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Le cronache degli eroi che salveranno il mondo
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26 novembre 517
Sabato 11 Gennaio 2020
Piccoli passi
"Non manca molto all'accampamento".
Con un cavallo, forse: o un carro. O una nave. A piedi, con questo freddo e la neve ovunque, è praticamente all'altro capo del mondo.
Abbiamo camminato tutta la notte e il giorno successivo. I pochi raggi di sole che hanno fatto capolino dalle nuvole non sono serviti a molto: com'è che faceva quella canzone?
"L'inferno di ghiaccio arriva strisciando, congela la vita che incontra soffiando"...
Niente, non me la ricordo più: la mia testa funziona sempre peggio e così la mia memoria. Comunque il succo è quello: l'inverno è arrivato col suo mantello bianco di neve e non vuole saperne nulla di chi è così scemo da mettersi a camminare in queste condizioni.
L'inferno di ghiaccio arriva strisciando,
congela la vita che incontra soffiando,
né fuoco né sangue lo posson placare
ma a noi non importa, siam qui per restare
Ali non vuole darlo a vedere, ma è esausta. Lo sento dal respiro, dal battito del cuore. Dal rumore con cui il sangue scorre dentro le sue vene. Da quanto tempo sono in grado di percepire queste cose? Sembra incredibile, eppure è così: in compenso i ricordi vacillano di più ogni giorno che passa. Un'esistenza senza passato e senza futuro, un eterno presente fatto di suoni, odori e paesaggi lontani che mi si parano innanzi di giorno e di notte, a volte persino attraverso le palpebre che mi ostino a sbattere... anche se ormai non serve più.
E io, servo ancora a qualcosa?
"Certo che sì", sembra dirmi la schiena di Ali che dovrebbe essere in procinto di spaccarsi e invece no, sta dritta di fronte a me da chissà quante ore sforzandosi di precedermi ad ogni costo. "A lagnarti in continuazione: a cos'altro, se no?"
Stupida schiena, continua a spolverare il nevischio da terra con quel mantello nero e fatti gli affari tuoi.
"Ali, ma quel mantello ce l'hai sempre avuto?"
"No... è di Roy".
Annuisco. "E l'armatura? Non è quella tua solita..."
"E' quella di Vasq: la mia ce l'ho sotto".
"..."
Roy e Vasq, le ultime due vittime di William. A quanto pare ha scelto di portarseli addosso, accettando l'abbraccio di un ricordo che riscalda e fa male allo stesso tempo. Io detesto farmi abbracciare, eppure una parte di me brama ancora quel calore. E quel dolore.
Di punto in bianco finiamo di girare attorno a una collina e ci troviamo di fronte a un grappolo di luci, disordinatamente disposte intorno alla torre sei.
"Siamo arrivate!" esclama Ali, dosando attentamente gli ultimi scampoli di fiato che le restano.
L'inferno di ghiaccio arriva domani
congela le orecchie, i piedi e le mani
le foglie morenti recide dal ramo
ma a noi non importa, uniti marciamo
Quella che ci attende mentre i nostri passi affamati divorano lo spazio che ci separa da quelle tende è una vista che scalda il cuore: cinquanta, forse cento uomini si preparano a passare la notte all'addiaccio, sulle rive del Traunne; a ridosso del Bulvark, a un urlo di distanza da quel ponte maledetto che non siamo mai riusciti a costruire. Il nostro esercito... o quel che ne resta. La parte che non è riuscita a restarsene coi piedi al caldo nella Rocca di Tramontana, che non ha voluto voltare le spalle al Capitano Barun.
Il mio sguardo rimbalza da una tenda all'altra, felice di poter distinguere dozzine di volti familiari: quel gigante intento ad accendere il fuoco è il tenente Ramsey; intorno a lui riconosco i volti dei compagni del plotone 12. A un tiro di fionda da loro, il tenente Mikhal Savant sta discutendo animatamente con Ayker Madsen, dominus della Chela. Poco più in là il sergente maggiore Radom Ruud, che non penso di aver mai visto fuori dalla Rocca, sta facendo vedere a un paio di soldati come si monta una tenda con questo vento: con loro ci sono anche delle donne e dei bambini... Possibile? E che mi prenda un colpo se quello non è Rodney Balson, lo zio di Gannor... E dietro a lui i plotoni 10 e 11 di Ivan Reiner, e poi ancora il sergente del 18 con Jude Lincoln e Teddy Spaccalegna, e...
"Guardali bene", mi dice Ali. "Tutti quelli che vedi qui sono qui per loro scelta: perché credono in Barun... e in te. Sono pronti a fare una cosa che hanno già fatto tante altre volte, ma che domani assumerà un significato molto diverso".
"Cosa?"
"Un ultimo passo al di là del Traunne".
Annuisco.
Ali starnutisce, poi indica con il volto quella moltitudine operosa di fronte a noi e mi lancia un'occhiata di sfida. "Avanti, Ani: guardali adesso, questi pazzi scatenati, e dimmi se davvero riesci a non provare niente dentro quel muscoletto mezzo risvegliato che ti batte in petto". Ha la voce roca, come quella del sergente Rock.
Guardo quella manciata di tende e soldati e per l'ennesima volta mi viene voglia di prendermi a schiaffi: stavolta di gioia, però, per sincerarmi che non sto sognando. Perché finalmente, dopo tanti giorni di niente, guardando queste persone che si preparano a marciare tutte insieme al di là del Traunne, riesco a sentire qualcosa: sento che...
"Li amo tutti", esclama Ali. Sono le ultime parole che le sentirò pronunciare fino a domani. Non ne servono altre. Amen.
L'inferno di ghiaccio arriva tra poco
col bianco mantello di gelido fuoco
ricopre di neve le spighe di grano
ma a noi non importa, noi non ci pieghiamo
Ali mi indica una direzione e mi fa cenno di andare, poi si allontana: la seguo con lo sguardo, oltre la torre, finché non la vedo raggiungere un gruppo di altre tende sulle quali sventola lo stemma di Greyhaven. Un uomo la accoglie tra le braccia: lei li ama tutti, ma forse ce n'è uno che ricambia più degli altri. E' uno dei soldati dello squadrone Wachter, credo si chiami Van: non provare a farla soffrire, smargiasso d'un Greyhavenese, altrimenti...
"Annie! Ce l'hai fatta, allora!"
Questa voce me la ricordo: è quella di Ash, il ragazzino pestifero a cui i miei compagni hanno impedito di suicidarsi giocando con i suoi parenti risvegliati. Mi guarda sorridendo, strattonandomi fastidiosamente il mantello. Perché é così contento? Magari perché una volta tanto si trova al cospetto di una creatura più bizzarra di lui.
"Avanti, seguimi: ti porto dai pezzi grossi!"
Il Capitano Barun dev'essere ridotto davvero male se questo marmocchietto è diventato il suo attendente, penso mentre lo seguo all'interno delle tende. Mi chiedo come mai qui vi siano anche donne e bambini: evidentemente c'è chi ha deciso di portarsi la famiglia, o per meglio dire quei pochi affetti che è riuscito in qualche modo a stringere durante questo periodo infernale. Forse temono rappresaglie, visto che in fondo stanno disertando. Chissà...
Anziché portarmi da Barun, il pestifero monello mi fa entrare in una tenda e mi conduce al cospetto di altre vecchie conoscenze: il paladino Ruben Block e le sue due giovani allieve.
"Era tanto che volevo conoscerti, Annie. Voglio che tu sappia che apprezziamo molto lo sforzo che stai facendo: se hai bisogno di qualcosa, forse May e June possono aiutarti".
Ho capito: è il mio nuovo cane da guardia, quello che dovrà tenermi d'occhio per assicurarsi che non perda il controllo e cerchi di fare fuori tutti come ha fatto William. Lo ringrazio, ma gli dico che non ho bisogno di nulla: sto bene così. Come se avessi accettato. Mi faccio viva io, eh? Eppure, c'è qualcosa in quest'uomo che ispira fiducia. Ha lo sguardo di uno che ne ha viste tante, di cose strane: forse persino più strane di me. E anche le due tipe, in fondo, mi sembrano a posto. Una di loro mi porge una cosa odorosa, una specie di foglia: provo a dare un morso e sento sprigionarsi in bocca un sapore buonissimo che mi ricorda Colin. Quasi non riesco a fermarmi, la divoro nel giro di pochi secondi. Ma cosa diavolo...
"Sono contenta che ti piaccia: ne posso preparare ancora, se ne vuoi".
Oh sì che la voglio: è la prima cosa che mi va di mangiare dai tempi di Trost. Non so neppure cosa sia ma ho un gran bisogno di mangiarne ancora, fino a dimenticare anche il ricordo di quell'orribile notte. Scambio ancora qualche parola con Ruben Bloch: a quanto pare è la persona che, insieme alle sue due allieve e ai loro tortini, avrà il compito di "nutrirmi" e tenermi in vita quel tanto che basta per compiere la mia missione. Già, la mia missione. Che missione?
"Devi parlare con Barun".
L'inferno di ghiaccio arriva stasera
con spada tagliente di vento e bufera
con frecce di pioggia, grandine e neve
ma a noi non importa, la terra ci è lieve
La notizia del ritorno di Ali e del mio arrivo dev'essersi diffusa, quando esco dalla tenda di Ruben Bloch mi osservano in molti. Alcuni vengono timidamente a salutarmi: uno particolarmente scaltro azzarda persino una pacca sulla spalla, neanche avesse fatto una scommessa con gli amici. Anche meno, compagno: anche meno. Non sono William, ma i cinque minuti potrebbero prendere pure a me, quando meno te l'aspett...
"Eccola qua, la nostra innalzata!"
Garruk Jagger, il soldato più forte dell'esercito di Uryen. La sua armatura è una collezione di tutte le onorificenze che è possibile ottenere militando nel nostro esercito: croce del caos, scudo dell'ultimo, artigliere, juggernaut, artiglio di Treize e altre che non ho mai visto prima. Una specie di collana tribale che pende da un lato, fissata chissà come, cattura la mia attenzione.
"Ti piace? E' di Dunc: a lui ha sempre fatto schifo, non l'ha mai messa. Avresti dovuto conoscerlo, piccola: gli saresti piaciuta un sacco".
"..."
"Sai che ti dico, piccola? Vieni con me. Ti faccio vedere una cosa!"
In 2 anni mi avrà rivolto la parola tre volte: ora mi chiama "piccola" e mi vuole far vedere cose. Dove diavolo vorrà portarmi? Ovunque lui voglia, considerando la forza impressionante con cui mi trascina per il braccio: se io sono innalzata, lui che cos'è?
Poi la vedo, e resto a bocca aperta: in effetti ne valeva la pena. "Ma... ma come..."
"Che spettacolo, eh? E per dirlo io, che queste bagnarole non le amo di certo..."
Non è certo la prima volta che vedo la Disperata, ma non pensavo che potesse risalire il Traunne, non fino a qui: occupa praticamente tutto il letto del fiume. Mio padre mi raccontava spesso di come i Nordri riuscissero a navigare in questo modo, ma non pensavo si potesse fare anche in questi mesi dell'anno, con l'acqua già praticamente ghiacciata.
Garruk stende in alto il tronco di quercia che ha al posto del braccio per salutare l'autore di questo prodigio: il tenente di vascello Quorton Kraven ricambia il saluto dal ponte. Di fianco a lui riesco a vedere le figlie, Astor e Meera Wake: altre due ragazze brave con le erbe che sono riuscite a sopravvivere alla furia assassina di Ghaan.
"In un primo tempo Barun aveva deciso di farti andare con loro, sai? Nella squadra di mare", mi spiega Garruk. "Ma poi ha preferito inserirti nella squadra di terra, con me, Ali e gli altri. E la sai una cosa? Sono contento che abbia cambiato idea".
Lo guardo. Penso ai due amici che ha perduto per colpa di William: due eroi del nostro esercito morti per colpa di quel maledetto idiota. Chissà se, facendo qualcosa di diverso, avrei potuto evitarlo. "Mi dispiace", balbetto: due parole inutili che non significano niente e che riescono solo a farmi vergognare ancora di più.
"Non preoccuparti, piccola: tu non sei mica come quel cazzone di Will. Si capisce guardandoti negli occhi. Per il momento, pensa soltanto a stare bene... e se qualcuno ti rompe i coglioni lascia fare a me. La sai una cosa? Non vedo l'ora di vederti in azione!".
Che mi venga un colpo se questi maledetti non si sono messi tutti d'accordo per farmi commuovere, accidenti a loro.
L'inferno di ghiaccio è qui tra un istante
gli occhi crudeli di un blu scintillante
chiunque li guardi non può che avvizzire
ma a noi non importa, siam pronti a morire
Finalmente ho modo di parlare con il Capitano Barun, che mi spiega cosa sta succedendo. A quanto pare, il Duca di Feith ha imposto la fine delle ostilità ai feudi del Corno del Tramonto che si erano alleati con Angvard nella guerra contro Ghaan: in conseguenza di questo trattato Angvard resterà completamente isolata, unica forza di opposizione a Ghaan al di là del Traunne. Per questo motivo Barun, insieme a un pugno di fedelissimi, ha deciso di abbandonare il comando della Rocca di Tramontana e disertare dall'esercito di Uryen. Inizialmente intendeva semplicemente oltrepassare il Traunne e andare a combattere ad Angvard, ma nonostante i suoi tentativi di non rovinare la carriera a tanti compagni d'armi il pugno è diventato una raffica di cazzotti; non tantissimi, ma sufficienti per poter abbozzare un piano d'azione.
E che piano.
"Questa, se va bene, sarà l'ultima cazzata che faccio", mi dice a un certo punto.
"... E se non dovesse andare bene?"
Scuote la testa. "Ci sono cose che devono andare bene per forza, Annie. Lo capirai meglio quando avrai la mia età..." poi s'interrompe, mi guarda e solleva un sopracciglio: "...beh, forse non lo saprai mai." e sospira.
Scoppio a ridere: ha ragione Kailah, Barun è il miglior Capitano che potesse capitarci. Gli chiedo di spiegarmi meglio la storia delle squadre di terra e di mare di cui parlava Garruk: "E insomma, quindi colpiremo Ghaan da due punti?"
Barun mi guarda, sorridendo sotto i baffi: "Due? Beh... vedrai".
L'inferno di ghiaccio è alfine arrivato
Le lande deserte e silenti ha lasciato
Dal cielo ruggisce vibrando i suoi strali
Ma a noi non importa, noi siamo immortali
La notte passa in fretta, tra vecchie storie, ricordi e canzoni di guerra. Il freddo si combatte con l'alcol, il cibo e cantando a squarciagola. C'è anche qualcuno che si mette a fare l'amore, forse convinto che sarà l'ultima occasione che avrà in questa vita. A tratti, mio malgrado, i miei sensi innaturalmente aumentati finiscono per portarmi lì, grandemente oltre gli affari miei, a condividere quell'esperienza, immersa nei suoni e negli odori di qualcosa che non ho mai fatto... non quando lo volevo io, almeno. E penso che, dopotutto, non mi mancherà: perché adesso, in queste poche ore che ci separano dall'alba, sto vivendo tutto quello che ho sempre cercato, tutto ciò di cui ho bisogno.
No... non tutto. Mi mancano da morire Colin, Kailah, Bohemond, Engelhaft e Sven, che hanno saputo volermi bene quando non era umanamente possibile farlo. Un amore disumano, il loro, che posso ricambiare solo in un modo altrettanto disumano: assicurandomi che questa missione non fallisca, così che non siano mai costretti o spinti a ripetere ciò che andiamo a fare. Così che possano continuare a vivere per noi. E sì, mi mancano anche Boar e Gannor, che a loro volta hanno dato la vita per consentire a noi di poter fare questo piccolo, grande passo.
E finalmente piango, piango la loro morte, e più lacrime scendono a rigarmi il viso più riesco finalmente a sentirmi viva. Sono viva, Colin! Sono viva.
Poi, improvvisamente, l'alba ci sorprende: e pochi alla volta finiamo per ritrovarci lì: tutti in fila, le mani strette gli uni agli altri. Soldati, donne e bambini, e un pò anche tutte e tre le cose insieme: il sole alle spalle che ci riscalda la schiena, lo sguardo puntato dritto verso ovest, in direzione del Corno del Tramonto che si stende a perdita d'occhio di fronte a noi.
In direzione della Rocca di Tramontana.
"Quella lì non è casa vostra".
La voce rimbomba forte, vibrando nella fresca aria del mattino. Nessuno si volta, neppure i pochissimi che non l'hanno riconosciuta: restano tutti immobili, sull'attenti, lo sguardo fisso di fronte a loro.
"La Rocca di Tramontana, dico. Quella lì non è casa vostra: è solo un mucchio di pietre. Sapete a cosa servono le pietre?"
La domanda cade nel vuoto: nessuno di quelli che sta qui in fila ha la benché minima intenzione di rispondere a Logan di Treize. E di certo nessuno sente il bisogno di insegnargli alcunché su cosa è possibile chiamare casa e cosa no.
"Servono a tenere in vita chi ci sta dentro. Quella rocca, questa torre... Sono soltanto pietre. Le abitiamo, ci fanno comodo, ci riparano dal vento, ma non sono la nostra casa. Lo sapete dov'è, la nostra casa?"
Logan cammina lentamente davanti a noi, mostrando qualcosa che ha in mano: qualcosa di grosso. Quando capisco cos'è, un fulmine mi attraversa il corpo, lasciandomi senza fiato.
"Dentro di noi", dice, battendosi il petto.
"Nell'aria che condividiamo", dice poi, indicando le tende e le braci dei falò.
"E nel ricordo di chi non c'è più", dice infine, posando a terra quello che ha in mano, con una cura e una delicatezza che non gli ho mai visto adoperare.
"Tenetelo bene a mente. E adesso mettetevi al lavoro, che abbiamo una guerra da fare".
La fila si scioglie tra applausi e grida di giubilo: c'è persino chi riesce a trovare ancora un pò di voce per intonare qualche canto di battaglia. Mi avvicino in silenzio a Logan, osservando con commozione l'oggetto deposto ai suoi piedi.
"Sono felice di vederti, Annie".
Pianto gli occhi a terra, balbettando. "E'... è...". Oh Dei, non riesco neppure a dirlo: non da così vicino, non quando riesco persino a sentirne l'odore.
"Si, è lei".
"Ma... ma come..."
"Sono tornato a cercarla: mi ci è voluto un pò, ma proprio non mi andava giù di lasciarla lì".
Mi chino a toccarla: sfioro con la mano le cuciture, le piccole modifiche che si era fatto da solo per renderla più efficace contro i risvegliati. Gannor non era un sarto né un armaiolo, ma a forza di veder riparare armature aveva imparato a fare qualcosa anche lui.
"A quanto pare i Risvegliati non l'hanno praticamente toccata: in ogni caso, prima di portarla qui, mi sono sincerato di rimetterla a nuovo e fargli fare qualche piccola modifica: se accetti un consiglio, direi che è migliore di quella che indossi ora".
Annuisco. Sento il bisogno di indossarla, di sentirmi nuovamente avvolta da quell'odore e da quel calore che non è mai stato, e mai sarebbe potuto essere, e in fondo meno male che non è mai stato perché quello che invece è stato vale molto di più. Ma proprio per questo... proprio per questo... proprio per questo. La indosso, e finalmente sento il calore tornare con prepotenza a scorrermi nelle vene: una sensazione meravigliosa, che riscalda al punto da far male.
Alla fine sembra proprio che verrai con noi, Gannor: ce la faremo anche grazie a te.
L'inferno di ghiaccio ha fatto il suo corso
Tra valli e montagne ha sferrato il suo morso
Avanza la notte, che luce non teme
Ma a noi non importa, perché siamo insieme