Inviato: 11/02/2005, 9:12
E subito dopo ecco l'undicesimo!
XI.
Allora si volse a guardare il sentiero e il monte sopra di lui: due orchetti giacevano immobili colpiti dalle sue frecce, altri due si lamentavano appoggiati contro la scarpata. Il grosso capitano con la scimitarra, ferito ad una spalla, si era ora risollevato, ma imprecava lamentandosi dal dolore. A poca distanza davanti a sé aveva il basso orchetto che aveva appena cercato di caricarlo, sulla sinistra quello protetto dal lungo scudo stava ora avvicinandosi, così come stavano tornando sul sentiero anche i tre a cui era sfuggito. Strappò la freccia dal suo fianco senza difficoltà, era semplicemente incastrata fra le maglie della sua cotta, sentì la ferita bruciare un poco, il dolore sopportabile.
L’orchetto che aveva di fronte era indeciso: questo uomo che si toglieva le frecce dal corpo senza urlare lo impauriva; ma le urla del capitano, che si stava infine levando in piedi, lo incitavano a non indietreggiare. Ma l’uomo si mosse di scatto.
Mithel decise di attaccare subito, poteva avere facilmente la meglio dell’orchetto basso che aveva davanti, ma una volta che si fossero riuniti avrebbe solo potuto scappare. Allora scattò. Con un fendente da destra a sinistra cercò di sorprendere l’orchetto, che con le scimitarre parò facilmente il colpo e contrattaccò con un affondo alla gamba sinistra. Riuscì ad evitarlo a fatica, sentì la lama incidere la stoffa, allora lanciò il pugnale che stringeva nella sinistra contro la faccia dell’orchetto. Non lo colpì con la lama, ma, istintivamente, quello alzò un braccio a proteggersi e chiuse gli occhi; sfruttando il momento lo ferì prima ad un braccio, quindi lo trapassò al ventre. L’orchetto lasciò cadere le scimitarre e strinse la lama fra le sue grinfie, poi cadde a terra, cercando di aggrapparsi al freddo ferro che lo aveva trafitto.
Raccolse nella sinistra una delle lame lasciate cadere dal nemico. Ne scavalcò il corpo e si diresse alla propria sinistra, per fronteggiare subito l’orchetto isolato, prima che gli altri lo raggiungessero; inoltre, nel caso in cui avesse dovuto ritirarsi, voleva allontanare il più possibile gli orchetti dalla città.
Si trovò immediatamente impegnato nel combattimento. Il grosso orco si era lanciato con foga contro di lui ed ora lo incalzava con una spada con la lama a onde. Parò due colpi, con la spada e quindi con la scimitarra, poi si butto con tutta la propria forza contro lo scudo dell’avversario, che resse all’urto, ma che non riuscì a colpirlo. Appoggiandosi al metallo curvo, ruotò verso destra colpendo alla cieca dietro di sé con la scimitarra; sentì il rumore di metallo su metallo: aveva centrato ancora lo scudo. Eppure si sentì più sicuro: ora si trovava a fronteggiare tutti gli avversari; dietro di sé si stendeva il sentiero e, con rapidi passi, avrebbe potuto distanziarli e, magari, sorprenderli nuovamente in una situazione più favorevole.
Ma non poté allontanarsi. L’orchetto lo incalzava con fendenti veloci e l’ampio scudo lo proteggeva da ogni attacco. Vide con la coda dell’occhio un orchetto salire sulla scarpata alla sua sinistra per aggirarlo, mentre gli altri due si stavano per affiancare all’avversario che stava fronteggiando. Avanzò di un passo, la scimitarra levata a smorzare la forza di un fendente nemico; lasciò che le lame scivolassero una sull’altra, mentre, rapido, si avvicinava ancora al corpo del nemico e calando la spada sul braccio destro di questo, riuscì a colpirlo mentre l’orchetto cercava di ritrarlo. Sentì la lama affondare fino all’osso e l’urlo di dolore della creatura mentre colpiva con violenza con la scimitarra all’altezza della sua gola.
Vide una forma scura avvicinarsi dalla sua destra: istintivamente si abbassò, ma sentì un colpo duro sulla spalla e la spada quasi cadde dal braccio dolorante. La vista si annebbiò per il dolore. Senza guardare si butto nella direzione da cui proveniva l’attacco con la lama della scimitarra in avanti. Colpì qualcosa di duro, prima con la lama, che quasi vi si conficcò, poi con il fianco destro. Si sentì cadere, mentre la vista gli si schiariva: si era lanciato con tutta la forza contro lo scudo dell’orchetto con la mazza. La scimitarra conficcata nello scudo e con il corpo appoggiato su di esso lo aveva sbilanciato ed ora gli stava cadendo addosso. Appena toccarono terra rotolò due volte su sé stesso per allontanarsi. Sentì una lama ferirlo ad una gamba, ma si alzò in fretta e tirò un largo fendente, più che altro per allontanare il nemico e prender tempo: la lama non incontrò ostacoli.
Ora si trovava con alle spalle il lungo precipizio della colonna di roccia: alla sua sinistra l’orchetto che cercava di aggirarlo era tornato sul sentiero; davanti a sé lo fronteggiava un orchetto con una corta lama, mentre l’orchetto con la mazza si stava rialzando. Sentiva un battito sordo sulla spalla destra e il braccio si stava lentamente intorpidendo; mosse le dita sull’elsa per sciogliere i muscoli. La ferita al fianco non lo infastidiva, mentre quella alla gamba era più profonda, ma non gli impediva i movimenti: sentiva solo il sangue bagnare la stoffa dei pantaloni e attaccarglieli alla pelle. Gli orchetti feriti non sembravano in grado di riprendere il combattimento: doveva fronteggiare solo i tre ancora in piedi.
[continua...]
Salud
XI.
Allora si volse a guardare il sentiero e il monte sopra di lui: due orchetti giacevano immobili colpiti dalle sue frecce, altri due si lamentavano appoggiati contro la scarpata. Il grosso capitano con la scimitarra, ferito ad una spalla, si era ora risollevato, ma imprecava lamentandosi dal dolore. A poca distanza davanti a sé aveva il basso orchetto che aveva appena cercato di caricarlo, sulla sinistra quello protetto dal lungo scudo stava ora avvicinandosi, così come stavano tornando sul sentiero anche i tre a cui era sfuggito. Strappò la freccia dal suo fianco senza difficoltà, era semplicemente incastrata fra le maglie della sua cotta, sentì la ferita bruciare un poco, il dolore sopportabile.
L’orchetto che aveva di fronte era indeciso: questo uomo che si toglieva le frecce dal corpo senza urlare lo impauriva; ma le urla del capitano, che si stava infine levando in piedi, lo incitavano a non indietreggiare. Ma l’uomo si mosse di scatto.
Mithel decise di attaccare subito, poteva avere facilmente la meglio dell’orchetto basso che aveva davanti, ma una volta che si fossero riuniti avrebbe solo potuto scappare. Allora scattò. Con un fendente da destra a sinistra cercò di sorprendere l’orchetto, che con le scimitarre parò facilmente il colpo e contrattaccò con un affondo alla gamba sinistra. Riuscì ad evitarlo a fatica, sentì la lama incidere la stoffa, allora lanciò il pugnale che stringeva nella sinistra contro la faccia dell’orchetto. Non lo colpì con la lama, ma, istintivamente, quello alzò un braccio a proteggersi e chiuse gli occhi; sfruttando il momento lo ferì prima ad un braccio, quindi lo trapassò al ventre. L’orchetto lasciò cadere le scimitarre e strinse la lama fra le sue grinfie, poi cadde a terra, cercando di aggrapparsi al freddo ferro che lo aveva trafitto.
Raccolse nella sinistra una delle lame lasciate cadere dal nemico. Ne scavalcò il corpo e si diresse alla propria sinistra, per fronteggiare subito l’orchetto isolato, prima che gli altri lo raggiungessero; inoltre, nel caso in cui avesse dovuto ritirarsi, voleva allontanare il più possibile gli orchetti dalla città.
Si trovò immediatamente impegnato nel combattimento. Il grosso orco si era lanciato con foga contro di lui ed ora lo incalzava con una spada con la lama a onde. Parò due colpi, con la spada e quindi con la scimitarra, poi si butto con tutta la propria forza contro lo scudo dell’avversario, che resse all’urto, ma che non riuscì a colpirlo. Appoggiandosi al metallo curvo, ruotò verso destra colpendo alla cieca dietro di sé con la scimitarra; sentì il rumore di metallo su metallo: aveva centrato ancora lo scudo. Eppure si sentì più sicuro: ora si trovava a fronteggiare tutti gli avversari; dietro di sé si stendeva il sentiero e, con rapidi passi, avrebbe potuto distanziarli e, magari, sorprenderli nuovamente in una situazione più favorevole.
Ma non poté allontanarsi. L’orchetto lo incalzava con fendenti veloci e l’ampio scudo lo proteggeva da ogni attacco. Vide con la coda dell’occhio un orchetto salire sulla scarpata alla sua sinistra per aggirarlo, mentre gli altri due si stavano per affiancare all’avversario che stava fronteggiando. Avanzò di un passo, la scimitarra levata a smorzare la forza di un fendente nemico; lasciò che le lame scivolassero una sull’altra, mentre, rapido, si avvicinava ancora al corpo del nemico e calando la spada sul braccio destro di questo, riuscì a colpirlo mentre l’orchetto cercava di ritrarlo. Sentì la lama affondare fino all’osso e l’urlo di dolore della creatura mentre colpiva con violenza con la scimitarra all’altezza della sua gola.
Vide una forma scura avvicinarsi dalla sua destra: istintivamente si abbassò, ma sentì un colpo duro sulla spalla e la spada quasi cadde dal braccio dolorante. La vista si annebbiò per il dolore. Senza guardare si butto nella direzione da cui proveniva l’attacco con la lama della scimitarra in avanti. Colpì qualcosa di duro, prima con la lama, che quasi vi si conficcò, poi con il fianco destro. Si sentì cadere, mentre la vista gli si schiariva: si era lanciato con tutta la forza contro lo scudo dell’orchetto con la mazza. La scimitarra conficcata nello scudo e con il corpo appoggiato su di esso lo aveva sbilanciato ed ora gli stava cadendo addosso. Appena toccarono terra rotolò due volte su sé stesso per allontanarsi. Sentì una lama ferirlo ad una gamba, ma si alzò in fretta e tirò un largo fendente, più che altro per allontanare il nemico e prender tempo: la lama non incontrò ostacoli.
Ora si trovava con alle spalle il lungo precipizio della colonna di roccia: alla sua sinistra l’orchetto che cercava di aggirarlo era tornato sul sentiero; davanti a sé lo fronteggiava un orchetto con una corta lama, mentre l’orchetto con la mazza si stava rialzando. Sentiva un battito sordo sulla spalla destra e il braccio si stava lentamente intorpidendo; mosse le dita sull’elsa per sciogliere i muscoli. La ferita al fianco non lo infastidiva, mentre quella alla gamba era più profonda, ma non gli impediva i movimenti: sentiva solo il sangue bagnare la stoffa dei pantaloni e attaccarglieli alla pelle. Gli orchetti feriti non sembravano in grado di riprendere il combattimento: doveva fronteggiare solo i tre ancora in piedi.
[continua...]
Salud