Cerca nel Sito

NomeKeywordsDescrizioneSezioniVoci correlate

Forum di Myst

 
« Purtroppo quando ci sono guerre tra persone chi ne guadagna sono i mostri »
- Ardee Drachen -
 
Il fondo del barile
Micol Semeyr
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
148872 visite dal 31/07/2007 (ultima visita il 28/03/2024, 13:48)
10 Aprile 518
Venerdì 14 Aprile 2023

Plàigheach



L'eco di un grido disperato pervade i sensi che mi restano mentre precipito nel nulla, accompagnandomi in una discesa che sembra non avere fine. Ben presto mi rendo conto che sono io ad urlare, nel tentativo di scacciare il dolore atroce che sconquassa le mie membra a partire dalla gamba destra. E' dunque mia la disperazione che sento? Non dovrebbe essere possibile, non dopo aver dato la vita per rinunciare per sempre a queste manifestazioni di debolezza. Eppure la fitta lancinante che sento è reale, e il sangue che mi resta non ha modo di placarla.

Cosa è successo? Dove ho sbagliato? Cerco invano una risposta nel buio che mi circonda, mentre lotto per non perdere l'ultimo ricordo che ancora resiste avvinghiato alla mia mente: lo scontro con lo Jaeger, il Cacciatore Senza Nome, culminato con l'affondo della sua lama sinistra che mi ha precipitato in questa coltre di tenebra.

Teegan. Un nome che non associo a nessun volto e non credo d'aver mai sentito prima: eppure, le sillabe che compongono questo vocabolo inaudito rimbalzano dentro la mia testa come rocce sospinte da una frana, provocandomi un dolore che non provavo dai tempi in cui ero... Chi ero, prima? Chi sono, adesso?

«Un plàigheach: un essere imperfetto. Questo è ciò che sei.»

Un altro termine che non comprendo. Chi ha parlato? Dove mi trovo? Mi sforzo di rispondere, ma ogni tentativo di proferire parola risulta vano. Ciò che mi ha trascinato qui, qualsiasi cosa sia, mi ha anche privato della facoltà di emettere suoni.

«Ma io posso aiutarti: posso renderti completo.»

La voce, calda e suadente, è di una donna che non ho mai sentito prima. Stavolta però non è seguita dal silenzio, ma da un sinistro e incomprensibile rantolo gutturale che proviene da qualche parte dietro di me.

Procedo a tentoni nella direzione da cui provengono quei suoni. I miei occhi si sforzano inutilmente di distinguere qualcosa, qualsiasi cosa, nei meandri dell'oscurità che mi circonda. Un minuscolo barlume è tutto ciò che mi serve: una singola scintilla su cui poter lavorare. A dispetto di quanto potreste pensare, non siete creature delle tenebre, ripeteva Giersberg durante le adunate di orientamento: al contrario, siete la conferma del trionfo della luce: la notte che avete dentro, e che d'ora in avanti sarà parte di voi, non serve che a far risplendere il vostro sole interiore. La notte che ho dentro, il mio sole interiore. Chi era Giersberg? Chi sono io? Se solo riuscissi a ricordare...

«Tutto ciò che devi fare è ricordare chi sei.»

Frammenti di memoria cominciano a ricongiungersi dentro la mia testa, formando un disegno via via meno abbozzato. Il dolore si fa più intenso: un artiglio infuocato percorre il mio corpo, scavandomi nel cuore e nel cervello alla ricerca di volti, sensazioni, emozioni. Giersberg, me stesso, i miei compagni. E prima di loro le montagne, il villaggio in cui sono nato, l'addestramento per diventare tutto ciò che poi ho scelto di abbandonare. Bandito, questo fu il verdetto: così scelse di definirmi sir Wilson quando la mia rinascita fu completa. Le dita adunche della mano che scandaglia i miei ricordi dissotterrano stralci di conversazioni che io stesso avevo dimenticato. «Ma bandito nel senso che eri a capo di una banda, o che devo stare attenta alla mia borsa?» Nessuno dei due, Ayza: è un altro il significato di quella parola.

«Hai abbandonato la tua stirpe, il tuo destino, la tua libertà, per diventare schiavo del sogno di un altro.»

E' vero, l'ho fatto. Ma non è forse quello il significato della parola libertà? Al termine dell'addestramento mi sono guadagnato il diritto di poter fare una scelta. E anche se la strada che ho scelto di seguire è parsa di segno opposto a chi non ha potuto far altro che disporre il mio esilio, di fatto mi ha portato al medesimo traguardo: sono comunque diventato un mutaforma, un essere dai poteri ancestrali che combatte i soprusi dell'ordine costituito per restituire alla sua gente ciò è stato loro indebitamente sottratto. A cambiare, dopo tutto, è soltanto la forma che ho scelto. Bandito, dunque, per canoni e convenzioni: ma giammai fedifrago o traditore.

«Sei il pallido riflesso di ciò che potevi essere... e che saresti dovuto diventare.»

Non è così! Mi sforzo di rispondere, ma ancora nessun suono fuoriesce dalla mia gola. Un altro ruggito cavernoso risuona intorno a me, come a dar voce alla mia frustrazione. Chi sei? Cosa vuoi da me? Con che diritto stai infestando i miei pensieri? Continuo a scrutare nel vuoto, alla ricerca di un appiglio che mi consenta di individuare la mia interlocutrice.

«Non importa chi sono. L'unica cosa che deve interessarti è che posso farti uscire da qui.»

La falsità che trasuda dalle sue parole è quasi palpabile: non ho idea di cosa sia questo posto, ma sono certo che se sono finito qui è colpa della megera che mi sta parlando. Palesati, strega! provo a esclamare, di nuovo senza alcun esito. Poi, finalmente, comincio a mettere a fuoco qualcosa. Il manto d'ombra che mi circonda inizia a ritrarsi, lasciando affiorare una serie di simulacri diafani: Temu, Jarva, Sami, Nox, Laèl... E poi ancora Mandy, sir Wilson, Aghvan, Giersberg, Manuel, Ayza, Kzar. Ciascuno di loro è circondato da un turbine di immagini, suoni e sensazioni familiari. Le sagome di Manuel e di Kzar cominciano rapidamente a sgretolarsi, come se non avessero la forza di tenersi insieme: le osservo mentre svaniscono, unitamente a quelle degli altri compagni caduti, finché non restano solo i volti con cui ho condiviso l'ultima parte della mia vita.

«Quelle che vedi sono le persone che ti hanno impedito di diventare quello che meriti. Sono loro, i tuoi nemici.»

Stronzate, mormoro senza emettere fiato: tutte le decisioni che mi hanno portato ad essere ciò che sono le ho prese autonomamente e riguardano soltanto me. Se pensi di tenermi rinchiuso in questo posto per convincermi a volgere la spada contro i miei fratelli hai fatto male i tuoi conti, strega maledetta. Un altro rantolo spettrale rimbomba nell'aria, sovrapponendosi ai miei pensieri.

Cerco di utilizzare a mio vantaggio il pallido alone luminoso che tratteggia le forme spettrali che mi circondano: i miei ricordi... il mio sole interiore. Non ho bisogno che di un minuscolo barlume, dopo tutto. La coltre di oscurità arretra ancora, consentendo ai miei occhi di tracciare il profilo di una figura femminile che si staglia proprio di fronte a me.

«Eccoti, finalmente!»

La voce cristallina che risuona nell'aria non è la mia, ma quella di Mandy. Il fantasma con le sue sembianze si anima e prende colore, per poi volgersi in direzione dell'entità che ho appena individuato. Il dolore non accenna ad attenuarsi, ma comincia a diventare meno insopportabile: non ho idea di come la nostra protettrice abbia fatto a raggiungermi, ma sono felice di non essere più solo.

Mandy avanza di un passo, poi un altro, poi un altro ancora, fino a quando l'aura di luce che la pervade non illumina la figura che si staglia di fronte a noi. Il volto che emerge dalle ombre, così come la foggia e i colori dell'abito che indossa, non lasciano alcun dubbio. E' davvero una strega: una strega di Elsenor. E' la prima volta che ne incontro una, ma i lineamenti, meravigliosi e terribili in egual misura, rendono giustizia a tutte le leggende che ho sentito.

Kalya Niadh - Immagine 4

Mentre la osservo, incapace di distogliere lo sguardo, mi tornano alla mente i versi di una filastrocca che gli anziani del mio villaggio erano soliti cantare ai bambini che giocavano ai pirati.

Sei e otto mozzi ai piedi, quattro e due a coprir le spalle,
Tre di guardia al lato a monte, sette son su quello a valle,
nove mani sul timone, un rapace svetta a prora
cinque spade stan nel mezzo: è un vascello di Ilsanòra!


Le incursioni dei predoni Elsenoriti non erano un problema per noi, avevamo persino degli antenati in comune... a patto di garantire il rispetto di un'unica, importantissima regola: non invadere il loro territorio, per nessun motivo.

«Kalya Niadh, suppongo. O preferisci che ti chiami... Kalina?»

A differenza mia, Mandy è in grado di parlare. Il tono della sua voce ostenta una sicurezza che mi riempie di speranza: se quello entro cui ci troviamo è un incubo, lei dovrebbe sentirsi a casa. La nostra ospite, tuttavia, non dà l'impressione di essere preoccupata della sua intrusione. Si limita a guardarci, senza rispondere.

«Lascialo andare», prosegue Mandy, avanzando ancora: «Questo luogo non ti compete». Poi, per la prima volta, si gira verso di me, rivolgendomi un sorriso. Adesso ce ne andiamo, sembra quasi volermi dire. Lo spero davvero. Il suo sguardo indugia per alcuni istanti oltre le mie spalle, e per un attimo ho come l'impressione di vederla avvampare di paura.

«Non sono stata io ad aver oltrepassato il confine per prima», risponde la strega. «Dovresti saperlo... come dovrebbe saperlo lui». L'artiglio infuocato torna a rovistare nel mio cervello, provocandomi nuovamente un dolore atroce. Crollo a terra tra gli spasmi, impossibilitato a urlare, mentre la strega continua a saccheggiare i miei ricordi con la foga di un branco di roditori in un granaio.



«Fermati!» esclama Mandy. «Lui non sa nulla: se stai cercando delle risposte, chiedi a me.»

«E chi ti dice che io intenda parlare con voi?»

«Lo dico io.»

«Tu non sei niente, qui dentro: ti trovi qui soltanto perché io ho deciso di farti entrare.»

«Ah si?», risponde Mandy con aria di sfida: «guardati la mano sinistra, allora».

La strega solleva lentamente il braccio, puntando il pugno verso di noi: quindi lo apre, mostrando una mano di sole quattro dita.

«Ho la tua attenzione, adesso?» Esclama Mandy, visibilmente soddisfatta. «Come vedi, rubare a casa dei ladri non è così facile come pensavi...».

La strega annuisce con un sorriso, poi serra nuovamente la mano a pugno e la riapre: come un assurdo gioco di prestigio, le dita sono di nuovo cinque. Un lampo di paura attraversa il volto di Mandy, subito seguito da una smorfia di dolore: osservo impotente la mia protettrice lanciare un urlo e poi crollare a terra in preda agli spasmi.

«Come ho già detto, non sono io ad aver cominciato. Siete stati voi a non aver rispettato i patti.»

«Posso... spiegarti...» rantola Mandy, cercando di rialzarsi. «Vogliamo... negoziare... una... pace...»

«Risparmia il fiato», la interrompe la strega, muovendo qualche passo in direzione dei simulacri che mi circondano: «ho già appreso tutto quello che volevo sapere.»

«Non.... non sai niente, invece. Ho parlato con... Yara... vogliamo...mmMPfhhh...» La voce di Mandy si trasforma in un un mugolio di suoni incomprensibili: guardandola mi accorgo con orrore che le sue labbra sono scomparse, lasciando il posto a spaventosi lembi di pelle che le serrano la bocca in una maschera di sangue, piaghe e cicatrici.

«Avresti dovuto mantenere la guerra al di là del Traunne. Non lo hai fatto, violando un accordo stipulato da persone più sagge e prudenti di te. Sei tu ad esserti spinta a rubare a casa dei ladri, e lo hai fatto in modo talmente maldestro da distruggerla oltre ogni rimedio. E' troppo tardi per cavartela negoziando una pace, Mandy Sphere: in un modo o nell'altro renderai conto delle tue azioni.»

Mandy scuote la testa, sforzandosi di urlare qualcosa di minimamente comprensibile attraverso il suo grottesco bavaglio di carne: niente da fare. Kalya la osserva per qualche istante, quindi la congeda con un singolo gesto della mano, confinandola al di fuori di questo incubo. Prima di dissolversi, la mia protettrice mi lancia un'ultimo sguardo disperato: non mollare, questo intende dirmi: tornerò. Ma sappiamo entrambi che non andrà così.

La strega torna a rivolgersi nella mia direzione. «Dove eravamo rimasti?»

Scuoto la testa: non contarci, stronza: non importa cosa cercherai di offrirmi.... non mi convincerai mai a tradire i miei compagni. Ma mentre mi sforzo invano di dar voce ai miei pensieri, realizzo con orrore che non sta affatto guardando me: sta guardando dietro di me. Il grugnito oltretombale che risuona ancora una volta alle mie spalle e il ricordo dello sguardo terrorizzato di Mandy mi fanno comprendere che non è dalla mia inaudìbile voce che la strega attende una risposta: non sono io il suo interlocutore... Non lo sono mai stato.

E quando finalmente riesco a voltarmi, ignorando il dolore che torna a tormentare ogni singola fibra del mio corpo, non posso far altro che mettere a fuoco la più grande delle mie paure.


Kraalor - Immagine


L'altro me stesso: la progenie di Kraalor che scalpita nelle mie vene, anelando una libertà che fino ad oggi sono riuscito a negargli. E' lui il plàigheach, l'essere imperfetto che la strega di Elsenor intende rendere completo, provocando un risveglio funesto da scagliare contro i miei compagni analogo a quello verificatosi ad Uryen: sangue per sangue, fioritura per fioritura. E poco importa che io sia o meno il mandante o l'artefice di quella catastrofe: per Kalya Niadh non sono che un ostacolo da oltrepassare per raggiungere la sua vendetta.

E va bene, strega di Ilsanora: prova pure a corteggiare la metà oscura del mio sangue. L'altra metà venderà cara la pelle. Se credi che te la darò vinta così facilmente, ti sbagli di grosso.

Vesa il Bandito - Immagine 2
scritto da Vesa, il Bandito , 03:31 | permalink | markup wiki | commenti (0)