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- Kraighar Tarkhun e Vodan -
 
Il fondo del barile
Gil-Palantir
 
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Scritto il 11/02/2015 · 24 di 36 (mostra altri)
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21 Marzo 517
Mercoledì 11 Febbraio 2015

Lo Yog dell'Abbandono



Pochi istanti ancora e sarò chiamato a percorrere il Sentiero del Primo per l'ultima volta: esso inevitabilmente mi condurrà tra le lame snudate degli uomini di Feidelm. Ho riportato molte ferite eppure non sento alcuna sofferenza, solo un freddo torpore che pare giungermi fin nelle ossa, e che rende i miei movimenti goffi e stentati. Non ho scampo. Lacrime ghiacciate di vergogna mi solcano il viso, ben celate dietro l'eterno ghigno di Kraighar Tarkhun. Non sembrano offuscare affatto la mia visione, che non è mai stata così chiara. Guardo la vita fluire via dal corpo spezzato di questo figlio di Muddan, l'ultima spoglia di guerra che mi spetta, un vapore pallido che via via si disperde nel vento di questa landa senza nome. Presto condividerò il suo destino.

Più in alto, oltre il crinale, posso scorgere macchie di luce filiformi che volteggiano tra le nubi tempestose, lente e aggraziate. Predatori antichi che certo hanno fiutato il sangue di questa battaglia, e contano presto di banchettare sulle nostre carcasse. Ahimè, rimarranno delusi. Preferirei restare qui e offrire il petto ai loro becchi affilati, pur di non dover lasciare ad uomini indegni le insegne e le armi del Kraighar, a suggello della mia ignominia; a nessun uomo però fu dato di attardarsi sul suolo calcato dal Primo, che sia egli vivo o morto.

"A nessun uomo...ma non ti abbiamo forse reso molto più che un uomo?"

Non è che un sussurro eppure mi assorda, lacerante come il lamento del ferro stritolato dalla morsa di un gigante. Provo a voltarmi, ma mi rendo subito conto che le mie membra sono pressoché paralizzate dal gelo. Insisto, sacrificando a questo sforzo le poche energie che mi restano. Sento i tendini tirare fino a strapparsi, i muscoli delle gambe scoppiare, e non mi sono spostato che di pochi centimetri...quanto basta per scorgere il candore impassibile della Maschera balenare nella catasta di teschi anneriti alla mia destra.

"N-non è questo luogo per te, Vipera!" riesco a malapena a bisbigliare.

"Sei tu ad avermi portato qui, Figlio della Guerra. Saremmo stati carne della stessa carne, te ne feci forse mistero? I tuoi occhi sono i miei occhi, e grazie ad essi hai potuto gettare il tuo sguardo oltre il confine tra la vita e la morte, per mezzo di essi ti sei potuto addentrare nella tenebra più fosca senza che il tuo passo avesse mai a diventare incerto. Ciò che desideravi, io te l'ho concesso; ciò che mi hai chiesto, io te l'ho donato; ciò che io ho promesso, tu l'hai ricevuto. Merito qualcosa di più del tuo disprezzo."

"Dovrei esserti grato per la mia rovina, dunque? Ho piantato i tuoi semi così come tu hai voluto, ed ho guidato le schiere che da essi sono sbocciate come mi hai comandato, ed il loro dominio ormai si estende sulle selve di Varind, esattamente come mi hai chiesto. Io non ti devo niente, donna, niente più di quanto tu debba a me...ma tu sola raccoglierai i neri frutti del nostro patto."

"Tarkhun...poiché è così che ti ostini a voler esser chiamato? Ho fatto quanto in mio potere per assisterti, e puoi star certo che mai avrei voluto vederti sconfitto. L'uomo di Kayah ci ha colti entrambi alla sprovvista, ed ha reso arduo ciò che sarebbe dovuto essere semplice. Dei tanti con cui mi sono trovata a stringere accordi, tu sei l'unico che non mi abbia mai deluso. Sei stato il mio araldo infaticabile, il mio campione più leale...ho condiviso la fatica delle tue peregrinazioni, ho combattuto al tuo fianco in ogni momento, ho visto ogni cosa su cui il tuo sguardo si è posato.
Sappi che persino ora che sei giunto oltre i confini del mondo io soffro con te, e il ghiaccio che ti sta divorando non risparmia neppure le mie carni. Ed è una pena che sopporto di buon grado, perché persino nella sconfitta trovo in te la grandezza che speravo, persino nella morte posso ammirare in te il mio capolavoro..."


"Di...di cosa stai blaterando?"

"Hai accolto Kuru R'khai, ed ho fatto sì che esso trovasse in te un terreno straordinariamente fertile. Il seme ha germinato ed il tuo corpo ormai gli appartiente...in effetti, mio prode amico, sei morto senza neppure rendertene conto."

"Non...non è possibile. Le tue sono solo menzogne! Perdi il tuo tempo, strega! Il Maestro ha messo in guardia dai tuoi inganni...perché vuoi continuare a farti beffe di me? Lascia che io muoia come ho vissuto, tra le spade dei miei nemici!"

"So cosa ti ha detto di me l'uomo che tu chiami Maestro, così come so bene che se egli non avesse acconsentito non ti saresti mai messo al mio servizio. Conosco bene il disprezzo con cui ha ripagato la tua irriducibile fedeltà, le umiliazioni a cui ti ha sottoposto fin dal primo momento in cui ti prese presso di sé ad Uthun. Ha fatto di te un cagnolino obbediente solo per poterti prendere a calci, accusandoti di non essere il lupo indomabile che egli desiderava. Ti ha tolto il nome, salvo poi rinfacciarti l'amore disperato per quello che LUI ti ha dato; ti ha strappato alla tua stirpe, eppure si sdegna per la fierezza con cui onori la Casa di Uthun; ha cancellato il tuo volto, e non riesce a darsi pace per l'abnegazione con cui indossi la SUA maschera. Dov'è adesso, il tuo Maestro? Egli non si cura più di te, occupato com'è a scegliere a chi affidare l'eredità di Kraighar Tarkhun, affinché la risollevi dalla disgrazia in cui tu l'hai precipitata. E dove sono i tuoi fratelli? Giocano alla guerra circondati dai loro sgherri, proprio come i vigliacchi di Greyhaven! Combattono la noia dando la caccia ai topi di Feidelm, accontentandosi di facili trionfi, e intanto aspettano pazienti, bramosi di ricevere senza sforzo ciò per cui tu hai lottato e sofferto per una vita intera! Sei stato ingannato, Tarkhun...ma non da me. Io ti ho dato i miei occhi perché tu potessi finalmente vedere, ed ora ti offro ciò che più di ogni altra cosa avrei desiderato per me stessa! E' così che Nimrod di Wallheim ripaga la tua fedeltà!"

Cerco dentro di me la forza per ribattere alle lusinghe della Vipera, ma nel mio petto trovo solo la gelida oscurità della Morte. Ripenso all'effige sulla schiena dell'Uomo di Elsenore, al presagio che essa portava, all'amaro destino cui mi ha condotto quell'allievo così formidabile. "E' abbastanza veloce per te?" L'esultazione nel tuo grido di battaglia, la mia sorpresa e poi il dolore lancinante alla spalla, lo scudo ormai un fardello inutile... in quel glorioso istante ho gioito con te, Vodan, se è così che ti chiami, per l'impresa che hai trovato in te stesso di compiere. So che negli anni a venire, se mai diverrai vecchio, il semplice ricordo della nostra notte di Eostar restituirà vigore alle tue membra anche nelle ore più disperate; giunto di fronte all'inevitabile sconfitta che attende ogni uomo sarai chiamato a guardare in te stesso, e ritroverai quel momento fatale in cui sei riuscito a fare di te stesso un Dio, e saprai morire a testa alta. Questo è il dono che ti ho fatto: mi è costato la vita, fanne tesoro.

Ecco che la Maschera si solleva dai sinistri spalti, e dietro di essa si dispiega una nera spira, irta di orride squame. Si innalza nel cielo fino a ridursi ad un piccolo punto lontano, sulla sommità della Torre blasfema che molte volte ha visitato le mie notti. La voce di Nathair è ora un ruggito spaventoso, simile a quello dei Draghi che un tempo oscuravano il cielo.

"Mia adorata creatura, è tempo per te di riposare. Kuru R'khai ora custodisce il tuo Sarx, e la sua mente ha già iniziato a divorare la tua...e tuttavia non dovrai disperare. Non è per tradirti che ho reso le tue carni arrendevoli: Kuru R'Khai saprà plasmarle con una maestria che neppure io saprei eguagliare, e donerà loro una forza e una tenacia tali da far impallidire il ricordo di Kurgoth il Selvaggio. Del resto non esiste difesa capace di resistere al Morbo, e neppure la più pura discendenza degli Eroi potrebbe mai sfuggire alla sua morsa... è un'altra la battaglia che siamo chiamati a combattere. Potrà il tuo spirito, che hai saputo forgiare in una corazza impenetrabile, sopravvivere alla prigione dove intendo custodirlo? Potranno le astuzie della mia Arte sciogliere l'enigma dell'Opus dell'Antico? Se avremo successo potremo finalmente spezzare le catene che Shub-Niggurath Khan'Asthain pose sulla nostra genia di schiavi prima dell'avvento del Sole, ed urlare al Cielo l'immensità del nostro orgoglio! Non è forse quello per cui hai sempre combattuto? Non è forse l'indicibile ambizione che il tuo Maestro non osò mai perdonarti?"

Il buio più assoluto, un silenzio così profondo da ingoiare persino i miei pensieri. La notte eterna in cui sono sprofondato è più terribile di qualsiasi paesaggio d'orrore mi abbiano mai dischiuso i Sentieri del Primo. Fu in un simile smisurato abisso che Egli fu confinato dal Padre? E' da questo Nulla che Egli infine emerse, iniziando il suo eterno vagabondare tra le stelle? E' dal ricordo di questo abominio che Egli sempre cercò di sfuggire, lanciandosi oltre i confini della Creazione? La Vipera si sbaglia: se c'è una cosa che il Maestro non si sarebbe mai sentito di dovermi perdonare, questa è proprio l'ambizione. La sua voce pronuncia le parole dello Yog, ma invariabilmente ne fraintende il senso. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso. Questo pretendeva il Maestro da me, e di questo non sono mai stato capace. Il cammino del Kraighar è destinato a concludersi, e solo il Guerriero che trova il coraggio di lasciarselo alle spalle è finalmente pronto a conquistare il suo Yog. Altri prenderanno il suo nome e le sue armi, altri solleveranno al cielo le Braccia di Ahriman, e onoreranno la Casa di Uthun. L'Allievo che si illude di poter diventare Maestro rimanendo presso la sua Casa disonora se stesso e gli insegnamenti che ha ricevuto. Tutto ciò la Vipera non può comprenderlo. Guardati da chi elogia la fedeltà, poichè egli non cerca che schiavi. Per un attimo posso sentire la tua voce persino in questo immenso deserto, Maestro mio, ma m'inganno. Poi...poi ne sento un'altra.

"Tu nella mia posizione cosa avresti fatto?"

Ricordo quando me lo hai domandato, sprezzante. La verità è che avrei fatto esattamente ciò che hai fatto tu, perché due Guerrieri che si affrontano a viso aperto sono come fratelli, e come fratelli si battono, lama contro lama, pugno contro pugno. E allora ti chiedo...tu nella mia posizione, cosa faresti?

Me lo dici, e capisco cosa devo fare. Una luce squarcia la tenebra, un latrato sinistro si fa via via più vicino.

Sono...sono io che emetto questo osceno richiamo? Il mio corpo barcolla in avanti, ma non è più davvero mio. Non sento più freddo, non sento dolore...non sento assolutamente niente, eppure i miei sensi sono all'erta, e posso vedere ciò che mi si para dinnanzi nei colori innaturali che gli occhi di Nathair mi hanno abituato a riconoscere. Era a questo che volevi prepararmi, Vipera?. I resti del figlio di Muddan sono proprio là davanti, ad un passo da me. Non deve essere trascorso che un attimo da quando il mio maglio l'ha abbattuto. Un rivolo di saliva mi scorre lungo il mento. Ecco, così...bravo, avvicinati a questo pasto succulento...

Un passo stentato, poi un rapido balzo e "lui" è sopra alla mia ultima vittima, e ci si avventa contro con slancio famelico...agita senza posa il braccio assicurato allo scudo, protende l'altro in avanti, lasciando cadere il maglio che ancora stringeva in pugno, che finisce sul petto fracassato del cadavere. Non è un'arma per te, lascia che siano altri più degni a reclamarla. "Lui" cerca di mordere la gola del morto, ma le fauci scattano invano, l'elmo di Kraighar Tarkhun gli nega il suo boccone. Grida di frustrazione...devo tentare, ora.

Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate, ripeto febbrilmente nell'ultimo angolo di coscienza che mi resta. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Spezza...

E le catene, per un attimo, si spezzano.

Afferro il coltello da caccia che l'uomo di Muddan portava alla cintura. La presa è forte ma imprecisa, quasi mi sfugge di mano...non ho neppure il tempo di ricordare che mi manca la benché minima sensibilità, che il mio braccio ha davvero smesso di essere il mio, per sempre. Devo concentrarmi, non avrò altre occasioni. Lotto con ogni fibra della mia volontà per avvicinare la lama al volto. Il Seaxe sarebbe stato più adatto a questo scopo, penso distrattamente, ma si tratta pur sempre dell'arma del mio ultimo avversario...un'arma che devo sforzarmi ad ogni costo di onorare.

Ci siamo...devo allineare la punta del coltello all'unico punto che può consentirmi di abbattere la bestia, devo far sì che attraversi l'interstizio del visore...sì...così...e adesso, devo spingere...spingere...spingere...(se il tuo occhio)...spingere...spingere...(ti rende cieco)...spingere...spingere...(strappatelo!)...SPINGERE!
scritto da Tarkhun , 01:08 | permalink | markup wiki | commenti (0)
Scritto il 11/02/2015 · 24 di 36 (mostra altri)
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