L'infanzia
Nato nello splendido Palazzo dei
Macrembolitze su una delle due rive dell'
Axinaros nella Capitale dal
Panipersebasto Maximos Macrembolitze e da Ekaterini Anghela, ha vissuto un'infanzia non particolarmente felice.
Durante il parto gemellare del fratello Aléxandros e della sorella
Irini si spegne la madre, quando Romanòs era ancora un bambino.
La sua vita all'interno del Palazzo e nelle tenute di caccia del padre nel
Tema di Optimaton procede carica di responsabilità, forse troppe responsabilità per un fanciullo, visto che Maximos pensa a lui come l'astro che porterà ai massimi onori la sua famiglia.
Un tale atteggiamento è determinato dal fatto che presto il piccolo Aléxandros mostra i segni di una debolezza congenita e di una effeminatezza sempre più palese con la crescita, mentre Romanòs si fa un adolescente forte e vigoroso.
L'adolescenza
Le cure ossessive del padre proseguono durante lo sviluppo del giovane Romanòs, accompagnate da un evidente disprezzo nei confronti dell'altro figlio e da un sostanziale disinteresse verso la femmina,
Irini.
L'
Imperatore Michaìl II cominciava a mostrare la fragilità del suo potere e tutte le famiglie senatorie erano al lavoro per preparare o il divorzio del sovrano, quelle in fondo meno ostili, o la successione.
Maximos aveva la sua carta da giocare per i
Macrembolitze: Romanòs era stato nominato
Protosebasto e aveva iniziato la carriera militare negli
Excubitores, lui stesso si era visto riconfermato il governo del
Tema di Optimaton come
Stratego. Un matrimonio con la
Porfirogenita, se l'
Imperatore si fosse piegato, o con una esponente di qualche forte casata deliota in caso contrario, avrebbe spalancato all'aitante Romanòs nientemeno che la Sala del Trono alle
Blacherne.
Nel
500 p.F. tuttavia, durante la breve e mortale malattia di
Michaìl II e nei giorni convulsi che prepararono la successione, l'appena adolescente Aléxandros viene trovato impiccato nella sua stanza da letto, suicidatosi per le angherie subite, anche all'interno delle mura familiari, a causa della sua omosessualità, mentre un morbo invalidante e orrendo costringe all'isolamento il giovane Romanòs.
Dopo poco tempo si scopre che la promessa della casata era stata colpita da una strana forma infettiva responsabile tra l'altro di una progressiva devastazione del volto.
Ognuno sa che il
Divino Interprete di Pyros deve rappresentare l'ideale di uomo perfetto e armonico in tutte le sue parti e che la mutilazione o la deformazione sono cause invalidanti per l'elezione imperiale.
Romanòs non poteva più aspirare al trono.
Una giovinezza nella sofferenza
Recluso nelle riserve più isolate della famiglia, lontano dalla Capitale, corroso dal male e dal dolore per la morte del fratello, covando un sordo rancore per il padre che prima l'aveva amato oltre misura e ora lo condannava ad una dorata prigionia, Romanòs matura un carattere sempre più cupo e violento, trovando pace solo in uno studio ossessivo della teologia.
Nel frattempo Maximos Macrembolitzis si spegne rapidamente dopo pochi giorni di malattia, forse piegato dal crollo di ogni sua speranza e del suo intero casato. Pare abbia detto prima di spirare: "La falce infuocata di Pyros si abbatte sui Macrembolitze e li annienta alla radice".
Appresa la morte del padre, Romanòs abbandona le residenze di famiglia e si rifiuta di ereditarne la carica di
Stratego di
Optimaton, pure propostagli dal nuovo
Imperatore Constandìnos I Dunchas. Si ritira invece nel
Tema di Nikéa, ove si combatte una diuturna guerra contro le irregolari scorrerie abbulite e contro le infiltrazioni da est e da nord. Qui si arruola presso il locale
Stratego e persegue la carriera militare fino al grado di
Tassiarco, rifiutando ogni agio e vivendo alla giornata e tra le armi, circondato solo dai suoi soldati e dai suoi veterani.
Data l'alta militarizzazione di quel
Tema, ai
Tassiarchi spettano spesso funzioni giudiziarie di emergenza che Romanòs ai compiace di esercitare, riversando sugli infedeli, e in nome delle
Divinità della Luce, tutte le insoddisfazioni e le crudeltà della sua vita.
A rendere ancora più inquietante la sua figura contribuisce l'inespressiva maschera di ferro che riveste continuamente sul viso per nascondere le piaghe profonde del male che lo ha tormentato.
Violento e feroce nel combattimento e nel giudizio, trova pace solo nell'assistere ai lunghi riti della liturgia deliota, raggiungendo spesso estatici e misteriosi stati di evasione mistica.
I tempi attuali
Nel
517, stanco della lunga pace che ormai, per fortuna dell'Impero, regna nel
Tema di Nikéa, ha deciso di presentarsi al
Grande Palio di Krandamer che vede come un'ottima occasione per sfogare la sua forza e il suo valore e, possibilmente, per umiliare qualche falso fedele, come i
Nordri neoconvertiti.
Egli è l'ultimo dei
Macrembolitze ma pare poco curarsi della povera sorella
Irini, rimasta sola nelle immense case di famiglia ad amministrare il patrimonio e ad officiare i riti funebri in suffragio dei morti.