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- Vonner Baumann -
 
Il fondo del barile
Emile Geopardy
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
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21 Marzo 517
Mercoledì 11 Febbraio 2015

Lo Yog dell'Abbandono



Pochi istanti ancora e sarò chiamato a percorrere il Sentiero del Primo per l'ultima volta: esso inevitabilmente mi condurrà tra le lame snudate degli uomini di Feidelm. Ho riportato molte ferite eppure non sento alcuna sofferenza, solo un freddo torpore che pare giungermi fin nelle ossa, e che rende i miei movimenti goffi e stentati. Non ho scampo. Lacrime ghiacciate di vergogna mi solcano il viso, ben celate dietro l'eterno ghigno di Kraighar Tarkhun. Non sembrano offuscare affatto la mia visione, che non è mai stata così chiara. Guardo la vita fluire via dal corpo spezzato di questo figlio di Muddan, l'ultima spoglia di guerra che mi spetta, un vapore pallido che via via si disperde nel vento di questa landa senza nome. Presto condividerò il suo destino.

Più in alto, oltre il crinale, posso scorgere macchie di luce filiformi che volteggiano tra le nubi tempestose, lente e aggraziate. Predatori antichi che certo hanno fiutato il sangue di questa battaglia, e contano presto di banchettare sulle nostre carcasse. Ahimè, rimarranno delusi. Preferirei restare qui e offrire il petto ai loro becchi affilati, pur di non dover lasciare ad uomini indegni le insegne e le armi del Kraighar, a suggello della mia ignominia; a nessun uomo però fu dato di attardarsi sul suolo calcato dal Primo, che sia egli vivo o morto.

"A nessun uomo...ma non ti abbiamo forse reso molto più che un uomo?"

Non è che un sussurro eppure mi assorda, lacerante come il lamento del ferro stritolato dalla morsa di un gigante. Provo a voltarmi, ma mi rendo subito conto che le mie membra sono pressoché paralizzate dal gelo. Insisto, sacrificando a questo sforzo le poche energie che mi restano. Sento i tendini tirare fino a strapparsi, i muscoli delle gambe scoppiare, e non mi sono spostato che di pochi centimetri...quanto basta per scorgere il candore impassibile della Maschera balenare nella catasta di teschi anneriti alla mia destra.

"N-non è questo luogo per te, Vipera!" riesco a malapena a bisbigliare.

"Sei tu ad avermi portato qui, Figlio della Guerra. Saremmo stati carne della stessa carne, te ne feci forse mistero? I tuoi occhi sono i miei occhi, e grazie ad essi hai potuto gettare il tuo sguardo oltre il confine tra la vita e la morte, per mezzo di essi ti sei potuto addentrare nella tenebra più fosca senza che il tuo passo avesse mai a diventare incerto. Ciò che desideravi, io te l'ho concesso; ciò che mi hai chiesto, io te l'ho donato; ciò che io ho promesso, tu l'hai ricevuto. Merito qualcosa di più del tuo disprezzo."

"Dovrei esserti grato per la mia rovina, dunque? Ho piantato i tuoi semi così come tu hai voluto, ed ho guidato le schiere che da essi sono sbocciate come mi hai comandato, ed il loro dominio ormai si estende sulle selve di Varind, esattamente come mi hai chiesto. Io non ti devo niente, donna, niente più di quanto tu debba a me...ma tu sola raccoglierai i neri frutti del nostro patto."

"Tarkhun...poiché è così che ti ostini a voler esser chiamato? Ho fatto quanto in mio potere per assisterti, e puoi star certo che mai avrei voluto vederti sconfitto. L'uomo di Kayah ci ha colti entrambi alla sprovvista, ed ha reso arduo ciò che sarebbe dovuto essere semplice. Dei tanti con cui mi sono trovata a stringere accordi, tu sei l'unico che non mi abbia mai deluso. Sei stato il mio araldo infaticabile, il mio campione più leale...ho condiviso la fatica delle tue peregrinazioni, ho combattuto al tuo fianco in ogni momento, ho visto ogni cosa su cui il tuo sguardo si è posato.
Sappi che persino ora che sei giunto oltre i confini del mondo io soffro con te, e il ghiaccio che ti sta divorando non risparmia neppure le mie carni. Ed è una pena che sopporto di buon grado, perché persino nella sconfitta trovo in te la grandezza che speravo, persino nella morte posso ammirare in te il mio capolavoro..."


"Di...di cosa stai blaterando?"

"Hai accolto Kuru R'khai, ed ho fatto sì che esso trovasse in te un terreno straordinariamente fertile. Il seme ha germinato ed il tuo corpo ormai gli appartiente...in effetti, mio prode amico, sei morto senza neppure rendertene conto."

"Non...non è possibile. Le tue sono solo menzogne! Perdi il tuo tempo, strega! Il Maestro ha messo in guardia dai tuoi inganni...perché vuoi continuare a farti beffe di me? Lascia che io muoia come ho vissuto, tra le spade dei miei nemici!"

"So cosa ti ha detto di me l'uomo che tu chiami Maestro, così come so bene che se egli non avesse acconsentito non ti saresti mai messo al mio servizio. Conosco bene il disprezzo con cui ha ripagato la tua irriducibile fedeltà, le umiliazioni a cui ti ha sottoposto fin dal primo momento in cui ti prese presso di sé ad Uthun. Ha fatto di te un cagnolino obbediente solo per poterti prendere a calci, accusandoti di non essere il lupo indomabile che egli desiderava. Ti ha tolto il nome, salvo poi rinfacciarti l'amore disperato per quello che LUI ti ha dato; ti ha strappato alla tua stirpe, eppure si sdegna per la fierezza con cui onori la Casa di Uthun; ha cancellato il tuo volto, e non riesce a darsi pace per l'abnegazione con cui indossi la SUA maschera. Dov'è adesso, il tuo Maestro? Egli non si cura più di te, occupato com'è a scegliere a chi affidare l'eredità di Kraighar Tarkhun, affinché la risollevi dalla disgrazia in cui tu l'hai precipitata. E dove sono i tuoi fratelli? Giocano alla guerra circondati dai loro sgherri, proprio come i vigliacchi di Greyhaven! Combattono la noia dando la caccia ai topi di Feidelm, accontentandosi di facili trionfi, e intanto aspettano pazienti, bramosi di ricevere senza sforzo ciò per cui tu hai lottato e sofferto per una vita intera! Sei stato ingannato, Tarkhun...ma non da me. Io ti ho dato i miei occhi perché tu potessi finalmente vedere, ed ora ti offro ciò che più di ogni altra cosa avrei desiderato per me stessa! E' così che Nimrod di Wallheim ripaga la tua fedeltà!"

Cerco dentro di me la forza per ribattere alle lusinghe della Vipera, ma nel mio petto trovo solo la gelida oscurità della Morte. Ripenso all'effige sulla schiena dell'Uomo di Elsenore, al presagio che essa portava, all'amaro destino cui mi ha condotto quell'allievo così formidabile. "E' abbastanza veloce per te?" L'esultazione nel tuo grido di battaglia, la mia sorpresa e poi il dolore lancinante alla spalla, lo scudo ormai un fardello inutile... in quel glorioso istante ho gioito con te, Vodan, se è così che ti chiami, per l'impresa che hai trovato in te stesso di compiere. So che negli anni a venire, se mai diverrai vecchio, il semplice ricordo della nostra notte di Eostar restituirà vigore alle tue membra anche nelle ore più disperate; giunto di fronte all'inevitabile sconfitta che attende ogni uomo sarai chiamato a guardare in te stesso, e ritroverai quel momento fatale in cui sei riuscito a fare di te stesso un Dio, e saprai morire a testa alta. Questo è il dono che ti ho fatto: mi è costato la vita, fanne tesoro.

Ecco che la Maschera si solleva dai sinistri spalti, e dietro di essa si dispiega una nera spira, irta di orride squame. Si innalza nel cielo fino a ridursi ad un piccolo punto lontano, sulla sommità della Torre blasfema che molte volte ha visitato le mie notti. La voce di Nathair è ora un ruggito spaventoso, simile a quello dei Draghi che un tempo oscuravano il cielo.

"Mia adorata creatura, è tempo per te di riposare. Kuru R'khai ora custodisce il tuo Sarx, e la sua mente ha già iniziato a divorare la tua...e tuttavia non dovrai disperare. Non è per tradirti che ho reso le tue carni arrendevoli: Kuru R'Khai saprà plasmarle con una maestria che neppure io saprei eguagliare, e donerà loro una forza e una tenacia tali da far impallidire il ricordo di Kurgoth il Selvaggio. Del resto non esiste difesa capace di resistere al Morbo, e neppure la più pura discendenza degli Eroi potrebbe mai sfuggire alla sua morsa... è un'altra la battaglia che siamo chiamati a combattere. Potrà il tuo spirito, che hai saputo forgiare in una corazza impenetrabile, sopravvivere alla prigione dove intendo custodirlo? Potranno le astuzie della mia Arte sciogliere l'enigma dell'Opus dell'Antico? Se avremo successo potremo finalmente spezzare le catene che Shub-Niggurath Khan'Asthain pose sulla nostra genia di schiavi prima dell'avvento del Sole, ed urlare al Cielo l'immensità del nostro orgoglio! Non è forse quello per cui hai sempre combattuto? Non è forse l'indicibile ambizione che il tuo Maestro non osò mai perdonarti?"

Il buio più assoluto, un silenzio così profondo da ingoiare persino i miei pensieri. La notte eterna in cui sono sprofondato è più terribile di qualsiasi paesaggio d'orrore mi abbiano mai dischiuso i Sentieri del Primo. Fu in un simile smisurato abisso che Egli fu confinato dal Padre? E' da questo Nulla che Egli infine emerse, iniziando il suo eterno vagabondare tra le stelle? E' dal ricordo di questo abominio che Egli sempre cercò di sfuggire, lanciandosi oltre i confini della Creazione? La Vipera si sbaglia: se c'è una cosa che il Maestro non si sarebbe mai sentito di dovermi perdonare, questa è proprio l'ambizione. La sua voce pronuncia le parole dello Yog, ma invariabilmente ne fraintende il senso. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso. Questo pretendeva il Maestro da me, e di questo non sono mai stato capace. Il cammino del Kraighar è destinato a concludersi, e solo il Guerriero che trova il coraggio di lasciarselo alle spalle è finalmente pronto a conquistare il suo Yog. Altri prenderanno il suo nome e le sue armi, altri solleveranno al cielo le Braccia di Ahriman, e onoreranno la Casa di Uthun. L'Allievo che si illude di poter diventare Maestro rimanendo presso la sua Casa disonora se stesso e gli insegnamenti che ha ricevuto. Tutto ciò la Vipera non può comprenderlo. Guardati da chi elogia la fedeltà, poichè egli non cerca che schiavi. Per un attimo posso sentire la tua voce persino in questo immenso deserto, Maestro mio, ma m'inganno. Poi...poi ne sento un'altra.

"Tu nella mia posizione cosa avresti fatto?"

Ricordo quando me lo hai domandato, sprezzante. La verità è che avrei fatto esattamente ciò che hai fatto tu, perché due Guerrieri che si affrontano a viso aperto sono come fratelli, e come fratelli si battono, lama contro lama, pugno contro pugno. E allora ti chiedo...tu nella mia posizione, cosa faresti?

Me lo dici, e capisco cosa devo fare. Una luce squarcia la tenebra, un latrato sinistro si fa via via più vicino.

Sono...sono io che emetto questo osceno richiamo? Il mio corpo barcolla in avanti, ma non è più davvero mio. Non sento più freddo, non sento dolore...non sento assolutamente niente, eppure i miei sensi sono all'erta, e posso vedere ciò che mi si para dinnanzi nei colori innaturali che gli occhi di Nathair mi hanno abituato a riconoscere. Era a questo che volevi prepararmi, Vipera?. I resti del figlio di Muddan sono proprio là davanti, ad un passo da me. Non deve essere trascorso che un attimo da quando il mio maglio l'ha abbattuto. Un rivolo di saliva mi scorre lungo il mento. Ecco, così...bravo, avvicinati a questo pasto succulento...

Un passo stentato, poi un rapido balzo e "lui" è sopra alla mia ultima vittima, e ci si avventa contro con slancio famelico...agita senza posa il braccio assicurato allo scudo, protende l'altro in avanti, lasciando cadere il maglio che ancora stringeva in pugno, che finisce sul petto fracassato del cadavere. Non è un'arma per te, lascia che siano altri più degni a reclamarla. "Lui" cerca di mordere la gola del morto, ma le fauci scattano invano, l'elmo di Kraighar Tarkhun gli nega il suo boccone. Grida di frustrazione...devo tentare, ora.

Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate, ripeto febbrilmente nell'ultimo angolo di coscienza che mi resta. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Spezza...

E le catene, per un attimo, si spezzano.

Afferro il coltello da caccia che l'uomo di Muddan portava alla cintura. La presa è forte ma imprecisa, quasi mi sfugge di mano...non ho neppure il tempo di ricordare che mi manca la benché minima sensibilità, che il mio braccio ha davvero smesso di essere il mio, per sempre. Devo concentrarmi, non avrò altre occasioni. Lotto con ogni fibra della mia volontà per avvicinare la lama al volto. Il Seaxe sarebbe stato più adatto a questo scopo, penso distrattamente, ma si tratta pur sempre dell'arma del mio ultimo avversario...un'arma che devo sforzarmi ad ogni costo di onorare.

Ci siamo...devo allineare la punta del coltello all'unico punto che può consentirmi di abbattere la bestia, devo far sì che attraversi l'interstizio del visore...sì...così...e adesso, devo spingere...spingere...spingere...(se il tuo occhio)...spingere...spingere...(ti rende cieco)...spingere...spingere...(strappatelo!)...SPINGERE!
scritto da Tarkhun , 01:08 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
21 Marzo 517
Mercoledì 21 Gennaio 2015

Il vero volto



Questa notte ho nuovamente sognato la Torre. Simile alla zanna spezzata di una bestia ciclopica, si staglia con orgoglio e tenacia al centro di una desolazione perennemente flagellata da vènti furiosi. Mi sfida, come sempre, e come sempre mi avventuro tra le rocce martoriate alla ricerca di un sentiero che possa condurmi ai suoi cancelli. Mi è parso di udire la voce del Maestro, così flebile e lontana, sovrastata dal ruggito della tempesta senza fine. Quali che fossero i suoi ammonimenti, non li ho compresi.

Ogni volta che il coraggio minaccia di venirmi meno di fronte all'impossibile prova a cui sono stato condannato, ecco che la Torre torna a visitare il mio sonno. Il Cielo stesso pare darle l'assalto con una forza tale che tutto d'intorno è ridotto in briciole, eppure essa persiste, sfigurata ma irriducibile. E' una visione in cui trovo conforto...è un inganno che detesto con tutto me stesso. "Accetta i doni di Nathair, poichè in essa risiede una grande sapienza, ma ricorda che nulla riceverai da lei che non sarà intriso del suo veleno. Hai fatto di te stesso un cieco, figlio mio, e la Vipera ti darà nuovi occhi...eppure dovrai diffidare di ciò che essi ti mostreranno. Dimostrami che con le sue menzogne puoi riportare alla luce ciò che la mia verità ti ha reso oscuro. Dimostrami che c'è di più in te che il vile servo che oggi disonora la mia casa. Dimostrami che la tua insopportabile umiltà cela davvero la più inconcepibile delle ambizioni. Dimostralo, ed avrai ciò che mi hai chiesto."

Conosco la direzione che mi indica la Torre. So cosa la sua Signora vorrebbe da me. E' impaziente,la sento contorcersi senza sosta nelle mie viscere, frustrata dalla disfatta di Lamaynn...e stanotte entrambi desideriamo la stessa cosa.

Gli uomini di Feidelm non arriveranno a vedere il compiersi di Eostar: si ingannano se pensano che la sete di sangue del Re dell'Inverno si sia già placata. Non sopravviverò ad un ulteriore fallimento, e questa consapevolezza mi restituisce fino all'ultima stilla di forza che il Servo degli Dei prima e il Campione della Morte poi erano riusciti a portarmi via. E' tempo che mostri loro il vero volto di questa guerra.
scritto da Tarkhun , 00:04 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
18 Marzo 517
Domenica 4 Gennaio 2015

Lo Yog dello Specchio



Il mugghiare del corno raggiunge il Cairn, destando i suoi campioni. Posso quasi vederli mentre si agitano nelle cripte, l'eccitazione del combattimento che si impadronisce di quelle carcasse intorpidite e ne fa ombre rapide e letali. Pochi secondi, ed ecco che già sciamano dal tumulo come vespe agguerrite, pronte a divorare chi ha osato turbare la quiete del loro alveare. Quale che sia il mio destino, gli undici che Feidelm ha messo alle mie calcagna non hanno speranza di conquistare Lamaynn.

Gli intrusi hanno avuto facilmente ragione dei pochi raminghi attirati dal loro rumoroso avvicinamento. Lascio che svuotino le loro faretre sui Morti intrappolati nell'ultima fossa, e mi mostro. Colui che a Muddan mi ha sfidato per primo è impaziente di onorare il nostro patto. Mi basta uno sguardo al volto stanco e al contempo risoluto per capire che la sua mente è stata impegnata a combattere questo duello centinaia di volte nelle lunghe ore che sono trascorse dal nostro ultimo saluto...e che almeno una volta è emerso vincitore. Mostrami cosa hai appreso, figlio di Greyhaven.

Detti le tue condizioni: sarà un duello cruento, in cui il ferro sarà libero di baciare le carni dei contendenti. Ti chiedo se sei davvero sicuro di volere questo, ma entrambi sappiamo bene che si tratta di una decisione meditata: un singolo affondo portato con sicurezza, una ferita mortale che possa conquistarti la vittoria...in caso contrario, morte certa. E' così che nelle tue riflessioni mi hai sconfitto, quell'unica volta.

Detto le mie condizioni: nessuno dovrà intromettersi, se perdi dovrai cedere il campo, sempre che tu sopravviva, e con te i tuoi alleati. Mi assicuro che il prete comprenda e accetti i nostri termini; in caso contrario questo duello diventerà una battaglia, e non ho timore di combatterla.

Mentre ci svestiamo parli dei figli di Baalar, di come questa ordalia ti compenserà di un'altra che avresti desiderato affrontare, ma che ti fu preclusa. Mostri con fierezza le cicatrici delle prove a cui sei sopravvissuto, confidi che il simbolo di morte che adorna la tua schiena sia sufficiente a renderti temibile? Fingi di non vedere i segni delle "mie" prove, distogli lo sguardo dagli occhi con cui mi sono dato di vedere.

I miei avi hanno onorato Baalar Virughdark e la sua discendenza, seme e sangue del Primo. Sei dunque un conquistatore conquistato, figlio di Greyhaven? Elsenore ti ha ripudiato e cerchi in Amedran un'amante che le rassomigli? O è piuttosto il Sangue del Faul-Warg che nelle tue vene urla e brama, e oggi ti ha portato qui, per ricevere da me ciò che i Faolchliàth ti hanno negato? Sei dunque un Lupo in cerca di altri Lupi?

Ostenti un'effige di Morte per indurmi ad esitare... probabilmente non sai che neppure Shub-Niggurath potè fermare il Primo. Al collo porti indegnamente un amuleto di denti di Faul-Warg, ignorando che in queste lande nessun Guerriero oserebbe mai fregiarsi dei resti di un fratello. "Non brami il Lupo la carne del Lupo, questa è la legge del Khan", ed è una legge che persino i figli di Baalar hanno imparato a temere, nei secoli che furono. Dovrei ridere di te e delle tue superstizioni, ma nel profondo so che quello spettro che ti ha seguito per miglia e miglia oltre i mari tempestosi, eternamente avvinghiato alle tue spalle, non è venuto al mio cospetto per un capriccio del Fato. Esso è ai miei nuovi occhi il baratro stesso in cui ho scelto di addentrarmi, la nera catena che stringe il mio collo. Sistemi le zanne di lupo e per un istante esse fanno da corona alla Morte, e avvampano sinistramente di luce funerea; la voce del Maestro rinnova il suo monito, la sua sfida, la sua accusa: "Di chi ti farai schiavo?"

Ma tu, figlio di Greyhaven, nulla sai di questo, nè ti interessa. A te la prima mossa.

Decidi di lasciare nel fodero la tua seconda lama, scegliendo di impugnare la spada con entrambe le mani per sfruttare tutta la tua forza, tutto il tuo slancio in un unico assalto mortale. E' così che hai vinto, vero? Sei persino più veloce e preciso di come ricordavo, e non c'è modo per me di opporre lo scudo in tempo. Lo hai capito, eppure non vedo esultazione nei tuoi occhi, nè sgomento un attimo più tardi, quando il ferro fende l'aria sibilando di frustrazione. Mi conosci intimamente, ormai, e questo fallimento per te non è una sorpresa.

Tocca a me adesso. Scaravento il maglio verso di te, ma il mio sguardo resta incollato al tuo talismano. Due occhi ferini sembrano apparire dal nulla per sovrapporsi ai tuoi, sono gli occhi di un predatore antico e implacabile. Conosci la natura dell'oggetto che indossi, figlio di Greyhaven? Approfitti con facilità di un colpo impacciato, prevedibile, indegno di un Kraighar, e abbatti con grande rapidità la tua lama sulla catena prima che io possa ritrarla, tranciandola.

Sorrido. Grazie per la sfida che mi stai regalando. "Notevole", ti dico.

Mi concedi di sguainare il Seaxe, e ne approfitti per impugnare anche la tua spada corta, confidando di usarla per proteggerti dai miei attacchi. Ci scambiamo qualche colpo poco convinto, che entrambi evitiamo con facilità. Poi mi sorprendi ancora, approfittando della superiore resistenza della tua spada per deflettere aggressivamente il mio fendente ed al tempo stesso danneggiare entrambe le lame: la mia va in frantumi, la tua è buona per un altro colpo ancora. Gli occhi della Bestia si fissano nei miei. "Davvero notevole" sussurro, pregustando ciò che seguirà.

Ed è qui che mi dai la peggiore delle delusioni, tu che dei miei avversari ti sei rivelato il più promettente. Ora che finalmente hai una speranza, esiti. "Cosa stai aspettando?" ti chiedo "La tua lama conosce bene il proposito per cui è stata forgiata. Perchè tu ti ostini ad ignorare il tuo?" Mi chiedi cosa avrei fatto io in una simile situazione, e ti rispondo. Non mi dai il tempo di concludere, di dirti che un Kraighar di Uthun non è mai disarmato. Lasci cadere le armi e ti prepari ad affrontarmi in uno scontro a mani nude.

Scuoto il capo. Per cosa combatti veramente, figlio di Greyhaven? A chi stai dimostrando il tuo valore? A chi renderai conto del tuo onore? A me? Ai tuoi compagni? Alla Morte velata che segue ogni tuo passo, o alla forza selvaggia che ti mette in guardia dai miei attacchi? Agli Dei, se Dei ci sono nel tuo cielo? Hai rinunciato alla tua corazza per spogliarmi della mia, e sei stato astuto: ora che io sembro senz'armi ti privi delle tue, e dai prova della tua stupidità. Peggio, disonori te stesso, e disonori me con la tua presuntuosa misericordia. Oggi hai combattuto come mai in vita tua, perchè sapevi che solo così saresti riuscito a sopravvivere. Questa è l'essenza di Yog. Oggi ti ho fatto Maestro di te stesso, ed è questa la tua riconoscenza? Mutare la nostra sfida in un...in un gioco?

Ti mostrerò quanto terribile è stato il tuo errore. Spezzerò ogni osso del tuo corpo, ti strapperò via le viscere e le darò in pasto ai Morti, farò in modo che i tuoi compagni non trovino alcuna consolazione nel riavere ciò che sarà rimasto di te. A me la prima mossa.

Sei lento senza una spada in mano. Troppo lento. Diversamente da me, non hai mai dovuto contare solo sui tuoi pugni per sconfiggere la morte. Eccoti un primo assaggio...dannazione.

Un gioco. Non è niente più di questo per me, ora, un futile, crudele, noioso gioco. Ripenso al Maestro, a come, riuniti i Sette, egli racconta spesso della leggendaria contesa tra il Primo ed il suo genitore. "...incapace di assestare anche un solo colpo al suo avversario, perduta ogni arma, infranta ogni difesa, l'Antico Signore perse infine il desiderio di combattere, e la sua rabbia risuonò così possente da far breccia nelle mura della Corte Primigenia..."

Tu che porti il marchio di Shub-Niggurath, in verità sei come il Primo, e mi rendi impossibile trionfare; io che brandisco le insegne di Kraighar Tarkhun e vivo inseguendo il mio Yog, in verità sono come l'Antico Signore... ho visto spezzarsi le mie armi, e spogliato di scudo e corazza stringo nel pugno le ceneri di una lotta che non ha più alcun significato. Questo è lo Yog dello Specchio: ogni volta che affronti un nemico, è con te stesso che ti stai misurando.
Devo renderti grazie, figlio di Greyhaven, per avermi riportato alla mente tale insegnamento.

Fermo il colpo, ti sfioro appena. Il campo è tuo...fintanto che i Gaunt non verranno a reclamarlo.

Non ci saranno altri duelli, mi dici. Annuisco. Niente più sfide, niente più condizioni. Quando ci incontreremo di nuovo tra noi sarà battaglia. So che non avrai timore di combatterla.
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16 Marzo 517
Lunedì 15 Dicembre 2014

La prova



Molti belano come pecore. Triste. Ma alcuni ringhiano, e lui è tra questi. Il primo a sfidarmi scocca le sue frecce, è veloce, preciso. Mi distrae...un "Gaunt" ne approfitta. Ci vuole più del solito ad averne ragione, ed altri due si stanno facendo vicini. Troppo.

Mi sono abituato ai nuovi colori del mondo, e da tempo le ombre della notte hanno smesso di confondermi ("se i tuoi occhi ti rendono cieco, strappali via"). Vedo l'anima abbandonare, respiro dopo respiro, il petto dei vivi. La paura, l'incertezza, l'odio dei miei avversari li fanno avvampare come fiaccole nella tenebra. Probabilmente è così che loro ci vedono. I Morti invece sono come pozzi neri in cui persino la luce della luna non osa riflettersi, ma la loro implacabile brama li tradisce: la sento come se fosse la mia, e non possono cogliermi di sorpresa. Scaravento il Gaunt dalla rupe, gli altri si tengono alla larga, aspettando un'occasione più favorevole.

Sono creature pazienti, al contrario di me. La verità è che non sono pronto, non ancora. Troppo goffo, troppo lento per domare i Morti, e Feidelm ha mandato buoni soldati. E' stato un errore cedere alla fretta, quanto lavoro verrà sprecato stanotte. Tanto vale mettere i Greyhavenesi alla prova.

E così faccio. Mostro a chi mi ha sfidato per primo quanto ancora gli resta da imparare, ma non sono qui per lui. Lascio che arretri oltre le macerie della sua postazione. Le frecce mi cadono intorno, è il momento di far visita alla torre. La mia furia è un vento impetuoso, e prima che gli arceri possano incoccare nuovamente eccomi ad un passo da loro, il maglio che freme impaziente nel mio pugno. Vi credete al sicuro, uomini di Greyhaven? Nessuno lo è, neppure io. Mai.

Ecco un altro che trova il cuore per opporsi a Tarkhun, portatore di sterminio. Per cosa vuoi morire, soldato? Per la bandiera del tuo dominus, o per quella del Margravio? Per tua moglie, per i tuoi figli, per l'angolo di foresta che tu chiami casa? Sciocco. Amedran non si è mai curata del nome degli uomini, non ha mai avuto misericordia dei lori affetti. Vuoi forse dimostrarmi il tuo coraggio? Preferisci essere schiacciato da un nemico che non hai speranza di sconfiggere pur di non cedere il passo? O credi davvero di poter tenere testa ad un Kraighar di Uthun? Quali che siano le tue ragioni, sarai esaudito. Misuro il valore di quest'uomo, lo trovo carente. Gli concedo una morte da guerriero, ed ecco, lui la riceve con fierezza: possa il suo spirito vagare a lungo per i sentieri desolati, e far strage di chi gli si parerà innanzi!

Più in basso, al cancello, una giovane donna cerca disperatamente di porre riparo alla mia breccia. Percepisco il suo terrore, eppure persiste, e i Morti si attardano ancora lungo il sentiero. Dovrei fermarla. Le balzo davanti e la osservo da vicino. Chi mai potrebbe gloriarsi di aver abbattuto una così misera preda? Lascio che si specchi in quelli che un tempo sono stati i miei occhi, di modo che capisca che la sua unica speranza è fuggire lontano, senza mai voltarsi indietro...in questa guerra non c'è posto per lei.

Alle sue spalle un uomo sta intonando una supplica ai suoi Dei, ed altri lo seguono. Perchè si ostinano? Perchè non si arrendono all'inevitabilità della loro sconfitta? Sollevo lo sguardo, ed è come se il peso di ogni incertezza, di ogni fallimento, di ogni sofferenza patita in questi anni di addestramento mi piombasse sulle spalle. Non sarete mai ciò che io sono diventato, vermi! Se solo aveste affrontato un decimo delle privazioni a cui mi sono sottoposto, se solo aveste conosciuto una frazione delle difficoltà che io ho superato, se solo...

Il prete è magro, il volto scavato brilla ai miei occhi come un fuoco fatuo. Un debole. Eppure...è come se in questo momento sostenesse lo stesso insopportabile fardello che grava su di me, e la sua schiena rimane dritta laddove la mia sembra sul punto di schiantarsi. Canta con voce dolce e potente al tempo stesso, una voce antica che credevo di aver dimenticato, e mi dice che è giunto il momento di fermarsi a riposare, che non c'è sofferenza che la quiete di Kayah non possa lenire, che finalmente la mia lotta può concludersi.

"MAI!"

Il ruggito del Maestro mi investe come un oceano in tempesta, e spazza via le lusinghe di questo servo degli Dei; lo Yog dell'Abbandono rende il mio cuore impenetrabile alle seduzioni della Madre dei Deboli, nella saggezza degli antichi insegnamenti ritrovo la mia forza.

"Spezza le tue catene e fatti libero, ma ricorda: l'uomo spezza le proprie catene solo per forgiarne di nuove. Molti avversari sbarreranno il suo passo, eppure egli dovrà guardarsi da un solo Nemico. Sotto molti stendardi egli marcerà, eppure ad un solo Padrone dovrà rimanere fedele.

Ti ho aggiogato per far sì che ti potessi affrancare,
ti ho reso Signore perchè imparassi l'obbedienza.

Ti ho dato una Causa perchè la insozzassi col tuo tradimento,
Ti ho dato una Patria perchè tu potessi conoscere l'amarezza dell'esilio.

Ti ho dato dei fratelli perchè più penosa fosse la tua solitudine,
ti ho dato un nome e un volto perchè tu li lasciassi sprofondare nell'oblio.

Ti sei inginocchiato sotto il mio stendardo per poter innalzare il tuo,
sei stato il mio Allievo per diventare Maestro di te stesso.

Di chi ti farai schiavo? Su chi sarai Signore? Ti darai un'altra causa, un'altra patria, altri fratelli? Quale nome sceglierai per te stesso? Quale volto mostrerai ai tuoi avversari? Che colori porterà il tuo stendardo? Quali precetti guideranno il tuo agire?

Questo è lo Yog dell'Abbandono: Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso."

L'impresa non può attendere oltre. E' la mia punizione, il mio riscatto, il mio destino. Lascio che i Morti marcino su Muddan verso una sicura disfatta. Ci saranno altre battaglie, mi dico, alzando il pugno verso chi mi ha sfidato per primo. Dalla palizzata lui ricambia il mio saluto. Presto misurerò il tuo valore, e tu il mio...e se ti sarai battuto bene strapperò la lingua del tuo prete per fartene dono, così che le sue menzogne non abbiano più a sviarti.
scritto da Tarkhun , 00:12 | permalink | markup wiki | commenti (1)