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10 aprile 518
Domenica 5 Marzo 2023

Pristina

«Esci dalla finestra sul retro e và a chiamare gli altri».

Reprimo a stento il senso di vergogna che mi assale nell'udire le parole di Colin. L'unico aspetto positivo della maledizione che si nutre del mio corpo è dato dalla possibilità di aiutare i miei compagni in questi momenti cruciali, quando affrontano avversari che versano in una condizione simile alla mia. Aggrappandomi a questa tenue consolazione sono riuscita ad allontanare l'impulso ricorrente di togliermi la vita, ad accettare le cure di Colin, a seguire Ali in questo lungo viaggio che mi ha portata fino a qui.

Eppure, è sufficiente una sola goccia di quell'orribile sostanza per vanificare tutto, per trasformare il mio cervello in un ammasso pulsante di desideri irrefrenabili, alla stregua della sorte che tocca ad un qualsiasi risvegliato.



La pristina della Mantide, così mi chiamano. Non ho idea di cosa significhi e non mi interessa saperlo. Quando qualcuno si rivolge a me utilizzando quell'espressione di solito scandisce le parole come se si trattasse di chissà quale elogio. Come se non fossi l'innalzato più debole, lento e goffo di tutti quelli che abbiamo incontrato finora, nessuno escluso: talmente inutile da essere un peso persino in queste situazioni, costretta alla fuga da una fiala colma di liquido arancione.

Maledico me stessa e il sangue avvelenato che mi scorre nelle vene mentre attraverso la finestra che mi porterà in salvo, lontana dagli effluvi irresistibili di quella sostanza mefitica. La voglia che ho di bere, di cospargermi di quella roba quando ne avverto l'odore, la presenza, la prossimità, sancisce la distanza che mi separa ormai dalla natura umana. Posso convivere con il ribrezzo che provo ogni volta che mi guardo, con gli sguardi inorriditi di chi mi circonda, con le notti interminabili passate ad ascoltare il respiro delle persone a cui voglio bene, immaginando i loro sogni e chiedendomi se chissà, magari almeno lì, esisto ancora con fattezze diverse da queste... Dèi, quanto mi manca sognare.

I vicoli di Ghaan si aprono davanti ai miei passi veloci, ormai queste contrade le conosco fin troppo bene... grazie ad Ayza. Al pensiero di come mi sono comportata con lei senso di vergogna che provo si fa ancora più intenso: la sorte mi ha fatto conoscere uno spirito affine, una delle poche creature al mondo con cui poter condividere un male che affligge entrambe, e io cosa ho fatto? L'ho allontanata con rabbia, amareggiata perché non voleva darmi l'unica cosa che in quel momento credevo di desiderare, impedendole di onorare le ultime parole di Ali. Non potevi scegliere un successore migliore, amica mia: mi ricorda tantissimo com'eri te. Ho cambiato idea, Ayza: non la voglio più quella roba, voglio che mi aiuti a smettere. E ho bisogno del tuo aiuto adesso, perché Colin e Blanche sono in pericolo e tu sei l'unica che può affrontare quelli che un tempo erano i tuoi compagni.

Il vicolo mi porta sulla strada principale, illuminata da fiaccole e percorsa da piccoli gruppi di persone che si stanno godendo la festa. D'un tratto avverto un rumore dietro di me: mi stanno seguendo. Deve trattarsi dell'innalzato con il bastone: Sami l'Orbo, se ho inteso bene come lo chiamano. Scatto verso la Fortezza in direzione della porta che conduce alla caserma delle guardie, scartando per non investire una giovane coppia che sta venendo via dalla piazza principale. Dove sei, Ayza? Perché non riesco a sentirti?

La presenza ostile che mi segue si fa più vicina. Accelero il passo, ma è tutto inutile: è più veloce di me. Si affianca, mi tira una spallata che non riesco in alcun modo ad evitare, quindi mi spinge con esperienza il bastone tra le gambe, facendomi cadere. Mentre mi schianto al suolo, penso con amarezza che persino un vecchio innalzato come lui è molto più forte, veloce e utile di me. Un attimo dopo mi è addosso: si arrampica sul mio corpo come un gatto, bloccandomi le braccia con le ginocchia e prendendomi il viso con le mani.

Sami l'orbo - Immagine 1

«La pristina della Mantide», mormora mentre mi scruta con i suoi occhi da pazzo.

Il peso del suo corpo sopra di me è persino più insopportabile di quell'appellativo odioso. Mi sento impotente, come quella notte in cui Mirai mi costrinse a subire le sue angherie: mentre tento invano di divincolarmi dalla morsa del mio aggressore, il mio cervello rivanga sprazzi di ricordi delle turpi violenze subite durante quella abominevole iniziazione.



Villaggio di Holov, 7 agosto 516


«Mirai... ti prego! Dobbiamo andarcene da qui!»

«Annie... anNiE”...

Sembra sorridere, mentre pronuncia il mio nome. Un sorriso che fa rabbrividire.

«Mirai, per l’amore degli Dei! Stanno morendo tutti! Dobbiamo scappare, oppure...»

«oPpUre cOsA?»

Mi guarda e sorride. E’ pazza. E’ completamente andata. Forse la presenza dei Risvegliati l'ha fatta uscire di testa, fatto sta che se restiamo qui... se continua a trattenermi qui... siamo morte. Sento le lacrime che mi scendono sul viso. Non posso farci niente. Ho paura. Non voglio morire.

«nOn mOrirAi».

C... come fa ad aver...

«ti sEnto, AnniE. SeNtO tUtTo quELLo chE pEnsi».

Guardo la sua mano, stretta intorno al mio braccio mentre mi trascina per le vie di Holov sfoggiando una forza che non ha nulla di umano, facendosi largo tra sagome di Risvegliati. Perché non ci attaccano? Non ci guardano neppure. Come è possibile? Non capisco...

Mirai Raken - Immagine 1

Mi trascina lungo le scale, poi verso la sua camera. Sono passati soltanto tre giorni. Sembra incredibile. Mi spinge dentro e mi getta a terra, proprio nel punto in cui l'avevo fatta cadere io.

«Mirai, io... Mi dispiace, non volevo...» Non so cosa dirle, non so cosa vuole che io le dica.

«Annie... anNiE»... tRe giOrni fA. iN quEstO luOgO. hAi intErrOttO quAlcOsa. tE lO ricOrdi?”.

Non rispondo. Potrei solo peggiorare le cose. Che parli, che dica quel che mi deve dire.

«adEssO è il miO tUrnO di rOmpErE quAlcOsa».

Si avvicina. Mi mette le mani addosso. Ma cos...

Ora basta. Basta avere paura, basta assecondare questa pazza furiosa. In fin dei conti gliele ho suonate una volta, posso farlo di nuovo. E' soltanto una donna, in fondo: una donna come me.

Mi colpisce con una violenza tale da farmi cadere a terra. La testa mi fa male, devo... non riesco a pensare. Sento caldo e umido sulla nuca. Mirai si china su di me, sento le sue dita che mi schiudono la bocca, poi... un liquido, caldo e denso, mi cola sulla faccia. Saliva? Muco? Catarro? Non lo so... Lo sento sulle labbra. E' disgustoso, dovrei avere i conati. Perché non mi fa schifo? Perché non mi viene da vomitare?

Il viso di Mirai è strano. Mi ricorda il disegno di un insetto, una mosca forse... o un tafano, un calabr...

Mantide

Sento il liquido caldo, denso, dentro la bocca.

Ho aperto la bocca? Perché?

Eppure... non mi fa paura. Mi sento calma, tranquilla... rilassata.

Le membra diventano molli, pesanti. Pesantissime. Avverto le mie braccia adagiarsi sul pavimento. La saliva di Mirai insetto mi cola sui capelli, sul viso, sulle spalle. Mi avvolge come un bozzolo, come per proteggermi. Mi entra dentro e mi scalda, mi calma e mi rilassa, rendendomi docile. Sempre di più.

Sempre di più.

Sempre di più.

Annie attaccata da Mirai - Immagine

«QuEstA cOsA ti fArà mALe».

Non mi importa. Annuisco. Sono pronta. Vedo due appendici sottilissime che spuntano... da dove? Non vedo più la sua bocca. Vedo il suo viso che mi sorride, ma vedo altro... sotto il suo viso, dentro al suo viso, dentro di lei.

Simili a delle antenne?

No... Simili a due aghi. Lunghi e sottilissimi.

«MoltO mALe. Ma pOi ti piAcErà».

Sento che dovrei avere paura, invece sono contenta, soddisfatta. Appagata. Bramo le attenzioni di quei due aghi che mi scrutano, agitando la punta come antenne di un insetto. Li osservo mentre si avvicinano al mio ventre, lenti e leggeri. E lei è... bellissima.

Vaalafor - Immagine



«Non toccarmi!»

Il mio aggressore si ritrae, più per paura del mio grido che non per effetto della flebile spinta che lo accompagnava. Ha cercato di sollevarmi l'armatura, voleva guardarmi le cicatrici. Porco schifoso.

«Stai tranquilla, Annie: non voglio farti del male».



"Non chiamarmi con il mio nome! Non osare rivolgermi la parola». Ali o Ayza avrebbero apostrofato questo farabutto con piglio minaccioso e aria di sfida: a me invece la voce esce rotta dai singhiozzi, mentre le ultime immagini delle brutalità di Mirai tornano a rintanarsi negli oscuri meandri della mia memoria.

«Tu... Sei la cosa più bella che io abbia mai visto. Un'opera d'arte. Avevano ragione a dire che eri meravigliosa... magnifica: la migliore di tutti noi».

Noi? Continuo a fremere di rabbia: i morbosi vaneggiamenti di questo vecchio dissennato mi riportano alla mente l'ennesimo ricordo ripugnante, la lettera che mi scrisse William prima di impazzire... o forse dopo che era già impazzito. Non esiste nessun "noi". Metto la mano sull'elsa della spada. Non so perché mi stia dicendo queste cose e non mi interessa, ma non gli consentirò di umiliarmi ulteriormente.

Il mio gesto non passa inosservato. «Non voglio farti del male. Voglio solo dirti una cosa... Una cosa importante».

Scuoto la testa. «Non mi importa nulla di ciò che vuoi dirmi: risparmia il fiato». Sguaino Ametista e subito il ricordo di Ali mi pervade, infondendomi coraggio. Avverto dei rumori provenienti dalla caserma: qualcuno deve aver sentito il mio grido. Meglio così, adesso questo vecchio idiota sarà costretto a tagliare corto.

«Non prendere quella sostanza: tu non sei come noi... non ne hai bisogno. Puoi sopravvivere anche senza, perché la tua comunione... la tua simbiosi... è perfetta. Assolutamente perfetta. Tu sei perfetta, Annie».

Ci vuole un bel coraggio a consigliarmi di non prendere quella roba dopo aver provato a tirarmela addosso, sono sul punto di replicare. Ma subito mi fermo: le farneticazioni di questa feccia non sono degne di essere ascoltate o commentate. «Non capisco quello che dici e non mi interessa niente», rispondo invece, volgendo la punta di Ametista nella sua direzione. «Affrontami o vattene: a te la scelta».

«Manuel aveva ragione», mormora piano, continuando a fissarmi con l'unica orbita che gli rimane. «C'è speranza, dopo tutto».

«Ancora cazzate». La voce di Ali risuona squillante nella mia testa. «Non ascoltarlo, vuole solo incasinarti il cervello. Tagliamogli la testa, così si zittisce una volta per tutte». Sorrido. Vuoi vedere la pristina della Mantide in azione, vecchio? Eccoti servito.

Con un balzo gli sono addosso: il colpo che sferro è veloce e preciso, ma lui lo evita con facilità. Insisto, cercando di metterlo con le spalle al muro, ma non riesco ad impedirgli di mantenere una distanza sufficiente a eludere i miei colpi. Ametista continua a fendere l'aria, mentre la sorte mi sbatte in faccia per l'ennesima volta l'amara consapevolezza di non essere all'altezza di questi abomini: Ayza, Kzar, Sami l'Orbo, Laèl il Muto, e tutta la stramaledetta stirpe dei miei consimili. Di tutta l'immonda progenie nata dal sangue di demoni renitenti a morire io sono la più anemica, come ogni scontro non tarda a dimostrare, malgrado settimane di estenuanti allenamenti, fatiche e discussioni insieme a chi mi aveva giurato che potevo farcela. E' forse questo il significato del termine con cui si ostinano a definirmi? Scarsa? Debole?

«Maledetto!» urlo all'indirizzo del mio avversario, mentre tento invano di impedire che continui a farsi beffe della punta e la lama di una spada che non sono all'altezza di brandire. Sia maledetto lui e tutti quelli come lui... compresa me. «Stronzate, Ani», ruggisce Ali da dentro la spada che fu sua: «tu sei una dei nostri. Lo sei sempre stata e sempre lo sarai. Adesso piantala di frignare e fammi vedere cosa hai imparato. Più veloce. Più veloce... Più veloce!»

E poi, a un tratto, tutto intorno a me rallenta. Un fendente fortunato raggiunge il corpo del mio avversario, costringendolo a parare con il bastone. Un altro lambisce la spalla, squarciandogli il saio. Ametista diventa più leggera colpo dopo colpo, fino a diventare un'estensione naturale del mio braccio: anche Sami l'Orbo se ne accorge, l'interesse maniacale che traboccava dal suo occhio buono lascia il posto a uno sguardo carico di stupore, paura, eccitazione. Volevi vedere le mie ferite, vecchio? Io invece voglio fartene di nuove. Ametista segue i miei pensieri ed è lesta a manifestarli, eludendo una guardia improvvisamente manchevole e conficcandosi nello sterno della sua preda.

la forza del colpo scaglia all'indietro il mio avversario, gettandolo a terra. La ferita è profonda, le fragili vesti che indossa non gli hanno offerto alcuna protezione: eppure, dal solco che adesso gli divide il costato non esce una singola goccia di sangue. Le vestigia di Vaalafor che scorrono nelle mie vene mi spronano a proseguire l'assalto. Eliminalo, Annie. Uccidi questa creatura inferiore prima che si rialzi: è tempo di dimostrare a tutti quanto vali, quello che sei. Divora la tua preda.

Ma io non sono così: Colin, Ali e gli altri mi hanno insegnato a non essere quel genere di mostro. Non oggi, né domani, né mai. Rivolgo la punta di Ametista verso Sami l'Orbo. «Sei in arresto», esclamo senza perderlo di vista. Immediatamente dopo la porta alle mie spalle si apre, rivelando la presenza di tre soldati di Angvard.

L'innalzato si rialza lentamente, aiutandosi con il suo bastone: «Che controllo, che equilibrio magnifico.... Manuel aveva ragione», farfuglia ancora una volta, attonito. «Sei perfetta. Abbiamo un futuro».

«Sei in arresto», gli ripeto, incurante delle sue parole: ma sappiamo entrambi che non avrò modo di dare seguito a tale affermazione. Per impedire a questo disgraziato di dileguarsi gli sarei dovuta saltare addosso quando era a terra, per poi staccargli la testa dal corpo: se avessi compiuto questa scelta, i soldati di Angvard che si stanno avvicinando con circospezione sarebbero stati testimoni della mia furia.

«Non prendere quella roba», mi dice ancora. «Non ne hai alcun bisogno. Trova un supporto, un amico, un compagno: aggrappati a lui. Vivi. Ama. Fallo anche per noi». Mentre parla si tocca la ferita che gli ho provocato e mi mostra la mano, nella quale non scorgo che qualche grumo di sangue rappreso.

Vorrebbe dirmi altre cose ma non c'è tempo, i soldati ormai gli sono addosso. Con un balzo si mette fuori dalla portata delle torce, nascosto ai loro sguardi ma non al mio. Da lì mi rivolge una specie di inchino, prima di darmi le spalle e scomparire nell'oscurità. Stanotte non tornerà più. Meglio così, uno in meno. I soldati di Angvard mi circondano, chiedendomi come sto. Dico loro che non c'è tempo da perdere, la casa dell'erborista è stata attaccata, dobbiamo andare di corsa: dobbiamo salvare Colin e Blanche. C'è un altro Innalzato, Laèl il Muto, ma non mi fa paura: adesso so che posso affrontarlo.

Poi, dalle stesse tenebre che avevano inghiottito Sami l'Orbo, giunge un odore, un battito familiare. Tiro un sospiro di sollievo: siano ringraziati gli Dei, almeno lui è salvo. Abbasso gli occhi a osservare il mio riflesso nella lama di Ametista, un attimo prima di riporla nel fodero: «grazie», le dico di cuore. «Grazie per aver sempre creduto in me».

«Di nulla, zia», mi risponde: «lo sai che adoro le feste. Eri tu quella che non ci voleva venire...».

Annuisco. «Perché non sapevo ballare...».

«...E fai ancora schifo, diciamocelo! Ma stai migliorando in fretta. Adesso non farti trovare con gli occhi lucidi, però: abbiamo una paladina da salvare, ricordi?»

Si, me lo ricordo. Sarà fatto, tenente: puoi contarci.

Ali Shark - Immagine 3
scritto da Annie Volvert , 04:19 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
8 dicembre 517
Domenica 15 Marzo 2020

Mecojoni



8 Dicembre 517

"A parlare di tattiche sono i dilettanti: le guerre le vinci con la logistica".

Vorrei vederlo adesso, il fulmine di guerra che s'è tirato fuori dal culo quella frase del cazzo, mentre arranca nella neve come un coglione insieme a noi alla volta di Angvard: chissà se la penserebbe ancora così. Vogliano gli dei che sia morto, stroncato dalla gotta dopo una vita trascorsa a ingozzarsi di birra e carne di capriolo mentre faceva sgroppare i suoi uomini su e giù per gli altopiani.

Eppure lo stronzo aveva ragione: se c'è una cosa che a Ghaan non si aspettano di certo è che riusciremo a portare una marea di truppe sotto al loro culo a ridosso del giorno cazzo nel momento più freddo dell'anno. Non se lo aspettano per un buon motivo, ovviamente: perché è impossibile. Ed è qui che entrano in gioco Barun, Logan e Ramsey: gli unici tre figli di puttana, tra i tanti che conosco, che riescono a rendere possibile l'impossibile.

Il piano diabolico che hanno congegnato è diviso in tre fasi, una più pazza dell'altra.

La prima: una linea di rifornimenti che collegherà prima Dossler e Angvard, e poi Angvard con la Sacra degli Angeli Protettori... un posto di merda dove nessuno riesce a entrare da anni: nessuno dei nostri, perlomeno. La dimora di Custode, come l'hanno soprannominato i Greyhavenesi. Un posto dove neanche l'aria è più respirabile che loro sperano di ripulire dagli attuali occupanti così da farlo diventare il nostro granaio per l'inverno. Cosa potrebbe mai andare storto?

La seconda: un attacco sferrato tra la Rinascita e l'anno nuovo, nella speranza che per allora la Sacra sarà già nelle nostre mani. Un attacco sferrato su più fronti contemporaneamente: da terra, portato da quelli che prenderanno la Sacra; dal mare, sferrato da un pugno di uomini scelti che cercheranno di sbarcare dietro le linee nemiche con l'unica nave che abbiamo; e poi... e poi Barun solo sa da dove, visto che non ce l'ha ancora detto: presumo che arriverà dall'interno, visto in cosa consiste la fase successiva.

La terza: la rivolta. A quanto pare all'interno di Ghaan si è creata una fazione che ha intenzione di rompere il culo ad Aghvan l'Invitto e sbarazzarsi dell'attuale Signore di Ghaan una volta per tutte. Una prospettiva che a Barun piace parecchio, tanto da essersi spinto fino a disertare pur di tenere in piedi gli accordi presi e il lavoro svolto in questi ultimi mesi. Una possibilità che sembra essersi concretizzata anche grazie al lavoro svolto da Giada Novak a Skogen e a quei ragazzi che hanno dato l'anima per portarla lì, nelle grinfie di quel porco di Zodd e dei suoi scagnozzi. Di questa parte del piano si sa ancora poco, ho idea che i dettagli saranno decisi strada facendo a seconda di come andrà e di chi tra noi riuscirà a sopravvivere fino a quel punto.

La prima fase è quella su cui ci stiamo concentrando in questi giorni: ciascuna squadra ha un ruolo, un piano d'azione ben preciso che viene ripetuto ogni sera, quasi ossessivamente, così da essere preparati agli eventi che ci attendono. Mai come questa volta dovremo muoverci in modo perfettamente coordinato. "Le dita della stessa mano", come dice Barun: nessuno meglio di noi, che lo conosciamo da anni, può comprendere l'efficacia di questo paragone. Se ce la fa lui, non vedo perché non potremmo farcela anche noi: troveremo il modo di brandire la lancia che ci porterà alla vittoria, per tutto il tempo che servirà tenerla alta nel cielo.

A dispetto del freddo, dell'assurdità della missione e delle accuse che penderanno sulla testa di chi è così pazzo da volerci seguire, i nostri ranghi si arricchiscono ogni giorno che passa.

Lo squadrone Vachter di Greyhaven ha disertato in blocco, contravvenendo agli ordini del Granduca; chi pensa che lo abbiano fatto perché Ali si scopa il loro comandante è un coglione: nessuno sarebbe disposto a mettersi contro il suo stesso esercito per una donna, neppure se quella donna è Ali: men che meno i suoi uomini... per non parlare dell'Angelo Nero: quello non lo convince nessuno, se non vuole venire. Tra i soldati che conosco è quello che ha incrociato la spada con il maggior numero di mostri: King, Chief, e Jormungand: magari ha voglia di misurarsi anche con Custode. Meglio così, se c'è uno che voglio avere di fianco quando il boss della Sacra ci piomberà addosso è lui. Ancora ho i brividi se ripenso a quando ho staccato la testa a King con quel cazzo di spadone enorme che si porta dietro... penso che in tutto l'esercito quel tronco d'albero riusciamo a brandirlo giusto io e lui.

Possiamo poi contare sull'aiuto del paladino Ruben Block e delle sue due giovani allieve May e June. A quest'ultima sarò per sempre grato per via del tempo che ha speso con Ali: non solo per i giorni trascorsi a curarle e medicarle la ferita, ma per l'effetto positivo che è riuscita ad avere su di lei. Non so se esiste un modo per sdebitarmi, ma di certo farò di tutto per far tornare a casa sane e salve sia lei che la sua compagna.

Al ponte di Dalian abbiamo trovato un piccolo squadrone ad attenderci, al comando del Capitano Seth Vigil: tra loro c'era addirittura Lady Juliet Dossler, una delle più belle donne che io abbia mai visto in vita mia. Ora capisco perché la votano in così tanti alla Rocca, anche se non è di Uryen! Un autentico schianto che non sfigurerebbe neppure alle Case della Gioia... con rispetto parlando, ovviamente.

Juliet Dossler - Immagine 4

Ali mi ha spiegato che questa bellezza è una parente della Sorella Custode e che un giorno potrebbe diventarlo lei stessa: il fatto che abbia voluto accompagnarci ad Angvard significa che anche Dossler ha deciso di non rispettare la tregua e partecipare a questa impresa: mi auguro che ci abbia mandato i loro soldati migliori e non un semplice contentino per ingraziarsi i favori degli eredi della dinastia Raleigh in caso di vittoria.

Beh, tempo di rimettersi in marcia: non vedo l'ora di arrivare ad Angvard!


9 Dicembre 517


Angvard è davvero un posto di merda, non mi stancherò mai di ripeterlo. Mi spiace per i piccoli Raleigh, che davvero non hanno colpe, ma questo brufolo sul culo dell'altopiano del lampo non ha davvero nessuna attrattiva. Neanche il tempo di entrare in città e veniamo accolti, per così dire, dai volti patibolari di quei pendagli da forca dell'Armata del Corno.

Tra loro, immancabile come una mosca che svolazza sulla merda, scorgo quel coglione di Greg, un personaggio ridicolo che per qualche motivo che ignoro, nonostante il cervello di gallina e i modi da spaccone, riesce sempre a raggirare qualche poveretta; stavolta la sventurata è nientemeno che Ceyen, una ragazza orfana che potrebbe avere qualsiasi uomo del Granducato e invece s'è fatta irretire da questo farabutto. Tu guarda come se la stringe senza alcun riguardo, mentre i suoi scagnozzi ridacchiano tutto intorno a loro: roba da non crederci!

Greg Lorne - Immagine

"Hey, Garruk!" Mi apostrofa sollevando quella che mi pare una caraffa, mentre si stringe addosso quella povera disgraziata come fosse una copertaccia. "Come te la passi, vecchio mio?"

"Ho bisogno di farmi una doccia e una cagata", gli urlo in risposta: "se apri di nuovo la bocca capace che mi risolvi un problema!".

"Anche io sono contento di vederti! Ma quindi riesci ancora a cagare da solo? Perché l'ultima volta che ci siamo visti mi sembrava di averti rotto il culo..."

"Davvero ricordi così? Eppure non mi sembrava di averti colpito così forte".

"Caga tranquillo, Garr: quando vorrai fare un'altra figura di merda davanti ai tuoi soldati sai dove trovarmi".

"Hai detto bene, davanti ai miei soldati: perché è lì che mi troverai, a differenza di quelli come te che si squagliano alla prima carica con la scusa di tirare quei fromboli da froci che non fanno mai un cazzo. Che fai, cerchi una scusa per non venire con noi? Ti accontento subito!"

Faccio un passo verso di lui, ma Ramsey alza un braccio. Capisco immediatamente cosa mi vuole dire: abbiamo Logan Treize con noi, è meglio non dare troppo spettacolo con questi finché non ci saremo sistemati a dovere. In fondo ha ragione, non abbiamo tempo da perdere con questi idioti: dopotutto, vedere la faccia che farà Greg quando si troverà a dover combattere fianco a fianco con Logan sarà persino più divertente di prenderlo a schiaffoni.

Scuoto la testa. "Stronzo di un Elsenorita".

"Elsenorita?" mi domanda Ali, divertita: "pensavo fosse di Feith".

"Elsenor, Feith... che differenza fa? Sempre posti del cazzo sono".

"Ah, quello è poco ma sicuro!"

"Spiegami cosa ci trova Ceyen in un fantacoglione come quello: l'ultima volta che l'ho vista stava con Goron..."

"Con Goron, già... e prima di lui con Marko, con Rico, con Teddy, con Lucien..."

"Appunto! Tutta brava gente: perché rovinarsi la reputazione con quello scopatore di rane, dico io?".

Ali mi lancia un'occhiataccia: "Non dire cazzate, Garr: Ceyen è libera di andare con chi vuole. Gli scorreggioni che si lagnano delle scelte di una donna sono ancora peggio dei palloni gonfiati come Greg".

Scuoto la testa. "Zaveer non avrebbe mai approvato".

"Zaveer è morto: e se fosse vivo avrebbe approvato eccome, altrimenti Ceyen non si sarebbe scopata tutta Bonneberg e gran parte di Angvard. E sai che ti dico? Beata lei! Ha fatto bene, visto che non facciamo altro che rischiare la pelle! E adesso piantala, o ti nomino mio sergente in seconda!"

Ah, già: ancora non mi sono abituato alla promozione di Ali. Del tutto inutile ovviamente, visto che adesso siamo tutti disertori. Un vero peccato: non potrei immaginare un sergente migliore di lei.

L'odore nauseabondo delle canaglie dell'Armata del Corno, dei Kreepar fatti arrosto con le patate da quello spostato di Nestor e delle mille altre porcherie che infestano Angvard non ci impedisce di raggiungere il nostro campo base: l'adunata generale delle truppe al cospetto di Lord David Raleigh è prevista per domani, ma Barun ha fretta di incontrare Yara. Con lui saliamo io, Ali, Ramsey e Logan Treize.



Al terzo livello ci accolgono il tenente Vonner e il nipote del Comandante Athor Alman, che se non ricordo male si chiama Amos o giù di lì: più che il braccio destro di Yara sembra un attendente denutrito, ma suppongo che qui ad Angvard si mangi ancora peggio che alla Rocca di Tramontana. I convenevoli durano poco, Barun ha fretta di togliersi gli stivali ma non intende farlo prima di aver portato i suoi omaggi a quello che da domani sarà il nostro Comandante.

Athos Alman - Immagine

"Yara? Si sta ancora allenando: venite, andiamo da lei". Così dicendo, Atom ci conduce all'interno di un sontuoso mausoleo ornato da bassorilievi scolpiti una vita fa: poco dopo l'ingresso il rimbombo dei nostri passi è coperto da un susseguirsi di lamenti femminili interrotti a più riprese da una voce maschile che riconosco subito e che non preannuncia nulla di buono.

"In piedi".

"Aaaaahhhh-" (rumore di caduta)

"Ancora".

"Kyaaahhhh-" (rumore di caduta)

"Sposta il peso, o cadrai in eterno!"

"Anf..."

"In piedi".

"Anf... anf..."

"In piedi, ho detto. Se sei stanca vattene a dormire, altrimenti tirati su. Sei stanca, principessa?".

"Non sono stanca".

"E allora impegnati. Più forti, più precisi, più rapidi e più efficaci: così devono diventare i tuoi colpi, altrimenti sul campo sarai carne morta".

La scena che si palesa di fronte ai nostri occhi grida vendetta: Lady Yara, con una picca in mano, affronta da sola due avversari che la attaccano in contemporanea. Il che, intendiamoci, potrebbe anche avere un briciolo di senso, se non fosse che gli avversari che la fronteggiano sono Acab e Montaine, due tra i due soldati più forti che l'esercito di Feith abbia mai avuto la fortuna di poter schierare.

Montaine e Yara - Immagine

Mentre i tre lancieri continuano a darsele di santa ragione raggiungiamo un angolo della sala da cui si vede bene lo scontro, dove ci attende un altro gruppetto: tra loro riconosco Brian Sturm, ex-soldato di Uryen poi diventato paladino di Angvard, e Rak Jim, uno dei pochi soldati di Angvard che so per certo valere qualcosa... non a caso, viene da Ammerung; con loro ci sono un anziano vestito di bianco e a una ragazza magra e aggraziata che sembra pure lei una paladina; dal rapido giro di saluti capisco che il nano è un soldato di nome Rak Jim, l'anziano è un consigliere di nome Minar il Bianco e la ragazza si chiama Crystal: a quanto pare, ha un braccio di legno. Scommetto che gliel'ha fabbricato quel conciaossa pervertito di Montaine.

Crystal Kanban

I minuti successivi li passiamo lì in silenzio, rapiti dallo scontro impari che si consuma davanti ai nostri occhi.

"Migliora a vista d'occhio", esclama Brian dopo un pò. "Fino alla settimana scorsa non riusciva neanche a reagire, invece adesso...".

Invece adesso?, penso tra me e me. Intendiamoci, la ragazza è forte e molto combattiva, ma quei due insieme avrebbero la meglio su qualsiasi soldato, persino sull'Angelo Nero di Greyhaven.

"Da quant'è che va avanti questa cosa?" Chiede Barun.

"Circa tre settimane", risponde Amon: "con la lancia se la cava, ma sente il bisogno di perfezionare lo stile".

"Perfezionare lo stile? Da sola contro due dei combattenti più forti del Ducato? Ha scelto un percorso impegnativo".

Amor annuisce: "E' fatta così".

"Posso vederla? La lancia, dico".

Il consigliere guarda Atmos, quindi fa cenno di sì col capo e ci invita a seguirlo fino a un tavolo di legno poco distante: là sopra, adagiata su un drappo di colore blu intenso, abbiamo modo di osservare quella che forse è l'arma più potente dai tempi dell'età ancestrale.

"Vi piace?" Esclama Rak Jim con gli occhi che brillano di soddisfazione: "l'ho finita pochi giorni fa".

La storia più o meno la sapevo, ma il racconto di Barun non rende giustizia allo spettacolo che mi si para davanti: il "pugnale" indistruttibile che i nostri soldati hanno recuperato a Skogen è stato incastonato all'interno di un solido anello borchiato e quindi inastato sulla cima di un bastone di legno e metallo finemente lavorati. Un lavoro assolutamente perfetto, che restituisce a quell'arma leggendaria l'aspetto semplice e allo stesso tempo solenne che emerge dalle accurate descrizioni del Khal-Valàn.

Cerco di provare a immaginare quanto possa essere emozionato questo nano, chiamato dalla sorte a ripercorrere le orme del leggendario Vainar quando forgiò la lancia di Ilmatar. Cavoli, mi sento emozionato io per lui! Non riesco a trattenermi e glielo chiedo, ricevendo una risposta che mi lascia a bocca aperta.

"In realtà Vainar non ha forgiato Yrakàvin: Il Khal-Valàn dice chiaramente che Ilmatar la porta con sé sin dall'alba dei tempi..."

"Azz, che sfiga" mi sussurra Ali, battendomi la mano sulla spalla: "hai beccato l'unica cosa che quel tipo non ha forgiato in tutti e 90 i runi!". Ben ti sta, Garruk: così impari a parlare dei libri che non hai letto.

Di lì a poco lo scontro impari termina: mentre Montaine aiuta la sua sposa a rialzarsi, dopo averla bastonata per ore, Acab viene a portarci i suoi saluti. Non c'è uno tra noi che non conosce e con cui non abbia incrociato le armi almeno una volta: il mio fianco destro ancora ricorda con dolore l'infausto giorno in cui toccò a me.

"Come va, Marv?"

"Che ti sia ben chiaro", risponde Barun raccogliendo l'invito, "per me resti un figlio di puttana".

"Un figlio di puttana che ti fa comodo, visti gli uomini che ti restano: e poi", aggiunge lanciando un'occhiata sprezzante a Logan, "non sono io il più stronzo degli invitati, a quanto vedo".

"Ma sei l'ultimo arrivato, visto che cavalcavi a fianco del signore di Ghaan fino all'altro ieri".

Acab scoppia a ridere: "la mano te la sei giocata, ma la lingua t'è rimasta tale e quale".

"Anche la mano avrebbe ancora molto da dirti, credimi: ci vuoi parlare? Magari scopriamo che Yara potrebbe avere un maestro migliore".

"Magari un'altra volta. Adesso piantiamola con le vecchie storie e pensiamo a vincere questa guerra".

Le vecchie storie. Acab ha un bel coraggio a chiamarle così: forse le sue ferite si sono richiuse, ma le nostre no: i nostri soldati non combatteranno mai volentieri mai a fianco di quei pendagli da forca della Brigata del Tramonto. Per questo motivo noi andremo da terra, mentre Acab e i suoi si imbarcheranno sulla Disperata per sbarcare direttamente dentro la tana del lupo. Un'impresa grazie alla quale si risparmieranno la riconquista della Sacra, ma che rischia di essere altrettanto suicida: il loro sarà un viaggio di sola andata, ammesso che la Disperata riesca ad attraversare indenne le correnti invernali del Mare del Nord; inoltre, non abbiamo aggiornamenti sui numeri e sulle difese di Ghaan in quella zona. Giada è riuscita a fornirci una quantità incredibile di informazioni, ma non abbiamo sue notizie da tempo: troppo tempo. Spero che sia soltanto la cautela a tenerla silente, altrimenti...

"Garr, noi qui abbiamo finito", mi dice Ramsey: "il capitano e Logan ci raggiungeranno dopo".

Percorriamo a ritroso la strada che abbiamo fatto poco prima: Ram non dice una parola.

"Siamo sicuri che Logan non corra rischi? Quelli lo odiano più di quanto noi disprezziamo loro".

"Sono teste calde, ma non al punto da far saltare il banco per una vendetta: non ad Angvard, non davanti a Yara".

"Magari non qui: ma quando saremo a Ghaan?"

Ramsey mi guarda serio: "ci penseremo quando sia Logan che Acab e i suoi riusciranno ad arrivare a Ghaan".

Annuisco: finalmente una buona notizia.





10 dicembre 517

La grande piazza d'armi di Angvard è probabilmente il luogo più suggestivo della città: una lunga distesa irregolare posta sul punto più alto della collina, che domina i tre livelli della fortezza e si affaccia sull'altopiano. A dispetto del nome, è tutto fuorché uno spiazzo: spianate, terrapieni e piccole colline si alternano lungo tutta la sua superficie, a cui fa da cornice una vista mozzafiato. E' qui che oggi si raduneranno tutte le armate che prenderanno parte alla fase finale di questa guerra. Noi siamo i primi ad arrivare, insieme agli squadroni di Greyhaven e Dossler: ci schieriamo tutti insieme ai piedi di una delle alture, a poca distanza dall'esercito di Angvard.

Qui intorno sono state combattute alcune delle battaglie più importanti della Guerra delle Lande. In una delle ultime c'ero anch'io: quella dove Logan Treize ferì a morte Tyron Raleigh, disarcionandolo dal suo enorme cavallo nero e volgendo la guerra a favore del Duca Bianco.

"Niente male la vista, eh?" esclama Rak Jim, venendo verso di me. "Una vita fa, prima della morte che cammina, l'esercito saliva fin qui ad allenarsi, attraversando a passo di marcia tutta la città. A quei tempi i soldati erano temuti e rispettati: adesso vengono fatti vivere a ridosso del primo livello, per paura che possano portare il morbo dentro le mura.. La gente li evita, come degli appestati. Questa maledizione ha messo tutto sotto sopra: letteralmente".

Annuisco, continuando a guardarmi intorno. Le baracche che oggi ospitano i soldati di Angvard sono a un migliaio di passi sotto di noi, nei pressi delle porte della città. Ricordo lo scontro che combattemmo lì nel marzo dell'anno scorso, quando impedimmo al signore di Ghaan di prendere il potere. Quel giorno capimmo tutti che gli eredi di Tankenborst erano venuti su meglio del padre. In particolare Yara: quella ragazza ha la stessa grinta, testardaggine e convinzione di essere immortale di quel pazzo scatenato del suo vecchio, ma con una libbra di cervello in più. Se Uryen non avesse combattuto quella battaglia adesso non saremmo qui, e non ci sarebbero neppure Acab e gli altri pezzi di merda della Brigata del Tramonto. Eccoli là, intenti a radunarsi di fronte a noi: addirittura salgono insieme a Yara e al suo primo ufficiale, come se questo posto fosse roba lor...

No, un momento: quella non è Yara! Cosa diavolo... Resto interdetto, mentre la donna si avvicina al nostro gruppo, seguita dal fido Amos.

Ceyèn - Immagine 3

"Allora, che ve ne pare?" Esclama la ragazza, brandendo una lancia identica a quella che ho visto ieri. Anche l'armatura e il mantello sono identici, per non parlare dello scudo: pure la spaccatura uguale, gli hanno fatto.

"Sei perfetta!", esclama Ali: "meglio dell'originale!"

Che mi venga un colpo: è Ceyen! Sapevo che il piano prevedeva di schierare una finta Yara alla testa dell'esercito di Angvard, ma non mi aspettavo che avessero scelto lei.

"Non è troppo rischioso?" Chiedo ad Atom, mentre la ragazza riceve i complimenti - meritati - di Logan e Barun.

"Si è offerta lei volontaria, appena ha saputo che stavamo cercando: dice che è nata per questo".

Aggrotto la fronte: "E' nata per morire? No, perché se si presenta così al centro dell'esercito le tireranno addosso pure le picche rompighiaccio. E non penso che quella replica di Scudo dell'Eroe che le vedo al braccio funzioni come quello vero".

"Per quello ci saremo noi a difenderla, no? Noi, e il resto del battaglione che attaccherà da terra".

Ma che cazzo dice questo biondino? L'ha mai visto un campo di battaglia o c'è stato solo nelle storie che gli raccontava lo zio? E poi, devo ancora capire perché dovremmo combattere al fianco di una falsa Yara: dove cazzo deve andare quella vera?

Proprio mentre sono in procinto di palesargli questi miei dubbi, ecco che i miei occhi subiscono ancora una volta l'onta di doversi posare sulla faccia di cazzo di Greg Lorne, sbucato da chissà dove a un metro da noi.

"Garruk, è proprio te che cercavo!".

"Ah si? E dire che sono bello grosso: fatti meno pippe, o finirai per diventare cieco".

Attendo la risposta, ma non arriva.

"Che c'è, Greg? Sei rimasto a secco di stronzate? Perché mi guardi in quel modo?"

Greg fa un cenno verso Ceyen, poi torna a guardare me: "Posso contare su di te?"

Mi gratto la testa: questa è davvero buona! "Cioè, tu vuoi che... io... la tenga d'occhio?"

Annuisce. "Se so che ci pensi tu a lei, mi fai stare più tranquillo".

Eh no, cazzo. Ma come... tra tutti, proprio io?

Faccio per dirgli che no, non è così che si fa, che se ci tiene alla sua donna deve togliersi le mani dal culo e venire pure lui con noi alla Sacra... poi però ricordo il piano: Greg è tra quelli che andrà via mare, nella pancia della ''Disperata'', in un viaggio assurdo che mi fa torcere le budella al solo pensiero. Noi per terra, loro per mare. In questo tripudio di logistica che fa vincere le guerre non è lui a comandare, non è lui a scegliere dove stare: lui è un dilettante della tattica, proprio come me. E adesso che sta per imbarcarsi in quello che potrebbe essere il suo ultimo viaggio, questa testa di cazzo, questo scoparane da strapazzo che non sfigurerebbe appeso all'albero del cimitero di Uryen, è preoccupato per la sorte della sua ragazza, e sta chiedendo a me... A ME... di tenerla d'occhio, di badare a lei. Roba da matti.

Annuisco. "Ci penso io: hai la mia parola".

Greg sorride. "A buon rendere", dice. Poi torna da lei e la prende sotto braccio, il tutto a due metri scarsi da Barun e Logan Treize. Così, come se fosse tutto normale. Aveva ragione Rak Jim: è tutto sotto sopra, ormai.

Non faccio neanche in tempo a riprendermi dalla sorpresa, che l'aria si riempie di un suono gracchiante di uccelli spennati. "Cos'è questo rumore assordante? Hanno finito i Kreepar e stanno cominciando a mangiarsi i corvi vivi?" chiedo ad Ali, che scoppia a ridere. "Si direbbe una cornamusa".

E poi li vediamo: i cazzoni di Elsenor, gli stessi che si presentarono al porto di Uryen la scorsa estate, guidati da quello smargiasso tatuato che chiamano il Principe. Sono in cinque, ma fanno più casino loro di un battaglione di Feidelm. Uno di loro suona un tamburo, la donna soffia dentro a una specie di cornamusa rimediata chissà dove; il Principe ha un braccio legato al collo e trascina un sacco enorme, mentre i due che chiudono il corteo portano a fatica una specie di gigantesca porta. A giudicare dalle ferite che hanno dovrebbbero essere morti, e invece camminano e cantano a squarciagola come se avessero compiuto chissà che impresa.

Aiden Marnach - Immagine 2

La parata incede zoppicando fino a giungere al cospetto della falsa Yara, che ovviamente si guarda bene dallo smentire l'equivoco. Il Principe si inginocchia ai suoi piedi, quindi esclama a gran voce: "Sibh Céile, Muid Cèile!" E così dicendo spalanca il sacco, svuotando a terra il suo contenuto.

Improvvisamente, l'altopiano si ammutolisce: tra lo stupore generale, tutti osserviamo la testa di Chief rotolare ai piedi di Ceyen. Un istante dopo, l'aria esplode in un fragoroso suono di applausi, fischi e urla di giubilo. Il Principe si alza in piedi, sollevando il braccio in segno di vittoria, mentre i suoi uomini depongono lentamente l'immenso scudo di pietra a terra: chissà come cacchio hanno fatto a portarlo fino a qui. Il gruppetto attira in un attimo l'attenzione di tutti: da Barun ad Acab, da Logan a Montaine, dal paladino di Pyros all'Angelo Nero, non c'è un soldato su questo altopiano a cui non sia salita una voglia matta di abbracciare quel grandissimo figlio di puttana tatuato che è andato a prendere a calci in culo il servo di Mirai sotto casa sua.

Me compreso, ovviamente.

"Ma non pensavi che gli Elsenoriti fossero tutti stronzi?" Mi dice Ali, mentre sgomitiamo per farci largo.

"Stai scherzando? Quel Principe è il mio nuovo migliore amico: se non fosse così malconcio avrei voglia di abbracciarlo!" Le parole mi escono da sole, dettate da un entusiasmo che non sento dai tempi della Guerra delle Lande.

Ali scoppia a ridere: "ecco una scena che mi piacerebbe vedere prima di morire!"

La sua risata finisce per contagiare anche me. Questo altopiano, ancora una volta, sta facendo il miracolo: tante spade diverse, che tanti anni di scontri locali avevano reso senza filo, sono pronte per fondersi in una singola arma, puntata verso un nemico comune. Barun lo sapeva, per questo siamo qui: è stato lui a suggerire al giovane Dominus questa adunata. Ma il ragazzo di suggerimenti ne riceverà tanti, e all'inizio sembrano tutti buoni: il merito di riuscire ascoltare sempre quello giusto è interamente suo.

Ed eccolo che arriva, David Raleigh, insieme alla sua scorta personale e ai paladini: anche a lui vengono tributati i doverosi applausi. Le sue imprese non sono spettacolari come quelle dei mattatori Elsenoriti, ma se oggi questa cosa sta avendo luogo lo dobbiamo soprattutto a lui. E lui lo deve a noi.

David Raleigh - Immagine

Il drappello si dirige verso di noi: al centro, protetta dai paladini di Dytros, c'è Madre Magdalene, con il bambino in braccio.

"Pensavo che sarebbe nato il giorno della Rinascita", mormoro ad Ali: "sarebbe stata una bella data simbolica, no?"

Ali annuisce: "oppure il 25 marzo, il giorno consacrato ad Harkel".

"Già. E invece è nato due giorni fa: che razza di data è l'8 dicembre? Non significa niente! Bah, tanto a queste coincidenze non ci ho mai creduto. Piuttosto, ma è sicuro portarlo qui appena nato? Non prenderà freddo con questo vento?"

Ali ridacchia: "Ehm... Mi sa che lo scoprirai presto..."

Poi succede l'impensabile. Il drappello si ferma davanti a noi... davanti a ME. E madre Magdalene mi porge il marmocchio, come se niente fosse.

"Avanti, prendilo!"

Scuoto la testa: "no guardate... madamig... sacerdotessa... Io non... Ali, puoi prenderlo tu?" Mi giro verso Ali. Ma dov'è andata? sparita. Volatilizzata. Maledetta!

Magdalene mi sorride. "Mi ha detto che vuole stare insieme a un soldato veramente forte".

... E così me lo ritrovo in braccio, mentre Barun e Acab aiutano la mamma e Lord David ad arrampicarsi sull'altura.

"Accidenti, che scena... Come siete carini!"

La voce di Ali: per un attimo penso che si riferisca a Barun e Acab e mi viene da sghignazzare, poi capisco che sta parlando di me e di Magdalino e la fulmino con lo sguardo.

"...Ma dove ti eri squagliata? sei peggio di Greg!"

Ali mi fa una linguaccia: "Non sono abbastanza forte per tenere un fardello del genere: e poi guardatevi... sembrate fatti apposta! Sicuro di non essere tu il padre?".

"Ma se non so neanche com'è fatto, un bambino... E se lo stringo troppo? Se comincia a piangere?" Il pargolo mi guarda con espressione curiosa: poi, senza nessun motivo, scoppia in lacrime. "Lo sapevo! Che vuoi adesso? Eddai... non fare così: non c'entro niente io! Ammazza quanto sei brutto quando piangi!"

"Ehm... E' una bimba, Garruk!"

"... una bimba? Davvero?"

Ali sorride. "Eh già: te lo ricordi chi dovrebbe essere, no?".

Porca troia... è vero: sto tenendo in braccio Harkel. Cioè... non proprio Harkel: una specie.

Mecojoni.

Mentre il figlio - anzi, la figlia - intona il suo pianto della creazione, la madre viene issata sull'altura. Ma non ha partorito appena 2 giorni fa? Dovrebbe stare a letto. E invece, eccola che apre le braccia e inizia a cantare. Una melodia dolce, ma al tempo stesso intensa e solenne. In un attimo l'altopiano si ammutolisce.

Invocazione ad Harkel



Lord David inizia il suo discorso, mentre tutti gli sguardi si posano su di lui. Si rivolge a Uryen, a Dossler, a Greyhaven, alla Brigata del Corno, ai figli di Ilsanora e a tutti quelli che hanno scelto di essere qui; che si sono rifiutati di ascoltare le trombe di una pace falsa e beffarda, preferendo le note armoniose del canto di Harkel; che hanno battuto in lungo e in largo il Corno del Tramonto e gli Altopiani delle Tempeste per far luce sulla tenebra che ha oppresso questi territori e affrontare i demòni che in essa si nascondono; che hanno recuperato, forgiato e impugnato le armi per combattere il Cataclisma, come i loro antenati del Khal-Valàn; e che, a partire da domani, muoveranno compatte alla volta di Ghaan, attaccando da terra, da mare e da...

In che senso? Non capisco: nessuno capisce. Poi Madre Magdalene solleva le braccia e si protende verso il cielo, continuando a intonare il suo canto rigoglioso. E poi, come in risposta, un'ombra gigantesca ricopre l'altopiano. Gli sguardi di tutti si levano verso l'alto, rivolti verso la sagoma scura che proprio in quel momento si staglia contro il sole. E finalmente lo vediamo.

Maestoso e sublime, tremendo e formidabile. Le ali spalancate, coperte da scaglie di un blu scintillante; gli artigli protesi e affilati come lance, pronti a trafiggere e a ghermire; la bocca irta di zanne, che non tarda a schiudersi in un profondo e spaventoso ruggito.

E sul suo dorso, splendida nella sua scintillante armatura di Dytros, Yara Raleigh, con lo Scudo dell'Eroe sul braccio sinistro e Yrakavin, la lancia sacra di Ilmatar, stretta nel pugno destro.

Tutto l'altopiano resta a bocca aperta mentre il Wyrm sfreccia veloce sopra le nostre teste, come danzando intorno alle note del canto di Madre Magdalene. Poi, di colpo, parte un'apoteosi di applausi e grida.

"Ma come... come... come cazzo..." Chiedo ad Atmos.

"Non male, eh? Le prime uscite erano disastrose, ma adesso comincia a prenderci la mano".

Guardo Ali: anche lei non riesce a staccare gli occhi di dosso al prodigio che svolazza sopra di noi. "Ali, ma tu lo sapevi?"

Lei scuote la testa: "Non ne avevo idea. Cazzo, che storia!". Se anche questa è logistica, il coglionastro che ha coniato quella frase aveva ragione: mezza guerra l'abbiamo vinta prima ancora di partire.

Wyrm - Immagine

La creatura inizia a volteggiare sopra di noi, disegnando cerchi concentrici e facendosi più vicina ad ogni giro: anche vederla scendere è uno spettacolo. Guardo preoccupato Madre Magdalene, pericolosamente vicina all'apertura alare.

"Sa anche atterrare, vero Amos? Non vorrei che questa frugoletta restasse orfana anzitempo".

Sator annuisce: "devi avere fede".

"Si, questo credo di averlo capito".

Dopo un altro paio di volteggi, Yara riesce infine a portare giù la creatura: al momento dell'atterraggio rischia di perdere l'equilibrio. La punta della lancia oscilla pericolosamente, arrivando fin quasi a sfiorare lo scudo dell'Eroe.

"Attenta", le grida Acab: "Non vogliamo farli toccare, ricordi? E' già successo duemila anni fa e il risultato non ci è piaciuto".

Yara annuisce al suo istruttore: appena tocca terra, l'intero altopiano applaude, urla e inneggia al suo nome. La scena è clamorosa, memorabile, indescrivibile a parole: se qualcuno tra i soldati qui presenti non era ancora sufficientemente motivato, adesso non ha più scuse. E' davvero impressionante vedere cosa sta riuscendo a fare questa ragazza: il suo vecchio sarebbe davvero fiero di lei. Che dico, persino Ilmatar sarebbe fiera di lei. E un pò in fondo pure di noialtri, visto che le armi che impugna non le ha certo recuperate Acab.

"Non vorrei proprio essere nei panni di Ghaan", dice Ali, "quando vedranno Yara e Zio Giovanni piombare in testa ai loro innalzati".

Scoppio a ridere: "quella sì che è una scena che mi piacerebbe vedere prima di morire! Pensa quanto si cagheranno sotto..."

"A proposito, Garr: sento uno strano odore. Sbaglio o..."

"Effettivamente... dici che è il Wyrm?"

Ali scuote la testa. "Temo che sia quell'altra creatura miracolosa", aggiunge poi, indicandomi il grembo.

"Oh, merda".

Ali scoppia a ridere: "Già, proprio lei!"

Vabbè... speriamo almeno che porti fortuna.


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