Cerca nel Sito

NomeKeywordsDescrizioneSezioniVoci correlate

Forum di Myst

 
« Sarà una notte di merda »
- Bohemond D'Arlac -
 
Myst Cyclopedia

Fael Dotelbach

[personaggio]
personaggio
Razza:
Umano
Sesso:
femmina
Nato/a il:
2 novembre 500
Altezza:
165 cm
Peso:
48 kg
Ruolo:
sconosciuto
Tipo:
PNG
Giocatore:
sconosciuto
Fael DotelbachNata a Lagos nel novembre del 500, Fael Dotelbach si trasferisce presto con i familiari nella colonia di Nuova Lagos, dove suo padre apre una panetteria. Gli affari inizialmente vanno bene, la famiglia Dotelbach è ben voluta e intrattinene rapporti cordiali tanto coi coloni quanto con gli Elsenoriti. Insieme alla sorella maggiore Yuma e al fratellino Addler, la ragazzina trascorre anni piacevoli nel borgo commerciale di Nuova Lagos, ignara del terribile destino che incombe sull'intera colonia.
Nel dicembre dell'anno 514, durante il massacro di Nuova Lagos, Fael perde gran parte dei membri della sua famiglia, anche se riesce fortunosamente a salvarsi la vita e a imbarcarsi insieme a Yuma. Raggiunge così il continente e trova rifugio nell'Ongelkamp di Uryen. Qui le due ragazzine trovano la protezione di Mastro Adler Denninger, che si prende cura di loro come fossero figlie sue.

Raccoglitrice di ortiche

Erbe selvatiche

L'alba è il momento peggiore. Apro gli occhi e ogni volta mi illudo di svegliarmi da un brutto sogno, di ritrovare la nostra vecchia stanza, le linee sottili tracciate dal sole sul soffitto, il profumo del pane appena sfornato che sale dalla bottega del piano di sotto. La voce di mamma che chiama: "ragazze, svegliatevi, è ora di alzarsi!".
Qui all'Ongelkamp mi accoglie lo stesso sole di Nuova Lagos, che si posa però sulle travi sconnesse della baracca, rivelandone la fatiscenza. Nessun profumo di pane, solo il tanfo degli avanzi di pesce che si stufano lentamente in qualche paiolo nelle tende vicine.
Mi alzo in fretta, indosso uno scialle per proteggermi dall'aria frizzante, mi avvicino alla finestra. Anche stanotte Yuma non ha dormito qui.
Non mi piace questa storia, non mi piacciono i suoi segreti. Non mi piace il suo modo esagerato di proteggermi. Lei ed io siamo tutto ciò che resta della nostra famiglia, non dovremmo avere segreti tra di noi.
Vorrei aspettarla ma non posso. Qui all'Ongelkamp io sono una "raccoglitrice di ortiche" e le ore del primo mattino sono le più preziose, quando l'erbetta fresca si sta risvegliando, e nessun altro me l'ha ancora portata via. Siamo in parecchi a contenderci le erbe selvatiche che crescono attorno al campo, ma io sono la più brava. E' così che mi guadagno da vivere, per non pesare esageratamente sulla carità di Mastro Denniger. Almeno fino a quando non inizierà a nevicare, e allora dovrò inventarmi qualcos'altro.
Non che lui ci abbia mai fatto pesare la sua ospitalità. "Ho perduto mia figlia" ci disse il primo giorno in cui arrivammo, "mi fa piacere potervi aiutare. Mi piace immaginare che qualcuno avrebbe fatto lostesso con la mia Halia".
Raccolgo il cesto, infilo gli zoccoli di legno, mi lego un fazzoletto sui capelli. Posso uscire.
L'Ongelkamp intorno a me si sta risvegliando.
Avanzando tra le baracche, un visitatore potrebbe credere di trovarsi in mezzo a gente sempre vissuta in miseria, ignorante e quasi ridotta alla bestialità. In realtà molte delle persone che sono costrette qui al Campo di Sventura sono gente normale, sfortunati a cui è stato portato via tutto, ormai costretti ad arrangiarsi con le briciole di un paese vessato dalla guerra. In alcuni questa improvvisa miseria suscita uno spirito caritatevole, una forte solidarietà tra poveri, il bisogno di stringersi a ricreare una piccola comunità. In altre persone l'effetto è opposto, ed è di quelle che bisogna preoccuparsi: ho imparato a riconoscere i prepotenti, i forti, quelli che cercano di sfruttare questa condizione di male comune per trarne vantaggio. E poi ci sono quelli resi cattivi dalla disperazione e dalla mala sorte: anche da loro conviene stare alla larga.
Trotterello fuori dagli sgradevoli odori del Campo, fino a raggiungere le terre incolte. E' qui che mi metto alla ricerca delle mie erbe selvatiche.
Non solo l'ortica, ma anche la calendula e il dente di leone. Per non parlare delle more, che in questo periodo dell'anno ancora si trovano nei grandi roveti verso le Grotte di Sale.
Poco a poco il mio cestino si riempie. Mi soffermo a guardare il volo degli uccelli sulle scogliere. In lontananza mi sembra di scorgere le pulcinelle di mare e sorrido. C'è un ragazzo all'Ongelkamp, Mark, che si sa arrampicare tra le rocce a picco sul mare e raccoglie le loro uova. Una volta ha provato a invitarmi, era disposto a condividere il suo terreno di caccia, ma non ho avuto il coraggio di seguirlo: le pulcinelle nidificano in anfratti ripidissimi. Una distrazione, quando raccolgo le ortiche, può costare una piccola bruciatura. Una distrazione su quelle rocce rischia di costarti la vita. Alle volte Mark ed io facciamo degli scambi. Non ci è permesso di fare scambi con la Capasanta o con le Banchine, solo tra di noi.

Lividi

Il sole è già alto quando torno alla nostra baracca. Incrocio alcuni conoscenti che saluto con un cenno, poi sollevo la tenda che ci fa da porta e chino la testa per non sbattere contro la trave. Inizialmente i miei occhi faticano ad abituarsi alla penombra. Poso il cestino accanto al focolare, cerco a tentoni la pietra focaia. Ho raccolto abbastanza da mettere su una discreta zuppa, nella quale gli avanzi di ieri potranno trovare un nuovo sapore.
D'un tratto mi rendo conto di non essere sola. Mi volto e scorgo, sul suo giaciglio, mia sorella Yuma. Respira sommessamente, come se stesse dormendo. La guardo in silenzio ed ecco che mi sembra di vedere qualcosa di strano sul suo viso, gli occhi chiusi sono cerchiati.
Sto per avvicinarmi a lei, quando sento un fruscio all'ingresso della baracca e istintivamente mi nascondo dietro la dispensa. Ho ancora la pietra focaia in mano.
"Yuma!" sento chiamare da una voce maschile. Riconosco il passo pesante di Mastro Denninger e tiro un sospiro di sollievo, quasi non l'avevo riconosciuto. Ma ha un tono duro, insolito, tanto che mi sento spinta a restare in disparte e aspettare silenziosa.
Mastro Denninger avanza nella baracca puntando decisamente al giaciglio dove mia sorella riposa.
"Che cazzo hai combinato!" Ha un'aggressività che non gli ho mai sentito nella voce. Yuma si tira su di scatto, tirando al petto il lenzuolo.
"Io non..."
"Stupida stronza!" la incalza lui avvicinandosi. "Cosa ti è saltato in mente!"
Yuma trema. "Io non sapevo... ho avuto paura..."
"Paura! Te la faccio vedere io la paura! Mi hai messo nei casini, te ne rendi conto? E adesso so che non mi posso più fidare di te"
"No... no... io..."
"Vorrà dire che la prossima volta sarà il turno di Fael, lo chiederò a lei di...."
"NO!" grida mia sorella, "no, ti prego... farò qualsiasi cosa ma.... ma non chiederlo a lei"
Mastro Denninger avanza verso il letto, si siede vicino a Yuma e le prende il viso con la mano. "Fammi vedere questi lividi", le dice con un'improvvisa gentilezza. "Ti hanno fatto molto male?"
Yuma sospira. Non vedo il viso di lui, che mi dà le spalle, ma riesco a scorgere l'espressione di mia sorella. Lui le si avvicina ancora, lei sta per chiudere gli occhi quando il suo sguardo si posa sul mio cesto pieno di erbe aromatiche, posato sul piano della dispensa. Si guarda intorno spaventata, mi sta cercando ma io sono acquattata nella penombra, immobile. E Mastro Denninger le è sempre più vicino.
"Allora la prossima volta farai la brava?" le domanda lui con una voce strana. Yuma annuisce. "Dimmelo, che farai la brava".
"Farò la brava".
Lui le posa una mano sulla spalla e fa scivolare giù la camicia di mia sorella, a scoprirle il seno. Lei non protesta. Mi viene la pelle d'oca mentre lo vedo che si china su di lei. Lui, un uomo fatto, che potrebbe essere nostro padre.
Mi piace immaginare che qualcuno avrebbe fatto lostesso con la mia Halia
Ripenso a quelle parole mentre osservo incredula la scena. Yuma protende una mano verso di lui ed inizia a muoverla. Lui la incoraggia con parole sconnesse. Lei non lo guarda, ma continua ad esplorare la stanza con gli occhi, cercandomi. D'un tratto mi trova, e si blocca.
"Continua..." le ordina lui con un filo di voce. Yuma sospira, abbassa lo sguardo e ubbidisce.

Silenzio

Mastro Denninger manda un lamento strozzato e poi sospira. "Brava bambina", dice a Yuma, "brava bambina". Lei tiene gli occhi rivolti verso terra ed annuisce.
"Vado a vedere se riesco a sistemare le cose. Tu fatti aiutare da tua sorella con quella faccia, fa' sparire i lividi".
"Sì, va bene".
Si alza in piedi e, camminando un po' strano, Mastro Denninger esce dalla baracca. Non si è accorto della mia presenza, non ha notato il cestino con le erbe. Io mi accorgo che la mano con cui stringevo la pietra focaia è diventata bianca per la tensione. Aspetto qualche istante, per sincerarmi che siamo sole, e poi avanzo verso il letto di Yuma.
"Non... dovevi venire" mi dice mia sorella con un filo di voce. "Non dovevi.... vedere questa cosa..."
"Yuma io..." la guardo e non so che dire. Lei si affretta a tirare su la camicia e mi ferma prima che io possa sedermi sul suo lenzuolo.
"No, aspetta!". Si alza in piedi, prende uno straccio, lo immerge nel secchio con l'acqua e si strofina vigorosamente le mani.
"Cosa ti hanno fatto?" le chiedo osservandola in viso. Ha un livido sotto l'occhio, il labbro gonfio. "Chi è stato!?"
"Lascia perdere... Fael, non dovevi vedere...."
"Che cosa sta succedendo!"
Yuma si ostina a non rispondere. "Hai qualcosa per questi lividi?" mi chiede con una rassegnazione agghiacciante nella voce. Annuisco e vado a frugare tra le nostre poche cose. Trovo un vecchio pettine mal ridotto a cui mancano alcuni denti, ma è ancora utilizzabile.
"Stenditi", le dico, invitandola a mettersi sul mio letto. Lei si stende con un sospiro.
Mi siedo accanto a lei e, lentamente, inizio a massaggiarle la pelle tumefatta col pettine, piano piano. "Fa male?" le chiedo. Lei fa cenno di no con la testa e chiude gli occhi.
Il silenzio nella baracca è impenetrabile, lei evita il mio sguardo, io mi sento la gola secca e non so cosa dire. Il livido che Yuma ha sul viso poco a poco si affievolisce, anche se continua ad essere visibile. Forse potrei farle un impacco con acqua e sale.
Ma d'un tratto mi rendo conto che mia sorella si è addormentata. Il suo respiro si fa regolare, lento, e le labbra si dischiudono appena. Povera Yuma, che ti hanno fatto? Poso il pettine, prendo un panno e lo imbevo nell'acqua, per poi cospargerlo di sale. Resto al suo capezzale per molto tempo, guardandola mentre riposa.

Falsità e buone parole

Sono ancora lì accanto a Yuma quando Mastro Denninger torna nella baracca. Mi guarda e sorride, con il suo abituale sguardo paterno, che adesso però mi dà i brividi.
"Buon giorno Fael". Poi osserva il viso segnato di Yuma e mi rivolge un'occhiata interrogativa. "Ti ha raccontato quel che è successo?"
Scuoto il capo.
"Sono stati due soldati, giù al porto. Hanno provato ad infastidirla... per fortuna che l'abbiamo sentita chiamare aiuto. Io quante volte ve l'ho detto di non uscire mai dall'Ongelkamp? Qui ci sono brave persone... ma fuori, fuori c'è da stare attente, circola brutta gente. Specialmente i soldati".
Annuisco. Non ho voce, sento che se parlassi... non riuscirei a fingere di non sapere.
"Brava, prenditi cura di lei, per fortuna sei in gamba con queste cose. A proposito..." e si guarda intorno sfregandosi le mani, "come è andata la raccolta, stamattina? Ah, ottimo, che bel cestino colmo di erbe... ci cucini qualcosa di buono?"
"Una zuppa" rispondo. Per fortuna è troppo concentrato su sè stesso per accorgersi della mia voce spezzata.
"Perfetto, una zuppa. Brava, brava bambina". Fa una pausa, poi lo ripete. "Brava bambina. Adesso vado giù alla falegnameria, c'è un po' da fare. A più tardi".
Prende una borsa con gli attrezzi ed esce di nuovo dalla baracca, lasciandoci sole.
Mi volto verso Yuma e mi accorgo che ha gli occhi aperti, ci ha sentiti parlare. Le rivolgo uno sguardo interrogativo ma lei si limita a sospirare e chiude di nuovo gli occhi.
La giornata trascorre come sott'acqua, nel silenzio. Mastro Denninger torna per il pranzo, mi riempie di complimenti per come ho preparato una buona zuppa gustosa, e per come sono riuscita a alleviare i lividi di mia sorella. Poi ci fa un bel discorso per ribadire quanto sia fondamentale che io e lei non ci allontaniamo mai dall'Ongelkamp, e che restiamo lì con lui, che ci protegge.
"Due ragazzine come voi devono stare attente", insiste. "Fuori dal campo, giù ai moli, circola tutta la soldataglia di Treize... brutta gente, davvero".
Nel pomeriggio Yuma si mette un po' a ricamare ed io faccio un giro verso la scogliera, per raccogliere le ultime more.
Scorgo a una certa distanza Mark che sta risalendo dal dirupo e mi avvicino.
"Ciao", mi fa appena si riesce a issare sul prato, "come va, piccola raccoglitrice? Vuoi un uovo?"
Scuoto il capo. "Hai sentito se ieri notte ci sono stati problemi, giù ai moli?"
Mark non capisce, mi guarda interrogativo.
"Mia sorella Yuma, qualcuno credo l'abbia infastidita. Mastro... Denninger ha detto che erano soldati di Uryen"
"Non ne so niente, no... non ho sentito nessuno che ne parlasse". Poi esita qualche istante. "Tua sorella sta bene?"
"Abbastanza", mento. "Ma si è presa uno spavento".
Mark mi osserva in silenzio. E' parecchio più alto di me, forte, e la sua pelle olivastra rivela gli antenati isolani che aveva sua madre. Anche se era per metà elsenorita, la sua famiglia non è stata risparmiata dal massacro di Nuova Lagos, è stata massacrata nè più nè meno come la mia.
"Cosa c'è che non mi stai dicendo, Fael?" chiede. Non sono abituata a sentirgli pronunciare il mio nome, di solito mi chiama soltanto "piccola raccoglitrice". Lo guardo e scuoto il capo con vigore, mentre sento il sangue affluire alle guance.
"No, niente. Adesso scusami, devo andare".

Lanterne

Torno nella baracca e sorprendo Yuma e Mastro Denninger che stanno parlando. Lui si interrompe immediatamente, appena mi sente arrivare. Yuma annuisce, poi mi rivolge un sorriso spento.
"Ho raccolto un po' di more per stasera" dico ostentando tranquillità. Mastro Denninger sorride. Mangiamo senza parlare, poi io sbadiglio e dico che ho sonno, sono tanto stanca. Yuma mi segue subito.
"Buona notte allora, ragazze", ci dice Mastro Denninger, e si ritira al di là della tenda che divide il suo giaciglio dai nostri.
Mi stendo sul letto, vestita, e soffio sullo stoppino. Yuma si stende a sua volta, senza dirmi una parola.
C'è qualcosa di strano nell'aria. Aspetto sveglia.
Ascolto i rumori del campo, il via vai, qualcuno che canta in lontananza. Poco a poco scende il silenzio e mi sembra di sentire Yuma che dorme, oltre che il sommesso russare di Mastro Denninger oltre la tenda.
Sto iniziando a rilassarmi, sento il sonno che sopraggiunge, quando avverto uno strano rumore. Qualcuno bussa alla parete di legno della baracca, piano, vicino alla tenda di Mastro Denninger.
Fruscii, scricchiolii, movimenti. La tenda pochi istanti dopo si muove. Chiudo gli occhi, faccio finta di dormire. Sento i passi dell'uomo che si avvicina al giaciglio mio e di Yuma, e mi rendo conto che sta chiamando mia sorella, a voce bassa. Lei si scuote subito, al punto che mi viene da chiedermi se anche lei stesse soltanto facendo finta di dormire.
"E' ora", sussurra lui. Yuma si alza.
Si gira a osservarmi, sento il gelo e resto immobile, sforzandomi di respirare lentamente.
"Facciamo presto allora" dice Yuma. Sento il fruscio di un mantello, e dopo pochi istanti mi rendo conto di essere sola nella baracca.
Mi alzo subito e raggiungo l'uscio. Fuori scorgo una lanterna in allontanamento e tre sagome dirette verso le scogliere e il faro. Una delle tre è Yuma.
Afferro un mantello e li seguo. Dove stanno andando? Cosa stanno facendo a mia sorella?
Non è difficile tenergli dietro, anche a buona distanza: la luce della lanterna si vede da lontano nella notte buia. Raggiungono il faro, lo oltrepassano. Iniziano a scendere il sentiero verso le grotte del sale.
Già da qui sento il mare che rumoreggia, è una notte ventosa. La lanterna si ferma all'inizio del sentiero, ma mi rendo conto che resta su soltanto una delle tre sagome. Mia sorella e l'altro scendono verso la scogliera e le grotte.
"Fermati Fael, pensa". Socchiudo gli occhi, l'unico sentiero per raggiungere le grotte è sorvegliato. Lascio che i miei occhi percorrano l'intera linea della scogliera, fino a raggiungere il punto esatto da cui proprio stamattina ho visto salire Mark. Forse c'è un'alternativa.

Sulla roccia

Faccio un giro largo per evitare di avvicinarmi all'imboccatura del sentiero e di essere visibile all'uomo di guardia, fino a raggiungere il punto da cui Mark si era issato. Guardo giù.
Santo Maers...
Sotto di me c'è solo una rupe scoscesa e in basso si intravede la schiuma bianca delle onde che si infrangono sugli scogli. Nessun sentiero, nessun passaggio, niente. Il vento freddo mi sferza il viso, sa di mare.
Provo a guardare un po' più a destra, a sinistra, forse non ricordo il punto preciso. Ma no, non c'è niente, nessun passaggio praticabile. Eppure Mark ci si arrampica, quando va a caccia di uova di pulcinelle, lui sa dove passare.
Il tempo passa, le grotte sono a poca distanza, sulla mia destra, in basso. Lì, da qualche parte, hanno portato mia sorella.
Chiudo gli occhi, respiro. Devo chiedere a Mark.
Corro verso l'Ongelkamp senza guardarmi indietro, senza prendere fiato. Raggiungo la baracca dove vive Mark e altri ragazzi che a malapena conosco. Scosto la tenda di pelle e sbircio all'interno. A terra ci sono quattro pagliericci, quattro sagome addormentate.
Due li escludo subito, vedo capelli biondi nell'oscurità. Dopo qualche altro istante riconosco Mark, la sua pelle scura. Dorme steso sul fianco, ha un'espressione tesa anche nel sonno. Mi sposto, raggiungo l'altra finestra, più vicina al suo giaciglio, raccolgo un sassolino e glie lo tiro addosso.
Lui si muove, apre un occhio. Lo chiamo sottovoce. Mark apre l'altro occhio, sul suo viso si dipinge il massimo stupore.
"Fael?" mormora.
"Ti prego.... ho bisogno del tuo aiuto".
Si siede, mi osserva, attraverso la finestra socchiusa, si strofina gli occhi e mi guarda ancora. "Arrivo".
Un attimo dopo è fuori dalla baracca. Più facile di quanto pensassi.
"Ciao... piccola raccoglitrice" mi dice. Ma il suo tono non è canzonatorio nè fraterno, adesso. E' teso, attento. Mi guarda e legge nei miei occhi l'ansia. "Cosa posso fare per te?"
"Hanno portato mia sorella alle grotte di sale", gli dico senza perdere tempo in tante spiegazioni. "Il sentiero è sorvegliato, ma io voglio scendere lostesso. Voglio sapere cosa sta succedendo".
"Aspettami un momento" risponde lui, e torna dentro alla sua baracca. Esce di nuovo portando una grossa corda e uno zaino.
Ci incamminiamo di buon passo verso la scogliera, senza parlare. Mark non fa domande, punta decisamente al tratto di scogliera di questa mattina.
"Ho visto la lanterna lungo il sentiero", mi dice mentre lascia scivolare a terra lo zaino ed inizia a tirare fuori dei chiodi. "Ci sono due persone a sorvegliarlo".
"Uno dei due è Mastro Denninger" gli dico.
"... Capisco".
"Sembrava tanto... generoso con noi, tanto gentile...", non riesco a trattenermi, la voce è spezzata.
"Non ci pensare adesso", dice Mark snodando la corda. "Se vuoi scendo io a vedere, tu aspettami qui".
"No, voglio vedere coi miei occhi".
"E' pericoloso. Ascolta, Fael, di notte... di notte non è semplice calarsi".
Improvvisamente mi rendo conto di cosa gli sto chiedendo. Probabilmente neanche Mark si è mai calato dalle scogliere col buio. Ed io gli sto chiedendo di portare giù anche me.
"Io vorrei..." deglutisco, non so che dire. "Vorrei aiutare Yuma".
"D'accordo, allora facciamo così. Legati la corda in vita. No anzi, lascia che te la leghi io".
Mi circonda la vita con un braccio e lascia scivolare la corda su di me. Sento il suo odore di sonno, un odore caldo, salato. Accogliente. Mi rendo conto che si è fermato un attimo, che anche lui mi sta "sentendo". Sfiorandomi il meno possibile, mi annoda la corda in vita. Si assicura che il nodo sia robusto, indugia un attimo, poi annuisce. "Non guardare in basso".
Si assicura la corda ai fianchi, mi sorride. Poi si inginocchia con le spalle al dirupo ed inizia lentamente a calarsi.
Scende di un metro e indica gli appigli a cui dovrò sorreggermi, ma io sono investita dal senso di vuoto e da un attimo di assoluto terrore.
"Fael... non sei obbligata a farlo" mi sussurra. Io mi scuoto e inizio a calarmi.
Mark mi attende su una piccola sporgenza un metro e mezzo più in basso, sostiene la mia corda. Salto l'ultimo tratto e lui mi afferra per le braccia.
"Tutto bene?"
Annuisco.
Lentamente continuiamo a scendere. Il vento a momenti è molto forte, le onde in basso ci accompagnano con un rombo costante.
Mark procede piano, mi aspetta, mi aiuta e fa di tutto per tranquillizzarmi. Ogni volta che raggiungiamo un appiglio più ampio mi prende per la vita e mi spinge contro la parete di roccia, al riparo.
"Siamo vicini a dove raccolgo le uova", mi dice con un sorriso. "Lo sai, dopo stanotte potrai venire a raccoglierle insieme a me, se vorrai"
Annuisco. Dopo stanotte.

Disertori

Mark d'un tratto mi fa segno di tacere, di restare immobile, e indica qualcosa in basso, tra gli scogli, ai piedi della parete rocciosa. Ci sono tre uomini che avanzano cautamente da una piccola barchetta ormeggiata. Intravediamo il luccichio del metallo: sono armati.
"Disertori", sussurra Mark.
Li osserviamo mentre risalgono un sentierino tra gli scogli fino a raggiungere la zona delle grotte. Anche se in linea d'aria sono a poco più di trenta metri da noi, siamo separati da uno strapiombo quasi invalicabile.
"Oh Dei..."
Uno dei due uomini che avevano scortato mia sorella alle grotte li accoglie poco più su. Il vento ci porta frammenti della loro conversazione.
Mark mi sorregge mentre ascoltiamo immobili le loro parole. "... quanto stabilito... tutta la notte... stavolta non vi deluderà"
Deglutisco, non ci posso credere. I tre uomini avanzano verso la grotta, adesso spavaldi. Per un attimo ho l'impressione di sentire la voce di Yuma, ma forse mi sbaglio.
"Sbrighiamoci", imploro Mark, "sbrighiamoci a scendere..."
Lui mi guarda. "E poi? Qual è il piano, una volta che siamo giù?"
Apro la bocca per rispondere, ma mi blocco. Qual è il piano? Non ne ho la minima idea.
"Non so... dobbiamo.... fermarli"
"Fael, ascoltami". Mark è molto serio adesso. "Siamo disarmati, siamo in due. E tua sorella è... nelle loro mani. Quante speranze pensi che potremmo avere contro di loro?"
"Ma io voglio... sapere...."
"Sapere?" sospira. "Cosa c'è da sapere? Sono disertori. Non possono avvicinarsi alle Case della Gioia. C'è.... bisogno che ti dica altro?"
Chiudo gli occhi. No, non quello. No...
Non mi rendo conto delle lacrime che mi scorrono sul viso fino a quando non sento la mano di Mark che le asciuga.
"Non possiamo fare niente per Yuma, adesso", mi dice. "Possiamo denunciare Mastro Denninger, denunciarlo ai soldati di Uryen... possiamo farlo domattina.... ma ora dobbiamo tornare su. Abbiamo visto tutto quello che c'era da vedere."
"No... no...." scuoto il capo. "Non così...."
"Ti prego, Fael".
Passa qualche lungo istante, respiro a fondo l'aria fredda, lascio che il vento calmi il battito del mio cuore, plachi la mia angoscia. Poi, lentamente, annuisco.
"D'accordo... torniamo su..."
Proprio in quell'istante sentiamo un grido. "Yuma!"
Mark è svelto ad afferrarmi per un braccio, ma ugualmente mi sbilancio in avanti e perdo l'equilibrio. Scivolo verso il basso, lui mi segue sostenendo la corda, puntellandosi un paio di metri più in basso coi piedi contro una roccia per sorreggermi.
"Chi va là!" gridano da sotto.
Ci hanno sentiti.

Sconfitta

Penzolo nel vuoto sorretta dalla corda, sotto di me un salto di alcuni metri, poi la spianata su cui si affacciano le grotte, e più in basso il mare, gli scogli. Sopra di me Mark si puntella alla roccia e cerca di tirarmi su. Ma in men che non si dica due dei tre disertori sono fuori dalla grotta, con le armi in pugno.
Insieme a loro si affretta Mastro Denninger. "Oh no", lo sento lamentarsi, "è Fael".
"Tirami su, presto!" grido a Mark, che ce la sta mettendo tutta, ma la sua posizione è talmente precaria che gli è difficile fare abbastanza forza da issarmi.
"Sono solo due, prendiamoli", grida uno dei disertori. Dalla grotta intanto le grida di Yuma si fanno più strazianti. L'altro disertore esce a sua volta, Yuma continua a gridare. Devono averla legata.
Iniziano a salire, Mark riesce a tirarmi su abbastanza da farmi posare i piedi su uno sperone di roccia. "Sta calma, prova a salire..." sussurra. Annuisco, mi volto verso l'alto, lui tira la corda per aiutarmi.
Improvvisamente sento uno schiocco e la faccia di Mark si trasforma fino ad assumere un'espressione meravigliata. Mormora il mio nome e lascia la presa.
Una freccia gli spunta dal petto.
Mark scivola in ginocchio, e poi verso il basso... e cade.

Buio

Apro gli occhi.
E' buio. Mi fa male tutto, ogni singola parte del mio corpo, ma specialmente il braccio sinistro. Forse è rotto.
Respiro, il petto si solleva a fatica.
Sono stesa sulla roccia, in una piccola grotta. C'è un po' di paglia a terra. Accanto a me giace un corpo inerte. Ma non riesco a girare il collo per guardarlo. La corda che mi legava la vita non c'è più. La corda di Mark.
Ricordo la freccia che lo colpisce, lui che cade. E poi più niente.
Sento delle voci.
"Sì è svegliata".
"Finalmente... tra poco sarà l'alba e dovremo andarcene"
Subentra una terza voce, qualcuno mi osserva dall'alto. "Che spreco", dice. "Portiamocela dietro, piuttosto".
Trattengo il fiato, cerco di capire. I tre disertori, sì. Sono loro. Mi sforzo per girare la testa, accanto a me c'è Yuma. Sembra ferita, svenuta, non capisco. Provo a voltarmi dall'altro lato, nessuna traccia di Mark. Nessuna traccia di Mastro Denninger.
Uno dei disertori si china su di me. "Ce la fai ad alzarti?"
Non lo so neanche io se ce la faccio, ma provo. Mi dà la mano, sembra persino gentile. Ha la mano piena di calli ed una ferita sulla guancia. Non ha più di trent'anni.
"Ecco, brava. Adesso vieni con noi. Sta' buona e non ti succederà niente di spiacevole". Risatine degli altri due.
"Yu... Yuma...?" domando, ancora confusa.
"Ah, sì. Tua sorella". E' sempre lo sfregiato a parlare. "Ha avuto un piccolo... incidente. Niente di grave, la lasciamo qui, riposa un po' e domattina starà benissimo".
Ora che sono in piedi, la vedo meglio, nonostante il buio. E' stesa a terra, inerme. Un rigo di sangue scivola dalle labbra socchiuse, i suoi abiti ridotti a brandelli.
"No!" grido, provo a scuotermi. La mano del disertore mi stringe il polso, torcendolo senza difficoltà dietro la schiena. "No, cosa le avete fatto!"
"Sta zitta, ragazzina", interviene un altro dei tre. E' il più anziano, occhi e faccia cattiva. "Comportati bene, e a te andrà meglio".
"Peggio è difficile", ridacchia il terzo, magro, nervoso, con pochi capelli sulla testa e un incisivo che manca.
Mi dimeno, strattono, ma la presa dello sfregiato è troppo più forte. Inizia a spingermi fuori dalla grotta, lasciando il corpo privo di sensi di Yuma a terra. "No! No, lasciatemi!"
"Più fai casino, più io stringo", dice lui senza scomporsi. Usciamo davanti al mare, tra gli scogli, mentre il cielo inizia a rischiararsi sulla nostra destra.
"Vi prego..." piagnucolo. Ma è tutto inutile. Avanziamo verso la barchetta, ormeggiata poco più in basso.
Mentre la guardo, scoraggiata, vedo qualcosa di scuro tra le rocce, in un punto difficile da raggiungere. E' il corpo di Mark, mi rendo conto con orrore. La freccia gli spunta ancora dal petto e lui giace immobile. E' vivo? E' morto? Non riesco a capirlo. Tutta colpa mia, penso. Starebbe nel suo letto, a dormire, se non gli avessi chiesto di aiutarmi. O se avesse detto di no. Tutta colpa mia.
Inghiottisco le lacrime.
"Sali a bordo", fa lo sfregiato.
Provo a divincolarmi, a gridare, il risultato è che vengo sbattuta di peso sulle assi sporche della barca. Due dei tre disertori iniziano a remare, l'altro manovra per allontanarsi dagli scogli.
"Vedrai, non sarà così spiacevole" dice lo smilzo con il suo sorriso mutilato. "Diventeremo buoni amici".
Creata il 23/05/2012 da Annika (2242 voci inserite). Ultima modifica il 31/05/2012.
1531 visite dal 23/05/2012, 10:56 (ultima visita il 23/04/2024, 15:12) - ID univoco: 2753 [copia negli appunti]
[Genera PDF]