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517/08/04: Lettera a Diana Evans

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517/08/04: Lettera a Diana Evans
Tipo:
documento
Disponibile dal:
03/09/2007
Modificato il:
03/09/2007
Dimensioni:
N/A
Content-type:
application/pdf
Associato a:
3 voci
Lettera spedita il 4 agosto dell'anno 517 da [[Solice Kenson]] a [[Diana Evans]].Lettera spedita il 4 agosto dell'anno 517 da Solice Kenson a Diana Evans.

Il testo della Lettera

Cara Diana,
E' con grande gioia che ti scrivo, nella speranza che queste mie parole non sottraggano tempo prezioso alla tua preghiera e al tuo ufficio. Soltanto una manciata di giorni è passata dal periodo dei nostri allenamenti quotidiani con la spada eppure ho già avuto modo di far uso dei tuoi preziosi insegnamenti, che mi hanno consentito di restare in vita e di portare aiuto e soccorso ai miei compagni. Certo la strada è ancora lunga e tortuosa, ma il merito di aver reso le mie gambe meno incerte e il mio braccio meno pesante e insicuro è soltanto tuo, e di questo ti ringrazio: sento di essere meno inutile a me stessa e ai miei compagni, così come alla causa che i colori del mio mantello hanno il compito di rappresentare. In quei pochi giorni che abbiamo vissuto insieme mi hai resa più forte e più sicura, sei riuscita a stimolare il mio amor proprio, la mia determinazione: forse non sarò mai in grado di diventare veloce come i veri spadaccini, ma senza ombra di dubbio ora conosco le distanze che mi separano da loro e so come renderle meno severe, meno incolmabili.

C'è anche dell'altro.

... Sai, mentre ti scrivo la mia spada è proprio di fronte a me, appoggiata alla base di una delle pareti della stanza della locanda in cui mi trovo. Il fodero, quello è ancora al mio fianco, ma il suo contenuto si trova lì da molte ore: il suo corpo è nudo e splendente: pulito, ma non immacolato.
Quando sono tornata, era ancora rossa. Erano già passate alcune ore dall'accaduto, per la verità avevo già provato a pulire la lama ma forse sono stata troppo frettolosa: quando l'ho estratta nuovamente c'erano ancora delle macchie scure, innegabili tracce del recente accaduto.
Voglio che tu sappia che non rimpiango in alcun modo quello che ho fatto: ho compiuto il mio dovere e se potessi tornare indietro, Pyros mi è testimone, lo rifarei; ho ferito uomini malvagi, che non hanno esitato a levare le loro armi oscure contro la chiesa e contro quello che ho giurato di proteggere.

Eppure... quando ho finito di pulirla, quando è tornata nuovamente immacolata, non ce l'ho fatta a rimetterla al suo posto, al mio fianco. D'un tratto sento tutto il peso di quella lama di ferro, la responsabilità a cui ti lega il fatto di cingerla al fianco, l'importanza di sguainarla di fronte al nemico e di brandirla... Possono davvero mani ancora inesperte come le mie, incapaci di regolare la forza e la direzione del colpo, impugnare quell'elsa? Aegescit Medendo, è solito affermare mio padre; non sono parole sue, si tratta di una lunga orazione tenuta da un sacerdote di origini deliote: la cura è talvolta peggiore del male. Che sia anche il mio caso? E se la mia spada, stretta da un pugno incapace, rischiasse di compiere dei danni persino superiori a quelli che sono chiamata a risolvere? Pochi giorni prima, gli Dei avevano deciso di incrociare la mia strada con quella di una bambina sventurata: il suo unico genitore l'aveva coinvolta in un atto contrario alla giustizia e all'ombra della fede; lei non ha avuto alcuna colpa, eppure si trovava lì, nascosta alla mia vista da un manto di tenebra, che mi ha resa incapace di distinguerla dagli altri criminali. Nel corso di quella notte senza luna ho estratto la mia spada, ho rischiato di ferirla... Gli Dei hanno avuto pietà di me e della mia cecità, frenando la corsa della mia spada, trasformando un colpo mortale in una semplice contusione.

Quell'arma mi fa paura, Diana... Quel peso mi fa paura: di notte e di giorno, per difendere la mia vita o per impedire ai nemici della fede di nuocere ancora. Prima o poi la mia mano partorirà un fendente letale che reciderà per sempre la vita di qualcuno: questi rovinerà in terra sotto il mio sguardo, senza più rialzarsi, e sarà allora che la mia mente si riempirà non di mille, ma di una sola domanda: questo era dunque l'unico modo? La cura giusta, la risposta che gli Dei si aspettano dai loro soldati?

Come posso fare a dare una risposta? Perché, perché sono così vigliacca?

Con affetto,
Solice
Creata il 03/09/2007 da DarkAngel (1335 voci inserite). Ultima modifica il 03/09/2007.
1629 visite dal 03/09/2007, 16:04 (ultima visita il 28/03/2024, 12:03) - ID univoco: 895 [copia negli appunti]