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Forum di Myst

 
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22 agosto 516
Mercoledì 17 Luglio 2013

Trascino i materassi nella sala comune della locanda, uno vicino all'altro. Sono molto pesanti e mentre fatico per spostarli sento la ferita sul braccio - solo un graffio - che brucia e pizzica.
Non è niente, lo so. Non sono certo io a dovermi lamentare. Non in mezzo a tutto questo dolore.

Padre Engelhaft ci ha fatto sistemare la stanza sul retro a mo' di infermeria per i feriti più gravi, Tristifer, Mach, la povera Emyllis e da poco anche mio padre. Ha chiesto delle corde, li ha legati ai letti. Non ci fa avvicinare, ma da qui, dalla sala comune, nonostante il chiacchiericcio, i lamenti e le grida intermittenti di Cristine dal piano di sopra, sentiamo lostesso il loro strazio. Urlano, piangono, tossiscono. Le pareti di legno sono sottili, si sente tutto.
Leggo la paura negli occhi dei miei compaesani, il terrore. Alcuni camminano nervosamente avanti e indietro, incapaci di stare fermi. Hanno ancora qualcuno lì fuori forse, chissà se vivo o morto.

E poi c'è lui, Mathias, che si dà da fare per alleviare la sofferenza degli altri. Cerca di non pensare a Larissa, di non pensare a niente: si capisce dalla rapidità dei suoi gesti, dal modo febbrile che ha di occupare ogni istante in attività utili, senza fermarsi mai.
Ma adesso, dopo tanta fatica, non c'è più molto da fare, l'accampamento è bene o male sistemato, i morenti gemono, gli altri si guardano intorno spaventati.
Il Borgomastro ha chiesto di fare piano, di non gridare, perchè sembra che le grida attirino quei mostri. Chi può quindi tace. Chi non può tacere, perchè il dolore o la disperazione sono troppo forti da sostenere, soffoca i lamenti e piange.

Mathias chiede ancora una volta al Borgomastro cos'altro ci sia da fare.
"Sali di sopra, mettiti di vedetta"
Il mio amico fornaio annuisce e si dirige alle scale.
Lo seguo.
Il piano di sopra è affollato come quello sottostante. La stanza più grande ospita i bambini, una decina in tutto, a cui cerchiamo di risparmiare lo spettacolo di tanta sofferenza.
In quella adiacente c'è Cristine, nei dolori del travaglio. E poi arcieri, vedette.
Mathias si affaccia alla finestra dello stanzino che dà sul retro e scruta le case ormai deserte, alla ricerca di movimenti sospetti.

"Come stai?" mi chiede accorgendosi che entro dietro di lui.
"Sto bene, grazie"
"Sei stata ferita..."
"E' solo un graffio. Già non mi fa più male", mento.
Mathias annuisce e guarda di nuovo fuori dalla finestra.
"Dove pensi che sia, adesso?" mi domanda all'improvviso.
"Larissa?"
Annuisce. Non lo so dove sia mia sorella. Scuoto il capo.
"Spero che stia bene"
Mathias resta qualche istante zitto, poi scuote il capo. "Siamo condannati, Jana, lo sai, vero? L'hai capito anche tu?"
Osserva il mio viso, non aspetta che io risponda. "Ovunque sia, tua sorella non può stare bene. Non starà mai bene, perchè non esiste speranza per nessuno di noi. Tantomeno per lei. Solo... vorrei rivederla ancora una volta. E insieme ho paura che succeda. Ho paura di cosa vedrò nei suoi occhi."
"Non capisco..."
"Sì invece, sì che capisci. Nessuno la conosce meglio di te. Nessuno le vuol bene... più di te, Jana. Nemmeno io".
"Mathias..."
"E' stata lei a portarli qui, quei mostri. Non so in che modo, non riesco a capire che cosa possa averla spinta a tradirci in una maniera tanto assurda, ma sono sicuro che sia stata opera sua. Opera... anche sua. Sai, " mi guarda in viso, "io non ho paura di morire. Non lo dico per vantarmi di qualcosa, sarebbe una cosa molto stupida di cui vantarsi. Lo dico perchè è vero, perchè non c'è più niente, nè qui nè altrove, per cui valga la pena vivere. Le senti le grida di Cristine? Sta per nascere il bambino".
Annuisco, accenno un timido sorriso ma sento che gli occhi mi si riempiono di lacrime. So già cosa sta per dirmi Mathias, anche se non vorrei sentirglielo dire. Non mi sbaglio. Lui rivolge lo sguardo alla strada e continua a parlare.
"Sento una voce nella testa, Jana, che mi dice "va, ammazzalo subito, prima ancora che nasca, risparmiagli tutto questo". Pensi che io sia un mostro, ad avere questi pensieri? Forse sto diventando pazzo"
"Non penso che tu sia pazzo... è solo che..."
"Jana, io lo so che cosa provi per me"
Avvampo, faccio un passo indietro, il fiato mi muore in gola.

"Mi credi tanto stupido, tanto cieco da non riconoscere i tuoi sentimenti?" si concede un sorriso amaro e continua. "E io, come una bestia senza cuore, continuo a sopportare le angherie di quella stronza di tua sorella, sì. A non riuscire a pensare ad altri che a lei. Lo so, è assurdo... un ridicolo gioco a rimpiattino senza senso. Un gioco dove perdiamo tutti, sempre e per sempre."
Le lacrime adesso mi inondano il viso, mi premo una mano sulla bocca per non singhiozzare. Lui invece sembra calmarsi via via che parla.
"Con te qualunque cosa io faccia è sbagliata. Non posso fare niente di giusto, non posso illuderti, non posso mentirti, non posso amarti. Perdonami Jana. Per fortuna non durerà ancora per molto."
Si volta a guardarmi per un lungo momento, poi torna a fissare la strada.

Vorrei dire qualcosa, sento che c'è qualcosa che potrei dire in questo momento, che potrei rispondere. Ma non trovo niente.
Le parole di speranza mi sfuggono tra le dita, lasciando solo buio e silenzio.

Esco dalla stanza lasciandolo solo.
Qualcosa di nuovo, di ulteriore, mi stringe il cuore, rendendo faticoso ogni singolo battito. Una mano fredda mi stringe il cuore.
Non devo pensarci.
Torno di sotto, posso ancora rendermi utile.

La gente nella sala della locanda è confusa, spaventata. Alcuni, Marille e Tobias soprattutto, iniziano a sentirsi male. Sono stati feriti solo superficialmente, penso che sia suggestione la loro: eppure sudano, tremano, sono febbricitanti.
"Volete dell'acqua?"
"Grazie tesoro" risponde lei con gli occhi lucidi, "ti ringrazio...
Anche Josh, la guardia, ha lo sguardo appannato. Si sostiene con la spalla al muro.
"Josh", mi avvicino, "forse dovresti sederti, togliere l'armatura..."
Lui mi sorride. "Non posso mollare, Jana. Dobbiamo dare l'esempio..."
"Ma tu stai male!"
Scuote il capo. "Sono in servizio, non posso permettermi di stare male"
"Posso fare qualcosa per te?" insisto.
"Stringi più forte il nodo della benda che ho sul braccio, da solo non ci riesco".
Mentre stringo la fasciatura, Josh non manda che un gemito strozzato. Mi intendo poco di medicina, ma credo di saper riconoscere il dolore. Josh ringrazia, sudato, e si mette di nuovo in piedi, vicino alla porta sbarrata della locanda.

Continuo a correre di qua e di là, alla ricerca di chi ha più bisogno di aiuto. Si sparge la voce che Emyllis sia morta, cerco di far coraggio alle persone più spaventate. Poi il Borgomastro e Padre Engelhaft la portano fuori, avvolta in un sudario, davanti agli occhi atterriti di tutti quanti.

Non voglio che Mathias abbia ragione. Che sia tutto perduto. Voglio che qualcuno mi dia parole di speranza, che sappia infondere in me il coraggio che io non sono stata in grado di dare a lui e a tutti gli altri.
Il Borgomastro, lui ci prova. I suoi discorsi sono energici, nel suo sguardo non vi è ombra di cedimento. Eppure riesco a vedere oltre le sue parole, come se avessi un terzo occhio, capace di scendere un gradino più in basso, nel sotterraneo dei suoi pensieri nascosti.
E' la disperazione che avanza.
Il coraggio che mostra il Borgomastro nasce dal senso del dovere, dal ruolo a cui lui è giustamente fedele. Ma in fondo al suo cuore anche lui è sperduto, come tutti noi.

Eppure io lo so che la scintilla di speranza che cerco esiste.
Non so dove si nasconda, se nel mio braccio indolenzito che ancora non ha iniziato ad infettarsi, o nelle grida di Cristine che sta mettendo al mondo un bambino che non conoscerà mai suo padre.
Non so se la speranza si celi negli sguardi navigati e paurosamente consapevoli dei soldati venuti da Uryen, o nelle armi che impugnano per difenderci da questa invasione.

So soltanto che c'è, che esiste. Noi dobbiamo resistere, sopravvivere, aspettare. E tutto questo incubo un giorno sarà soltanto il passato.

scritto da Jana Weiser , 19:13 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
21 agosto 516
Martedì 18 Giugno 2013

Dannata per l'eternità

"Dammi la fiala, Heather".

Percepisco la sua disapprovazione, mi scruta con biasimo misto a sconforto.
"Sei sicura?"
"Non posso morire adesso, dammi la fiala".
Heather deglutisce. I suoi lineamenti, induriti dalle botte che ha ricevuto, si incrinano, vorrebbe piangere. "Devo... chiamare Mutze", mi dice dopo una pausa. "Ce l'ha lei la... fiala".
"Chiamala, allora. Non perdere tempo". Tossisco, il fiato mi si spezza in gola. "Chiamala, sbrigati".
Heather si alza con riluttanza dalla sedia, zoppica leggermente, sembra immensamente vecchia.

Alla porta si ferma e scuote il capo.
"No, no, Rachel, non te lo posso permettere... non puoi cedere a questa debolezza. La vita è degli Dei, sono loro a darcela, loro a decidere quando..."
"Basta chiacchiere!" la interrompo con uno sforzo che mi costa altra tosse, mentre l'aria che riesce a penetrare nei miei polmoni si assottiglia ancora. "Ti prego, chiama Mutze..."
"Hai vissuto nel peccato, non puoi morire nel peccato. Fallo per i tuoi figli..."

Ho bisogno di prendere fiato, ansimo, vorrei finire di spaccarle la faccia, finire il lavoro che qualcun altro ha iniziato al mio posto. Heather, sbrigati dannazione. Sbrigati con quella fiala.

Eccoci qua, la santa e la peccatrice, una di fronte all'altra.
Tutte e due col viso devastato dai pugni e dai colpi di un uomo violento. Chi è stato a conciarti così, Heather? Uno dei Masnadieri? Qualcuno del villaggio? Oppure... oppure il compianto Padre Pike, tra un sermone e l'altro?

La peccatrice sono io, lei è la santa. Ed è lei a volermi adesso condannare a morte, con la scusa di salvarmi l'anima.

"Fallo per amore dei tuoi figli, Rachel. Resisti a questa tentazione e riuscirai ad essere assolta per tutte le volte che hai peccato. Morirai nella pace degli Dei, la Santa Kayah sarà sulla soglia del paradiso ad accoglierti... ed è lì che ritroverai i tuoi bambini", aggiunge addolcendo il tono di voce.
"Sappiamo entrambe che sono morti... non li privare di una madre adesso... adesso che più hanno bisogno di te"

Devo respirare, devo restare calma.
Rosie e Mark non sono morti, è qui, su questo mondo schifoso, che hanno bisogno di una madre. Anche se è soltanto una prostituta che si è venduta l'anima per l'ultima volta. E' qui che hanno bisogno di me. Non posso abbandonarli.
Heather scruta il mio dilemma, si riempie il cuore di retorica, sogna per qualche istante di avermi salvata.

"Heather... te lo ordino. Dammi quella dannata fiala".

"Rachel, ti prego..."

"Lasciami libera di dannare la mia anima", insisto. Un colpo di tosse mi fa schizzare di sangue il lenzuolo bianco. "Sbrigati".

Heather sospira, apre la porta, scompare sul pianerottolo.
Aspetto.

...

Sento passi che salgono, la febbre credo che stia salendo, ho i brividi.
La porta si spalanca, Mutze entra con gli occhi pieni di lacrime ed una fiala in mano.
Mi abbraccia.

"Povera cara... sta tranquilla, andrà tutto bene" mi mormora senza crederci, con dolcezza materna. "Adesso prendi questo cucchiaio, e poi dell'acqua..."

Con le mani che mi tremano porto alle labbra un cucchiaio colmo di questa torbida pozione. Mutze continua ad accarezzarmi i capelli sudati, mi aiuta, mi porge subito dopo un bicchiere d'acqua per lavare via dalla mia bocca l'aspro sapore della pozione.
Brucia come il fuoco nella mia gola, nello stomaco, il calore si diffonde nel mio corpo ardente.

"Sta tranquilla, Rachel, andrà tutto bene... riabbraccerai presto i tuoi piccoli..." Mutze resta al mio capezzale a lungo, mi tiene la mano, mi cambia una pezza fredda dalla fronte.

Il tempo passa... la tosse...

... forse...

sembra placarsi.

Ed io sono dannata per l'eternità.

scritto da Rachel , 15:37 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
26 luglio 516
Martedì 23 Aprile 2013

riduzione del danno

"Quello che ti è successo è volgare e ingiusto"
Guardo Skià senza capire, chiedendomi se sia la sua pronuncia insolita della mia lingua a confondermi.
"Devi avere più rispetto di te stessa", insiste la deliota. "Fino a quando non avrai più rispetto di te stessa, neanche gli altri ti rispetteranno".
Mi sorride, fa cenno di sedere accanto a lei, coi piedi scalzi che lambiscono le onde del mare.
"Non so come fare", sospiro. "Nessuno capisce le mie parole... per loro sono solo una schiava, come posso farmi rispettare!"
Skià resta qualche momento in silenzio, scrutando il ristretto orizzonte della baia.
"Lo sai da dove vengo?" domanda poi. "Vengo da un monastero lontanissimo da qui, nell'Impero. Ero prigioniera, mi avevano incarcerata. Sai cosa sono i crimini contro la religione e la morale?"
Scuoto il capo. No che non lo so.
"E' facile, Astea. Sono praticamente tutti i crimini che puoi immaginare. Tra di essi c'è il reato di stregoneria, il reato di adulterio verso un marito che ti è stato imposto dai familiari, il reato di bestemmia, il reato di aggressione contro un vecchio Igumeno che non sa tenere le mani a posto..."
"Igumeno? Cos'è un Igumeno?"
"Un vecchio prete, mettila così"
Annuisco. "E tu eri accusata di tutte queste cose?"
"Tra le altre, sì".
"... caspita..."
"Mi avevano rinchiusa ed avevano deciso di buttare la chiave. Il Destino ha voluto diversamente", sorride. "Gunnvor e i suoi compagni hanno assalito il Monastero, lo hanno saccheggiato, hanno fatto strage dei monaci e hanno rimpinzato due navi colme di bottino. All'interno del bottino... c'ero anche io".
"Ma... come me allora!"
Skià annuisce. "Te l'ho detto. Gli altri ti riconoscono il rispetto che tu per prima attribuisci a te stessa. E' una cosa istintiva, funziona con la gente dell'Impero, con quelli del Granducato... e anche con questi selvaggi del Nord".
"E non ti hanno..."
"No, non mi hanno toccata".
Guardo Skià ammirata, invidiosa. Come accidenti ha fatto a ribaltare così drasticamente una posizione tanto disperata?
Lei mi capisce al volo e sorride. "Sono abbastanza brava a convincere le persone".
Restiamo qualche momento zitte, coi piedi nell'acqua fresca della baia. Non trovo il coraggio di chiederle quel che ho nel cuore, ma non serve. Lei lo intuisce a perfezione.
"Vorresti qualche consiglio?"
"Sì... te ne prego".
"D'accordo allora, Astea. Fa come ti dirò e vedrai che le cose miglioreranno presto. Prima di tutto..." mi guarda seria, "sei sicura di non essere incinta?"
"Oh, per gli Dei... credo... credo proprio di no"
"Molto bene. E' fondamentale che tu non resti incinta."
"Ma come posso..."
Skià sorride. "Fidati di me, gli uomini sono prevedibili. Devi solo evitare che siano loro a guidare il gioco".
Ascolto la Deliota affascinata, incuriosita, a tratti imbarazzata. Lei parla, spiega, racconta con la sua bella voce esotica. Elargisce tutti i consigli che una brava madre non ti darebbe mai.
Ripenso per un attimo ai racconti di mia cugina... quanto tempo è cambiato da allora, com'è lontana quella confidenza innocente. Se potessi parlarle adesso... scuoto il capo. Sono cambiate troppe cose, non si può tornare indietro.
Non rivedrò mai più mia cugina, Reiner, i miei familiari...
"Mi stai ascoltando?"
Guardo Skià, mi scuso.
"Stavo pensando a mia cugina, al mio... amico più caro... alle persone che non rivedrò mai più..."
"Chi ti dice che non li rivedrai mai più?"
"Non penso che mi lasceranno mai andar via..."
"Ecco, stai di nuovo sbagliando atteggiamento. Devi avere fiducia... negli Dei, nella fortuna, nella buona sorte"
Sospiro, poco convinta. "E se anche potessi tornare da loro... mi vorrebbero ancora? Adesso che sono stata... profanata dai Nordri... io ho paura che le cose non torneranno comunque mai più come prima"
Skià mi sfiora la guancia con la mano, costringendomi a guardarla in faccia. E' molto seria.
"Quando tornerai a casa, dovrai essere tu a decidere tutto. Il tuo... migliore amico, il tuo... ragazzo... se osa soltanto alzare un sopracciglio, se ha il coraggio di dare la colpa a te per quel che è successo, se storce il naso per il fatto che non sei più la vergine innocente di qualche mese fa... lascialo agli inferi. Non ti merita"
"Ma io..."
"No, ascoltami. E' una cosa seria. Chiunque a casa dovesse criticarti o farti pesare quel che ti sta accadendo qui, non merita altro che di soffrire una sorte simile, o peggiore. Se il tuo amichetto ti verrà incontro, ti abbraccerà senza farti domande e ti vorrà sposare, subito, senza esitazione, allora prenditelo, è un brav'uomo. Ma in caso contrario... non permettere a nessuno di... ehi, ma stai piangendo?"
Tiro su col naso. "Scusa Skià... scusami, non volevo..."
Skià non dice alto, mi abbraccia stretto mentre io scoppio in un pianto dirotto.
"Io non tornerò mai a casa..." singhiozzo tra i suoi capelli profumati.
"Pregherò per te" mi sussurra all'orecchio. "Andrà tutto bene".

scritto da Astea Trent , 13:03 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
1 agosto 516
Martedì 16 Aprile 2013

Le buone e le cattive

La tentazione di arrischiarcela, e di fare il colpaccio, c'è.

Ho detto al Sergente Diamond che saremmo tornati con la ragazzina e mi rode troppo di tornare a mani vuote, riportandoci indietro la puttana nordra e il capo di questi predoni delle Ombre Nere.
Gente inutile, altre bocche da sfamare per le patrie galere.

Invece a mezza giornata di distanza c'è la baia dove il Poeta trascorre le sue ore felici a comporre poesie e a stuprare le nostre ragazzine. C'è il Poeta e altri 50 nordri bastardi par suo, certo, ma noi abbiamo qualcosa che gli interessa, forse possiamo provare uno scambio.
Gli diamo la donna, che evidentemente ha del valore se il clan rivale si è scomodato per venirsela a prendere, e gli diamo questo prigioniero.
Loro ci danno la ragazzina e tanti saluti, arrivederci e nemici come prima.

Si pongono alcuni ordini di problemi.

Comunicare non è facile: le poche bestemmie che conosco nella lingua dei Nordri non saranno di grande aiuto nell'intavolare una trattativa. Possiamo sfruttare la nostra prigioniera, che ha tutto l'interesse a collaborare, visto che da un lato ha la possibilità di tornare libera, dall'altra di essere la prima che sarà sgozzata se le cose si mettono male.

Anche arrivare indisturbati alla Baia del Poeta non è facile, non saranno tanto imbecilli da non aver piazzato qualche vedetta. L'ideale sarebbe prenderci una vedetta, rispedirla alla baia con il messaggio e aspettare una risposta. Se arrivano in pochi con la ragazzina bene, se arrivano in 50 ammazziamo la prigioniera e ci prepariamo a morire martiri, portandone il più possibile all'inferno con noi.

Ci sono anche dei lati positivi.

Portare a termine la missione, prima di tutto. I "Volontari" non lasciano le cose a metà, anche a costo di prendersi qualche rischio più del necessario. Dobbiamo liberare la ragazzina, e con una ragazzina voglio tornare alla Torre Due.
Non mi frega della ragazzina di per sè, ma non glie la possiamo lasciare, non va bene. E' proprio una questione di principio.
Un po' mi urta il fatto che loro ci daranno la ragazzina molto pesantemente "usata", mentre noi gli restiuiamo la puttana ancora nuova, senza che nessuno le abbia torto un capello. Ma che si può fare, questione di stile, mettiamola così.

L'altro lato positivo, che mi invoglia a tentare questa cazzata, è che noi dobbiamo ringraziare tutti gli Dei, a partire da Azatoth, per il fatto che i Clan Nordri si facciano la guerra tra di loro.
Dovessero mettersi d'accordo, per noi sarebbe un casino dieci volte peggio che adesso.
Quindi se portiamo in omaggio al Poeta il capo della spedizione delle Ombre Nere, stuzzicheremo la zizzania tra clan, magari causeremo qualche ritorsione, qualche spargimento di sangue tra cugini nordri.

Tocca tentare.
Questo è un incarico per veri Volontari. Chi non vuole partecipare potrà restare a distanza di sicurezza. Peccato per Aaron, senza braccia non sarà di grande aiuto, gli dispiacerà perdersi lo spettacolo.

Andiamo a trovare il Poeta. Mi è sempre piaciuta la poesia, che non si dica che sono un tipo prosaico.


scritto da Caporale Klaus Berger , 15:45 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
14 giugno 516
Domenica 10 Febbraio 2013

La testimonianza del sopravvissuto

"Sì, Sergente, mi sento un po' meglio. Grazie Sergente".

"Molto bene, allora inizia a raccontarmi come sono andate le cose. E non tralasciare niente"

"Agli ordini Sergente. Dall'inizio?"

"Dall'inizio. Per prima cosa... che ci facevate lungo il gomito delle capre? Chi ha deciso di passare di lì?"

"E' stato... Lakeman, signore. Sin dalla partenza ho capito che c'era qualcosa di strano, era nervoso, si guardava continuamente alle spalle, intorno... come se si aspettasse problemi. Eric glie l'ha pure chiesto, a un certo punto, se c'era qualcosa che non andava, ma Lakeman ha negato. Però era strano, si capiva chiaramente che qualcosa lo preoccupava. Il piano era naturalmente di passare per il solito sentiero della roccia pendente, come sapevate. Tutti pensavamo che saremmo passati di lì"

"Infatti..."

"Siamo arrivati alla biforcazione, dove c'è il boschetto di betulle, ed abbiamo iniziato a scendere lungo il crinale. Tutto normale, apparentemente. D'improvviso Lakeman si è fermato di colpo, ci ha fatto segno di rimanere immobili. Avevamo percorso quanto? Duecento, trecento passi lungo il sentiero, non di più. Si andava abbastanza bene, nonostante il pesante carretto. Lakeman si è chinato, ha scrutato per terra, poi si è messo a controllare alcune rocce al lato del sentiero. Noi ci guardavamo intorno, chiaramente Lakeman era preoccupato di qualcosa, ma non ci diceva niente... eppure era tutto tranquillo, tutto normale"

"Continua"

"Lakeman raccoglie qualcosa, qualcosa di piccolo, se lo infila in tasca e torna verso di noi serissimo. 'Torniamo indietro', ci fa, 'prendiamo un'altra strada'. Non vi dico Sergente quanto è stato complicato girare il carretto con la gabbia. Il sentiero è stretto, il mulo faceva storie, alla fine ci siamo riusciti ma abbiamo perso un sacco di tempo. Io butto lì che se ci sono problemi possiamo tornare indietro alla torre, in un'ora di viaggio saremmo arrivati, ma Lakeman scuote il capo e insiste che dobbiamo andare a Uryen il prima possibile. E così torniamo indietro e prendiamo il gomito delle capre. Lakeman cammina un po' avanti a noi, guardandosi intorno e cercando tracce o segni strani a terra e in giro. Si avanza ancora più lenti, visto che è così stretto e a precipizio, ma tiriamo dritto per un'altra ora o due, piano piano. Finalmente Lakeman sembra rilassarsi, smette di controllare il sentiero avanti a noi, sembra soddisfatto. Poco dopo scoppia il casino".

"Cosa hai visto, di preciso? Cerca di ricordare tutti i dettagli"

"Ci provo, Sergente. Ho visto poco... in quel tratto io stavo accanto al mulo, tenendolo per la briglia in modo da spronarlo ad avanzare. Camminavo veramente vicino al ciglio del sentiero, dall'altro lato c'era Eric. Avanziamo faticosamente, combattendo con quel cocciuto animale, quando mi rendo conto con la coda dell'occhio che c'è del movimento in alto, sul crinale dal versante opposto. E' un attimo, ed un grosso masso ci rotola addosso, seguito da altri due o tre. Non so dire bene come sia andata, io ho fatto un movimento d'istinto per non farmelo finire addosso, mi ha colpito ugualmente e mi ha sbilanciato... facendomi cadere di sotto. Sono riuscito a vedere un paio di sagome, una in alto e una sul sentiero davanti a noi... ma è stato un attimo"

"Solo due?"

"Due sono quelle che ho visto io, ma probabilmente ce n'erano altri. Non saprei dire, ma quei massi erano grossi, pesanti, e sono caduti più o meno contemporaneamente... Ci doveva essere altra gente, credo. Io però ne ho visti due".

"Erano Nordri?"

"No, non so... non penso. Non mi hanno dato l'impressione di essere Nordri. Avevano il volto coperto da qualcosa, forse un fazzolettone, e nell'insieme non mi sembravano Nordri. Li ho visti solo per un attimo, potrei sbagliare".

"E poi? Continua"

"E poi devo aver perso i sensi per qualche istante, mi sono ritrovato in basso tra le rocce, con una gamba che mi faceva un male cane. Da sopra arrivavano suoni di combattimento, grida, chiaramente i miei compagni stavano venendo sopraffatti. E infatti poco dopo sono stati spinti di sotto, uno dopo l'altro. Morti. Goben è finito non così lontano da me, riuscivo a scorgerlo... era chiaramente morto. Tempo qualche minuto, si è sentito un fracasso impossibile e il carretto è volato di sotto... per fortuna non addosso a me! E anche l'asino ha fatto la stessa fine".

"E Lakeman?"

"Lakeman era ancora sopra. Ci hanno perso del tempo, con Lakeman. Mentre gli altri, il carretto senza prigioniero e l'asino sono stati tirati giù praticamente subito, Lakeman è rimasto su a urlare di dolore per un sacco di tempo. Quel povero diavolo... lo stavano torturando. Non so perchè, se per semplice cattiveria, per farlo parlare, che ne so? Insomma è durato tantissimo. Minuti e minuti. Lui urlava, bestemmiava, implorava pietà... una cosa raccapricciante. Alla fine l'hanno tirato di sotto pure a lui, ancora vivo, ancora lucido. L'ho sentito lamentarsi per non so quanto tempo, prima che morisse dissanguato".

"E poi?"

"E poi niente, signore. Sono rimasto lì, un po' perdevo i sensi, un po' riprendevo coscienza. Le ore sono durate un'eternità... e la notte è stata dura. Guardavo il cielo e sentivo in alto i fruscii degli animali attratti dall'odore del sangue... ho pensato proprio che fosse arrivata la mia ora, che sarei morto sbranato da qualche Puma, o dai lupi... una notte interminabile. Ringraziando gli Dei, ero caduto in un punto forse troppo difficile persino per quegli animali, li sentivo intorno, ne percepivo la presenza... credo... ma non sono venuti a divorarmi. Quanto a ieri... ho ricordi molto confusi."

"Certo, per la febbre"

"Sì, penso di sì... la giornata di ieri è volata, devo aver dormito la gran parte del tempo, o comunque... non so, non mi ricordo".

"Hai sentito passare qualcuno sul sentiero, dopo l'agguato?"

"No."

"Grazie Nolan, per ora è tutto. Cerca di rimetterti in forze".

"Grazie signore, certo"

"Lo sapevo che quel Seth Lakeman portava solo guai, lui e il suo carretto portaiella... "
scritto da Nolan Wren, soldato semplice , 22:44 | permalink | markup wiki | commenti (0)
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