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Il Processo di Kotaros
Quando una carica frontale non basta
Kotaros
La configurazione tattica eccellente, dal punto di vista strategico, consiste nell’essere privi di configurazione tattica
creato il: 01/12/2013   messaggi totali: 4   commenti totali: 14
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Scritto il 01/01/2016 · 4 di 4 (mostra altri)
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30 giugno 517
Venerdì 1 Gennaio 2016

Maledetti Scarafaggi



"Vai avanti tu, giacché a me vien da ridere!". Questa, secondo una nutrita compagine di storici, è la massima con cui Dagor si rivolse a uno dei suoi luogotenenti allorché quest'ultimo gli chiese come mai il condottiero avesse deciso, una volta oltrepassato il Valkner, di volgere le sue armate verso Est anziché prendere il Nord. La scelta di Dagor di rimandare la conquista di quei territori, come chi legge indubitamente sa, prolungò di oltre duecento anni la vita dei Khanast di Ledhar e di Feith, che sopravvissero a tutta la dominazione Turniana e vengono oggi ricordati come i due Khanast più longevi del continente.

Chiunque si domandi perché Dagor trovasse ilare il solo pensiero di rivolgere le sue attenzioni ai brulli territori di Feith non ha, con ogni evidenza, giammai calcato quelle terre con il suo stivale: se così non fosse egli non potrebbe far altro, nel vano tentativo di abbracciare con lo sguardo quella sconfinata distesa di lande et altipiani innevati, che risolversi a concordare con le ragioni del Grandissimo. Non si tratta infatti di terre meritevoli, né in alcun modo ricche, men che mai gradevoli da abitare o visitare. E di questo impietoso benché realistico affresco delle terre da me lungamente frequentate pochi, ahimé, possono ormai dire d'aver maggior contezza di me e della mia veneranda età.

Alcuni dicono che la mediocrità di una terra rifletta la pochezza delle persone, come uno specchio che nulla concede all'incedere impietoso dell'età. Altri, più semplicemente, sostengono che un terreno infecondo non potrà che dar vita a raccolti miseri e frutti sciupati. Per quale che sia il ragionamento corretto, nei riguardi di Feith trovo che abbiano ragione entrambi, trattandosi di una terra doppiamente funestata dall'ottusità degli indigeni e dalla meschina grettezza di chi periodicamente giunge a spodestarli. A volte sospetto che si tratti di una vera e propria malattia, presente sul territorio fin dai tempi del Khal-Valàn e mai del tutto eradicata, a dispetto del succedersi di piogge frequenti e generose: ipotesi che potrebbe spiegare le motivazioni che portarono il Sommo, nella sua infinita saggezza, a scegliere di tenersene alla larga. Fatto sta che, a fronte di una analisi empirica corroborata da evidenze raccolte in oltre mezzo secolo, possiamo ritenerci in grado di sostenere la tesi secondo cui il Ducato offre alcune tra le peggiori guise di soldato, guardia o combattente che si siano mai viste.

Il che ci porta inderogabilmente alla vexata quaestio: può forse la disamina esimersi dal prendere in considerazione tali latitudini? La risposta, per scontata che sia, va data con la forza e la convinzione tipica di chi ambisce ad avvicinarsi ai suoi misteri: giammai. Al contrario, sono proprio queste campagne selvatiche e arretrate i luoghi in cui è possibile apprendere gli insegnamenti più significativi.

E' il caso, volendo concedersi il lusso di giungere al punto, della situazione che si è presentata a cavallo tra il giugno e il luglio dell'anno cinquecentodiciassette, all'ombra di una notte senza luna, nei fetidi sotterranei dell'orinatoio di una parrocchia sconsacrata dagli uomini e maledetta agli occhi degli Dei.

"Vai avanti tu, giacché a me vien da ridere!", dunque. Tale potrebbe essere il degno sunto dell'indecente, benché opportunisticamente parlando redditizio, spettacolo cui mi è toccato assistere nei recessi di quel pestifero ritiro: costì la disamina parrebbe e dovrebbe arrestarsi, sic et simpliciter. Pur tuttavia, potrebbe agevolmente obiettarmisi che costringere la più nobile delle ermeneutiche entro i confini angusti di una citazione, per quanto ineffabile, sia come servire il più pregiato dei centerbe in un truogolo da maiali. Non resta quindi che risolvermi a tradurre i fatti, assegnando loro come di consueto il volto dei rispettivi perpetratori.

Maledetti Scarafaggi - Immagine

COLIN
Se l'universo mondo funzionasse alla rovescia, e avessero gli eserciti bisogno di tanti pensatori e pochi manovali, il Granducato e l'Impero non avrebbero problemi a imporre la loro supremazia su tutte le terre conosciute: sfortunatamente così non è, motivo per cui non vi sono quasi coste ove la prima orda di selvaggi non riesca a imperversare. Colin è un ottimo esempio di come questo assunto, lungi dall'essere un luogo comune, si applichi perfettamente persino quando gli avversari in questione sono talmente privi di materia grigia da essere - letteralmente - degli insetti. Poco, in tutta onestà, si può rimproverare a questo soldato semplice, tanto acuto nel ragionamento quanto scadente nell'uso dello spiedo: del resto, che il buon successo di una qualsivoglia missione richieda come prima cosa l'identificazione nonché il controllo certosino delle latrine è cosa nota ad ogni stratega degno di questo nome. Se non che, per l'appunto, persino la più grande delle intuizioni non ha modo di tradursi in un successo militare, laddove non sia suffragata anche da una congrua attitudine marziale. Se il cervello era indubbiamente presente, lo spiedo non lo ha accompagnato a dovere. Qualcuno a questo punto, sentendosi inopinatamente attraversato da un lampo di genio militare, potrebbe sostenere che la risoluzione di Colin a non snudare il ferro altro non fosse che una ingegnosa strategia volta a sfoltire i numeri dei nemici prossimi venturi. Meglio farebbe a starsi zitto, dico io: la scelta di auspicare il sacrificio di uomini - per quanto probabili avversari - a vantaggio dell'appetito di un'orda di insetti, non si presta a plausi né lodi, ergo non ne riceverà da parte nostra. Ci limiteremo a dire che vi sono casi in cui, a fronte di situazioni particolarmente ostiche, il fine può arrivare a giustificare i mezzi: e a ricordare, da questo non possiamo certo esimerci, la massima immortale di quell'impareggiabile stratega che fu Avilius Dagor: sconfiggere il nemico senza combattere è la massima abilità. Lasciamo a chi legge il compito di trarre le debite conclusioni, certi che saprà raccapezzarsi da solo. VASO DI PANDORA.

LEITH
Questo singolare figuro dall'occhio languido e la zazzera irrequieta è la dimostrazione di quanto sostengo ormai da molti anni, e cioé che Camlan è il posto più vivibile del Granducato: non tanto perché abbia dato i natali a una simile iattura, bensì perché non ha esitato a metterlo rapidamente alla porta bollandolo come "brigante". Per quanto lodarmi non sia nella mia natura, non posso esimermi dal ricordare che fui io stesso, in tempi non sospetti, a muovermi per favorire l'allontanamento di questo lestofante dai confini del feudo che ho l'onere e l'onore di sorvegliare. Non mi stupisce affatto incontrarlo in questa situazione, pronto a scendere lancia in resta in un budello maleodorante ignorando la quantità, la qualità e le caratteristiche dei suoi nemici. Non è un caso che gli imbelli che lo hanno accompagnato, di cui avrò modo di parlare brevemente tra poco, siano morti: né mi stupisce che egli sia invece sopravvissuto, lesto com'è stato ad abbandonare la nave lasciando i suoi compagni a crepare dietro di lui. La sua rocambolesca fuga mi ha ricordato quei pescatori che, nell'imbattersi nella pinna di uno squalo anziché nel branco di tonni che si aspettavano, rovesciano in mare il contenuto della loro imbarcazione nella speranza di distrarre l'inseguitore quel tanto che basta per raggiungere la riva. CONTUMACE.

LUCANO
Non c'è molto da dire per questo povero disgraziato, il cui epitaffio si è scritto da solo nel momento in cui ha scelto di mettere la sua spada, anzi mazza, sotto l'egida del compare Leith. A una prima analisi si potrebbe pensare che le ragioni della sua morte siano dovute al mancato aiuto ricevuto da Colin e/o da Bohemond, dai quali il Nostro si aspettava - grosso errore - una mano che non è arrivata: non date retta, in questi casi l'errore è sempre del comandante e della superficialità con cui ha schierato in campo compagni ed alleati. Del resto, con degli amici come Leith non si ha bisogno di nemici. NEGLETTO.

CADOR
Il secondo dei caduti per mano, benché indiretta, di Leith e del suo "si salvi chi può". In questo caso la manovra è particolarmente mendace, poiché il Nostro avrebbe potuto essere evacuato con qualche round di vantaggio - con tutta probabilità sufficiente a salvargli la vita - se Leith non gli avesse chiuso la via di fuga, raggiungendo le scale prima di lui e traendosi così in salvo a spese del compagno (cfr. SVEN e la manovra di gambetto da lui operata, di cui avremo modo di parlare a breve). A differenza di Lucano, che se non altro aveva avuto la decenza di scendere munito di scudo ed è stato sopraffatto dalla sfortuna prima ancora che dai Kreepar, non possiamo che spendere parole di biasimo per Cador e per il suo assetto da battaglia, grandemente inadeguato per quella tipologia di spedizione. Per non parlare dell'inguardabile prova atletica che - meritatamente, tocca dirlo - lo condanna. DAPPOCO.

ENGELHAFT
Dopo questo breve excursus con gli eroi locali, torniamo ai soldati di Uryen. Merita senza dubbio una menzione Engelhaft, colpevole "soltanto" di non esserci stato. Possiamo forse fargliene una colpa? Non se si fosse trattato di una mano di Granducato o del giuoco del Capitano. Ma poiché trattavasi di una operazione militare, l'unica giustificazione per l'assenza dovrebbe essere la morte, e talvolta neanche quella suffice. RENITENTE.

BOHEMOND
Sorprendentemente - per chi lo conosce - mantiene un daghiavellico assetto difensivo per la quasi totalità dello scontro, al punto che viene quasi il dubbio che sia intento a pascersi delle disgrazie altrui. Stupisce che un soldato di sani e solidi principi, come ci ha tante volte abituato in passato, sia così risoluto a delegare a una torma di insetti giganti il ruolo di boia dei propri avversari: una morte orribile e tutt'altro che misericordiosa, farcita di urla e altri rumori non meno che disumani. E' possibile che la sua scelta sia dovuta alla consapevolezza che questi individui si fossero macchiati di atroci delitti, tali da giustificare una simile ritorsione. Degno comunque di nota il tentativo di mitigare i danni ai compagni, nel momento in cui questi entrano in contatto con lo Scorpione Spadaccino. BUONO MA VENDICATIVO.

VODAN
Poco comprensibile e a tratti contraddittorio - almeno rispetto ai suoi compagni - l'operato del Nostro, che rischia per l'ennesima volta di fare una pessima fine per favorire la ritirata di Leith e quindi tentare, sia pur invano, di trarre in salvo l'ormai defunto Cador. Che si tratti di altruismo o spirito di corpo tenderemmo a escluderlo: è più probabile che sia un tentativo di accreditare maggiormente la storia raccontata ai soldati di Ghaan, della quale sembra andare molto fiero. La recita è riuscita così bene da mantenere Leith ancora in vita, evitandogli uno scontro potenzialmente mortale con lo Scorpione Spadaccino. Se questo risultato servirà a farsi amico il lestofante, a rimpiazzare lui e i suoi uomini come interlocutori favoriti dei soldati di Ghaan o ad aiutarlo nella difficile quanto evidente risoluzione di entrare nel letto solitario della Caporalessa, non è dato sapere. FACILITATORE.

SVEN
Il Nostro offre una prestazione inizialmente coerente rispetto all'obiettivo - sia pur spietato e, cavallerescamente parlando, inconsistente - di indebolire le fila degli eroi locali per aver gioco facile in vista di un possibile scontro futuro. Analizzando con attenzione le sue azioni si evince poi l'ottimo tempismo con il quale è andato a prestare aiuto al compagno in difficoltà (cfr. Vodan), finendo di fatto per favorire anche la sopravvivenza di Leith. Ma la cosa che più salta all'occhio, che ad ogni buon conto può definirsi la più emblematica dell'intero scontro, è la soluzione tattica che viene a compiersi verso la fine dell'operazione mediante la quale, con un poderoso colpo di reni a seguito di una schivata, riesce a posizionarsi dietro Leith chiudendogli di fatto la ritirata. Il gambetto, che di fatto dura soltanto pochi istanti e non provoca conseguenze significative di per sé, ha l'indubbio effetto di aumentare il senso di ansia di Leith e portare quest'ultimo ad anteporre la sua salvezza a quella di Cador (cfr. LEITH e CADOR). OSTRUZIONISTA.

Si eclissa qui la nostra disamina. Inutile dire che qualunque consiglio sarebbe di troppo, qualsivoglia soluzione inevitabilmente parziale, ogni possibile suggerimento niente di meno che ingiurioso per l'intelligenza del lettore. La disamina, giova sempre ripeterlo, è alla stregua di un diamante dalle mille sfaccettature riflesso nell'occhio di chi guarda: troppo prezioso per attribuirgli un valore, e pur talmente etereo da non poter mai essere realmente ghermito. Riteniamo invece utile ricordare, come sempre, l'immortale moto d'arguzia degli Arcieri di Lankbow: a chi volesse farci notare che ne abbiamo già fatta menzione più e più volte rispondiamo con orgoglio che si, lo abbiamo fatto spesso: invero, esimersi dal ribadirlo sarebbe per noi come smettere di respirare.

Don’t be an ass

ovvero: qualora l'unico modo per avere la meglio sui tuoi oppositori fosse quello di manovrare nell'ombra al fine di disporli l'uno contro l'altro, evita di compiacertene apertamente e magari fingi di tirare almeno qualche colpo.

Ma soprattutto, mi preme aggiungere, cerca di astenerti dal metterti davanti all'unica uscita.

In special modo se è quella della latrina.
scritto da Kotaros , 06:07 | permalink | markup wiki | commenti (0)
Scritto il 01/01/2016 · 4 di 4 (mostra altri)
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