Le antiche leggende
Colui che venne per primo
Testimonianze del culto del Dio della Morte sono state rinvenute presso tutte le civiltà antiche di
Sarakon. Presso le antiche tribù elfiche era conosciuto con il nome di
Shub'Nagath Elemnai, il
Guardiano del Cancello degli Inferi che vigila oltre il confine Nord della Grande Foresta, quando essa cede il passo ai Ghiacci Eterni. Era considerato il Primo tra i Grandi Spiriti, colui che li aveva generati e che a loro sarebbe sopravvissuto dopo averli accompagnati, nel giorno dell'Ultima Notte, verso la fine. Questo era il significato dell'ultima parola che componeva il suo nome:
colui che venne per primo.
Il Signore della Vita e della Morte
Ulteriori testimonianze provengono dai manoscritti custoditi nelle antiche cittadelle dei
Nani: questi documenti, oggi in gran parte perduti, parlavano a più riprese del Signore dell'Eternità, un'entità sopradivina responsabile della creazione di tutti gli Dei. Egli era considerato il Patriarca della Divina Stirpe, e veniva rappresentato come un immenso drago nero: il suo nome completo era
Shub-Niggurath Khan'Asthain, che in lingua
Shanti significa
Antico Signore degli Inferi, della vita e della morte. I manoscritti tramandati dai Nani raccontano di come
Shub-Niggurath venisse venerato dai
popoli antichi, e da loro considerato il responsabile del ciclo della vita: all'alba egli soffiava il respiro della vita nel grembo delle madri e al tramonto divorava le anime dei defunti per mezzo dei corvi, suoi messaggeri, riportandole dentro di sé. Il suo culto veniva celebrato facente ricorso a sacrifici umani, utilizzati come offerta votiva o nel tentativo di placare la sua fame a seguito di epidemie, carestie o altre calamità naturali attribuite a lui o ai Demoni che eseguivano il suo volere. Le numerose caratteristiche comuni al Grande Spirito degli Elfi e alla Divinità diffusa tra i
popoli antichi consentono di considerare
Shub'Nagath Elemnai una diretta emanazione di
Shub-Niggurath.
I manoscritti tramandati dai Nani, insieme ad altre informazioni rinvenute all'interno delle numerose rovine dei luoghi di culto dei
popoli antichi, hanno consentito agli storici di elaborare varie ipotesi sulla diffusione e sulla pratica religiosa del culto del
Shub-Niggurath: si tratta, secondo l'opinione comune, della Divinità più antica e più diffusa sul Continente nei secoli che precedono l'avvento dei Grandi Eroi.
Poco e nulla di preciso si sa, paradossalmente, sulla venerazione arcaica di
Shub-Niggurath presso le stesse popolazioni Naniche: l'ipotesi più accreditata è che i figli di
Krinn incominciarono ad avvicinarsi alla pratica religiosa soltanto a seguito dell'evento che le antiche leggende chiamano
La Prima delle Estàti.
La Prima delle Estàti
Nota anche come
la Prima Estate, è la leggenda che narra dello scontro che vi fu all'alba dei tempi tra Signore dell'Eternità e il primo e più forte dei suoi figli, il Signore del Fuoco. Secondo la leggenda quest'ultimo si ribellò al volere del padre per impedire che l'aumento costante della crudeltà e della fame lo portassero a divorare tutte le creature senzienti. La battaglia divina si concluse con la vittoria del Signore del Fuoco che, in quell'occasione, divenne anche il Signore della Vita. La sconfitta costò a
Shub-Niggurath una cospicua parte del suo potere e lo costrinse ad abbandonare il cielo, da cui fu esiliato per sempre insieme alle Divinità, agli Spiriti e ai Dèmoni a lui fedeli: da quel giorno, colui che un tempo fu il Signore dell'Eternità diventò il Signore della Morte e della Solitudine, l'oscuro abitatore delle profondità tenebrose delle viscere della terra.
Il Canto della Creazione
Secondo
le antiche leggende, nel periodo che precedette la
prima estate il Continente di Sarakon era un territorio oscuro e ostile, dominato dalla ferocia e dalla violenza. Le razze selvagge che lo popolavano non conoscevano la luce, e la loro unica prospettiva di sopravvivenza era quella di imporsi con la forza le une sulle altre. La caduta di
Shub-Niggurath diede modo all'entità che sarà successivamente venerata come
Pyros di intervenire attivamente sulle sorti del mondo, incaricando i propri figli di recarsi sul Continente per diffondere la
Melodia della Creazione, da lei intonata sotto forma di
Canto. Per mezzo delle sue note la Notte fu divisa dal Giorno, l'Estate giunse a interrompere l'Inverno e i ghiacci eterni si ritirarono alle estremità remote del mondo per sigillare l'accesso al regno degli Inferi. Ma il
Canto della Creazione venne a contatto con un frammento residuo di
Ahz-Ar-Toth, il seme di
Shub-Niggurath da cui egli stesso fu generato, che riuscì a corromperlo alterandone la melodia originaria e impedendogli di purificare l'indole delle creature del Continente: e fu così che il male, nascosto nelle profondità del cuore e dell'animo, riuscì a restare su
Sarakon. In conseguenza di questa azione
Ahz-Ar-Toth divenne noto come il Caos Primitivo.
L'età dei Popoli Antichi
Le Stirpi dei Nani e degli Elfi furono quelle che si dimostrarono più capaci di dominare gli istinti malevoli, sottoponendoli a un rigido controllo morale. Maggiori difficoltà furono incontrate dalla Stirpe degli Uomini, che risentivano in misura maggiore dell'influsso del male: la loro difficoltà di resistere al Caos venne alleviata dall'arrivo dei primi Profeti, incaricati dalla Divinità in persona di diffondere la parola della Luce: alcuni di loro non vennero creduti e, presi per pazzi o per visionari, furono uccisi o costretti ad allontanarsi per sempre dalle comunità. Altri, che riuscirono a farsi accettare come tali, divennero importantissime autorità religiose, andando a ricoprire la più alta posizione sociale assieme ai Sovrani e agli Sciamani e tramandando il proprio ruolo a discepoli o discendendi. Nelle città-stato
Shanti, diffuse nel territorio oggi corrispondente al Granducato di
Greyhaven, i tre ruoli di Profeta, Sovrano e Sciamano furono spesso ricoperti dal medesimo individuo, considerato alla stregua di una Divinità. Una più marcata distinzione dei poteri tra persone o stirpi diverse si impose nel corso dei secoli successivi, quando i Profeti scomparvero e vennero sostituiti dai Druidi, gli Sciamani divennero Stregoni e i Sovrani cominciarono ad essere chiamati
Khan.
Il Guardiano del Cancello degli Inferi
Al di là delle leggende tradotte e tramandate dagli Elfi e dai Nani, le tracce più consistenti del culto di
Shub-Niggurath risalgono all'era dei
Popoli Antichi e alla formazione delle grandi città-stato. E' verosimile supporre che la caratterizzazione originaria di Dio della Creazione fu progressivamente abbandonata in favore di quella successiva agli eventi occorsi durante la
Prima delle Estàti. Nella tradizione dell'epoca
Shub-Niggurath è spesso descritto come il Signore della Morte, Guardiano del Cancello degli Inferi e si sa per certo che assunse molteplici connotazioni nelle diverse città-stato. Molti profeti lo descrissero come l'eterno avversario di
Pyros, principale responsabile dei mali del mondo e, come tale, da combattere con una vita virtuosa. Altri lo considerarono una Divinità da temere e rispettare. Altri ancora, con tutta probabilità, giunsero a prevedere la sua presenza nei riti religiosi e a rivolgere preghiere e sacrifici in situazioni particolari, come alla vigilia di una guerra o a seguito di una calamità. Vi sono persino storie che parlano di regni che, non essendo stati raggiunti da alcun Profeta, non potevano vedere la Luce del Signore del Fuoco né riconoscerne la sovranità: lì
Shub-Niggurath era venerato come il più potente tra tutti gli Dei, colui che poteva ricompensare con la vita eterna i seguaci che lo avessero servito.
Pyros era visto come il nemico da sconfiggere, portatore di un messaggio di falsa verità: ad essere messa in discussione era persino la verosimiglianza della sua ribellione, considerata piuttosto una
prova posta dal Signore della Morte a tutti gli esseri viventi mediante la quale poter distinguere gli eletti e i predestinati dai deboli e dagli indegni.
Il Signore dei Corvi
Durante l'era dei Grandi Eroi si diffuse nei territori di
Turn e di
Greyhaven il culto del Signore dei Corvi, una sinistra divinità in grado di cibarsi dell'anima dei defunti per mezzo dei suoi messaggeri. Si trattò di una delle più subdole penetrazioni del culto di
Shub-Niggurath, particolarmente efficace poiché prometteva dei privilegi in vita a coloro che, direttamente o indirettamente, consentivano alla Divinità di saziarsi delle anime dei deboli e degli indegni. L'esaltazione della violenza e della guerra per ottenere il predominio, la promessa di un guadagno facile e immediato e l'utilizzo di un linguaggio e di una simbologia efficace riuscirono a fare breccia nelle menti e nei cuori di molti aristocratici, feudatari, soldati e mercenari: queste caratteristiche diventeranno una costante dei culti di
Shub-Niggurath e di
Yog-Shoggoth, destinate a diventare divinità per "pochi eletti" e in grado di esercitare una particolare attrattiva in contesti
elitari di qualsivoglia tipo.
La vita eterna di Shub-Niggurath
La vita eterna, o prolungata, promessa da
Shub-Niggurath differisce in molti aspetti dall'aldilà promesso dalla Chiesa della Luce. Il culto del Dio della Morte prevede molteplici aspetti per reiterare l'esistenza dei suoi seguaci, che variano a seconda del traguardo cercato e raggiunto in vita dal fedele:
- Prolungamento della vita terrena: Il seguace di Shub-Niggurath viene ricompensato con una parte dell'energia vitale degli individui indegni che incontra sulla sua strada: tale energia si somma alla sua, consentendogli di invecchiare più lentamente e/o di resistere più a lungo alla degenerazione del corpo, alle ferite e alle malattie.
- Reincarnazione: Il seguace di Shub-Niggurath che riconosce, onora e rispetta il Dio della Morte e si dimostra sufficientemente degno di lui viene ricompensato con una seconda vita terrena: il suo corpo sarà ancora più forte, il suo sangue ancora più nobile, e il suo potenziale gli consentirà di raggiungere traguardi ancora superiori.
- Immortalità: Al seguace di Shub-Niggurath che si mostra degno di tale compito, il Dio della Morte concede l'accesso all'Inferno di Ghiaccio nelle vesti di Custode degli Inferi e, con esso, l'immortalità.
- Risveglio: Il seguace di Shub-Niggurath diviene uno spirito al servizio del Signore degli Inferi: la sua forza vitale viene preservata all'interno dei suoi organi vitali, posti in appositi contenitori sepolti assieme alle sue spoglie mortali. In condizioni particolari egli può possedere nuovamente il suo corpo mortale o altri corpi appositamente preparati a tale scopo, tornando così ad influenzare le sorti del mondo con una rinnovata forza e consapevolezza dell'aldilà.
Oltre alla
vita eterna il culto promette una
vita migliore, grazie al potere che la Divinità fornisce a chi prende sulle sue spalle il difficile compito di diventare un suo seguace.
Il culto di Shub-Niggurath oggi
Il seguace di
Shub-Niggurath è un maestro dell'autocontrollo, della pianificazione e della razionalità: non esterna i suoi sentimenti se non quando è certo di poterselo permettere: imposta la sua vita e le sue azioni in modo freddo e calcolatore, evitando di commettere errori. Egli non cerca il piacere dell'assassinio o l'ebbrezza della morte, bensì il potere di determinare la morte o la sopravvivenza dei suoi nemici, di ottenere il controllo sulle loro esistenze. In condizioni normali osserva rigorosamente le leggi e le regole che governano la società in cui vive ma ritiene che esse abbiano valore unicamente tra pari: non si fa quindi scrupoli a infrangerle per avere ragione di chi considera debole o indegno. Una caratteristica importante del seguace di
Shub-Niggurath è il rispetto formale degli avversari forti, coraggiosi o determinati. In quei casi è interessato a offrire loro una sfida fisica o mentale volta a dimostrare la sua superiorità, per poi offrire loro, in luogo della morte, la possibilità di convertirsi alla sua causa: qualora questo fosse impossibile, non resterà che sacrificarli alla Divinità.
Le sue convinzioni sulla società costituiscono la base di quasi tutti gli altri culti della Tenebra: è convinto che gli uomini non abbiano tutti la medesima dignità e ritiene legittimo e naturale che i più meritevoli, dimostrando la loro superiorità con le parole e con i fatti, possano imporre il proprio volere sui perdenti, sugli illusi, sugli incapaci e sui servi.
Queste sono le parole con cui la Riforma del Sacro Collegio dell'
anno 290 descrive i seguaci del culto di
Shub-Niggurath:
"...Se tutti i nemici che cospirano all'ombra della luce del Sole non avessero che un solo volto, esso sarebbe quello di un corvo: gli occhi inespressivi, intenti a osservare senza sosta le nostre debolezze; il becco aguzzo, pronto ad accecare il temerario che, dimentico della preghiera, dovesse osare altrettanto. Se la Tenebra non avesse che un solo nome, non vi sarebbero dubbi su quali sarebbero le parole da bandire: non verranno nominate ora, perché il loro stesso significato è degno del peggiore dei sacrilegi: [queste parole] identificano colui che risponde all'empio titolo di Signore della Morte".
Iconografia
La Divinità, forte dei suoi molti millenni di storia, presenta un gran numero di simboli identificativi.
- un grande drago nero dalle ali spiegate: si tratta della sua rappresentazione più antica, ormai quasi del tutto caduta in disuso.
- un corvo dalle ali spiegate o una testa di corvo, rappresentazioni del Signore dei Corvi.
- una mosca: antico simbolo dei defunti e della sepoltura, moderno simbolo di morte e di decomposizione.
- una croce iscritta in un cerchio: si tratta di un simbolo molto comune e diffuso presso varie culture, presente in molteplici varianti su molti sepolcri dei popoli antichi: nonostante sia inequivocabilmente un simbolo di Shub-Niggurath, la sua diffusione è tale da non renderlo particolarmente blasfemo se utilizzato in contesti funerari.
- un bastone al quale viene infissa una testa di animale (o umana): si tratta di una sorta di totem, in uso presso i popoli antichi e rinvenuto anche nelle tradizioni di alcuni Khanast. E' considerata una delle rappresentazioni più inequivocabili e, in quanto tale, perseguita come blasfemìa. Secondo numerose testimonianze questi totem vengono talvolta preparati dai seguaci della Divinità in occasioni particolari e/o in omaggio ad antichi rituali dimenticati.
Shub-Niggurath viene spesso rappresentato come un individuo vestito con una tunica nera da cultista e dal volto interamente coperto da un cappuccio, da cui spunta talvolta il becco di un corvo. Frequenti sono i bassorilievi dei
popoli antichi che lo raffigurano in questo modo o in altre varianti simili (un
corvo antropomorfo, un uomo dalla testa di corvo, etc.). Oltre alla mosca e al corvo, altre creature frequentemente associate alla figura del Dio della Morte sono il barbagianni, il gufo, la falena (in particolare la
sfinge testa di morto) e l'avvoltoio. I minerali sono l'ossidiana, l'alabastro, la grafite e l'ambra.
Le pratiche di sepoltura del Dio della Morte
La maggior parte dei ritrovamenti relativi al culto di
Shub-Niggurath provengono dalle monumentali opere sepolcrali costruite dai
popoli antichi per rendere omaggio ai loro defunti. Sembra certo che, in molte delle antiche
città-stato, fossero proprio i
Sekhmet del Dio degli Inferi a sovrintendere alla costruzione delle necropoli e ad occuparsi delle pratiche funerarie. Il culto del Dio degli Inferi prevedeva non solo una vita dopo la morte ma anche il mantenimento della personalità, del ruolo e persino delle conquiste e dei traguardi raggiunti dall'individuo nell'aldilà. La transazione dalla vita alla morte era vista quindi come un momento drammatico e solenne, al quale bisognava arrivare preparati ed equipaggiati. Coloro che avevano dimostrato la propria dignità in vita non avrebbero dovuto aver paura del trapasso, poiché avrebbero superato con successo le prove che il Signore degli Inferi avrebbe posto sul loro cammino. Il culto prevedeva diverse modalità di preparazione della salma a seconda della richiesta di vita eterna che veniva fatta alla divinità dall'individuo, dai suoi eredi o dagli stessi
Sekhmet. Si trattava quasi sempre di varianti al processo di
mummificazione, per mezzo del quale il corpo del defunto veniva preservato dall'annullamento totale, in attesa di un suo possibile risveglio: gli organi interni, considerati in grado di preservare la sua energia vitale, venivano conservati in appositi contenitori sepolti solitamente in prossimità del corpo.
E' importante notare come, oltre alle tombe dei grandi sovrani e delle personalità importanti, le città funerarie dei
popoli antichi avessero al loro interno una grande quantità di sepolcri dedicati a personaggi comuni o privi di spicco. L'opinione degli storici in merito è che i
Sekhmet considerassero degni dell'immortalità non soltanto coloro che nascevano o diventavano potenti, ma anche chi dedicava la propria vita a dimostrare le proprie capacità alla Divinità, allo scopo di innalzare il proprio
status in una vita successiva: questo spiega le tombe dedicate ai grandi cacciatori e guerrieri del passato, a nemici sconfitti e persino ad alcuni schiavi.