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Vanavara

Piana di Dossor.In una terra desolata, oltre i confini orientali del Ducato di Gulas e della Repubblica di Lankbow, vivono popolazioni nomadi. Sono genti dure, temprate dall’ambiente ostile e dalla povertà, stirpi di guerrieri e di pastori: sono i Vanavara, tribù diverse tra loro ma con un’antica origine comune, considerati da sempre una minaccia per il “mondo civilizzato”, temuti e dipinti come dei mostri sanguinari e barbari.

Storia

L'età delle grandi migrazioni

In epoche antichissime le popolazioni del ceppo etnico Vanavara si ritiene che vivessero nelle terre remote dell'Estremo Oriente del Continente di Sarakon.
Intorno al 1900 a.f., per ragioni tutt'ora ignote agli storici, un'orda di vaste proporzioni di genti Vanavara si riversò nella grande Piana di Dossor e nelle zone circostanti, all'epoca abitate da alcune tribù appartenenti alla cosiddetta Stirpe degli Eroi.
Le leggende raccontano di un mitico condottiero, il Kashan Gansukh, "ascia d'acciaio", che trasse in salvo il suo popolo da una terra devastata da grandi quanto misteriose calamità naturali, guidandolo attraverso un pericoloso viaggio nelle steppe fino alla Piana di Dossor, descritta come un'area fertile e accogliente.
Quanto ci sia di vero in una simile tradizione, presente in molte diverse versioni nelle varie tribù Vanavara, è difficile dirlo. Certo è che tra il 1900 e il 1800 a.f. l'orda si abbattè sulla Piana di Dossor, cambiandone per sempre la fisionomia.

Le antiche cittadelle

In età ancestrale la Piana di Dossor e le zone ad essa circostanti erano popolate da alcune tribù, conosciute come Munkhjargal, appartenenti al ceppo della cosiddetta Stirpe degli Eroi: una popolazione molto variegata e diffusa su un vasto territorio, caratterizzata dalla capacità di lavorare il ferro e dall'edificazione di città stato di una certa importanza. In particolare la Piana di Dossor ospitava cinque cittadelle, i cui nomi originari sono andati perduti: per i Vanavara furono note come Gera, Larnaca e Bithia, a Nord, Oropo e Desha più a Sud.
La campagna attorno alle cittadelle era coltivata, grazie ad un sistema di canali che permettevano una buona irrigazione.
Le cittadelle Munkhjargal erano sviluppate ma isolate l'una dall'altra e spesso, a quanto sembra, in guerra tra loro. Benchè fossero decisamente più avanzate, si trovarono impreparate davanti all'improvvisa avanzata Vanavara, e nel giro di alcuni decenni, una dopo l'altra, caddero.
Le popolazioni Munkhjargal si mossero quindi verso Occidente, valicando le montagne e riversandosi nei territori oggi occupati dal Ducato di Gulas.
La migrazione verso Occidente dei popoli della Piana di Dossor va inserita in un quadro più ampio, che vede un movimento da Est a Ovest su vasta scala, causato da massicci spostamenti di popoli sia a Nord che a Sud: la vasta migrazione della Stirpe degli Eroi che portò nel giro di qualche secolo alla fondazione dell'Impero di Turn nel meridione e della nascita della civiltà Shanti nel settentrione, di cui i popoli Munkhjargal costituirono solo una piccola parte.

L'aridità e le carestie

Abbandonate le cittadelle e le coltivazioni irrigate circostanti, ben presto l'aridità naturale della Piana di Dossor riprese il sopravvento. I canali si seccarono, i pozzi si interrarono, la terra si indurì e nel giro di qualche decennio la fisionomia del territorio intorno alle cittadelle tornò allo stato selvatico.
Solo poche famiglie Vanavara decisero di stanziarsi, mentre la gran parte di esse mantennero intatta la propria indole nomade e bellicosa, espandendosi anche verso Nord, oltre la Piana di Dossor, fino ad entrare in contatto con le popolazioni Elfiche della grande foresta di Lankbow.

Il Destino Incerto e l'età delle Incursioni

Non si hanno notizie dei rapporti tra i Vanavara e i superstiti delle antiche cittadelle Munkhjargal, come pure come con tutta la civiltà Shanti a Ovest del Fiume Nezrtwarth (Nerthwik). E' possibile che ci siano state incursioni e razzie, ma non ve n'è rimasta traccia.
Alcune leggende Vanavara raccontano delle Epidemie dell'Ovest (Medgui Garmaa, Destino Incerto), e di come negli anni grossomodo contemporanei al Secondo Cataclisma (460-450 a.f.) la minaccia si fosse in un certo senso ribaltata, e fossero le genti a Ovest del fiume Nezrtwarth a fuggire verso Oriente, malsane e contaminate da misteriose e mortali malattie. Si diffusero storie spaventose tra i Vanavara, insieme a una generalizzata paura delle genti d'occidente.
Passarono molti anni prima che riprendessero le razzie vanavara verso Occidente, fino a quando, con la nascita del Khanast di Leaf, ebbe inizio la cosiddetta Età delle Incursioni, che con alterne vicende durò fino a tutto il primo secolo a.f..
Con la conquista Turniana di una parte considerevole del Khanast di Guals, il Khanast di Leaf rimase isolato e si frammentòo in molte piccole unità, e dovette subire innumerevoli incursioni e razzie. Fu guerra aperta per molti anni.

Gli ultimi secoli, l'edificazione del Vallo di Nertwick

Nel corso degli ultimi secoli, con la creazione del Vallo di Nertwick e l'istituzione della Marca di Flagstaff a difesa del confine sul Fiume Nezrtwarth, le incursioni verso Occidente sono sensibilmente diminuite, facendosi più frammentarie e rivolte spesso anche verso Sud, tra i passi della Catena di Longkaleb, e verso Nord, tra le zone più orientali della Foresta di Lankbow.
Le incursioni più consistenti, che avvengono saltuariamente, quando un singolo leader carismatico (Kashan) riesce ad unificare le forze di più tribù, non riescono tuttavia mai ad avanzare oltre i confini della Contea di Leaf.

Geografia del territorio

I popoli nomadi Vanavara abitano una vasta area continentale che si stende per centinaia di leghe a Est del Ducato di Gulas e della Repubblica di Lankbow.
Si può dividere il territorio Vanavara grossomodo in due grandi aree, la Piana di Dossor a Sud, confinante con il Ducato di Gulas e il massiccio montuoso di INSERIRE IL NOME, e la Taiga del Teleut a Nord, non distanti dalla Repubblica di Lankbow e separate dal mare dalle immense PALUDI DA INSERIRE.

La Piana di Dossor

La piana di Dossor, la "desolazione senza fine", si apre verso Oriente oltre i confini del Ducato di Gulas. Il territorio è costituito quasi completamente da steppa, interrotta di tanto in tanto da colline e qualche rara oasi. Solo pochi fiumi attraversano l’arido territorio, per perdersi in malsane paludi o in tratti di giungla fittissima, che sorge come all’improvviso nella steppa.
Nella steppa è molto forte l’escursione termica, sia giornaliera che stagionale. Gli inverni sono gelidi, le estati molto più calde di quanto non ci si aspetterebbe a simili latitudini, e la differenza tra le temperature notturne e quelle diurne è notevole.
L’acqua è un bene prezioso nella steppa, in quanto le piogge sono rare e violente, ed il terreno arido non è in grado di conservare a lungo l’umidità. In prossimità delle montagne e delle rare colline, dove i venti sono meno violenti e piove con più facilità, la steppa assume a tratti l’aspetto della campagna comune, sia pure un po’ brulla.
Nella steppa non crescono alberi, ma soltanto piante dal fusto basso e flessibile per resistere senza spezzarsi alla furia dei venti. L’agricoltura, sebbene non impossibile, è poco fiorente, a causa della scarsezza di acque e della argillosità del suolo. Tuttavia le graminacee possono crescere anche spontaneamente, affiancate da erbe e cespugli, piante spinose o con piccoli arbusti. Nelle zone ombrose, in prossimità dei rialzi, e dove il vento è meno violento, sono frequenti funghi di molte specie diverse, anche molto grandi. Dopo i rari acquazzoni tutta la steppa si trasforma in un tappeto di fiori.
Gli animali che si trovano a loro agio nelle aride steppe non sono molti. Animali migratori sono presenti durante la primavera in queste zone, mentre sempre si possono trovare antilopi, cavalli selvaggi, lupi. Non sono rari conigli, volpi, sciacalli, marmotte, ratti e gatti selvatici. Soprattutto si possono vedere molti uccelli, in particolare uccelli predatori come falchi, avvoltoi e anatre di passaggio.
I rettili sono numerosi e alcuni di essi possono essere letali.

La Taiga del Teleut

Il nord dei territori Vanavara è costituito per lo più da taiga inospitale e ghiacciata, con vaste zone umide, paludi e torbiere alternate a foreste di salici e betulle.
In questa regione l'inverno è molto rigido mentre l'estate è corta e fresca.
Gli animali più frequenti in questi climi inospitali sono l'alce, il cervo, la renna, l'orso e il lupo.

I Venti

Una caratteristica comune della Piana di Dossor e della Taiga del Teleut è la presenza di forti venti: i venti che sferzano violentemente queste zone non trovano ostacoli alla loro forza, e di frequente raggiungono una intensità tale da distruggere le poche costruzioni che trovano sul loro cammino. Sono frequenti le tempeste e le trombe d’aria, l’elettricità nell’aria spesso crea effetti ottici spettacolari e minaciosi al tempo stesso. I venti variano col variare delle stagioni. Durante l’inverno soffia il Miass, gelido vento foriero di neve, e l’Ivanovo, meno freddo ma violentissimo e disastroso. In primavera c’è l’Aksu, vento salmastro e dal profumo inebriante, in estate soffia il Mezen, vento sabbioso e rovente, mentre durante l’autunno fischia il Taz, che spesso porta pioggia e breve vita per l’arida steppa.

Popolazione

Gran parte della piana di Dossor e della Taiga del Teleut sono troppo inospitali per essere abitate. Vivono qui soltanto alcune popolazioni nomadi, i Vanavara, o Lunghi Occhi, che si sustentano per lo più grazie alla pastorizia. Non sono gruppi molto popolosi, ma sono costituiti da persone forti e dure. Le tribù sono diverse, tutte con propri usi e proprie caratteristiche, sebbene il sustrato culturale sia il medesimo, e gli elementi di vicinanza più di quelli di distinzione.
Una caratteristica particolare della demografia Vanavara è il suo alto livello di oscillazione, che alterna periodi di recessione a periodi di esplosione demografica, che in genere si unisce ad una rinnovata aggressività verso i popoli confinanti.

Le tribù

Le tribù Vanavara sono quasi tutte nomadi, e si chiamano Samut, Cielo. Le poche tribù stanziali hanno assunto il nome di Mahan, ossia Terra. Segue un elenco delle più popolose.

Samut Songkhram, la tribù della Lunga Lancia

E’ la tribù più importante e potente in assoluto, composta da guerrieri fieri e sanguinari. Il suo capo si chiama Kashan, ed è il guerriero più forte in battaglia. I Songkhram disprezzano profondamente le tribù stanziali, e sono i più aggressivi verso le terre occidentali. Spesso compiono razzie e devastazioni, ma non si fermano mai in nessun luogo. La tribù della Lunga Lancia è quella che più volte, nel corso della storia, ha dato i natali ai più grandi Kashan, che hanno terrorizzato le tribù confinanti e, spesso, hanno minacciato seriamente anche il più civilizzato Occidente.
I guerrieri della Lunga Lancia combattono a cavallo, sono in genere eccellenti cavallerizzi e combattenti versatili. Orbitano nella Piana di Dossor, intorno alle zone più prossime al Vallo di Nertwick, e probabilmente anche per via dei frequenti contatti con le popolazioni dell'Ovest ne hanno mutuato alcune tecniche di armamento e di guerra. A differenza dei Vanavara più Orientali, i Songkhram si proteggono con armature in metallo, di robusta ma rozza fattura, bardano i loro cavalli e combattono con lance e spade.

Samut Prakan, la tribù delle Volpi

Meno potente della tribù dei Songkhran, la Samut Prakan è comunque molto forte e combattiva. E’ la tribù più popolosa e la più abile nell’artigianato, in particolare nella concia delle pelli e nella fabbricazione di archi e armature di cuoio. Si muove per la Piana di Dossor, non distante dai territori dei Songkhran, alternando con la Tribù della Lunga Lancia periodi di guerra a periodi di alleanza, anche militare. Tra i Prakan si trovano facilmente mercanti disposti a commerciare con il Ducato di Gulas, guide in grado di orientarsi tra i passi montuosi più impervi, interpreti. I guerrieri delle Volpi sono armati alla leggera, grandi cavallerizzi e molto temuti per la loro capacità, sviluppata nei secoli, di tirare con l'arco restando a cavallo.

Samut Sakhon, la tribù dei Falchi

Questa tribù vive per lo più nelle terre desolate della Taiga del Teleut. Pratica molto poco la pastorizia, ma vive soprattutto di saccheggi e di caccia. E’ una tribù poco popolosa, composta in grande parte di giovani guerrieri, seguiti solo a distanza dall’intero clan, composto di vecchi (molto pochi), donne e bambini. E’ la tribù più temuta dagli Elfi di confine, a causa della sua ferocia e del totale sprezzo del pericolo dei suoi guerrieri.

Mahan Astara, la tribù delle Falene

Da molti secoli questa tribù orbita intorno alla Valle delle Falene, nella zona sud orientale nella Piana di Dossor, là dove un tempo sorgevano tre antiche cittadelle ormai da secoli abbandonate e distrutte.
E’ una tribù dedita alla pastorizia, alla agricoltura di graminacee e all’artigianato. Le conoscienze tecniche sono molto arretrate, ma la presenza delle antiche cittadelle, e dei pochi che ancora in alcune occasioni le abitano (i cosiddetti Kumairi, Maestri, o anche Saccenti), ha migliorato almeno in parte le condizioni di vita quasi primitive.

Mahan Bankura, la tribù del tuono

Questa tribù ha occupato due delle cittadelle fortificate della grande steppa, nel sud della Piana di Dossor. E' una piccola tribù stanziale molto temuta dagli stessi Vanavara: si dice che abbia dato i natali a grandi stregoni e sciamani capaci di compiere grandi malefici. In particolare sull'antica cittadella di Oropo circolano molte tradizioni sinistre.

Ordinamento giuridico.

Nella società Vanavara non tutti gli individui sono soggetti di diritto, ma si dividono in liberi, semiliberi e servi. La famiglia (sippe) costituisce la cellula organizzativa di base, nella quale si concentrano principalmente gli interessi e le attività degli uomini liberi. La famiglia è retta dal padre, il quale svolge un ruolo di guida e di protezione per tutti i componenti del nucleo.
Trattandosi di una società militare, tutti coloro che prestano servizio nell’esercito sono capaci a tutti gli effetti, quindi anche i figli sono individui liberi, mentre le donne hanno un ruolo di secondo piano nella organizzazione politica e non hanno la capacità di agire.
Accanto al padre e ai figli, si affiancano spesso individui liberi che in tempo di guerra combattono al loro fianco, mentre in tempo di pace operano al loro servizio. Costituiscono il seguito, il Gefolgschad. Tali vincoli di fedeltà costituiscono gli elementi di base da cui in casi particolari ci si è evoluti verso una struttura nobiliare. Generalmente però sono vincoli efficaci soltanto in campo militare, almeno per le tribù nomadi.
Le comunità Vanavara sono composte da un insieme di famiglie allargate e dai loro seguiti.
La fonte primaria del diritto è la tradizione, la scrittura è pochissimo conosciuta ed utilizzata soltanto nei rapporti con altri popoli, mentre le leggi sono tutte consuetudinarie.
Quando sorgono dei dubbi sulla loro applicazione viene riunita l’assemblea degli uomini liberi, nella quale si decide che soluzione adottare.

La faida

Il sistema di risoluzione delle controversie è basato sulla giustizia privata, ed in particolare sull’istituto della faida. Tale istituto prevede che in caso di omicidio, lesione personale o violazione dei beni di un libero, la famiglia della persona danneggiata ha il diritto di arrecare un danno di pari entità alla famiglia del colpevole.
Nei gruppi più evoluti, generalmente quelli stanziali, il meccanismo della faida si è evoluto in modo da far sì che per alcune lesioni meno gravi venga sostituito alla vendetta privata il versamento di una somma di denaro.
Scopo principale della giustizia è risolvere rapidamente le controversie e ristabilire la pace nella società.
Qualora sorgano dubbi sull’identità del colpevole, l’assemblea prima di decidere come comporre la controversia si affida al Giudizio di Dio per avere una prova certa su chi sia dalla parte del giusto e chi dalla parte del torto. Viene quindi sottoposto l’accusato ad una prova, l’ordalia, oppure entrambi i contendenti ad un duello giudiziario.

Costumi sociali

La struttura familiare della società Vanavara prevede regole di costume molto rigide. La donna è incapace di agire, e anche all’interno della famiglia il suo ruolo è passivo. Il matrimonio Vanavara vede la donna intervenire quasi come un oggetto: il padre, o chi ha la potestà su di lei, la promette ad un altro soggetto, e successivamente a lui la consegnava con un atto formale, la sumgait, con cui trasferisce la potestà la marito. La donna ha l’obbligo di fedeltà nei confronti del marito, che può ripudiarla qualora lei non sia in grado di avere figli. Se invece il marito muore, la moglie è obbligata a spostare il
fratello del marito, per proseguirne la discendenza. Accanto alla moglie, l’uomo può avere un numero variabile (a seconda della tribù) di concubine, i cui figli però saranno considerati semiliberi e seguaci del gruppo familiare, e non discendenti legittimi.
L’educazione dei bambini spetta alla madre, i maschi al compimento del decimo anno entrano sotto la custodia del padre, che insegna loro l’arte militare e quella della caccia.

Religione Vanavara

Si erge fiero tra le fiamme il Grande Sacerdote, cinto di ferro, e leva il maglio al Cielo in segno di saluto. Avvampa il rogo, ed ecco, si mostra l'ira e il trionfo dell'Occhio che squarcia le tenebre. Alta sopra l'incendio vola una pagina, e sfugge in seno al vento di Mezen.

Il popolo Vanavara, nomade e guerriero, ha credenze religiose molto semplici e legate all’ambiente naturale in cui vive. Gli dei principali del Pantheon sono legati ai venti e alle stagioni, e sono venerati con sacriifici rituali di animali, e con banchetti orgiastici in alcuni periodi dell’anno.
Non esiste una classe sacerdotale vera e propria, tra i Vanavara, ma è il capo della tribù che assolve alle funzioni di rituali. Non si ha notizia di manifestazioni divine. Non è conosciuta la magia e soltanto alcuni tra gli anziani hanno sviluppato il potere di curare le ferite come guaritori. Unica eccezione sono i Bankura, di cui si dice sappiano dominare la magia e compiere incredibili prodigi, generalmente di carattere offensivo, maledizioni, epidemie e così via.
Segue l'elenco delle divinità venerate dai Vanavara.

Miass-sha

Miass-sha, il dio del vento Miass, è il dio del freddo e della notte, e viene venerato con fuochi notturni e canti, durante l’inverno.

Ivanovo-sha

Ivanovo-sha, il dio del vento Ivanovo, è il dio della guerra e del sangue. Viene adorato con cruenti sacrifici di animali vivi, con il cui sangue vengono dipinti i corpi dei guerrieri.

Aksu-sha

Aksu-sha, la dea del vento Aksu, è la dea madre, la dea della fertilità e della riproduzione. Viene venerata con rituali orgiastici nel corso dei quali se viene concepito un bambino, questi sarà considerato sacro e baciato dalla fortuna. Gli aromi di mare e di fiori portati dal vento Aksu sono doni della dea ed hanno effetti allucinogeni se inspirati con particolare intensità. Il vento Aksu proviene da oriente, e oltrepassa una pianura ricoperta da papaveri rossi, il cui polline viaggia per tutta la grande steppa portando con se i suoi magici effetti. Alcuni vecchi sostengono che il vento Aksu porti i profumi dell'antica patria perduta dei Vanavara, sulle coste del mare orientale.

Mezen-sha

Mezen-sha, la dea del vento Mezen, è la dea della morte e della desolazione. Viene venerata in estate con libagioni e canti rituali, e con la danza dei morti, una cerimonia in cui i familiari indossano le vesti di quanti sono morti durante l’anno, e con tali vesti danzano tutta la notte. Al mattino bruciano le vesti e si stracciano i capelli, sacrificandoli alla dea.

Taz-sha

Taz-sha, il dio del vento Taz, è il dio delle acque e della caccia. Viene venerato in autunno con sculture sulla roccia raffiguranti animali, che vengono bagnate e che portano vita alle creature della steppa. La vista di un arcobaleno durante tali rituali è considerata segno di grande fortuna.

Leggende e tradizioni Vanavara

In una civiltà che non conosce la lingua scritta, le leggende sono un'importante fonte storica. Esistono un'infinità di leggende tra i Vanavara, ciascuna raccontata in molte versioni diverse. Alcune hanno tuttavia elementi comuni e sono diffuse più o meno tra tutte le tribù principali.

La Montagna d'Acqua e l'esodo per i deserti

La più antica leggenda di cui si sia mantenuto il ricordo è quella che narra il lungo e periglioso esodo dei Vanavara attraverso i deserti centrali, sotto la guida del mitico Kashan Gansukh, "ascia d'acciaio".
Antichissimamente i Vanavara abitavano una terra florida che affacciava sul vasto mare d'Oriente, una terra ricca di laghi, di boschi e di selvaggina. I Venti portavano profumi e refrigerio, benevoli e amici dell'uomo.
"Questa è la terra del Popolo dei Venti" sussurravano le Voci degli Dei, "siatene orgogliosi e grati, senza volgere lo sguardo altrove".
Ma un brutto giorno un orgoglioso Kashan, Senghee dall'Occhio Penetrante, scorgendo sul lontano orizzonte marino le sagome brumose di un'isola, decise di accrescere la propria fama e di legare il nome della sua famiglia ad una nuova conquista. Ordinò che venissero costruite canoe, e che i suoi guerrieri solcassero i flutti proibiti del Mare.
"Desisti, animo orgoglioso, non incrinare lo specchio delle acque!" sussurrarono i Venti quella notte, in un lamento straziante che minacciava tempesta.
Ma Senghee non si lasciò intimorire: sfidando apertamente gli Dei ordinò che il mare venisse attraversato, e lui per primo salì sulla canoa ed iniziò a remare.
Man mano che lui e i suoi uomini si avvicinavano alla misteriosa isola, qualcosa di sempre più strano si manifestò all'orizzonte. Quel che sembrava un'isola assunse l'aspetto di una montagna d'acqua, immobile e lontana.
"Volgete la prua verso la terra..." imploravano i Venti alle orecchie dei rematori, "abbandonate questo malsano intento... desistete..."
Ma Senghee non ordinò la ritirata, e l'unico guerriero che, intimorito dalle Voci divine, volse la prua verso la terra fu trafitto dalla lunga lancia del suo comandante. Il suo nome era Enkhe, Portatore di Pace, il più giovane della spedizione.
Appena il corpo di Enkhe fu inghiottito dai flutti, il suo sangue si allargò come una macchia rossa sul mare, ed un rombo spaventoso squarciò il mormorio afflitto dei Venti.
L'immensa Montagna d'Acqua parve allontanarsi dalle canoe, ritirandosi verso il mare più remoto, ma pochi attimi dopo tornò ad avvicinarsi velocissima. Travolse tutte le canoe, disperdendo Senghee e i suoi guerrieri. Ma non fermò lì la sua funesta corsa.
Raggiunse la costa, una muraglia d'acqua da orizzonte a orizzonte, e travolse ogni capanna, ogni rifugio, ogni cavallo e ogni villaggio, per leghe e leghe verso l'interno.
Quando infine le acque si ritirarono, ed il Mare quieto tornò a scivolare nel suo letto, agli occhi dei superstiti si affacciò un paesaggio devastato dal fango e dalla rovina. Innumerevoli cadaveri, famiglie e interi villaggi cancellati, alberi spezzati.
In mezzo a tante devastazione, l'unico a mantenere la calma fu il giovane Kashan Gansukh, "ascia d'acciaio", di una delle tribù dell'interno. Fu lui a rincuorare i superstiti, a organizzare il recupero di quanto ancora c'era da salvare.
"Abbandoniamo questa terra distrutta, viaggiamo verso Ovest alla ricerca di una terra benedetta".
Non tutti i superstiti lo seguirono, alcuni preferirono restare sulle macerie degli antichi villaggi a piangere i propri morti e ricostruire. Molti però, che avevano perso tutto, e soprattutto la speranza, decisero di seguire Gansukh, ed insieme partirono per il lontano Occidente.
Sono molte le leggende che raccontano il lungo viaggio, i pericoli, i popoli bizzarri e gli animali pericolosi incontrati. In alcuni casi Gansukh viene dipinto come un capo abile e accorto, misericordioso coi deboli e capace di ingannare il più ostile dei nemici. In altre versioni è invece descritto come un uomo autoritario, violentissimo nel punire chi, tra i suoi uomini, tentasse di tornare indietro, verso la patria più antica.
Tutte le storie concordano nel dire che quando finalmente l'orda vanavara fu nei pressi della Piana di Dossor, Gansukh era oramai morto da tempo, e alla guida dell'orda c'era suo figlio Tsolmon, guerriero spietato e infallibile.

Il Destino Incerto e le morti silenziose

Per spaventare i bambini, nelle notti più oscure, sotto le tende dei Vanavara spesso si raccontano leggende sulla tremenda epidemia (Medgui Garmaa, Destino Incerto), che rese folli gli uomini dell'Occidente, distruggendone i villaggi, le case, e mettendone in fuga una moltitudine disperata e contagiosa.
Avanzavano barcollando, tossendo, trascinandosi dietro bimbetti scalzi e denutriti. Chiedevano ospitalità, ma chiunque fosse stato tanto pazzo da concedergliela veniva nottetempo assalito e divorato. Avevano piaghe sulle braccia e sulle gambe, occhi scavati e denti neri. Ovunque passassero solamente il fuoco poteva purificare e difendere dal contagio.
Le frecce usate per abbatterli venivano lasciate nei loro cadaveri, e gli stessi corvi che divoravano le loro carni ben presto cadevano morti stecchiti.

La Cittadella di Oropo gli Abominii

Molte leggende spaventose riguardano le antiche cittadelle e i loro primi abitanti, i Munkhjargal. In alcuni casi si parla di armi incomprensibili, sortilegi, misure difensive mai viste prima, che solo il numero soverchiante dei Vanavara, a costo di molti morti, era riuscito a sconfiggere.
Su tutte le cittadelle circolano leggende, ma di tutte quella più temuta è sempre stata quella di Oropo, la più meridionale delle cinque.
La leggenda narra che gli abitanti di Oropo, per sfuggire all’assalto finale dei Vanavara, siano fuggiti attraverso un condotto segreto scavato nella friabile roccia argillosa, ed abbiano ricreato in un luogo segreto e nascosto una nuova cittadella sotterranea, dove ricercare le verità della scienza. Sembra che proprio laggiù, nelle profondità della terra, si nascondesse l'antica fonte del loro potere e della loro sconfinata sapienza, un'entità silenziosa e magica in grado di compiere prodigi e di scagliare maledizioni.
Certo è che molte leggende concordano nel dire che Oropo fu trovata deserta, al momento della sua cattura, senza che più vi fosse un solo uomo, donna o bambino al suo interno. Alcune storie più fantasiose arrivano a sostenere che gli abitanti di Oropo non fossero proprio "persone", bensì strane creature, frutto dell'unione tra uomini e insetti.
Le mura dei templi di Oropo, infatti, così come le strane dimore esagonali, erano tutte ricoperte di inquietanti graffiti colorati che raffiguravano esseri mostruosi, uomini con la faccia di insetto o insetti con il volto di innocenti bambini.
Si racconta che la giovane Narantsetseg, sposa del Kashan Tsolmon, dopo la cattura di Oropo partorì un bambino dal viso bello e delicato, ma con il corpo di una grossa locusta. Visto l'abominio, Tsolomon strappò il piccolo dalle mani tremanti di sua madre, trafiggendolo con un pugnale, e gli squarciò il ventre. Dal corpo senza vita si sprigionò uno sciame di locuste, che si scagliarono su tutti i presenti, infilandosi nelle loro bocche, negli occhi, attraverso le orecchie. Molti morirono.
La bella Narantsetseg, disperata per la morte della sua creatura, strappò di mano il pugnale al suo sposo Tsolomon e se lo conficcò nel ventre, ancora brulicante di osceni formicolii.
Negli anni a seguire si racconta che nacquero molti altri abominii, tanto che la zona di Oropo venne per lungo tempo abbandonata.
La morte del figlio e della sposa di Tsolomon ebbe anche, a quanto si dice, la conseguenza di portare alla rottura il popolo Vanavara, che alla morte del loro grande Kashan si trovò senza un erede e si frammentò in molte tribù. Tsolomon non volle mai più prendere un'altra sposa dopo la morte di Narantsetseg e non riconobbe mai più altri figli come legittimi.

L'Instancabile Viandante e l'Isola d'Oltremare

Una figura tipica della mitologia Vanavara è quella dell'Instancabile Viaggiatore, il Khenebish.
Il Khenebish viene spesso descritto come un giovane guerriero, che insieme a pochi fidati compagni parte ad esplorare le terre lontane, per riportare indietro tesori, giovani spose, incredibili e avventurosi racconti.
Il più conosciuto dei Khenebish fu senz'altro Senghee il Curioso, figura mitica che porta lo stesso nome dell'antichissimo Kashan che aveva sfidato i flutti nelle terre del lontano oriente.
Senghee il Curioso partì verso il Nord, con pochi amici fidati, fino alle terre dei "Grandi Uomini Biondi", i leggendari Tuyamang, risalendo i fiordi di quella che probabilmente doveva essere la Penisola di Norsyd. A quel che si conosce, i rapporti tra i Tuyamang e i Vanavara dovevano essere assai scarsi, se non addirittura nulli. Ma Senghee il Curioso oltrepassò paludi ghiacciate e terreni inesplorati, superò i fiordi ed entrò in contatto con le popolazioni sconosciute. Strinse amicizia con Leimen dall'Occhio Ghiacciato, figlio di un capo tribù dei Tuyamang, ed insieme a lui si imbarcò alla volta dei mari occidentali.
Le storie raccontano del primo Vanavara che osò sfidare i flutti del mare e riuscì a fare ritorno, l'unico tanto curioso e impavido da non lasciarsi frenare dal terrore delle acque. Senghee raggiunse terre lontane, tra cui la leggendaria Isola d'Oltremare, nella quale soffiava forte il vento mortale di Mezen.
A giudicare dai dettagli del viaggio, molto romanzati e avventurosi, ma comunque piuttosto coerenti, è possibile ritenere che un fondo di verità in questa leggenda ci possa essere, e che veramente un qualche viaggiatore vanavara abbia solcato i mari su navi nordre fino a toccare coste lontane. E' verosimile che l'Isola di Oltremare si trovasse nei pressi di Elsenor, ed è forse possibile identificarla con l'isola di Ramnel.
Esistono anche alcune ballate di Elsenor in cui si raccontano le peripezie di Uomini dagli Occhi a Mandorla sulle coste dell'isola, il cui capo aveva il nome di Knebilyn, che forse possono ricollegarsi a questo stesso mito.

Architettura Vanavara

Il popolo Vanavara è prevalentemente nomade, dunque la sua architettura civile è poco sviluppata. Le abitazioni sono capanne di canne ricoperte da paglia e fango, gli interni sono ammorbiditi e riscaldati da molte pelli di animali. All’interno delle capanne non c’è illuminazione, non ci sono finestre e non c’è riscaldamento. Solo nelle capanne più grandi ci sono focolai, al centro, costruiti in pietra, cui corrisponde un buco nel tetto per il fumo.
L’architettura militare è un po’ più sviluppata. Pur rimanendo ad un livello molto primitivo, sono state elaborate massicce forme di difesa, fortificazioni resistenti e durature.
Tipica tra esse è la Motta, che consiste in una collinetta (parte naturale e parte artiificiale) circondata da una palizzata in legno che comprende un torrione, anche esso di legno.
La struttura è protetta da un ponte levatoio, che imperdisce l’accesso. In basso c’è un recinto (kumdag), o bassa corte, una sorta di linea difensiva più esterna, a sua volta circondata da un fossato e da un’alta palizzata di legno. Nel recinto si trovano stalle, magazzini, orti, e spazi per accogliere la popolazione in caso di necessità.
Creata il 25/07/2011 da Annika (2242 voci inserite). Ultima modifica il 26/07/2011.
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