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« Se fai una frittata non è che si rompe un uovo solo... si rompono tutti! Se questa è una frittata e noi siamo le uova, ci siamo rotti tutti. »
- Guelfo da Flavigny -
 
Solice Kenson
Cronache della Campagna di Caen
Solice Kenson
"Voi avete coraggio e siete molto convincente: ma non appena sarete chiamata a combattere, al primo combattimento che possa realmente definirsi tale, voi morirete. E non parlo di scontri confusi o ingarbugliati, dove nessuno capisce fino in fondo quello che sta facendo o magari ha meno voglia di uccidervi che di portare la pelle a casa. Parlo di uno scontro vero, in cui affronterete una persona con le vostre sole forze. Beh, è giunto il momento che qualcuno che vi vuole bene vi dica che queste forze non basteranno proprio contro nessuno".
creato il: 20/05/2005   messaggi totali: 91   commenti totali: 32
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16 luglio 518
Mercoledì 10 Marzo 2010

Lettera ad Halbedel


Stanco viandante che aneli ristoro
ferma il destriero e ascolta il mio canto
bevi alla fonte di argento e di oro
delle mie labbra, e restami accanto.

Triste fattore che attendi la pioggia
volgi le spalle all'ingrato raccolto
segui il mio sguardo e spandi i tuoi semi
su un'altra terra che porta il mio volto.

Sposo infelice che senti la morte
di quel legame sancito e sincero
prendimi come tua nuova consorte
donami quello che conta davvero.

Non vi sia stolto, meschino o brigante
che non s'inebri della mia parola
che si risparmi dal farmi da amante
che mi costringa a restare da sola.

Scendi mio principe dal tuo cavallo
stringi la mano di fango coperta
prendimi in braccio, portami al ballo
salvami dalla mia vita deserta

nulla m'importa del tuo lignaggio
finché i miei passi il tuo scettro conduce
come falena intraprendo il mio viaggio
volo nell'ombra, ma cerco la luce.


Lady Emanuelle Beart,
Il vincolo del silenzio sulle vostre azioni imposto dall'Abate non mi impedisce di scrivervi. Di certo penserete che queste mie parole siano dettate dal disprezzo, o dall'impotenza nei confronti di una situazione che vi consente ancora di agire.

Vi sbagliate: non provo disprezzo per voi, soltanto pietà.

Al termine del nostro ultimo incontro mi avete salutata augurandovi che avrei acquisito più esperienza del mondo e delle umane tentazioni, auspicando che questa conoscenza mi avrebbe resa più misericordiosa. Pochi giorni dopo ho incontrato la vostra storia nelle parole di una ragazzina: grande è stato il mio sconforto nell'apprendere che non vi eravate fatta scrupolo alcuno nel metterla a parte di quell'oscuro verbo. Cosa vi a spinto a farlo, Emanuelle? Le vostre umane tentazioni sono diventate così forti da costringervi a spargere le parole senza riguardo alcuno, come l'oste di una mescita cieca e scellerata?

Le vostre parole, e in modo ancor maggiore le vostre azioni, mi hanno portata ad approfondire l'oggetto dei miei studi. Ho letto l'operato delle persone che diffondono la parola velenosa della Dea del Tradimento, ho costretto i miei occhi a leggere la vuota empietà dei loro rituali. Quale ottusa bramosia di potere, quale meschina soddisfazione è quella che traspare da quelle pagine! Cosa ha da offrirvi una simile abberrazione, Emanuelle? Come avete fatto a ridurvi così? Cosa vi ha spinto ad abbandonare il rispetto per voi stessa e per quello che ancora rappresentate per abbracciare un siffatto esecrabile culto, indegno del vostro stesso sangue? Perché avete ceduto alle vuote lusinghe di una Divinità che non vi merita?

No, io non posso provare alcun disprezzo per voi: è evidente che siete stata raggirata, convinta a intraprendere azioni che vi allontanano da ciò che realmente siete. Il vostro sangue è stato avvelenato da un siero subdolo e meschino, che voi stessa contribuite oggi a diffondere. Non permettete che vi facciano questo, Emanuelle: non fatevi trascinare nel fango insieme a loro, non un giorno di più. Non umiliatevi come la protagonista della canzone, ma più di ogni altra cosa non siatene la vittima. Abbandonate questa follia che non vi appartiene e vi garantisco che non avrete soltanto la mia misericordia, ma quella degli Dei.

S.
scritto da Solice , 12:50 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
3 luglio 518
Sabato 13 Febbraio 2010

La Cima del Tramonto


Il vento delle Allston soffia forte, questa notte: lo sento sulle guance e sulla fronte, freddo come il cielo privo di luna che mi sovrasta, immemore dell'arrivo dell'estate.

"Non tutti sono così fortunati da poterlo ascoltare", disse una volta Ryan. "E' necessario nascere in una casa molto alta, o sulla cima di una picco..."

"...O sapersi arrampicare su un albero sufficientemente antico", aveva aggiunto Rosalie. I nostri sguardi, spinti dalle sue parole, si posarono sui massicci tronchi della foresta di Veremar, ambiziosamente protesi verso cieli lontani. "O magari... semplicemente... avere le ali". Anche quella volta era un giorno d'estate, ma sulla balconata dove stavamo faceva ancora freddo.

Osservo dall'alto le campagne di Chalard, illuminata dalle poche luci ancora accese a quest'ora di notte. Le conto mentre scompaiono una ad una, vinte dal sonno. Il vento delle Allston sorvola le loro teste, portando con sè l'aria dei grandi ghiacciai. Quante, tra quelle luci, sono consapevoli della sua esistenza? Quante hanno avuto modo di sentire la sua aria fredda sul viso?

E' per questo che mi hai scelta: è per questo che sono qui.

Accorgermi della sua presenza; osservare la direzione del suo soffio; ascoltare il suo sibilo; resistere al suo freddo; descrivere la sua forza.

Questi sono i compiti che mi hai affidato, da svolgere con il tuo aiuto. Non è forse così?

Se è così... Se è ancora così... ti scongiuro, aiutami a farlo.

Aiutami, perché non sono in grado di accorgermi della sua presenza: come posso farlo, se il suo soffio riesce a insinuarsi persino tra le case che io stessa ho costruito? Come posso illudermi di esserne capace, se non riesco a vederlo neppure tra le persone che ho tenuto io stessa per mano nel vano tentativo le portarle, una ad una, lontano da lui?

Aiutami, perché non sono in grado di osservare la direzione del suo soffio: le mie scelte hanno contribuito a spingere i miei compagni lontano dal loro nemico e adesso egli è tornato a macchiarsi le mani di sangue innocente. Ma come possono i miei occhi anticipare le sue mosse, se persino con le gambe ferite egli corre più veloce di noi?

Aiutami, perché non sono in grado di ascoltare il suo sibilo: come posso dare credito ai discorsi dei miei nemici, se essi sono così crudeli e spietati? Come posso attribuire dignità alle loro idee, quando ogni parola ha l'aspetto di una grossolana bestemmia o della più sfrontata delle menzogne? Come posso farlo, se il mio compito è al tempo stesso quello di difendere la verità?

Aiutami, perché non sono in grado di resistere al suo freddo: come posso sopportare la violenza di questo scontro, il prezzo delle scelte da compiere a seguito di ogni battaglia, il peso delle morti che siamo costretti ad amministrare? La consapevolezza di essere nel giusto non è sufficiente a giustificare molte delle azioni di cui sono stata autrice e testimone, nè potrà esserlo in futuro.

Aiutami, perché non sono in grado di descrivere la sua forza: come possono le mie parole contenere alcuna verità se il loro significato viene continuamente frainteso? Come posso anche solo pensare di aver compreso chi abbiamo di fronte, se ogni mio tentativo viene accolto da sguardi sorpresi e sbalorditi? Perché, se davvero il mio posto è con i miei compagni, non riesco a trovare le giuste parole per comunicare con loro?

Bernadette è morta, uccisa dalla mia disattenzione: come Nickel, come chissà quanti altri. Guelfo ha ragione: la responsabilità di quanto accaduto non ricade su nessuno di loro: ricade su di me. Sono stata io a non aver protetto la sorella di Padre Quart, ad aver chiesto aiuto al suo sposo senza curarmi di avvertire entrambi... Fa parte dei miei compiti, dei motivi della mia presenza. Dove sei quando mi capitano queste cose? Perché, in quei momenti difficili, non riesco a sentire il tuo calore? Un anno fa, in cima alla Torre delle Termiti, non ho esitato a gettarmi verso l'ignoto perché sapevo che tu mi avresti salvata. Da quel giorno continuo a farlo, sempre confidando nel tuo arrivo. Anche adesso, mentre ti parlo, sono in cima a una torre: se mi gettassi di sotto, adesso, verresti ancora a salvarmi? E' così che mi sento, ora: sono giorni che precipito, aspettando il tuo abbraccio. Mi manchi, mi manchi da morire. Ti prego, torna ad aiutarmi... torna da me. Tra non molto potrebbe accadere qualcosa di... qualcosa che mi costringerà a separarmi da te. Per favore, non essere tu ad abbandonarmi: non lasciarmi sola.

Non me la sento di tornare di sotto: Diana capirà. Resterò qui ad aspettarti, in cima alla torre. Con il tuo aiuto mi abituerò a questo vento freddo, accorgendomi della sua presenza; con il tuo aiuto chiuderò gli occhi, osservando con il pensiero la direzione del suo soffio; con il tuo aiuto mi addormenterò, ascoltando il suo sibilo; e lo farò avvolta nel tuo mantello, così da resistere al suo freddo; e infine, nei miei sogni, cercherò le parole adatte a descrivere la sua forza. Dormirò qui fino all'arrivo dei tuoi primi raggi, fino a quando non sentirò il tuo calore, fino a quando non ti vedrò nuovamente di fronte a me.



Alba sul Monastero

scritto da Solice Kenson , 04:39 | permalink | markup wiki | commenti (0)