chiami Van: non provare a farla soffrire, smargiasso d'un Greyhavenese, altrimenti...

Van Falkenrath - Immagine 2

"Annie! Ce l'hai fatta, allora!"

Questa voce me la ricordo: è quella di Ash, il ragazzino pestifero a cui i miei compagni hanno impedito di suicidarsi giocando con i suoi parenti risvegliati. Mi guarda sorridendo, strattonandomi fastidiosamente il mantello. Perché é così contento? Magari perché una volta tanto si trova al cospetto di una creatura più bizzarra di lui.

"Avanti, seguimi: ti porto dai pezzi grossi!"

Il Capitano Barun dev'essere ridotto davvero male se questo marmocchietto è diventato il suo attendente, penso mentre lo seguo all'interno delle tende. Mi chiedo come mai qui vi siano anche donne e bambini: evidentemente c'è chi ha deciso di portarsi la famiglia, o per meglio dire quei pochi affetti che è riuscito in qualche modo a stringere durante questo periodo infernale. Forse temono rappresaglie, visto che in fondo stanno disertando. Chissà...

Anziché portarmi da Barun, il pestifero monello mi fa entrare in una tenda e mi conduce al cospetto di altre vecchie conoscenze: il paladino Ruben Block e le sue due giovani allieve.

"Era tanto che volevo conoscerti, Annie. Voglio che tu sappia che apprezziamo molto lo sforzo che stai facendo: se hai bisogno di qualcosa, forse May e June possono aiutarti".

Ruben Bloch - Immagine

Ho capito: è il mio nuovo cane da guardia, quello che dovrà tenermi d'occhio per assicurarsi che non perda il controllo e cerchi di fare fuori tutti come ha fatto William. Lo ringrazio, ma gli dico che non ho bisogno di nulla: sto bene così. Come se avessi accettato. Mi faccio viva io, eh? Eppure, c'è qualcosa in quest'uomo che ispira fiducia. Ha lo sguardo di uno che ne ha viste tante, di cose strane: forse persino più strane di me. E anche le due tipe, in fondo, mi sembrano a posto. Una di loro mi porge una cosa odorosa, una specie di foglia: provo a dare un morso e sento sprigionarsi in bocca un sapore buonissimo che mi ricorda Colin. Quasi non riesco a fermarmi, la divoro nel giro di pochi secondi. Ma cosa diavolo...

"Sono contenta che ti piaccia: ne posso preparare ancora, se ne vuoi".

Oh sì che la voglio: è la prima cosa che mi va di mangiare dai tempi di Trost. Non so neppure cosa sia ma ho un gran bisogno di mangiarne ancora, fino a dimenticare anche il ricordo di quell'orribile notte. Scambio ancora qualche parola con Ruben Bloch: a quanto pare è la persona che, insieme alle sue due allieve e ai loro tortini, avrà il compito di "nutrirmi" e tenermi in vita quel tanto che basta per compiere la mia missione. Già, la mia missione. Che missione?

"Devi parlare con Barun".



L'inferno di ghiaccio arriva stasera
con spada tagliente di vento e bufera
con frecce di pioggia, grandine e neve
ma a noi non importa, la terra ci è lieve




La notizia del ritorno di Ali e del mio arrivo dev'essersi diffusa, quando esco dalla tenda di Ruben Bloch mi osservano in molti. Alcuni vengono timidamente a salutarmi: uno particolarmente scaltro azzarda persino una pacca sulla spalla, neanche avesse fatto una scommessa con gli amici. Anche meno, compagno: anche meno. Non sono William, ma i cinque minuti potrebbero prendere pure a me, quando meno te l'aspett...

"Eccola qua, la nostra innalzata!"

Garruk Jagger, il soldato più forte dell'esercito di Uryen. La sua armatura è una collezione di tutte le onorificenze che è possibile ottenere militando nel nostro esercito: croce del caos, scudo dell'ultimo, artigliere, juggernaut, artiglio di Treize e altre che non ho mai visto prima. Una specie di collana tribale che pende da un lato, fissata chissà come, cattura la mia attenzione.

"Ti piace? E' di Dunc: a lui ha sempre fatto schifo, non l'ha mai messa. Avresti dovuto conoscerlo, piccola: gli saresti piaciuta un sacco".

"..."

"Sai che ti dico, piccola? Vieni con me. Ti faccio vedere una cosa!"

In 2 anni mi avrà rivolto la parola tre volte: ora mi chiama "piccola" e mi vuole far vedere cose. Dove diavolo vorrà portarmi? Ovunque lui voglia, considerando la forza impressionante con cui mi trascina per il braccio: se io sono innalzata, lui che cos'è?

Poi la vedo, e resto a bocca aperta: in effetti ne valeva la pena. "Ma... ma come..."

"Che spettacolo, eh? E per dirlo io, che queste bagnarole non le amo di certo..."



Non è certo la prima volta che vedo la Disperata, ma non pensavo che potesse risalire il Traunne, non fino a qui: occupa praticamente tutto il letto del fiume. Mio padre mi raccontava spesso di come i Nordri riuscissero a navigare in questo modo, ma non pensavo si potesse fare anche in questi mesi dell'anno, con l'acqua già praticamente ghiacciata.

Garruk stende in alto il tronco di quercia che ha al posto del braccio per salutare l'autore di questo prodigio: il tenente di vascello Quorton Kraven ricambia il saluto dal ponte. Di fianco a lui riesco a vedere le figlie, Astor e Meera Wake: altre due ragazze brave con le erbe che sono riuscite a sopravvivere alla furia assassina di Ghaan.

La Disperata - Immagine 2

"In un primo tempo Barun aveva deciso di farti andare con loro, sai? Nella squadra di mare", mi spiega Garruk. "Ma poi ha preferito inserirti nella squadra di terra, con me, Ali e gli altri. E la sai una cosa? Sono contento che abbia cambiato idea".

Lo guardo. Penso ai due amici che ha perduto per colpa di William: due eroi del nostro esercito morti per colpa di quel maledetto idiota. Chissà se, facendo qualcosa di diverso, avrei potuto evitarlo. "Mi dispiace", balbetto: due parole inutili che non significano niente e che riescono solo a farmi vergognare ancora di più.

Garruk Jagger - Immagine 3

"Non preoccuparti, piccola: tu non sei mica come quel cazzone di Will. Si capisce guardandoti negli occhi. Per il momento, pensa soltanto a stare bene... e se qualcuno ti rompe i coglioni lascia fare a me. La sai una cosa? Non vedo l'ora di vederti in azione!".

Che mi venga un colpo se questi maledetti non si sono messi tutti d'accordo per farmi commuovere, accidenti a loro.



L'inferno di ghiaccio è qui tra un istante
gli occhi crudeli di un blu scintillante
chiunque li guardi non può che avvizzire
ma a noi non importa, siam pronti a morire




Finalmente ho modo di parlare con il Capitano Barun, che mi spiega cosa sta succedendo. A quanto pare, il Duca di Feith ha imposto la fine delle ostilità ai feudi del Corno del Tramonto che si erano alleati con Angvard nella guerra contro Ghaan: in conseguenza di questo trattato Angvard resterà completamente isolata, unica forza di opposizione a Ghaan al di là del Traunne. Per questo motivo Barun, insieme a un pugno di fedelissimi, ha deciso di abbandonare il comando della Rocca di Tramontana e disertare dall'esercito di Uryen. Inizialmente intendeva semplicemente oltrepassare il Traunne e andare a combattere ad Angvard, ma nonostante i suoi tentativi di non rovinare la carriera a tanti compagni d'armi il pugno è diventato una raffica di cazzotti; non tantissimi, ma sufficienti per poter abbozzare un piano d'azione.

E che piano.

Marvin Barun - Immagine 2

"Questa, se va bene, sarà l'ultima cazzata che faccio", mi dice a un certo punto.

"... E se non dovesse andare bene?"

Scuote la testa. "Ci sono cose che devono andare bene per forza, Annie. Lo capirai meglio quando avrai la mia età..." poi s'interrompe, mi guarda e solleva un sopracciglio: "...beh, forse non lo saprai mai." e sospira.

Scoppio a ridere: ha ragione Kailah, Barun è il miglior Capitano che potesse capitarci. Gli chiedo di spiegarmi meglio la storia delle squadre di terra e di mare di cui parlava Garruk: "E insomma, quindi colpiremo Ghaan da due punti?"

Barun mi guarda, sorridendo sotto i baffi: "Due? Beh... vedrai".



L'inferno di ghiaccio è alfine arrivato
Le lande deserte e silenti ha lasciato
Dal cielo ruggisce vibrando i suoi strali
Ma a noi non importa, noi siamo immortali




La notte passa in fretta, tra vecchie storie, ricordi e canzoni di guerra. Il freddo si combatte con l'alcol, il cibo e cantando a squarciagola. C'è anche qualcuno che si mette a fare l'amore, forse convinto che sarà l'ultima occasione che avrà in questa vita. A tratti, mio malgrado, i miei sensi innaturalmente aumentati finiscono per portarmi lì, grandemente oltre gli affari miei, a condividere quell'esperienza, immersa nei suoni e negli odori di qualcosa che non ho mai fatto... non quando lo volevo io, almeno. E penso che, dopotutto, non mi mancherà: perché adesso, in queste poche ore che ci separano dall'alba, sto vivendo tutto quello che ho sempre cercato, tutto ciò di cui ho bisogno.

No... non tutto. Mi mancano da morire Colin, Kailah, Bohemond, Engelhaft e Sven, che hanno saputo volermi bene quando non era umanamente possibile farlo. Un amore disumano, il loro, che posso ricambiare solo in un modo altrettanto disumano: assicurandomi che questa missione non fallisca, così che non siano mai costretti o spinti a ripetere ciò che andiamo a fare. Così che possano continuare a vivere per noi. E sì, mi mancano anche Boar e Gannor, che a loro volta hanno dato la vita per consentire a noi di poter fare questo piccolo, grande passo.

E finalmente piango, piango la loro morte, e più lacrime scendono a rigarmi il viso più riesco finalmente a sentirmi viva. Sono viva, Colin! Sono viva.

Poi, improvvisamente, l'alba ci sorprende: e pochi alla volta finiamo per ritrovarci lì: tutti in fila, le mani strette gli uni agli altri. Soldati, donne e bambini, e un pò anche tutte e tre le cose insieme: il sole alle spalle che ci riscalda la schiena, lo sguardo puntato dritto verso ovest, in direzione del Corno del Tramonto che si stende a perdita d'occhio di fronte a noi.

In direzione della Rocca di Tramontana.

"Quella lì non è casa vostra".

La voce rimbomba forte, vibrando nella fresca aria del mattino. Nessuno si volta, neppure i pochissimi che non l'hanno riconosciuta: restano tutti immobili, sull'attenti, lo sguardo fisso di fronte a loro.

"La Rocca di Tramontana, dico. Quella lì non è casa vostra: è solo un mucchio di pietre. Sapete a cosa servono le pietre?"

La domanda cade nel vuoto: nessuno di quelli che sta qui in fila ha la benché minima intenzione di rispondere a Logan di Treize. E di certo nessuno sente il bisogno di insegnargli alcunché su cosa è possibile chiamare casa e cosa no.

"Servono a tenere in vita chi ci sta dentro. Quella rocca, questa torre... Sono soltanto pietre. Le abitiamo, ci fanno comodo, ci riparano dal vento, ma non sono la nostra casa. Lo sapete dov'è, la nostra casa?"

Logan Treize - Immagine 2

Logan cammina lentamente davanti a noi, mostrando qualcosa che ha in mano: qualcosa di grosso. Quando capisco cos'è, un fulmine mi attraversa il corpo, lasciandomi senza fiato.

"Dentro di noi", dice, battendosi il petto.

"Nell'aria che condividiamo", dice poi, indicando le tende e le braci dei falò.

"E nel ricordo di chi non c'è più", dice infine, posando a terra quello che ha in mano, con una cura e una delicatezza che non gli ho mai visto adoperare.

"Tenetelo bene a mente. E adesso mettetevi al lavoro, che abbiamo una guerra da fare".

La fila si scioglie tra applausi e grida di giubilo: c'è persino chi riesce a trovare ancora un pò di voce per intonare qualche canto di battaglia. Mi avvicino in silenzio a Logan, osservando con commozione l'oggetto deposto ai suoi piedi.

"Sono felice di vederti, Annie".

Pianto gli occhi a terra, balbettando. "E'... è...". Oh Dei, non riesco neppure a dirlo: non da così vicino, non quando riesco persino a sentirne l'odore.

"Si, è lei".

"Ma... ma come..."

"Sono tornato a cercarla: mi ci è voluto un pò, ma proprio non mi andava giù di lasciarla lì".

Mi chino a toccarla: sfioro con la mano le cuciture, le piccole modifiche che si era fatto da solo per renderla più efficace contro i risvegliati. Gannor non era un sarto né un armaiolo, ma a forza di veder riparare armature aveva imparato a fare qualcosa anche lui.

"A quanto pare i Risvegliati non l'hanno praticamente toccata: in ogni caso, prima di portarla qui, mi sono sincerato di rimetterla a nuovo e fargli fare qualche piccola modifica: se accetti un consiglio, direi che è migliore di quella che indossi ora".

Annuisco. Sento il bisogno di indossarla, di sentirmi nuovamente avvolta da quell'odore e da quel calore che non è mai stato, e mai sarebbe potuto essere, e in fondo meno male che non è mai stato perché quello che invece è stato vale molto di più. Ma proprio per questo... proprio per questo... proprio per questo. La indosso, e finalmente sento il calore tornare con prepotenza a scorrermi nelle vene: una sensazione meravigliosa, che riscalda al punto da far male.



Alla fine sembra proprio che verrai con noi, Gannor: ce la faremo anche grazie a te.

Gannor Balson - Immagine 2

L'inferno di ghiaccio ha fatto il suo corso
Tra valli e montagne ha sferrato il suo morso
Avanza la notte, che luce non teme
Ma a noi non importa, perché siamo insieme

scritto da Annie Volvert , 06:34 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
25 novembre 517
Venerdì 26 Luglio 2019

Storia di una lunga guerra



Dicono che il Dio dei Nordri sia cieco da un occhio: a quanto pare i nostri non hanno neanche quello, visto come stanno andando le cose ultimamente. Io per fortuna ne ho ancora due, anche se la sorte ce l'ha messa tutta per fare altrimenti. La fortuna nella sfortuna; la parte di mela senza il verme; il bicchiere mezzo p...

Fanculo. Ne ho abbastanza di bicchieri mezzi pieni, ho voglia di farmi una bevuta come si deve. Come quella notte in cui Roy crollò ubriaco sulle assi sgangherate della capasanta e si svegliò in mezzo al Traunne, con un cartello al collo con su scritto... Cosa c'era scritto? Non me lo ricordo più. Vasq se lo ricorderebbe, visto che l'aveva scritto lui; e anche Duncan, visto che fu lui a caricare Roy sulla barchetta di Jebediah e poi a spingerla nel fiume. Sembra una roba di secoli fa, invece è successa solo... secoli fa.

Prima di prendere la torcia dal muro mi fermo un momento a contemplare il fuoco: il riflesso delle fiamme guizza tra le spille e spillette che ricoprono la mia armatura: stelloni, scudetti, croci, e poi lui, lo scudo dell'ultimo, eroica celebrazione del mio fallimento: non mi riesce di tenere un plotone mezzo pieno, figuriamoci un bicchiere.

Queste scale le avrò percorse mille volte: quasi sempre da guardia, in un paio di occasioni da prigioniera. Mai per fare quello che sto per fare oggi. Raggiungo la porta e busso: nessuna risposta. Il tempo di individuare la chiave giusta, girarla nella toppa e muovere un passo, e sono dentro.

La torcia non illumina granché, era lì da troppo tempo e in questo momento non siamo abbastanza per cambiarle quando è ora. Saremo nuovamente abbastanza, prima o poi? Chi lo sa. Tra poco non sarà più un mio problema.

Non distrarti, scema: la cella sembra vuota, ma non sei sola. Tu sei praticamente cieca, lei no.

Mi cade addosso dal soffitto, come un ragno. La torcia mi viene strappata dalla mano sinistra e rotola a terra; la destra scatta istintivamente sull'elsa di Ametista, ma morde il vuoto. Poco dopo la sento sulla schiena, la punta che mi viene spinta contro e penso che tutto sommato potrei pure starci, che in fondo forse è l'ultima occasione di poter morire qui, a casa mia: e invece no, resta lì, incagliata tra una vertebra e l'altra.

"Cosa vuoi?"

"Ciao Ani", esclamo. "Come va?".

"Ti ho sentita fin da quando eri sulle scale". Il fiato delle sue parole che mi arriva sul collo, freddo come il Vento del Nord.

"Mi hai sentita? Dai passi?"

"Dall'odore".

"Ma se mi sono appena lavata...".

"Per il tuo naso, forse: per il mio puzzi come una scrofa".

"Non mi sembra una cosa carina da dire".

"Neanche rinchiudermi qua dentro è stato carino".

"Hai ragione. Ma bisognava farlo, dopo quello che è successo".

Silenzio.

"Così penseranno che sono uguale a lui".

"... o magari lo abbiamo fatto per darti modo di provare che non è cosi".

"... o magari pensate tutti che sia così".

"Ti sbagli".

"... Magari lo pensi pure tu".

"Ti sbagli".

"Magari lo dici solo perché hai una spada tra le scapole".

"Se tu fossi come lui mi avresti già sbranata. E poi, da quando in qua te ne frega qualcosa di quello che pensano gli altri?".

Silenzio. Aspetto che sia lei a parlare: ha tutte le ragioni per volersi sfogare.

"...Ti hanno mandata a uccidermi, Ali?"

"Sciocchezze. Se avessi voluto ucciderti, non avrei bussato: e saresti già morta".

"Forse un tempo: ora non più".

Eh no: quando è troppo è troppo. Mi getto in avanti di scatto, poi mi giro e le sferro un calcio sulle mani, tra le dita e l'elsa: la spada sfugge alla sua presa e sbatte sul muro della cella, quindi ricade in terra, in mezzo a noi. Restiamo entrambe a guardarla, in silenzio, per un pò.

"Visto? Sei più forte di prima, ma devi ancora mangiarne di panini prima di...". Mi interrompo: non ricordo se può ancora mangiarli, i panini.

"Come hai..."

"E' un trucchetto che mi ha insegnato Ramsey: arriverà il giorno in cui saprai farlo anche tu".

Annie guarda me, poi la spada, quindi volge lo sguardo verso la porta aperta. "Ma hai abbandonato l'ingresso: se ne avessi voglia, ora potrei scappare".

Annuisco. "E' quello che spero: sono venuta apposta".

Annie mi osserva. Nel buio pressoché totale che ci circonda l'unica cosa che riesco a distinguere sono i suoi occhi, rossi come braci: lei invece ci vede benissimo. Al punto da capire che sto dicendo la verità.

"Vuoi che io venga con te...".

"Si".

"Vi serve un innalzato e sono l'unico che avete".

"Mi servi tu".

"Perché sono innalzata: altrimenti non saresti neppure qui".

"Oh, quanti cazzi, Ani. Sei in prigione perché sei un'innalzata, ti voglio con me perché sei un'innalzata, penseranno che sei come lui perché sei un'innalzata... Lo sai che ti dico? Hai rotto i coglioni. Il mondo non gira attorno a te e al tuo innalzamento. Sei un soldato, o l'hai dimenticato?".

"Sono stata sospesa".

"Ti sto reintegrando adesso".

"Perché ti servo".

"Sai com'è, funziona così: quando un soldato serve, lo chiamano; quando non serve, non lo chiamano".

"Vi faccio schifo. Vi faccio paura".

Scuoto la testa. "Né l'uno né l'altra".

"Barun non..."

"Barun ha puntato su di te dal primo momento. Ti ha mandata in missione appena ha capito che non eri contagiosa, sfidando il parere contrario di molti. Era convinto che ce l'avresti fatta quando non ci credevi neppure tu, quando stracciavi i coglioni a tutti ogni giorno dicendo che saresti morta l'indomani".

"Barun neanche sapeva che esistevo, a momenti".

"Ti ha reinserita nell'esercito due settimane dopo il tuo ritorno da Ghaan".

"Voleva togliermi dal servizio attivo".

"Ti ha mandato contro la bestia del ponte".

"Mi ha messa in quarantena...".

"Ti ha dato una casa a dieci metri dalla Rocca! Sono stata più in quarantena io quando avevo i pidocchi".

"... Perché vi servivo!"

"... Esatto! E ci servi ancora! Per questo sono qui. E non per i poteri, ma per il fatto che li controlli. Cosa vuoi, Ani? Che ti apprezzino per quello che eri e non per il fatto che ora sei così? Se la pensi in questo modo sei tu che ti fai schifo, sei tu a metterti in quarantena da sola. A me non frega nulla del colore dei tuoi occhi, che non hai fame, o che i risvegliati non ti mordono: il mio compito è far sì che quelle schifezze non mordano nessuno, e se ti importa ancora qualcosa dello stendardo che porti e all'armatura che indossi dovrebbe importare anche a te, e dovresti agire di conseguenza".

I due puntini rossi cominciano ad assumere una forma più naturale: piano piano, comincio a distinguere il suo volto. E' sempre lei, è sempre Annie. In barba alla prigione, a Ghaan, a Mirai, e all'anima de li mortacci loro.

"... Anche a lui hai detto le stesse cose?"

Mi mordo il labbro. Devo restare calma. "Ci abbiamo provato". La voce mi esce rotta, uno spezzatino di sillabe. "Abbiamo fatto del nostro meglio: non ci siamo riusciti".

"Cosa ti fa pensare che con me sarà diverso?"

"Perché ti conosco da una vita, e so che ce la metterai tutta".

"Stronzate, Ali: non mi conosci, non sai niente di me. non mi hai mai considerata: per te ero la figlia incapace di un cliente di tuo padre, il capo della locanda".

"Abbiamo giocato insieme per anni".

"Tu decidevi tutto, io seguivo: anzi, eseguivo".

"Ero più grande! Che diamine, volevi comandare tu?"

"Sono entrata nell'esercito perché c'eri tu".

Scuoto la testa. "Non è così: sei entrata perché ti piaceva quello che facevo, quello che si faceva qui, e volevi farlo anche tu".

Silenzio. C'è ancora qualcosa che vuole dirmi, ma le serve tempo.

"Tutte le volte che mi hanno messa in mezzo... tu non mi hai mai difesa".

"Se lo avessi fatto sarebbe stato molto peggio. Lo sai come si dice qui, no? Ciascuno deve imparare a pulirsi il culo con le mani sue".

"Quando Varchmann mi ha presa di mira, tu non hai alzato un dito".

"Sei uscita da quella cella dopo tre giorni".

"Non mi hai difesa".

"Sei uscita dopo tre giorni!".

Mi guarda: "Adesso mi dirai che è stato grazie a te...".

Sorrido. "No, testona: è stato grazie a te. E' così che funziona, è così che deve funzionare: hai fatto tutto da sola e non devi ringraziare proprio nessuno, perché ti sei pulita il culo con le mani tue. Quella spada, quell'armatura, te le sei meritate. La verità è che sei un bravo soldato, Annie: lo sei sempre stata. Quindi vanne fiera, smettila di piangerti addosso, e...".

"..."

"... e vieni con me. Adesso".

"Dove?"

"Al di là del Traunne. Alla Fortezza dei Difensori. A Ghaan".

"A Ghaan? Ma è inverno! E' un viaggio suicida, adesso..."

"Ma non sei tu quella che non sente il freddo?"

"Io si, ma tu..."

"Non preoccuparti per noi: è proprio perché non se lo aspettano che andiamo adesso!" Ok, detta così è una mezza cazzata, ma tanto tra poco le dirò tutto. Indico la porta aperta: "allora, ci stai?"

Resta ferma, fissandomi con quelle due torce rosse che ha al posto degli occhi. "... Mi vuoi soltanto perché i tuoi compagni sono morti quasi tutti".

"..." Respiro. Mi mordo le labbra.

"Scusami. Non volevo".

"Anche io sono entrata nel terzo plotone perché erano morti tutti. Per la precisione, erano morti tutti i fratelli del mio plotone precedente. Hai visto le loro tombe, no?".

"Scusami".

Annuisco. "Scuse accettate. E comunque... non siamo morti tutti: tanti soldati sono ancora qui. Io sono ancora qui, e ti assicuro che per me questa guerra è appena cominciata".

"..."

"E tu, Ani? Sei viva o sei morta, sotto quelle occhiaie e quelle vene viola? Perché se ti senti morta io non ho problemi a lasciarti qua, o a farti uscire da quella porta e lasciarti libera di andare dove ti pare. Per me te la sei guadagnata, la libertà. Ma se invece ti senti viva, per me dovresti smettere di frignare e venire via con me finché ancora possiamo, perché io sto andando a prendere a calci nel culo tutti, ma proprio tutti... anche quelli che ti hanno fatto quello che ti hanno fatto."

Annie mi guarda, poi guarda la porta, quindi torna a guardarmi: "in che senso, finché ancora possiamo? Non è Barun a mandarti?"

Scuoto la testa. "Sai cosa ho fatto, prima di venire qui? Ho svuotato un secchio che stava da giorni sotto al culo del messo Ducale che è venuto a consegnare a Barun il testo dell'armistizio con Ghaan. In questo momento stanno parlando..."

"... Vuol dire che tra poche ore non ci sarà più la guerra?"

"Vuol dire che tra poche ore non ci sarà più Barun al comando della Rocca".

"...che dici..."

"E' così: fidati di me. Adesso non ho tempo di spiegarti, lo capirai da sola quando saremo fuori di qui".

"Quindi... mi stai facendo fuggire..."

"Si. E' la prima evasione che organizzo qui dentro. Come sto andando? Pensavo che sarebbe stato semplice, ma il prigioniero non collabora".

"Ma cosi daranno la colpa a me..."

"... A entrambe, direi".

"Quando torneremo, sarò degradata. Mi butteranno fuori".

"Ti hanno già buttata fuori, no? Semmai sono io che mi sto fottendo la carriera!"

"Penseranno che sono come lui..."

"No. Perché non ammazzerai nessuno. Uhm... Non al di quà del Traunne, almeno".

"Non appena sapranno che sono scappata, non mi perdoneranno mai: non potrò tornare piu".

Alzo le spalle. "Ammesso che qualcuno di noi torni. Hai capito cosa andiamo a fare, no?".

[...]



L'aria della notte è fredda da morire. Almeno per la mia faccia, visto che Annie non sembra curarsene. Non dice una parola da quando abbiamo lasciato la Rocca. A cosa starà pensando? E' appena tornata da un viaggio in cui ha vissuto le pene dell'inferno e io la sto riportando lì. Sono una pessima amica, oltre che un pessimo sergente... Del resto, se l'avessi lasciata in quella cella, non so proprio cosa sir Gadman Scherer avrebbe potuto fare di lei. E' da quando sta nell'esercito che entra ed esce da una prigione, adesso basta.

"Ali?"

Mi fermo e mi giro a guardarla: "dimmi".

"Tu sarai con me? Quando morirò?"

"Sempre".

"... se non muori prima..."

Sorrido. "Impossibile".

Annie ricambia il sorriso: il primo che le vedo fare da non so quanto tempo.

Ci rimettiamo in marcia, non manca molto all'accampamento: con un pò di fortuna, tra poco la neve coprirà le nostre tracce.

"Senti, Ani, ma..."

"Si?"

"Davvero puzzo come una scrofa?"

"Beh... un pò si...".

"Ma anche adesso? Con questo vento freddo e la mantella pesante addosso?"

"Beh..."

"Va bene, ho capito: come non detto".

"Ma comun-"

"Basta, d'accordo? Non voglio saperlo. Non parliamone più".

Abbiamo rotto il ghiaccio, proprio ora che sta per nevicare.

Passi nella neve - Immagine

scritto da Ali Shark , 06:00 | permalink | markup wiki | commenti (0)